Lucio Battisti è nato a Poggio Bustone, un paese di collina in provincia di Rieti, il 5 Marzo 1943 alle 13 e 30. La casa si trova in via Roma al numero 40: oggi, vista l’affluenza dei curiosi, una scala appositamente costruita permette di osservare da vicino il balcone dove il giovane artista suonava la chitarra.
L’atto di nascita originario di Lucio è andato distrutto nell’incendio che i Tedeschi in fuga hanno appiccato nell’aprile del 1944 – atto che verrà poi ricostruito nel 1976.
Riguardo alla primissima infanzia nel paese natale si sa ben poco, e le rare testimonianze raccontano di un bambino tranquillo, abbastanza chiuso e grassottello.
La famiglia è normalissima: mamma Dea – casalinga - papà Alfiero – impiegato alle imposte di consumo - e la sorella di tre anni più giovane Albarita; come tutti i Poiani - gli abitanti di Poggio Bustone – anche i componenti della famiglia Battisti hanno nomi abbastanza inusuali.
A Poggio Bustone comunque il cognome Battisti è molto diffuso, non a caso mamma Dea si chiamava Battisti anche da nubile. Nel 1947 la famiglia Battisti si trasferisce a Vasche di Castel Sant’Angelo vicino a Rieti e tre anni più tardi a Roma; durante le varie vacanze estive, però, Poggio Bustone rimane una meta fissa.
Di questo periodo Battisti ricorda in un’intervista del dicembre 1970 per la rivista Sogno: “I capelli ricci li avevo anche da bambino e così lunghi che mi scambiavano per una bambina. Ero un ragazzino tranquillo, giocavo con niente, con una matita, con un pezzo di carta e sognavo. Le canzoni sono venute più avanti. Ho avuto un’infanzia normale, volevo fare il prete, servivo la messa quando avevo quattro, cinque anni. Poi però una volta, siccome parlavo in chiesa con un amico invece di seguire la funzione, io sono sempre stato un grosso chiacchierone, un prete ci ha dato uno schiaffo a testa. Magari dopo sono intervenuti altri elementi che mi hanno allontanato dalla chiesa, ma già con questo episodio avevo cambiato idea”.
Nella capitale Lucio frequenta le scuole elementari e medie e si diploma come perito industriale nel 1962.
Sempre da Sogno: “Avevo 13 anni, e c’erano questi due fratelli nel mio palazzo che suonavano la chitarra. E suonavano pezzi forti: Mezzogiorno di fuoco, Malaguena, Johnny chitarra, eccetera. E così ho cominciato a rompere le scatole a mio padre per avere la chitarra”.
La musica era nel sangue - racconta Giovan Battista Battisti, cugino di Lucio - il nostro bisnonno, Andrea detto 'dei Perugini', era un grande suonatore di clarino, e il nonno, Giovan Battista, suonava la cornetta”.
Papà Alfiero però non vedeva nel futuro del figlio la carriera del musicista. Si dice infatti che in una delle tante discussioni in proposito, Alfiero abbia addirittura rotto in testa a Lucio una chitarra.
Nonostante ciò in un’intervista rilasciata alla rivista Gente nel 1972, l’elettricista Silvio Di Carlo racconta come sia stato proprio papà Alfiero a chiedergli di insegnare a Lucio a suonare la chitarra.
Sempre da Sogno risulta che, durante la frequenza all’istituto tecnico, il conflitto con il padre si sia fatto sempre più accanito. Essendo Alfiero invalido di guerra avrebbe potuto firmare la dispensa dal servizio militare per il figlio. Viste però le divergenze relative al futuro di Lucio, Alfiero si rifiuta di firmare a meno che il ragazzo non si diplomi, non faccia l’esame per l’università e non partecipi al colloquio con la IBM. Lucio obbedisce e si presenta al colloquio dicendo di non essere interessato, ma che è stato il padre a mandarlo. Poi durante l’esame per l’ammissione all’università fa volutamente una pessima figura.
Al padre non rimane che concedergli due anni di tempo – quelli che altrimenti avrebbe passato come militare – per dimostrare di poter guadagnare facendo il chitarrista.

