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Ferrara


Teatro

COMUNALE

 

COMUNE:
Ferrara
PROVINCIA:
Ferrara
DeNOMINAZIONE::
Teatro Comunale
UBICAZIONE:
corso Martiri della libertà, 5

 

STORIA


Già nel 1773 il legato pontificio di Ferrara, cardinale Borghese, progetto di fare erigere un nuovo teatro per la città, giudicando ormai troppo limitata la capienza dei teatri privati Bonaccossi e Scroffa, gli unici allora esistenti.
Egli non riuscì tuttavia a reperire i fondi necessari alla costruzione e ne lasciò la pena al suo successore, l'energico cardinale Carafa.
Questi, senza troppe esitazioni, commise il progetto all'architetto Campana, scelse il luogo più centrale della città, espropriò le case che ingombravano l'isolato ed iniziò rapidamente i lavori.
Non aveva tuttavia calcolato che alcune di quelle case erano di proprietà della Camera Apostolica, la quale naturalmente se ne risentì moltissimo, al punto che il Carafa dovette pagare l'imprudenza con il rapido allontanamento da Ferrara.
I lavori per il teatro erano già molto avanzati, e mancavano soltanto le coperture, quando, nel novembre 1786, arrivò da Roma il nuovo legato, cardinale Spinelli, che ingiunse l'immediata sospensione dei lavori.
Fu anzi aperta un'inchiesta sull'operato del Campana, al quale furono imputate scorrettezze di ordine tecnico, nonché ammanchi di ordine amministrativo: la sua fabbrica fu pertanto distrutta.
Il cardinale Spinelli si rivolse a questo punto al Piermarini e al Morelli per averne consulenze, mentre richiese progetti dettagliati agli architetti ferraresi Foschini e Marchelli.
Nel novembre 1790 si tenne finalmente a Ferrara, con approvazione pontificia, un "congresso" sul teatro, al quale parteciparono sia il Foschini che il Morelli, e nel corso del quale il Morelli propose numerose modifiche ad un disegno che doveva perciò essere del Foschini, già nominato direttore dei lavori.
Tra le modifiche principali c'erano alcune varianti alla scena suggerite dal Piermarini, l'aggiunta di nove palchetti, la modifica del cortile del teatro da forma rettangolare ad ovale.
Sulla curva della sale (che entrambi gli architetti volevano ellittica ma di tipi diversi di ellissi) scoppiarono tuttavia nel 1791 violente ed aperte polemiche; né Foschini né Morelli (che godeva dell'appoggio del papa) risparmiarono i colpi, tentando con ogni mezzo di fare approvare ciascuno la propria curva.
Il cardinale legato pensò di risolvere la disputa chiedendo i pareri di illustri architetti come Giuseppe Piermarini e Simeone Stratico, nonché delle Accademie bolognese e parmense, arrivando in tal modo alla salomonica soluzione di esigere una curva che combinasse le nuove qualità dell'una e dell'altra.
Il Foschini accettò e si accinse a dirigere la definitiva esecuzione.
Che il Foschini e il Morelli risultino alla fine entrambi responsabili del prodotto, senza che mai prevalesse del tutto la personalità dell'uno o dell'altro, appare oggi un fatto acquisito.

 

ARCHITETTURA E INTERNI


Le decorazioni furono affidate a Serafino Barozzi, che dipinse il soffitto in collaborazione con il quadraturista G. Santi e con lo Zuliani.
All'inaugurazione si giunse nel settembre del 1798 con Gli Orazi e i Curiazi del maestro Portogallo.
Meno di trenta anni dopo, l'edificio necessitava già di restauri: tra il 1825 e il 1826 Angelo Monticelli rifece decorazioni e soffitto, mentre fu deciso di sostituire l'arco del boccascena con una trabeazione sostenuta da quattro mensoloni, la quale verrà a sua volta eliminata nel corso dei successivi lavori del 1850-51, per ripristinare l'arcoscenico, poi dipinto da Francesco Migliari.
Questi aveva iniziato nel 1845 con la decorazione del soffitto della sala da ballo (attuale ridotto del teatro), che riuscì bellissimo e che é stato di recente restaurato.

 

Poi, nel 1850, il Migliari, inventò una nuova disposizione decorativa del soffitto della sala (disposizione che rimarrà definitiva), valendosi della collaborazione di Gaetano, Girolamo e Giuseppe Domenichini.
In essa trovano posto quattro scene della vita di Giulio Cesare (giuramento sull'ara della patria, promulgazione della legge agraria, dono ai pretoriani delle terre dei vinti, posa della prima pietra del tempio di Marte), un fregio che "addita i geni benefici domatori del vizio", mentre "lì presso le ore della notte si incalzano... ed attorniano il centro del campo, contenente un ampio e vago rosone traforato che, atto ad aprirsi in due parti, lascia libera l'azione al soprapposto machinismo per l'alzamento e l'abbassamento della grande lumiera"; ai lati dell'ellisse, verso la bocca d'opera, "rimangono due triangoli, in uno dei quali è dipinta Ferrara, che protegge l'agricoltura, ed accarezza quel cigno, che sì sublimi carmi ispirava all'immortale cantor d'Orlando: nell'altro é Italia coronata dal Genio dell'Arti Belle" (L.N. Cittadella, Sul teatro pubblico di Ferrara. Lettera, Taddei, Ferrara 1850).
Assai interessanti sono anche i motivi ornamentali delle balconate dei palchi e del loggione, i quali, eseguti dal Migliari nel 1850-51, riprendono con poche varianti le decorazioni effettuate dallo stesso artista nei teatri di Bagnacavallo e Cesena: si tratta di lavori "a buon fresco sullo stucco lucido, alternati da bassi rilievi dorati"; la fascia superiore (loggione) "allude al dramma, alla tragedia, alla commedia, e vi si veggono i relativi simboli con armi, scudi e cimieri. La quarta, che alle scienze ed ai virtuosi attributi dell'uomo viene dedicata, ci mostra le insegne della prudenza, della giustizia, dell'architettura, della medicina, nonché il tempo livellatore d'ogni cosa, sormontato dalla fiamma del genio. La terza esprime la poesia, e ci dà faci, lire, uccelli e chimere, che raccolgono fiori per coronare i poeti...; la seconda allude al commercio, ed alla agricoltura, e ci dà caduceo, spiche, frutti, cavalli marini e piante algose. La prima ci mostra ornati e fiori e sfingi, e ci rammenat la musica e la danza" (L.N. Cittadella, Sul teatro pubblico).
Sempre a Migliari è dovuto il siaprio (1833) che è tuttora in loco e che rappresenta un episodio dell'Orlando Furioso, con la consegna dello scudo a Rinaldo sullo sfondo di una veduta di Ferrara.
Ulteriori lavori di ripristino furono eseguti quasi un secolo più tardi, nel 1924-25; allora "il soffitto era annerito dalla polvere e dal fumo del petrolio e del gas... gli stucchi scrostati, le dorature cadute, le decorazioni di tappezzeria rovinatissime" (R. Caretti, Per la riapertura del Teatro Comunale, in "Gazzetta Ferrarese", 4 marzo 1925).
Il teatro è stato infine dichiarato inagibile nel 1956 ed è stato radicalmente e nel complesso ben restaurato nel 1964-65.