Chi sei Kaori?

 

Capitolo 10 - La rinascita

 

L’uomo entrò lentamente nell’asettica e cupa stanza attigua al laboratorio.

Un raggio di luce entrava da dietro la tenda ad illuminare il giovane viso della ragazza ancora in stato di incoscienza.

Karl si chiese cosa ci facesse per l’ennesima volta lì quel giorno. Era diventata un’abitudine ormai, ogni momento libero che aveva lo passava seduto su quella sedia, a fissare quel viso d’angelo.

La prima volta che l’aveva incontrata il suo sguardo fiero ma allo stesso tempo così puro lo aveva stregato. L’aveva vista solo per pochi secondi, ma erano bastati per far breccia nel cuore di un uomo poco avvezzo ai sentimentalismi. Non gli era mai successo, solo per la sua sorellina aveva provato, in un tempo ormai lontano, sentimenti così… umani.

Quanti anni erano passati da quel giorno? Quanto tempo sprecato inutilmente… anni di odio, di rimpianti inutili, anni sprecati nella consapevolezza di non essere all’altezza di rendere felici le persone che si amano.

Aveva solo 16 anni… era così bella… così diversa da lui e da Kristian, forse per questo proprio così amata.

Erano inseparabili, come i tre moschettieri. Ma quel giorno, l’unica volta in cui si erano separati, era stato per sempre.

Kristian era uscito presto, doveva fare delle commissioni per la madre, era un figlio esemplare, un fratello maggiore adorato dalla sorella e dal fratello più piccoli. Loro due invece avrebbero dovuto andare a scuola insieme, come tutti i giorni…

Il ricordo ancora bruciava… tutto per un vestito… uno stupido vestito rosso…

“Allora Karl, andiamo! Sei sempre il solito ritardartario, e meno male che dovresti dare l’esempio!!”

“Arrivo, arrivo, tanto lo sai che arriviamo sempre in temp… ma tu non sei ancosa vestita accidenti, e poi vieni a dire a me!”

“Ma vaneggi Karl? Guarda che io sono pronta! Dai andiamo!”

“Aspetta un attimo sorellina, dove credi di andare? Non puoi mica uscire così conciata!!! Ora torni in camera e ti metti qualcosa di più… beh, diciamo qualcosa che copra almeno il minimo indispensabile!”

“Ma cosa stai dicendo?? Guarda che la tipa con cui sei uscito sabato scorso in confronto a me era nuda!”

“E questo cosa c’entra?? Lei non è mia sorella, e di sicuro non doveva andare a scuola!”

“Ma scusa, Aska va sempre a scuola vestita anche peggio, si può sapere cosa non ti piace di questo vestito? E’ così bello, lo ha detto anche nostro fratello!!”

“Senti, non si discute hai capito? Non puoi andare a scuola così, è troppo corto, e quel colore poi…!”

“No, sono io che ti dico che non si discute hai capito? Ora io esco, prova ad impedirmelo se ci riesci!!”

In un lampo era già nel vialetto di casa, inforcava la sua bicicletta e lasciava a piedi Karl, portandosi dietro le chiavi della sua moto. Il ragazzo però non si dette per vinto e si mise a correre. Lei era molto più veloce ovviamente ma lui continuava a correre, non sapeva neppure lui perché, un presagio forse… poi un urlo… la sua voce… Si mise a correre più veloce ancora, appena in tempo per vederli, due volti anonimi… occhiali scuri, due pistole… un colpo, e poi un altro, e ancora un altro. Lui pietrificato, senza senso… niente in quella scena aveva un senso… e poi lei… il suo corpo accasciarsi al suolo, in un lago di sangue…

E poi il nulla, il dolore, e ancora oggi…

 

La ragazza si mosse lentamente ed emise un lieve sospiro, ma non si svegliò.

 

Il cuore di Karl solo per un attimo ebbe un sussulto, ma poi lentamente tornò a battere regolarmente. I suoi ricordi lentamente lo abbandonarono per lasciar posto al presente. Cosa le avrebbe detto se si fosse svegliata? Cosa ne avrebbe fatto? Come avrebbe potuto spiegarle ciò che era accaduto?

Quando Ken le aveva sparato e lui l’aveva vista cadere a terra gli era sembrato di morire un’altra volta. Lo stesso dolore, le stesse sensazioni di allora… poi aveva visto il compagno dirigersi verso il ragazzo, un ennesimo sguardo alla ragazza ed ogni esitazione era scomparsa, aveva sparato.

