La sfida by Vchan

Era un caldo pomeriggio estivo e Actarus se ne stava al ranch Betulla Bianca a spalare il fieno per le bestie. Adorava il silenzio che lo avvolgeva mentre si rendeva utile per il suo amico Righel, e poi vivere immerso nella natura gli dava la sensazione di mantenere un legame con il suo pianeta d’origine. Quando era arrivato sulla Terra era stato accolto dal dottor Procton come un figlio ed aveva instaurato un bel rapporto con Venusia e la sua famiglia, pur mascherando la sua vera identità, vivendo come un normale essere umano. Il ricordo della sua infanzia, della sua famiglia e della stella Fleed non si era cancellato ma la nuova esistenza che conduceva lo aiutava ad andare avanti e a vivere cosi come avrebbe voluto, in pace e serenità. Poi la quiete era stata turbata dall’arrivo di Vega, che non solo aveva scombussolato il suo nuovo mondo, ma aveva riportato alla luce tutta la sofferenza e il rancore che teneva nascosti nel profondo del suo cuore. Possibile che anche questo pianeta avrebbe dovuto seguire la sorte della sua amata Fleed? Poteva sopportare di perdere anche questa nuova famiglia? Il senso di giustizia ed il coraggio avevano prevalso e con l’aiuto di suo padre aveva assunto il ruolo di protettore del pianeta Terra sfidando il nemico a bordo del suo Ufo robot. Poi era arrivato Alcor, il suo migliore amico, quasi un fratello per lui, e grazie al suo aiuto affrontava giorno dopo giorno la sua battaglia contro Vega. Infine, qualche tempo prima, aveva anche ritrovato sua sorella creduta morta sul pianeta natale e l’amore che provava per lei lo aveva aiutato a vivere il ricordo del suo passato in maniera più forte. Era finalmente pronto ad affrontare i suoi nemici con determinazione e sicurezza.
In quell’afoso pomeriggio si era soffermato a pensare a tutto quello che era accaduto fin da quando era arrivato sul pianeta Terra, poggiandosi al forcone e asciugandosi il sudore che gli imperlava il viso. Era circondato dal verde e giallo dei campi della fattoria e dagli alberi che creavano un recinto naturale. Più in là c’era il laghetto dove era solito portare a pesca il piccolo Mizar o Venusia a passeggiare. Guardava tutto ciò rapito dall’estrema bellezza e semplicità della natura, immerso nel caldo e nel cicaleccio degli insetti. Poi il silenzio venne rotto dalle grida lontane di Righel affacciato alla torre per il richiamo degli spaziali con il cannocchiale incollato all’occhio destro e alla ricerca spasmodica di qualunque cosa di anormale che volasse:
- Ghiri ghiri goro goro ghiri ghiri goro goro! Accidenti! Perché non si fanno mai vedere! –
- Papà! Vieni giù di li! Possibile che non ti stanchi mai di tutte queste scemenze? – Venusia lo guardava imbronciata con i pugni ai fianchi.
- Ma figliola, non credi che dovremmo fare amicizia con quei simpaticoni? -
- Senti, hai visto Actarus? -
- No! Quel fannullone! Se ne starà in giro a suonare quell’arnese! – aveva mugugnato l’omino.
- Che dici? Non ti sento! – aveva gridato la figlia – Senti, ma con quell’affare non puoi vedere dove sta? -
- Aspetta…aspetta…che lo voglio beccare con le mani nel sacco! Eccolo! Ah! Come al solito a bivaccare! Invece di lavorare si riposa! – Righel aveva sbattuto i pugni agitandosi.
- Allora è nel campo dietro le stalle! Io vado e stai attento a non cadere! Ciao ciao -
- Chi va con lo zoppo impara a zoppicare! – poi rivolto al cielo- ... ghiri ghiri goro goro... – aveva ricominciato a gridare riassumendo l’espressione felice e piena di speranza.
- Papà è di nuovo impazzito?- Mizar era andato incontro alla sorella saltellando e fischiettando.
- No, è nella norma! Vedi che non cada e si rompa l’osso del collo! Hai visto Alcor e Maria? -
- No…da ieri! -
- Beh, vado da Actarus. Ciao. -
- Sì sì…dal suo Actarus… -
- Ne vuoi un po’? – aveva mostrato i pugni.
- Che acida! Se continui così non ti sposerà mai! Bleah – le aveva fatto al linguaccia fuggendo via.

* * * * * *

- Ciao! Sentito che afa oggi? Sinceramente non capisco proprio come tu faccia a lavorare…- Venusia si sventolava con il cappello lasciandosi andare sull’erba secca all’ombra della grande quercia sotto la quale aveva finalmente trovato Actarus – con questo caldo è impossibile anche fare una passeggiata! –
- Uhm, hai ragione, ma lo spettacolo che si gode da qui è raro! Mi piace ammirare la distesa di grano maturo dei campi di tuo padre. E poi non mi lascia altra scelta, sennò dice che sono un fannullone! – sorrise guardandola e sedendosi accanto a lei.
- Ma lascia perdere quel vecchio pazzo! Sai dov’era? – aveva lasciato cadere il cappello ormai esausta e sudata.
Actarus aveva scosso la testa continuando a fissare l’orizzonte rapito dai profumi della natura circostante.
- Beh, era sopra la torre a gridare quel suo motto assurdo! Ma come si fa ad essere convinti che dicendo quelle cretinate arrivino alieni amici? Come se non bastassero già quelli che abbiamo poi…-
- Lascialo fare…è bello che abbia ancora speranze di trovare amici dopo tutto questo tempo passato a pregare che Vega non ci uccida tutti e distrugga la Terra…ti pare? -
- Bah! Secondo me è solo un pazzo che non si rende conto della realtà! E sono stanca di corrergli dietro per evitare che si rompa l’osso del collo o che si faccia catturare dai veghiani! Alla sua età! – la ragazza si era alzata riprendendo il cappello – Che caldo insopportabile…-
- Meglio che riprenda il lavoro…Alcor e Maria dove sono? E’ da stamani che non li vedo! – Actarus si alzò imbracciando il forcone e uscendo al sole.
- Veramente non lo so proprio…sono usciti presto e molto furtivamente…uhm…ora che mi ci fai pensare…eh sì…Maria specialmente aveva un’aria più che sospetta!!! – Venusia aveva assunto un’espressione interrogativa e indagatrice.
- Ah ah ah! – Actarus rideva di cuore immaginando la scena e ben sapendo dove potevano trovarsi sua sorella e Alcor. Da quando era arrivata al ranch si era affezionata parecchio al suo migliore amico e sebbene mostrasse avversione per lui, in fondo trasparivano ben altri sentimenti come interesse e qualcosa di più che semplice amicizia. – Tranquilla…torneranno stasera…distrutti e imbronciati…ma torneranno! Ah ah ah…-
- Allora sai dove sono? Parla! Lo sai che non sopporto di restare all’oscuro delle cose! – Venusia si era avvicinata con aria minacciosa.
- Ma dove vuoi che siano? A divertirsi…in fondo sono ragazzi! – la tranquillizzò mantenendo un gran bel sorriso stampato sul volto.
- Ah! E così io sarei una vecchia! Tutto il giorno qui a lavorare…quando mi divertirò io? Sono una ragazza anch’io che credi? – e lo aveva minacciato con il pugno. – oppure pensi che sono brutta e rimarrò zitella? – Venusia aveva perso tutta la tracotanza e aveva abbassato lo sguardo a terra.
- Ma no…ma no…via! Lo sai che sei bella…- l’aveva rincuorata pensando a quanto potesse essere sensibile l’animo femminile.
- Credi? Davvero? – aveva mostrato un sorriso smagliante riacquistando tutta la sicurezza che la contraddistingueva.
- Uh uh…solo che siamo un troppo cresciuti per darci alla pazza gioia! Abbiamo dei doveri, non credi? – aveva ammiccato il ragazzo – piuttosto sai chi era l’uomo che confabulava con Alcor ieri sera? Non l’ho mai visto. -
- Non lo so! Ma parlavano di moto e di una gara…boh! Comunque stasera gli faccio una bella lavata di capo a tutti e due e se domani non si mettono sotto anche loro…- si allontanò mugugnando e pensando a come poteva rimproverarli al meglio.
- Ci sarà da ridere stasera…meglio lavorare per ora…- ed aveva ricominciato ad accatastare il fieno.

