di Yves LACOSTE
TEORIA - Che cos'è la Geopolitica
(I)
PER decenni siamo stati abituati a un
certo modo di vedere il mondo, più
classico e più radicato, che privilegia
l'economia in quanto scienza. Coloro che
vi aderiscono, siano essi adepti del liberalismo
o di tendenza marxista, assicurano che
tutti i problemi della società,
comprese le rivalità politiche,
derivano da rivalità economiche
- che si tratti di concorrenza fra le
imprese o di contraddizioni fra le classi
sociali. Eppure, mentre gli economisti
spiegano, non senza ragione, che la mondializzazione
dell'economia avanza e che anzi essa è
stata completata in seguito alla fine
della guerra fredda, come è possibile
che i conflitti geopolitici diventino
sempre più numerosi (e certo questa
non è una illusione mediatica)?
Così in Europa, dopo la caduta
della cortina di ferro, nel 1989, sono
spuntati una dozzina di nuovi Stati, portatori
di rivendicazioni territoriali. Fra metà
di essi, in particolare nella ex Jugoslavia,
è attualmente in corso una guerra.
Ora, le cause di questi conflitti derivano
in maniera solo molto indiretta dall'economia:
gli avversari non combattono per il possesso
di ricchezze ma soprattutto per delle
ragioni nazionali, ciascuno essendo impegnato
a liberare il suo «territorio storico»,
mentre una parte dei suoi cittadini si
trova a vivere in terre annesse da nazioni
rivali.
Non vogliamo negare l'importanza dei
problemi economici, né pretendere
che la geopolitica, questo nuovo modo
di vedere il mondo, risponda a ogni domanda.
Si tratta solo di formulare i problemi
in modo differente e complementare. Ma
noi non siamo ancora abituati alla complessità
e alla diversità dei problemi geopolitici.
Si è a lungo pensato, in effetti,
che delle cause molto generali - rivalità
economiche, relazioni di produzione e
di scambio tra gli uomini - condizionassero
i comportamenti politici, la volontà
di potenza dei dirigenti e persino, indirettamente,
il patriottismo dei cittadini.
Oggi che la mondializzazione dell'economia
è, a quanto pare, acquisita, si
è costretti a constatare che l'atteggiamento
degli Stati può essere guidato
da altri fattori, al di là della
ricerca del profitto o della conquista
di terre fertili. Se c'è sempre
la tentazione di cercare di impadronirsi
di grandi giacimenti di petrolio come
quelli del Kuwait, pure questo esempio
spettacolare di rivalità economica
come fattore di guerra è abbastanza
eccezionale.
Nella maggior parte dei casi, oggi, le
nazioni combattono o si preparano a combattere
per altri valori. Certo, per alcuni decenni,
si affrontarono due ideologie, due concezioni
della società, che mascheravano
a fatica le loro rivalità economiche;
il capitalismo, che diceva di essere il
mondo libero, e il comunismo, epressione
dell'eguaglianza. In quel caso si trattava
ancora di cause molto generali, su scala
planetaria. Non appena questa rivalità
si è spenta, ecco sorgere in Europa
(e in altre parti del mondo) una serie
di conflitti nei quali la posta in gioco
non è più la terra, come
poteva essere un tempo, e nemmeno una
morale per l'umanità, come ancora
poco fa, ma parti di territorio molto
precise, rivendicate per ragioni intricatissime:
territori storici, territori-simbolo disputati
fra nazioni rivali. Analoghe rivalità
cominciano ad apparire, in modo meno drammatico,
in seno a grandi Stati nazionali europei.
è di questo che si tratta quando
si parla di problemi geopolitici. La funzione
di questo saggio è appunto di analizzarli,
di cercare una chiave per rispondere a
domande così nuove.