Il killer era caduto a terra senza voltarsi, colpito con una precisione mai vista. Aveva sparato ad un uomo… alle spalle… nella sua vita Karl aveva fatto molte cose delle quali poi in seguito si era amaramente pentito ma quella, pensò, era decisamente la peggiore. Non solo aveva sparato alle spalle di un uomo, ma a quelle del suo compagno, rischiando di mandare in fumo mesi e mesi di indagini, di far saltare la sua copertura e quella del suo contatto solo per… una donna.

Eppure la lucidità delle sue azioni in quel breve istante lo sorprendeva ancora: aveva sollevato il corpo inerme della ragazza, lo aveva caricato in macchina e si era dileguato appena in tempo, prima dell’arrivo della polizia.

Arrivato a destinazione non aveva faticato a spiegare la morte di Ken, aveva inventato che in una colluttazione con la ragazza era partito un colpo che lo aveva ucciso all’istante, e che lui, per fermarla, aveva sparato a sua volta. Più complicato però era stato spiegare la presenza della ragazza. Inizialmente, affinchè la curassero, gliel’aveva proposta come merce di scambio per i loro traffici con il Sud Africa, ma ora doveva trovare un modo per salvarla, altrimenti appena sveglia l’avrebbero sottoposta ad una tortura psicologica disumana, per annullare completamente la sua volontà.

 

Com’era bella… aveva un’espressione così dolce… eppure quando l’aveva vista correre come una furia per salvare quel ragazzo avrebbe giurato di aver visto due occhi tristi, privi di vivacità, come se non avesse paura di affrontare la morte, come se non avesse più nulla per cui valesse la pena vivere…

 

Improvvisamente gli occhi della ragazza si spalancarono. Karl fece un balzo e si ritrovò in piedi dalla sorpresa. In quelle due settimane era la prima volta che si svegliava dal suo stato di incoscienza.

 

Lentamente la ragazza si voltò verso di lui e gli parlò:

“Dove sono?”

La sua voce era flebile ma ferma. Karl non sapeva come comportarsi.

La ragazza disse ancora:

“Cosa è successo? Tu chi sei?”

Cautamente Karl decise di rispondere almeno in parte alle sue domande:

“Sei stata molto male, qua ti hanno curata, ti ricordi cosa è successo?”

La ragazza chiuse gli occhi, e solo dopo un po’ rispose:

“Non so… non mi ricordo… ma tu chi sei?”

Forse la situazione non era così disperata, pensò Karl, forse c’era una speranza…

“Beh, io mi chiamo Karl, e tu? Il tuo nome qual è?”

La ragazza improvvisamente si fece pallida. Rimase in silenzio per alcuni minuti. Karl non osava sperare che quello che pensava potesse essere vero… se lei non avesse ricordato veramente nulla… forse avevano una speranza.

 

“Mi dispiace, io… credo… di non saperlo… ma come è possibile? Come faccio a non sapere come mi chiamo??”

Improvvisamente la ragazza sembrò agitarsi, comprensibilmente dopo quella scoperta. Karl allora le si avvicinò e molto lentamente le accarezzò il capo:

“Non aver paura, hai subìto un colpo alla testa, è normale. Comunque non devi preoccuparti, se vuoi posso aiutarti io… ti va di fidarti di me?”

Un lampo di dolore passò negli occhi neri della giovane:

“Fidarmi?… no… io… non posso più fidarmi di nessuno ormai…”

Karl rimase perplesso da quell’affermazione:

“Ma… perché? Qualcuno ti ha fatto del male?”

“Non lo so, credo di sì, ma non ricordo… mi fa tanto male la testa…”

“D’accordo, non sforzarti, non devi ricordare se non vuoi, ora riposati, verrò a trovarti più tardi, va bene?”

“Ok”

“Buon riposo”

“… Karl?”

Com’era dolce il suo nome pronunciato da quell’angelo…

“Sì?”

“Finchè non ricorderò il mio… ti va di darmi un nome?”

Karl finalmente sorrise. Un nome. Gli sembrò di essere tornato bambino… a quando sua madre leggeva a lui e a sua sorella il loro libro preferito… un nome… l’imperatrice ha bisogno di un nuovo nome…

“Lo sceglieresti per me? Un nuovo nome?”

Alla fine del libro… solo un nome…

“Vuoi davvero che lo scelga io?”

“Si, tu, solo tu puoi darmi un nuovo nome”

‘Solo un nome… perché esiti Karl? C’è un solo nome che potresti darle, perché non lo fai?’

“Io non so se posso…”

“Certo che puoi…”

Certo che puoi Karl… solo un nome, e poi ricominciare… tutto da capo…

“… Alia”

Continua…

 

 

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