* * * * * *

Intanto altrove…
- Ehi bello non ti montare la testa! Aspetta a parlare, capito? – Maria, in una favolosa tuta di pelle nera, stava punzecchiando un grassone troppo sicuro di sé.
- Vedremo chi sarà il vincitore oggi! E non credo che una sbarbatella come te sappia montare in sella! Vero ragazzi? – era scoppiato a ridere coinvolgendo anche i suoi compari dalle facce losche che si erano avvicinati.
- La vedremo brutto grassone! – Maria si era fatta avanti minacciosa.
- Che hai detto ragazzina? Prova a ripeterlo e assaggerai… - il tipo aveva afferrato una chiave inglese alquanto massiccia e la brandiva con noncuranza.
- Dai ragazzi che ci divertiamo un po’…- un altro del gruppo si era fatto avanti sfoggiando un’espressione più che preoccupante. Le cose si mettevano male.
- Non assaggerai proprio niente vero dolcezza? – Alcor era sbucato da chissà dove al momento giusto cingendole le spalle e sfidando la combriccola con lo sguardo. Con la tuta da motociclista e i soliti capelli arruffati era ancora più bello ed assumeva un’aria da adulto serio e rispettabile.
- Beh…si parlava…così, vero ragazzi? – il ciccione cercava l’approvazione dei compagni accennando un sorriso stupido – comunque tienila a bada la tua ragazza…è un po’ troppo aggressiva! – aveva riassunto un’aria dignitosa.
- Già immagino…quanti siete? Quattro contro una ragazzina indifesa…facciamo così! Che ne dite di giocarcela con la gara di oggi? – Alcor si era fatto avanti nascondendo Maria con fare sicuro.
- Uhm…interessante…parla! – e i quattro si era fatti avanti incuriositi.
- Facciamo così: se vinco io chiedete scusa alla signorina…-
- E se vinco io? – fece il ciccione sicuro di sé pregustando la vittoria.
- Beh…che ne dite di un bel giro di whisky da Sullivan? – aveva sorriso grattandosi la testa con fare allegro. - Mi prendi in giro? Vediamo di fare le cose serie…se vinco io mi prendo la tua moto. Ci stai? -
- Mi pare un po’ troppo…in fondo non è successo niente… -
- Lo dici tu! Che fai ti tiri indietro? – aveva tirato su la mano con la chiave inglese.
- E va bene! Ma se vinco io allora oltre alle scuse voglio anche la tua moto. – Sicuro e sfrontato Alcor aveva espresso la sua richiesta. L’idea della sfida che si accingeva a correre lo eccitava da morire.
- Si può fare pivellino…ok ci sto. – e gli aveva stretto la mano quasi stritolandogliela.
- Ma capo…- i compari non dovevano essere dello stesso avviso.
- Tranquilli…già mi vedo in sella a quella splendida Honda laggiù – li aveva rassicurati.
- Non cantare vittoria troppo presto amico! Anche la tua Yamaha rossa fiammeggiante non è da buttare via. – e gli aveva fatto l’occhiolino accennando un sorriso.
- A dopo ragazzo! E non romperti l’osso del collo! Ah ah ah…- e si era allontanato portandosi dietro la scorta.
- Bleah – Maria da dietro fece la linguaccia. Poi rivolta all’amico – Brutto deficiente…ti sei fatto soffiare la moto così…-
- Ah! Io ti salvo la vita e tu mi dai del deficiente! La prossima volta ti lascio lì e te la sbrighi da sola! – Alcor la guardava furioso in attesa delle scuse – e poi grazie tante della fiducia che hai in me! Beh, dovrai ricrederti mia cara quando taglierò il traguardo per primo...-.
- Ma sentitelo! Guarda che parteciperò anch’io sai? -
- Ah ah ah…non penserai di vincere tu? Ma dai! Una donna! -
- Mi conosci da poco caro e ancora non hai scoperto tutte le mie qualità…potresti rimanere sorpreso…non ho solo imparato a pilotare la trivella spaziale! - lo guardava con aria di sfida – vedremo chi avrà la meglio, ma ti avverto: sono un osso duro! E datti una mossa sennò cominciano senza di noi – Maria si era voltata e preso il casco si era diretta verso la sua moto nera e scintillante. Poi tornata indietro aveva mollato un calcio sullo stinco del ragazzo: - E questo è perché non hai negato che sono la tua ragazza!!! – si girò e si allontanò divertita e lusingata.
- Ha del fegato la ragazza! Ci sarà da divertirsi! – anche lui si era voltato e si era diretto verso il suo splendido bolide azzurro lucente sorridendo divertito.
La pista era stata minuziosamente pulita e preparata per la gara che si sarebbe svolta di lì a poco e sebbene non fosse di grande rilevanza, l’atmosfera che si respirava sugli spalti era ricca di euforia ed eccitazione. Faceva un gran caldo ma in fondo era un’occasione di svago, divertimento e di ritrovo per gruppi di amici, fanatici o semplici famigliole. I bambini erano letteralmente impazziti nel vedere così tante motociclette potenti e lustrate a dovere per la competizione e giravano vicino ai box, per le gradinate o all’ingresso trascinando i genitori frastornati e già esausti. Il cicaleccio delle voci della gente si mescolava al rombo dei motori in prova e al ronzio degli insetti creando un clima di festa collettivo.
Il momento della gara era finalmente arrivato. Tutti i concorrenti si erano schierati sulla linea di partenza con le moto già scaldate nel giro di prova. Le visiere dei caschi abbassate, curvi e determinati, all’accendersi del semaforo verde erano scattati come fulmini per guadagnare le prime posizioni svicolando e sorpassando, ben attenti a non rimanere invischiati in incidenti e collisioni. Non erano in molti, ma lo spettacolo che si poteva godere dall’alto delle gradinate degli spalti era stupendo. Sembrava un’immagine surreale: la pista infuocata che si perdeva nel calore dell’aria era attraversata da bolidi rumorosi e veloci come il vento. Prima curva a sinistra ed ecco che i concorrenti si perdevano lentamente alla vista degli spettatori, lasciandosi dietro solo il rombo dei motori. La prima posizione era stata guadagnata da una Honda schizzata via alla partenza e che non dava segni di cedimento. Seguivano le moto del grassone, di Alcor e tre posizioni più indietro ecco la nera di Maria.
- Ehi ciccione spostati che devo farti magiare la polvere! – Alcor parlava tra se e sé completamente rapito dal momento e dall’adrenalina che gli dava la gara. La velocità e il rischio gli erano sempre piaciuti e vincere la competizione era una sfida troppo allettante per potersene rimanere in terza posizione. Più che i premi gli premeva la vittoria. Ma a quanto pareva lo sfidante non era un poco di buono e sarebbe stata dura.
- Accidenti…- mugugnava pensando al momento giusto per tentare il sorpasso.
Intanto curva dopo curva e giro dopo giro, Maria era riuscita a guadagnare terreno grazie ad uno splendido sorpasso prima del rettilineo finale e alla caduta di un avversario finito fuori pista. Ora doveva affrontare il terzetto di testa e sapeva che non sarebbe stato facile date le capacità di chi gli era davanti, ma era testarda ed esperta pilota. Per nulla intimorita, liberatasi dai due tappi paratisi davanti dall’inizio, aveva accelerato per riprendere la testa della corsa ed accodarsi a…
- Alcor! Quello sbruffone è ancora qua…chiacchiere e solo chiacchiere…bene bene…all’attacco! – aveva accelerato e si era messa in coda sfruttando la scia della moto dell’amico prima di poter tentare l’attacco in curva. Alla fine del rettilineo che stavano percorrendo la nera e la blu erano ora appaiate in uno scontro ad alta velocità.
- Ma guarda chi si vede. La ragazzina…niente male direi…ma non passerà! – Alcor aveva curvato chiudendole la strada ed obbligandola a restare indietro.
- Maledetto – aveva sogghignato – ma non credere che l’avrai vinta. -