Per capire un problema geopolitico, sia
pure a grandi linee, non basta più
evocare delle cause generali, il conflitto
«Est-Ovest», come prima; occorrono
un certo numero di informazioni relativamente
precise e obiettive. Ecco che ci si scontra
con nuove difficoltà: più
che l'insufficienza della documentazione
disponibile, sono la cattiva conoscenza
delle concezioni antagoniste, i timori
reciproci inconfessati e soprattutto l'ignoranza
di coloro che, certi del loro buon diritto,
non sanno o non ammettono che possa esistere
un'opinione contraria alla loro, anch'essa
in buona fede.
Bisogna certo condannare i fanatismi
d'ogni genere, le cui conseguenze risultano
essere, prima o poi, catastrofiche. Ma
non occorre forse considerare che tutti
questi antagonismi di idee e di argomenti
sono, ahimé, normali, quando si
tratta di geopolitica? Terribile interrogativo
filosofico, quando questi antagonismi
sono esasperati al massimo, giacché
insorge allora il problema della guerra
e quello delle frontiere. La geopolitica
è una serie di drammi (senso primo
del termine: azione) e persino di tragedie
- non bisogna mai dimenticarlo. Ma «le
cose stanno come stanno e il mondo essendo
come è», per riprendere l'epressione
del generale de Gaulle, bisogna ben accettare
che questi antagonismi sono la norma.
Ciò non significa che oggi le guerre
siano normali e che non possano essere
evitate. è d'altronde la pacificazione
uno dei compiti dell'analisi geopolitica.
Nei molteplici casi in cui oggi si usa
il termine geopolitica, si tratta in effetti
di rivalità di potere su dei territori
e sugli uomini che vi abitano. In questi
scontri tra forze politiche, ognuna di
esse usa mezzi diversi, e in particolare
argomenti che dimostrino le ragioni per
cui l'una parte o l'altra vuole conquistare
o conservare il tal territorio, e anche
dunque, all'inverso, che le pretese dei
rivali sono illegittime.
Situazioni e idee geopolitiche
Quale che sia la sua estensione territoriale
(planetaria, continentale, statale, regionale,
locale) e la complessità dei da
ti geografici (rilievo, clima, vegetazione,
ripartizione della popolazione e delle
attività...), una situazione geopolitica
si definisce, a un dato momento di urta
evoluzione storica, attraverso delle rivalità
di potere di maggiore o minor momento,
e attraverso dei rapporti tra forze che
occupano parti diverse del territorio
in questione.
Le rivalità di potere sono anzitutto
quelle tra Stati, grandi e piccoli, che
si disputano il possesso o il controllo
di certi territori. Si tratta di individuarne
la localizzazione precisa e le ragioni
che ciascuno invoca per giustificare il
conflitto, spesso legate alle risorse
(appropriazione di un giacimento minerario
o di una zona sottomarina non ancora esplorata,
eccetera), ma talvolta anche a cause di
più difficile discernimento, e
che occorre nondimeno cercare di definire.
Rivalità di potere, ufficiali
e ufficiose, si sviluppano anche all'interno
di numerosi Stati i cui popoli, più
o meno minoritari, rivendicano la propria
autonomia o indipendenza. Emergono poi
i problemi dell'immigrazione, che in molti
paesi sono divenuti geopolitici.
Infine, in seno a una stessa nazione,
esistono rivalità geopolitiche
tra i principali partiti politici, che
cercano di estendere la propria influenza
nella tal regione o nel tale agglomerato,
e di conquistare o conservare delle circoscrizioni
elettorali.
Per mostrare la ripartizione di queste
forze diverse, anche negli spazi relativamente
ristretti, occorrono delle carte chiare
e suggestive, e in particolare delle carte
storiche, che permettano di capire l'evoluzione
della situazione (attraverso i successivi
tracciati delle frontiere), come pure
di apprezzare «diritti storici»
su un determinato territorio, di cui si
dotano contraddittoriamente diversi Stati.