 

1962

La prima esperienza in un complesso musicale è nell’autunno 1962 come chitarrista de “I Mattatori”, un gruppo di ragazzi napoletani. Arrivano i primi guadagni, ma non sono abbastanza; ben presto Battisti cambia complesso e si unisce a “I Satiri”.
Roby Matano, cantante e bassista de “I Campioni”, racconta: “Il nostro chitarrista se n’era andato dopo la partenza di Tony Dallara per il servizio militare e nel gruppo che apriva la serata, I Satiri, c’era un ragazzo che suonava bene la chitarra. Così Lucio si è unito a noi. Nel 1964 siamo andati a suonare in Germania e in Olanda: un’ottima occasione per ascoltare la musica di Dylan e degli Animals. Il primo ingaggio di Lucio è stato comunque al Club 84 di Roma. Lo avevamo soprannominato Cucciolo per la sua aria tranquilla e un po’ smarrita”.
Battisti dimostra subito di avere le idee chiare e una buona dose di ambizione; suonare in gruppo non gli piace, così decide di tentare la fortuna da solo a Milano, la “Mecca” della canzone. Qui, diversamente da molti suoi coetanei che per sbarcare il lunario accettano lavori alternativi, non si piega a soluzioni di compromesso e, barricato per settimane intere in una pensione di periferia, persegue senza distrarsi un unico scopo: prepararsi al meglio in attesa dell’incontro con un discografico importante.

 

1964

Nel 1964 Battisti compone assieme a Roby Matano le sue prime canzoni. Ecco i titoli in ordine cronologico.

1) “Era” Battisti-Matano (con lo stesso titolo, ma con le parole di Mogol diventerà il successo che conosciamo);
2) “A cosa serve piangere” Battisti-Matano (con le parole di Mogol diventerà “Le ombre della sera”)
3) “Se non sai che cos'è un bacio” Battisti-Matano (con le parole di Mogol diventerà “Uno in più”)
4) “Torno stasera” Battisti-Matano, inedito
5) “Vogliamo il surf” Battisti-Matano, inedito
 Il primo 45 giri di Lucio Battisti, "Per una lira", non aveva il suo volto in copertina. Un importante funzionario di quella che era allora la sua casa discografica aveva sentenziato:"Con quella faccia non potrà mai sfondare". E si era ricorsi ad un compromesso, mostrandolo a figura intera, di spalle, abbracciato a un ragazza, mentre sui due campeggiava la riproduzione di una liretta, monetina già a quel tempo assai rara.

 

Di queste storie è pieno il mondo della canzone. Tutti prima o poi hanno dato un giudizio avventato. Certo è che agli inizi Battisti sforzava a decollare come cantante, mentre mieteva successi come autore.

Era nato il 5 marzo 1943, a Poggio Bustone, in provincia di Rieti. Con la famiglia si era poi trasferito a Roma. Conseguito il diploma di perito industriale, aveva scelto invece la musica.

A Milano si era unito come chitarrista al complesso dei Campioni, che accompagnavano Tony Dallara, e con essi aveva girato anche l'Europa.

Nel '65 l'incontro determinante con Giulio Rapetti, tra i più noti " parolieri " sotto lo pseudonimo di Mogol. I due trovarono una giusta forma di simbiosi che è durata felicemente per oltre tre lustri.

 

Nel 1968, con " Balla Linda ", partecipava al Cantagiro, nel 69, in coppia con Wilson Pickett, presenta a Sanremo "Un'avventura".

L'affermazione decisiva arrivava nell'estate seguente, al Festivalbar, con " Acqua azzurra, acqua chiara ".

Ma gli anni di Battisti sono stati gli Anni Sessanta e anche gli Anni Ottanta. Li ha iniziati con un 45 giri con due canzoni di grande successo, " La canzone del sole " e " Anche per te ", incise per la sua nuova etichetta, da lui stesso fondata con alcuni amici e collaboratori, e che porta il nome emblematico di " Numero Uno ".

E lì scandì con una serie impressionante di 8 LP, tutti al primo posto nelle classifiche.

Ha fatto anche l'autore, l'editore e il discografico, dando dei successi a Mina, a Patty Pravo, alla Formula Tre, a Bruno Lauzi.

Caratteristica più unica che rara, ha mantenuto il contatto con il pubblico solo attraverso i suoi dischi e qualche rara intervista concessa alla stampa, ignorando televisioni e concerti. Ha difeso strenuamente la sua vita privata. Ha abbandonato la città e si è ritirato in campagna, in Brianza, dove si è persino allestito uno studio di registrazione personale, il Mulino, prima di scegliere di recarsi in America e quindi in Inghilterra in cerca di un nuovo " sound ".

I suoi LP sono stati sempre il frutto di un lavoro lungo e meticoloso, dove nulla è stato lasciato al caso, nemmeno la copertina. Ma non è stato il lavoro del contabile o dell'industriale, ma piuttosto dell'artigiano, se non vogliamo dire dell'artista.

Hanno spesso avuto costi altissimi, in tempo, in fatica e in denaro, ma il prodotto finale non ha mai tradito le aspettative nè di chi lo aveva realizzato o aveva concorso a realizzarlo, né del pubblico cui era destinato.

 

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