* * * * * * *

Sulla base lunare di Vega intanto fervevano i preparativi del piano Noesis. Circondati dal silenzio cosmico e dal blu intenso dello spazio, nascosti alla vista dei radar terrestri, i veghiani si davano un gran daffare correndo su e giù per il centro come tante piccole formiche, studiando tattiche, lavorando alle saldature di un nuovo robot e aspettando il momento buono per lanciare un nuovo terribile attacco alla Terra.
Lontani dalle orecchie di Re Vega e del Comandante Gandal, Zuril e i suoi uomini se ne stavano nell’hangar adibito alla costruzione di robot a discutere di come poter migliorare le capacità del nuovo mostro Xenos.
- Come procede il potenziamento dei raggi ultrasonici? – Zuril camminava avanti e indietro impaziente di vedere ultimato il lavoro.
- Bene Capitano! Siamo quasi pronti. Entro qualche minuto avremo terminato. -
- Magnifico! Se tutto va come previsto l’avrò vinta stavolta e nessuno potrà fermare la mia ascesa al potere! Ah ah ah…- le risa sataniche avevano aggiunto ancora più malvagità all’espressione truce del suo volto e alla luce oscura che emanava dall’unico occhio.
- Capitano Zuril! Capitano Zuril! – dal monitor era apparsa la faccia bluastra e seria di Gandal.
- Sì Comandante! – si era precipitano al computer per poter ascoltare meglio cosa aveva da dirgli il suo superiore.
- Capitano! Abbiamo urgenza di attaccare la Terra. Il nostro infiltrato ha riferito che Goldrake sarà diviso dai suoi compagni quest’oggi. Non possiamo lasciarci sfuggire un’occasione unica come questa! Come procedono i lavori? -
- Al meglio…siamo quasi pronti. -
- Gradirei saperne di più sull’utilizzo della sua nuova scoperta. -
- Riferirò subito signore. – e si era diretto verso la sala dove poteva discutere in segreto del piano Noesis.
Qualche istante dopo eccolo entrare in una sala piccola e riservata, dove aveva trovato il Comandante Supremo della flotta di Vega tranquillamente seduto a sorseggiare del vino.
- Allora? - Zuril si era avvicinato allargando sul tavolo dei grossi fogli bianchi su cui erano state scritte formule chimiche e disegnate parti meccaniche .
- Ecco qua! Questo è Xenos. Stiamo giusto ultimando il potenziamento delle armi. – e il Capitano mostrava le varie sezioni del mostro indicando dei punti scorrendo la carta. - Non mi interessa del robot. Mi mostri come funziona…- Gandal si era alzato in piedi.
- Il gas! Sì…modestamente ho superato me stesso…è un’alta concentrazione di solfato di ammonio, misto ad anidride carbonica e ad un altro composto da me creato. Altamente instabile e mortale se inalato. Genera una nube molto compatta dalla forma irregolare grazie alla sua instabilità e non permette ai radar di captarne l’interno. – lo guardava sfregandosi le mani.
- Molto bene. Come pensa di utilizzarlo Capitano?- Gandal si era messo a passeggiare avanti e indietro per la sala.
- Beh…che ne dice se nascondessimo Xenos al suo interno e lo inviassimo a generare distruzione? – Zuril aspettava a bocca aperta una risposta positiva alla domanda secondo lui puramente retorica.
Gandal si era girato mostrando la faccia satanica della vecchia strega che si nascondeva al suo interno.
- Quanto è sciocco! Non arriverà mai a niente se continua ad avere una visione così limitata delle sue ricerche ed invenzioni.
- Ma…mia signora – disse inginocchiandosi Zuril sconcertato.
- Vede Capitano…sapendo che la sorella di Actarus e Alcor si trovano lontani dal centro di ricerche e che saranno impossibilitati a guidare i loro robot, non sarebbe da stupidi rinunciare ad un’occasione irripetibile come questa? -
- Beh…sì…-
- Ma certo che sì! Ed è per questo che noi li attaccheremo su entrambi i fronti…sfruttando il gas e anche le potenzialità del robot di sua costruzione! Stavolta non ci saranno possibilità alcune per Goldrake! Ah ah ah…-
- Ma mia Signora, non siamo certi che Xenos sia ancora in grado di battere Ufo robot! – Gandal cercava di farsi sentire.
- Zitto tu! Sei solo capace di collezionare insuccessi, lasciamo fare al Capitano Zuril! -
- Come volete voi, mia Signora – e si era inchinato mandando in frantumi il calice stringendolo nella mano.