Per capire un conflitto o una rivalità
geopolitica, non basta precisare e cartografare
le poste in gioco, bisogna anche cercare,
lo si è visto - soprattutto quando
le cause sono complesse - di comprendere
le ragioni, le idee dei suoi principali
attori: capi di Stato, leader di movimenti
regionalisti, autonomisti o indipendentisti,
eccetera. Ciascuno di essi esprime e influenza
a un tempo lo stato d'animo della parte
di opinione pubblica che rappresenta.
Il ruolo delle idee -anche se sbagliate
- è capitale in geopolitica. Sono
esse a spiegare i progetti e a determinare
la scelta delle strategie, certo insieme
ai dati materiali. Queste idee geopolitiche
le chiamiamo rappresentazioni. Se questo
termine sarà qui impiegato a profusione
è perché a causa dei suoi
significati originari e della sua ricchezza
di senso, corrisponde molto bene a due
caratteristiche fondamentali delle idee
geopolitiche.
D'un lato, rappresentare (rendere presente),
«mostrare in modo concreto»
(definizione del Robert), è anzitutto
disegnare. Ora, le idee geopolitiche si
riferiscono a dei territori, cioè
alle carte che ne sono le rappresentazioni,
allo stesso modo in cui un quadro rappresenta
un personaggio. D'altro lato, la rappresentazione
è l'atto teatrale per eccellenza,
l'atto che rende simbolicamente presenti
personaggi e situazioni drammatiche, ciò
che è anche proprio delle idee
geopolitiche. Può essere che questo
senso di «tenere il posto di qualcuno»
di «agire in suo nome», sia
all'origine dell'uso diplomatico e politico
della «teoria della rappresentazione»,
secondo cui la sovranità di una
nazione si esprime attraverso i suoi rappresentanti.
In fondo, questo senso oggi non è
il più importante nelle rappresentazioni
geopolitiche. è spesso il senso
cartografico a dominare. Ma non per questo
bisogna minimizzare la rappresentazione
in senso teatrale, giacché la maggior
parte dei conflitti geopolitici sono pensati
in termini di dramma. Ciascuna delle nazioni
implicate assume simbolicamente i tratti
di un personaggio («la Francia»,
«la Germania», eccetera).
La rappresentazione storica dei loro rapporti,
il modo di raccontare le cause dei loro
conflitti assumono i contorni della tragedia.
Ecco perché il termine di rappresentazione
è, nelle analisi geopolitiche particolarmente
utile in ciò che possiede di ambiguo
e di semanticamente ricco.
Per giustificare le proprie rivendicazioni
e i propri diritti su dei territori, o
per concepire le proprie strategie, i
protagonisti (i capi di Stato e i loro
consiglieri), tenuto conto delle loro
rappresentazioni geopolitiche personali
e collettive, si riferiscono a diversi
tipi di argomentazione o di ragionamenti
che appartengono all'arsenale delle teorie
geopolitiche.
Ci sono in effetti diversi modi di concepire
la geopolitica, e lo stesso termine è
stato oggetto di accentuazioni alquanto
differenti. Non è nello spirito
di questo saggio di escludere idee che
oggi appaiono superate o pericolose, giacché
alcuni continuano a riferirvisi. è
invece necessario di inventariarle, spiegarle
a rischio di criticarle - e discernere
le loro origini storiche e il loro ruolo
nelle lotte e nelle controversie attualmente
in corso nel mondo.
Per trattare di tutto ciò in modo
razionale e metodico, occorre una concezione
d'insieme come pure un approccio scientifico,
che aiuti a meglio capire gli avvenimenti
attuali e quelli che si annunciano.
Una concezione nuova e globale della
geopolitica
Ciò che abbiamo appena affermato,
all'inizio di questo preambolo, è
già molto diverso rispetto ai differenti
modi più o meno parziali e di parte
in cui abitualmente si tratta di geopolitica.
Ma bisogna spingersi più avanti
ed esporre i fondamenti di una concezione
nuova e globale della geopolitica.