* * * * * * *

Dopo qualche tempo al ranch Betulla Bianca…
- Ehi papà! Perché non vieni giù a dare un’occhiata ai cavalli? E’ da un po’ che si agitano e scalpitano…non è che deve arrivare un terremoto? – Mizar si era avvicinato alla torretta dove Righel se ne stava in avvistamento.
- Tranquillo figliolo, qui tutto bene, nulla di sospetto! Saranno nervosi per il caldo! O per il temporale estivo che sembra stia arrivando…guarda da quella parte…– aveva continuato a parlare restandosene incollato al telescopio puntato verso il cielo.
- Che nuvoloni neri…e solo da quella parte poi…magari piovesse qua…con questo caldo! Comunque i cavalli sono strani…e non è per il caldo! -
- Ma lasciami stare…non vedi che sono impegnato? Sarò l’uomo più famoso e ricco di questo mondo quando mi fotograferanno mentre stringo la mano agli spaziali! -
- Ancora con questa storia – aveva detto tra se e sé arrendendosi e tornandosene verso le stalle prendendo a calci i sassi per il sentiero sterrato. Improvvisamente era stato attratto da uno strano puntino di colore rosa scorto in mezzo alle nuvole in un punto lontano al di là della fattoria. Si era coperto la fronte con la mano per vederci meglio e ripararsi dalla luce del sole aguzzando la vista. Non si sbagliava. In mezzo al cielo azzurro e che cominciava a coprirsi c’era proprio un puntino rosa che cambiava colore a poco a poco e che…si avvicinava molto lentamente. Tornato sui suoi passi aveva gridato al padre: - Papà! Papà! Guarda là! Che cos’è? Riesci a vedere che cos’è con quel coso? – incuriosito e un po’ spaventato.
- Lascia fare a me! Vediamo…sì…ma si muove! -
- Lo so papà…ci vedo! -
- Ma dammi tempo figliolo! Cambia colore…uhm che strano…che fenomeno strano…Ma c’è un’ombra scura che si muove in mezzo…ma è bellissimo! Mi daranno il nobel per questa scoperta…-
- O no! Non dirmi che…-
- Gli spaziali! – era esploso Righel in preda all’euforia – sono loro!!! Ghiri ghiri goro goro…siamo qua! – e si agitava come impazzito.
- Accidenti…è andato…devo correre ad avvisare Actarus. – Mizar si era diretto verso le stalle. Ma fatti pochi metri ecco arrivare il ragazzo che correva trafelato per prendere la moto e dirigersi al centro di ricerche.
- Lo so Mizar, sto andando al centro di ricerche. Il dottor Procton mi ha appena avvisato. – lo aveva anticipato Actarus.
- Ok, buona fortuna – ed era entrato nella stalla per cercare di calmare le bestie impazzite.

* * * * * * *

Al centro di ricerche intanto il dottor Procton si dava da fare per raccogliere più informazioni possibili sull’attacco imminente.
- Attività sismiche? – si era voltato improvvisamente, chiamato da uno dei suoi assistenti.
- Sì dottore. In diversi punti della crosta e con diversi epicentri. -
- Che latitudine e longitudine? – si era avvicinato al monitor.
- Uno latitudine nord 38 longitudine est 142, un altro 38 e 143 e poi 38 e 145…-
- Sono tutti contemporanei? -
- No ma a breve distanza l’uno dall’altro e a profondità decrescente dottore.- lo scienziato mostrava indicando alcuni punti sullo schermo.
- L’ultimo? -
- 4 min e 37 sec fa a nord di Miruoka. -
- Ma non è molto distante! Poco più di 200 km! E che magnitudo? Profondità? – Procton era visibilmente preoccupato.
- Vediamo…l’ultimo è stato del 5 grado Richter …ma la magnitudo è crescente. I terremoti sono sempre più violenti…e sono sempre più in superficie! …presenza di gas sconosciuto anche qui dottore! -
- Maledizione! Che cosa starà succedendo? Che staranno architettando questa volta? – sudava mentre cercava di concentrarsi. – Della nuvola che dati avete raccolto? – si spostava da una parte all’altra del centro operativo freneticamente.
- Dottore nulla di nuovo. Viaggia ad una velocità di 489 Km/h stabile e mantiene una rotta di 48 gradi SO. Se mantiene la rotta…viene verso di noi! Il gas che la compone è di natura sconosciuta e rende impossibile ai nostri radar captare cosa nasconda o di cosa sia composto il nucleo. E’ di circa 10 Kmq di forma irregolare. -
- Nient’altro? -
- Per ora nulla dottore. Il computer sta cercando di individuare il composto gassoso ma sembra non dirci nulla.
- Maledizione!!! -
- Eccomi dottore!! Ho fatto prima che ho potuto! – Actarus era entrato nella sala di controllo trafelato.
- Figlio mio, ci sono troppi fenomeni strani che non riusciamo a spiegarci e di sicuro non sono di origine naturale. -
- Esco con lo Spacer a vedere che succede! -
- D’accordo, ma fai attenzione! -
Actarus si era diretto correndo verso la parte del centro adibita all’ingresso degli apparecchi. – Goldraaaaaaaake! - dopo essersi trasformato aveva acceso i motori e passato per lo Spacer era arrivato al comando. – Goldrake avanti! – e aveva guidato il suo robot fuori del centro di ricerche in direzione del puntino rosa di origine sconosciuta.
Frattanto il dottor Procton cercava di mettersi in contatto con Venusia, Alcor e Maria.
- Sì dottore, arrivo subito! – Venusia aveva chiuso la comunicazione e si stava precipitando alla base.
- Alcor! Alcor! Maria! Rispondete! …nulla! Accidenti, ma dove si saranno cacciati? -
- Dottore sono state registrate nuove scosse sempre più vicine e superficiali! L’ultima qualche attimo fa a poco più di 120 Km da qui, ma di minore intensità…ehi….- la terra aveva tremato sotto i loro piedi per la prima volta in maniera percettibile.
- La nuvola? -
- Si avvicina a velocità costante dottore …no…ha rallentato! Ora viaggia a 395 km/h -
- Che diavolo sta succedendo? – per la prima volta in vita sua si trovava di fronte ad una situazione nuova e che non era in grado di dominare. Dovevano combattere contro un nemico invisibile. Ma era un nemico? Che cos’era quella nuvola? Che nascondeva? E quei terremoti erano solo semplici terremoti? Troppo facile come risposta! E troppo strano come fenomeno. C’era sicuramente Vega dietro tutto ciò…ma qual’ era il diabolico piano del nemico stavolta?
Actarus intanto aveva raggiunto la nube rosa mantenendosi sempre a distanza di sicurezza. Non riusciva a vederne l’interno perché il gas doveva essere molto fitto. Poi improvvisamente venne colpito da raggi laser nemici che arrivavano da tutte le direzioni e fu costretto ad indietreggiare.
- Padre! C’è qualche marchingegno là dentro ma non posso vedere da dove arrivano i colpi. -
- Actarus mantieni la calma e studia il nemico. -
- Cercherò! -
- Ok…io provo a mettermi in contatto con Alcor e Maria…Venusia sta arrivando. Chiudo.-
- A noi due! Lame rotantiiiiiii! – i dischi avevano perforato la coltre ma erano tornati indietro uscendo come dal nulla.
- Maledizione! Non puoi essere incorporeo! Non posso sganciarmi…non saprei come attaccare…Lame rotantiiiiiiiiiiiiii! – di nuovo i dischi erano andati a vuoto.
- Maledizione! Se resto qui mi colpiranno e non posso continuare ad evitare i laser. Come posso attaccare? Se ci fosse Alcor qui con me! – e schivava i raggi nemici che arrivavano all’impazzata.
- Actarus. La nube si sta allontanando…seguila! Venusia dovrebbe essere lì a momenti! Chiudo -
- Eccomi! Lascia fare a me! Missili cicloniciiiiiiiiiiiiiiiiiii! – due missili erano partiti dall’apparecchio dirigendosi ad alta velocità verso la nube. – Actarus attacchiamo insieme…lancia le lame! – aveva gridato Venusia.
- Ok proviamo! Lame rotantiiiiiii!!! –
Baaaaaaaaaang…
- Hai sentito? C’è qualcosa là dentro e l’abbiamo colpita. Guarda! Cadono i detriti! – la ragazza aveva sussultato dalla gioia.
- Hai ragione! Può schivare l’attacco ma non così velocemente se lanciamo le armi tutte insieme. Seguiamolo e diamoci da fare! – poi rivolto a Procton – Padre, analizza l’origine dei pezzi del velivolo abbattuto. Potremo affrontarlo meglio conoscendo da dove viene e di cosa è fatto! -
- Mi metto al lavoro. Buona fortuna figlio mio. -

* * * * * * *

Sulla pista infuocata intanto i nostri amici si stanno disputando il terzo posto della competizione correndo fianco a fianco e non dando alcun cenno di cedimento.
- Che testardo! Lasciami passare!!! – Maria si era messa dietro la moto del ragazzo seguendone la scia prima del sorpasso.
- Eccola di nuovo…ehi…ma è una chiamata del dottore! Accidenti proprio adesso!!! – Alcor aveva inconsciamente rallentato.
- Ce l’ho fatta!!! Ha rinunciato quel codardo! – Maria esultava di gioia con la mente già rivolta al prossimo avversario.
Ma improvvisamente la terra aveva iniziato a tremare violentemente fino a spaccarsi. Grosse fenditure si aprivano sul terreno sottostante e la paura aveva invaso l’animo dei concorrenti così come degli spettatori. Il panico era dilagato sugli spalti e intorno ai box. La gente fuggiva impazzita in preda al terrore, bambini venivano dimenticati o calpestati e si udivano solo grida e un rombo fortissimo che avvolgeva l’intera zona. Nuvole di gas rosa si sprigionavano dalla terra ed in breve tempo avevano reso l’aria irrespirabile. Le prime vittime erano stramazzate al suolo come fulminate. La scena era apocalittica e il caos regnava sovrano.
- Ah ah ah…il piano va a gonfie vele! Questa volta non so proprio come faranno a difendersi Comandante! – Zuril sorrideva maliziosamente compiaciuto della sua stessa invenzione.
- Sì, mi congratulo con lei, ma aspettiamo Capitano. – Gandal sorseggiava del vino rosso tranquillamente seduto davanti ai monitor. – Come procede l’avanzata dei minidischi? -
- A quanto pare bene e come previsto Goldrake ha abboccato all’amo…eh eh eh…- sogghignava compiaciuto.
- Devo dire che il suo piano è stato particolarmente ingegnoso stavolta. – girava il vino nel calice guardandone il colore rossastro ed intenso. – procediamo come stabilito allora. E niente sbagli stavolta. -
- Sarà fatto Comandante! – e dopo essersi congedato si era diretto sul ponte di comando a grandi passi.
Intanto la situazione peggiorava di minuto in minuto. Dopo essersi fermato fuori della pista, Alcor era stato messo al corrente della situazione dal centro ricerche ma era scoppiato il pandemonio così improvvisamente e repentinamente che si era trovato a dover far fronte ad una situazione inaspettata. Innanzitutto era un miracolo che fosse ancora vivo dopo il violentissimo terremoto. Era stato sbalzato dalla moto ed aveva rischiato di cadere in uno dei crepacci apertisi dopo la scossa. Stordito si era rimesso in piedi, ma aveva subito dovuto coprirsi la bocca per l’odore forte che emanava un gas rosato che era percepibile nell’aria e che non permetteva di vedere più in là di 50 metri. Era solo e non vedeva dove andare. Poi aveva pensato alla compagna. Dov’era? E stava bene?
- Maria! Maria mi ricevi? -
- Cough…cough…si…cough…dove sei? – la ragazza era viva.
- Sono qualche centinaio di metri dietro di te…mi sono dovuto fermare. Il dottor Procton mi ha detto che è quasi sicuramente un attacco di Vega ma non ne sono sicuri. Non respirare questo gas. E’ di natura sconosciuta…cerco di venire a prenderti. – era montato in sella e a passo d’uomo seguiva la pista in direzione della ragazza, ben attento a non finire in un fosso.
Maria intanto si era rialzata a stento. Aveva respirato un po’ di quella roba. Ci vedeva male e le girava la testa ma sapeva di potercela fare. E poi Alcor sarebbe arrivato da un momento all’altro. Nella caduta dalla moto provocata dal sollevamento di una grossa zolla di asfalto alla sua destra, era scivolata via non governando più la moto. Fortunatamente non aveva subito danni seri ma le doleva dappertutto ed era frastornata. Non si rendeva ancora conto di quello che stava accadendo e di quello che era successo. Non aveva parlato con il centro di ricerche e non sapeva nulla della nube di gas anomalo. Sapeva solo che voleva tornarsene a casa e aspettava l’amico con impazienza, specialmente ora che il rombo non si sentiva più e regnava uno strano ed innaturale silenzio. Si era guardata intorno sospettosa non vedendoci un granché, ma le pareva di scorgere qualcosa oltre la cortina di fumo rosa. Sì, qualcosa di scuro ed enorme…
- U…un mostro di Vega! Ahhhhhhhhhh -
Alcor frattanto si era avvicinato e aveva udito le grida della ragazza. Seguendo il suono della sua voce l’aveva trovata.
- Eccoti finalmente! Dai sali su che ce ne andiamo! –
- Il terremoto, il gas…nascondevano un mostro alieno. E’ qui…guarda! – e indicava un punto non lontano da loro.
Alcor cercava di aguzzare la vista man mano che il gas si diradava grazie alle gocce di pioggia che iniziavano a cadere sempre più copiose – Eccolo! Lo vedo! Salta su! – e l’aveva aiutata a mettersi in sella. Poi sgommando fece dietro front per togliersi da lì e rientrare in gran fretta alla base, ma la strada era dissestata e iniziava a bagnarsi. Arrivati all’ingresso della pista vicino agli spalti avevano assistito ad una scena orribile. Centinaia di cadaveri tra adulti e bambini, accasciati a terra come se dormissero. Gente travolta per le gradinate rimasta a occhi spalancati per il terrore. Si sentivano ancora lamentele di aiuto in direzione di qualche sopravvissuto qua e là ma la maggior parte dei partecipanti alla manifestazione era morta. E tutt’intorno un silenzio tombale avvolto dalla nebbia rosa che si alzava piano piano lasciando intravedere la distruzione portata dal terremoto. Grosse zolle di terra erano oblique sopra il livello del terreno, mentre più in là si aprivano crepacci profondi almeno 100metri, gran parte della struttura era crollata schiacciando molti di coloro che si trovavano sulle prime file e travolgendo i restanti.
- Che desolazione…ti prego Alcor portami via di qua. – Maria piangeva ricordando ciò che aveva vissuto tanti anni prima aggrappandosi al giubbotto del ragazzo.
- Tieniti forte Maria! Torniamo alla base a dare man forte ad Actarus. – Alcor sentiva crescere dentro di sé un odio mai provato prima. Aveva messo in moto quando si era sentito un forte rumore…poi un altro…
- E’ il mostro! Si avvicina! – ed era partito di gran carriera facendo lo slalom tra cadaveri, macerie e fossi.
- Si avvicina!!! – Maria si voltava continuamente per aggiornare Alcor sulla distanza del robot nemico.
- Lo so accidenti, ma più veloce di così non si può andare. Ci uccideremo! -
- Alcor! Alcor! Mi senti? – era Procton sempre più preoccupato.
- Si dottore. Come pensavamo dietro tutto c’era Vega. Qui siamo in compagnia di uno dei loro robot e non è una battaglia alla pari, glielo assicuro. -
- Cercate di resistere fino all’arrivo di Actarus, mi raccomando. Chiudo -