Questa concezione non deriva unicamente
da una evoluzione personale, essa è
il compimento di un'evoluzione storica
complessa e relativamente lunga delle
società europee occidentali. è
in particolare la conseguenza dei nuovi
fattori politici e culturali del nostro
tempo: progresso della libertà
di stampa e della libertà di espressione
in una notevole parte del mondo d'oggi.
In effetti, questa concezione nuova e
operativa della geopolitica prende in
considerazione il ruolo sempre più
importante dei media, che diventano dei
fattori geopolitici in tanto in quanto,
influenzando l'opinione pubblica, modificano
i punti di vista e le decisioni dei dirigenti.
Opponendosi in questo alle diverse concezioni
che esamineremo in seguito, questa idea
della geopolitica non procede da una definizione
generale a priori. Al contrario, essa
è stata definita dopo aver analizzato
e distinto le caratteristiche comuni alle
differenti qualità di fenomeni
e di problemi che sono oggi considerati
come geopolitici. è il risultato
di ormai vent'anni di ricerche condotte
dall'équipe che anima la rivista
Hérodote, e che ha esaminato giorno
dopo giorno, talvolta sul campo, le cause
e lo svolgimento di molteplici tensioni
e conflitti, come pure le reazioni dell'opinione
nazionale e internazionale. Queste ricerche
hanno anche progressivamente permesso
di capire perché il termine «geopolitica»,
apparso all'inizio del XX secolo, non
è più stato utilizzato dopo
la fine della seconda guerra mondiale,
e perché è così diffuso
oggi.
La comparsa in Europa, dopo la fine della
guerra fredda, di un gran numero di conflitti
geopolitici gravi, e il fatto che da una
decina d'anni il termine -geopolitica
sia sempre più utilizzato per designare
delle tensioni finora latenti - e che
oggi si aggravano o suscitano, grazie
alla stampa, l'interesse e l'emozione
dell'opinione pubblica - inducono a pensare
che stia accadendo qualcosa di nuovo.
Quanto meno, si accentuano oggi dei fenomeni
che erano meno chiaramente percepiti nel
passato, o che non potevano manifestarsi
in modo così evidente fino a pochi
anni fa.
Sicché per aprire il gioco potremmo
affermare (poi lo dovremo dimostrare)
che il termine «geopolitica»
non è tanto un nuovo modo di definire
delle rivalità territoriali come
ne esistono da secoli, ma che l'apparizione
e l'allargamento degli usi di questo termine
significano che, da qualche tempo, dei
nuovi fattori moltiplicano i differenti
generi di rivalità tra poteri relativi
ai territori, e che esse si svolgono in
modo diverso dal passato, non fosse che
per il ruolo crescente dell'opinione pubblica.
è ciò che noi verificheremo
paragonando al passato il modo in cui
appaiono e si sviluppano gli attuali conflitti.
Seconda affermazione, che scaturisce
dalla prima: i fenomeni specificamente
geopolitici non corrispondono a non si
sa quali rivalità tra poteri per
il controllo di territori ma - ecco la
novità - a delle rivalità
le cui rappresentazioni più o meno
antagonistiche sono ormai largamente diffuse
dai media. Ciò suscita discussioni
fra i cittadini, certo alla condizione
che vi sia libertà d'espressione
nei paesi interessati. Così caratterizzati,
si tratta dunque di fenomeni di un tipo
storico nuovo, le cui conseguenze modificano
sensibilmente le relazioni internazionali
e l'esercizio dell'autorità dello
Stato in vari paesi.
La dimostrazione di questa duplice affermazione
necessiterà di percorrere un ceno
numero di tappe di osservazione e di ragionamento.
In effetti, le cose sono tutt'altro che
semplici, e bisognerà tener conto
e risolvere un certo numero di contraddizioni
per costruire progressivamente la definizione
di un concetto di geopolitica, e per misurarne
il significato storico, culturale e politico.