* * * * * *

- Actarus mi ricevi? I pezzi del velivolo abbattuto appartengono ad uno dei minidischi di Vega! – Procton si era precipitato a comunicare la notizia.
- Bene! E ora che sappiamo che lì dentro ci sono quegli stupidi minidischi possiamo mettere fine a questa farsa! -
- Aspetta! Alcor e Maria sono in pericolo! Il vero nemico non era la nube ma il mostro da cui stanno fuggendo loro! -
- Allora questo gas era uno specchietto per le allodole? Mi hanno preso in giro! Maledetti! Come facevano a sapere dove erano loro? –
- Semplice! Il tizio con cui parlava Alcor ieri! Lo hai notato anche tu! – aveva risposto Venusia.
- Li distruggerò uno ad uno!-
- Figlio! Il gas dovrebbe diradarsi con l’elettricità…prova… -
- Tuono spazialeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee! – e la scarica elettrica aveva penetrato il gas, ma senza alcun risultato.
- Padre, non ho speranze di riuscita qui! Non c’è arma che metta ko il gas…e i minidischi continuano ad attaccarci senza tregua…- Actarus aveva perso le speranze non trovando soluzione al problema, volando tra i laser nemici e sforzandosi di non mollare insieme a Venusia.
Improvvisamente aveva iniziato piovere.
- Ah ah ah! Goldrake! Sei in mano mia stavolta! Ah ah ah…- Zuril rideva a denti stretti dall’albero Vega sulla base lunare mentre assisteva alla disfatta del suo nemico. – Xenos – rivolto al robot – schiacciali senza pietà! Ah ah ah -.
Intanto presso il centro di ricerche spaziali…
- Ci mancava solo il temporale! Non vedo granché e i radar non ci aiutano affatto! – dal Delfino spaziale la ragazza si sforzava di aguzzare la vista.
- Mantieni la calma Venusia! …Maledetti!!! – e il fleediano aveva evitato un laser a bruciapelo.
- Actarus! Gli ingegneri hanno ipotizzato una soluzione. Ascoltami bene…con l’acqua piovana che avrà ormai permeato la nube, il gas dovrebbe essere pregno di ossigeno. Se lanci il tuono spaziale ora, l’elettricità si ramificherà uniformemente in tutta la nube gassosa, disperdendone i composti chimici grazie all’amplificazione di intensità della carica elettrica. E’ la nostra unica speranza! -
- Non aspettavo che un’occasione…tuono spazialeeeeeeeeeeee!!! – e stavolta il raggio era penetrato nella nuvola generando tante piccole scariche dappertutto, diradando il gas quel tanto a mostrare i dischi nemici.
- Ce l’ho fatta!!! Sarà uno scherzo ora! – aveva gridato il ragazzo entusiasta e di nuovo pieno di fiducia in sé.
- Qui me la sbrigo io Actarus, sono in pochi! Vai a salvare gli altri. – Venusia lo aveva salutato e si era diretta verso la cortina di fumo rosa scomparendovi all’interno.
- Ok! Padre, dove sono? -
- Alla pista delle corse. Sta attento…anche lì c’è alta concentrazione di gas -
- Ricevuto! -
Intanto all’autodromo la situazione si faceva critica. Alcor correva cercando di sfuggire al mostro evitando fossi e dossi, ma questo era sempre dietro di loro. Anche se la nebbia era quasi del tutto scomparsa la visibilità non era ottima e la strada sconnessa non permetteva di seguire una traiettoria.
- Finiremo schiacciati se non ci muoviamo da qui! – Maria cercava di concentrarsi per studiare un piano ma era troppo spaventata per pensare.
- Lo so accidenti! Ma più che scappare e raggiungere il centro di ricerche al più presto non saprei che fare! – Alcor era nervoso sapendosi impotente. Se solo avesse avuto sotto di lui il Goldrake due avrebbe dato del filo da torcere al robot che lo inseguiva.
- Ahhhhhhhhhhh…- i due ragazzi erano caduti dalla sella dopo che la moto era finita a cozzare contro un pezzo di asfalto rialzato. Maria era finita contro un tronco semidivelto di un albero battendo la schiena mentre Alcor era rimasto sotto la moto incastrato e privo di sensi.
- Accidenti…- la ragazza tentava di rialzarsi aggrappandosi a qualsiasi appiglio– ah! Che dolore! – si toccava il fianco – ce la devo fare! – e si trascinava nella direzione del compagno tenendosi il braccio destro probabilmente contuso e sanguinante. – Alcor! Alcor! – ma non sentendo alcuna risposta aveva accelerato preoccupata. Arrivata alla moto si era chinata sul corpo inerte del ragazzo e stava cercando di spostarlo ma finché non lo avesse liberato dal peso del veicolo non avrebbe potuto salvarlo. Ad un tratto tornò in sé grazie ai rumori metallici dei passi di qualcosa che aveva dimenticato. Era Xenos che li aveva raggiunti. In preda al panico si era guardata intorno alla ricerca spasmodica di una leva da infilare sotto alla moto. Visto un ramo bello massiccio lo aveva afferrato e lo aveva posto tra il corpo dell’amico e la Yamaha sforzandosi di sollevarla. Il terrore di morire lì le aveva conferito una potenza anormale e finalmente era riuscita ad estrarre il corpo di Alcor trascinandolo via. Guardando dietro di lei aveva visto l’ombra imponente del mostro sempre più minacciosa su di loro. Era orribile. Robot dalla struttura apparentemente semplice, incredibilmente potente e dotato di chele al posto delle braccia, aveva otto lunghe zampe come un grosso ragno e il centro della pancia era dotato di fori dai quali uscivano missili perforanti. La testa ricordava quella di una mantide con lunghe antenne acuminate. Dalla bocca poteva emettere un liquido colloso e dagli occhi raggi ad alta tensione. – Alcor! Ti prego! Rispondimi! Alcor! – e gli scuoteva le spalle violentemente. Liberatasi dal casco al momento della caduta, la testa del ragazzo era coperta di sangue. – Mio Dio! Alcor torna in te! – ma non ricevendo risposta e sforzandosi di ritrovare le forze che l’abbandonavano lo aveva caricato abbracciandolo e si era incamminata verso il tronco su cui era finita prima. Aveva adagiato il corpo ancora privo di vita del ragazzo accanto all’albero e cercava di pulirgli via il sangue. Le veniva da piangere sentendosi sola in quella situazione ma poi la sua forza d’animo e il coraggio avevano preso il sopravvento. – Alcor! Devi rispondermi! Il mostro è qui! Se non torni in te moriremo! Accidenti! - e lo aveva schiaffeggiato. Xenos era sopra di loro ormai. Non aveva più speranza di salvarsi. Sì, poteva fuggire via e allontanarsi, ma che fine avrebbe fatto Alcor? Non lo avrebbe mai lasciato lì a morire da solo. Non si sarebbe mai tirata indietro e lo avrebbe protetto a costo della sua stessa vita. Vega non avrebbe avuto il suo onore e il suo orgoglio di principessa di Fleed. Mai. Si rialzò e si mise diritta in piedi davanti al corpo del compagno per fargli da scudo con lo sguardo fiammeggiante rivolto verso il mostro. Bagnata, sola e indifesa era lì che aspettava coraggiosamente la fine.
- Dagli il colpo di grazia! Ah ah ah – Zuril aveva gridato in preda ad una risata isterica.
Xenos aveva sollevato una zampa per schiacciare i due ragazzi ma improvvisamente il cielo fu squarciato da un grido:
- Lame rotantiiiiiiiiiii! – e dall’alto erano arrivati i dischi lanciati dallo Spacer di Actarus che avevano colpito il mostro dietro la schiena facendogli perdere l’equilibrio.
- Fratello! – Maria guardava il robot piena di speranza e gratitudine. Si sentiva rincuorata ed era pronta ad affrontare il futuro. Si era seduta accanto ad Alcor poggiandogli la testa sulle gambe e accarezzandogli il viso. – Forza Alcor! C’è Actarus con noi ora. – poi si era messa in contatto con Procton – Dottore! Dottore! -

- Sì Maria! Finalmente! Che sta succedendo? – rispose sollevato lo scienziato.
- Alcor è privo di sensi da qualche minuto e perde sangue dalla testa. -
- Devi assolutamente tamponare la ferita e arrestare il flusso del sangue finché non sarete qui. –
- D’accordo dottore. Chiudo. – Poi si era strappata dal collo il fazzoletto colorato e lo aveva adagiato sulla tempia del ragazzo premendo con forza. – Ne verremo fuori insieme vedrai – ed aveva voltato la testa in direzione dei due combattenti.
Nel frattempo Actarus si era sganciato dal disco ed era impegnato in uno scontro corpo a corpo con Xenos. Non era facile combattere contro le otto zampe del mostro, soprattutto dovendo evitare i missili che gli venivano sparati di continuo.
- E’ incredibilmente forte. Maglio perforanteeeeeeeeee! – ma il pugno era passato in mezzo alle lunghe zampe. – Così non posso continuare…schiva i miei colpi! Ahhhhhhhhhhhhhh…- il mostro lo aveva accecato con il liquido colloso emesso dalla bocca e mentre Goldrake si dimenava a terra, cercando di togliersi dalla testa quella sostanza, Xenos lo aveva imprigionato sparando colla su di lui e sul terreno circostante. Ora era immobilizzato.
- Uccidi i due ragazzi Xenos. Vai!!! – Zuril non credeva a tanta fortuna e assaporava la vittoria.
Il robot si era diretto di nuovo verso Alcor e Maria ma fu investito improvvisamente dal tuono spaziale che Actrus gli aveva scagliato contro. Caduto a terra, Xenos si stava lentamente rialzando. Si era di nuovo voltato verso di lui e dalle antenne aveva emesso un potente raggio ultrasonico.
- Padre! Padreeeeeeeee – la testa di Actarus sembrava dover scoppiare. Si teneva le tempie e gridava per il dolore. A terra Maria si dimenava come impazzita mentre le condizioni di Alcor era ancora più gravi. Sembrava la fine.
- Missili cicloniciiiiii – Venusia era arrivata in suo aiuto liberandolo dalla trappola nemica.
Xenos, distratto, aveva interrotto il flusso di ultrasuoni e si era impegnato contro il delfino spaziale a suon di missili.
- Va tutto bene? – aveva chiesto in direzione di Goldrake, schivando l’attacco nemico.
- Ti devo la vita. Occupati di Alcor e Maria – rialzatosi Actarus aveva richiamato l’attenzione del robot.
- A noi due maledetto. – Sganciatosi le due semilune dalle spalle aveva gridato: - Boomerang elettronicooooooooo!!! - scagliandole addosso alle antenne del mostro, che furono tranciate via di netto. Il robot nemico gridò contorcendosi ma non rinunciò ad attaccare. Nuove serie di missili uscirono dalla sua pancia diretti contro Ufo robot, ma senza risultato.
Venusia intanto era atterrata vicino ai due ragazzi. Scesa dall’apparecchio si era precipitata da Maria.
- Come state? O mio Dio…ma Alcor…- la sua espressione si era fatta grave.
- E’ così da parecchio ormai! Non so che fare. – Maria si era arresa.
- Lo trasporto subito al centro ricerche. Sarà operato d’urgenza! Sta attenta Maria. A dopo. – lo aveva sollevato e adagiatolo nell’apparecchio, dopo aver salutato l’amica con un cenno della mano aveva decollato a gran velocità riprendendo la strada del ritorno.
- Buona fortuna Alcor. – aveva gridato stringendo i pugni, odiando con tutta se stessa Vega e i suoi mostri.
- Ahhhhhhhhhhhhhh…- Actarus era stato investito da un flusso di elettricità ad alto voltaggio uscito dagli occhi di Xenos. Il mostro era su di lui infierendo con i colpi portati dalle chele.
- Figlio, reagisci! – Procton lo guardava dal monitor infondendogli coraggio.
- Padre…non ce la faccio…-
- Si che ce la fai! Sei forte! Usa il raggio antigravità!!! E cerca di capovolgerlo! Senza le zampe non avrà equilibrio! -
- mhhh…- aggrappandosi a tutto l’autocontrollo che aveva e dando fondo a tutte le energie rimaste si era aggrappato alla leva dei comandi riprendendo il dominio di Goldrake. – Raggio antigravitàààààààààà – e con l’ausilio di un raggio colorato e potente aveva scagliato via il robot nemico. – ed ora a noi due! Maglio perforanteeeeeeee! – ed il colpo aveva tranciato via di netto alcune zampe del mostro che si inclinò di lato perdendo l’equilibrio.
- Maledetto! Ti distruggerò dovessi farti a pezzi! -
Improvvisamente fu disorientato dal comportamento del mostro. Invece di attaccare il mostro indietreggiava lentamente e furtivamente trascinandosi. Si girò mostrando la schiena. Poi Actarus vide. Dai fori posti lungo il dorso del grosso ragno iniziò ad uscire un gas rosa che iniziò ad annebbiare l’aria circostante.
- Di nuovo il gas! No…Mariaaaaaaaaaa…-
La ragazza si coprì il volto con la manica cercando di non inalare gas. Ma ben presto l’aria fu satura. Actarus si precipitò a salvare la sorella che era svenuta. La sollevò nella mano e la portò in salvo.
- Maria! Maria rispondimi! – depositò la ragazza accanto ad una roccia al sicuro.
- Mettiamo fine a questo combattimento maledetto! – tirò fuori le semilune e unitele gridò: -Alabarda spaziaaaaaaale! – e si avventò su Xenos già a terra, gli troncò prima la testa, poi le zampe rimanenti e infine gli inflisse un taglio profondissimo che provocò l’esplosione. Era finita.
Il sole stava tramontando all’orizzonte, dietro una sottile coltre di nuvole ormai libere dell’acqua piovana, mettendo fine ad una lunga giornata estiva.
- Maria! Maria! Torna in te! – Actarus era sceso a sincerarsi delle condizioni della sorella. A poco a poco la ragazza aveva ripreso i sensi ritrovandosi distesa sulla mano di Goldrake accanto al fratello.
- A…Actarus…ah…-
- Sei ancora debole non ti alzare. Ti porto alla base – e si era alzato per tornare all’interno del robot. - Alcor…come sta? – lo aveva afferrato per un lembo della tuta.
- Meglio. E’ appena uscito dalla sala operatoria. Si riprenderà! – le aveva preso la mano infondendole coraggio.
- Grazie! – aveva chiuso gli occhi rilassandosi e lasciandosi cadere.
- Torniamocene a casa.- era salito sul robot e si era diretto al ranch bene attento a camminare con delicatezza.

* * * * * * *

- Maledizione! – Zuril aveva sbattuto i pugni sul monitor. – era stato tutto calcolato! –
- Capitano Zuril! – la voce di Re Vega furioso era entrata nella sala.
- Mio Signore! – si era inchinato davanti allo schermo centrale.
- Come è potuto fallire il piano così ingegnosamente elaborato dal Comandante Gandal? – aveva domandato gli occhi furenti. Era apparso in tutta la sua imponenza, coperto dal mantello rosso.
- Ma… -
- Niente ma!!! Sono stanco di dover subire sconfitte a causa della sua incapacità! Non tollererò altre perdite! – e chiuse la comunicazione.
Ancora inchinato Zuril aveva digrignato i denti e stretto i pugni. Gandal aveva messo al corrente il sovrano prendendosi tutti i meriti e lasciando a lui le cause del disastro. L’idea di vendetta e rivincita penetrò come un fulmine la sua mente.
- Allora Capitano! Sto aspettando la testa di Goldrake. A quanto pare Xenos ci mette un po’ troppo! – Gandal era apparso sullo schermo con aria di sfida ed un ghigno sarcastico.
- Xenos è stato appena abbattuto. – evitava di guardarlo negli occhi.
- Sono esterrefatto! Mi aspettavo una vittoria schiacciante grazie all’ausilio di quel mostro così ingegnosamente progettato...-
- Mi metto immediatamente al lavoro per la costruzione di un nuovo robot in grado di sconfiggere Goldrake una volta per tutte. – Zuril si era rialzato.
- Faccia in fretta Capitano…Re Vega è stanco di aspettare. Abbiamo bisogno del pianeta Terra. O se ne è forse dimenticato?- Gandal lo guadava impenetrabile. Poi interruppe la comunicazione.
- Maledetto! Quando finalmente sconfiggerò Goldrake sarai tu a dover chiedere scusa! E io rivestirò la carica più importante! – lo sguardo fiammeggiate, si era ritirato accompagnato dalle guardie incappucciate.

* * * * * * *

Vrooooooooom…vrooooooooom….vrooooooooom…il rombo delle moto di Alcor e Maria riecheggiava davanti alla fattoria di Righel. Ai bordi dell’entrata del ranch erano disposti alcuni spettatori di una gara alquanto anomala ma sicuramente di grande effetto. Mizar si era messo davanti alle due moto e teneva in mano un fazzoletto. Actarus si era ritrovato vicino a Righel eccitatissimo per la sfida imminente.
- Stavolta la vedremo chi è il più forte! – Maria guardava l’amico con aria di sfida, sicura di sé. Indossava una bellissima tuta di pelle nera acquistata da poco.
- Se non ci fosse stato quel mostro avrei vinto io la gara! – Alcor aveva ribattuto prendendola in giro. Aveva ancora la testa fasciata ma era tornato il simpatico e allegro ragazzo di sempre.
- Che vogliamo giocarci? -
- Non ti conviene dolcezza…- l’aveva snobbata divertito.
- Vigliacco…hai paura di perdere allora? -
Da lontano si sentiva la voce di Venusia.
- Ma dico? Siete impazziti? Ancora doloranti e feriti…se avete tutte queste energie perché non venite a dare una mano alla fattoria? – aveva gridato ai due motociclisti avvicinandosi minacciosa.
- Senti Maria…che ne dici se ci giochiamo un turno di lavori al ranch? – Alcor le aveva chiesto rapidamente, avendo fretta di squagliarsela.
- Ci sto. – gli aveva strizzato l’occhio sorridendo.
Abbassate le visiere, avevano portato i motori al massimo in attesa che Mizar lasciasse cadere il fazzoletto. - Vai ragazzo! – Righel non aveva saputo trattenersi.
Il fazzoletto toccò terra e i due bolidi partirono sfrecciando verso il sole del tramonto.
Venusia si era accostata ad Actarus riacquistando l’espressione dolce che la caratterizzava. Messasi seduta sulla staccionata del recinto dei cavalli aveva chiesto: - Chi vincerà secondo te? –
- Non saprei proprio…sono bravi entrambi…–
- Ehi tu! Razza di fannullone! – Righel si era avvicinato alla coppia con disappunto – che credi di fare con mia figlia? E tu Venusia! Stai diventando una lavativa. Al lavoro!!! – poi si era incamminato verso l’ingresso del ranch cercando di vedere se il suo pilota preferito stesse in testa.
- Penso che sia meglio andare… - Actarus si era rimesso il cappello e si era armato del suo inseparabile forcone.
- Già…prima che ricominci a blaterare e a fare tutti quei discorsi strani sugli spaziali…ghiri ghiri goro goro…- lo imitava la ragazza.
- Ti sento figlia ingrata! – Righel si era voltato tornando sui suoi passi.
- Stavolta si arrabbia sul serio…a dopo ciao ciao…- e si era messa a correre verso i campi piena di serenità e allegria.

Fine
Maria Grace Fleed