Per capire a cosa corrisponda ciò
che oggi chiamiamo geopolitica, è
dunque necessario (ma non sufficiente)
spiegare come e perché questo modo
di vedere il mondo sia apparso, si sia
poi sviato, per essere in seguito occultato,
prima di riapparire recentemente, dotato
di una portata e di un'ampiezza nuove
e tanto maggiori quanto più i problemi
detti geopolitici si moltiplicano ormai
sulla superficie del globo. è per
capire questo fenomeno che noi riflettiamo
sul senso che dobbiamo dare alla geopolitica
affinché essa non sia solo una
parola «alla moda» per definire
certi problemi, ma uno strumento per avviare
un'indagine scientifica efficace.
Se anche occorre fare la storia, in verità
abbastanza sorprendente, della parola
geopolitica, dei suoi usi trascorsi o
della maniera in cui è stata passata
sotto silenzio, tuttavia noi partiremo
dal presente. Tracceremo un quadro rapido
dei diversi modi in cui questo termine
è oggi adoperato, delle differenti
qualità di problemi che oggi esso
contribuisce a designare. In seguito,
risaliremo al passato per meglio capire
la situazione attuale. In ciò noi
seguiremo l'approccio geopolitico che
ci è proprio.
Il recente successo di un termine contestato
Il termine «geopolitica»,
a partire dagli anni Ottanta, e soprattutto
dopo la fine della guerra fredda, conosce
un crescente successo, praticamente in
tutti i paesi. E soprattutto nei media,
quando i giornalisti cercano di spiegare
questa o quella rivalità territoriale
- rivalità che vanno moltiplicandosi,
specialmente in Europa - e di rendere
conto delle reazioni dell'opinione pubblica
nel mondo. Compito più difficile
di quanto non appaia, almeno se lo si
vuole affrontare seriamente (malgrado
i tempi stretti di cui dispongono i giornalisti),
analizzando onestamente gli argomenti
e le rappresentazioni contraddittorie
delle diverse forze politiche in contrasto,
si tratti di Stati o di popoli, o che
si manifestano in seno a una stessa nazione.
Compito sempre più difficile, in
ragione di un'attualità sempre
più appesantita dal fatto abbastanza
sorprendente per cui, malgrado la fine
dell'antagonismo fra le maggiori potenze,
numerose questioni, fino a ieri latenti
o minime o di cui non si parlava affatto,
si sono bruscamente aggravate negli ultimi
anni - e ciò in contrade europee
relativamente vicine.
Ma la geopolitica non è solo affare
dei giornalisti. Giacché la maggior
parte delle rappresentazioni geopolitiche
è associata in modo più
o meno evidente a delle idee e a dei principi,
un gran numero di intellettuali, specialmente
brillanti filosofi, se ne preoccupano.
Essi dissertano sul ruolo e sui valori
dell'Europa e si indignano a giusto titolo
a causa del dramma che si svolge nei Balcani,
problema a tal punto geopolitico che certi
pensatori arrivano quasi a darne la colpa
alla Geopolitica, come se si trattasse
di una qualche divinità malefica.
Essendo questo termine nuovo, mal definito
e molto utilizzato dai giornalisti, negli
ambienti universitari e in particolare
in quello delle scienze sociali, non lo
si adopera ancora che con cautela. Invece,
per un certo numero di specialisti di
relazioni internazionali, per degli storici
e soprattutto per certi geografi la geopolitica
designa un nuovo campo di ricerca, in
cui oggi c'è molto da fare, e un
approccio scientifico nuovo.
Tuttavia, la difficoltà per questi
ricercatori è che il termine geopolitica
non è chiaramente definito ed è
interpretato secondo accezioni molto diverse.
Da un lato, questa è una conseguenza
del suo successo, ma ciò deriva
anche dalla diversità dei casi
che oggi si ritiene utile definire geopolitici,
meno per una moda che perché questo
riferimento è ritenuto illuminante,
pur essendo oggetto di giudizi di valore
estremamente contraddittori.
Il recente successo di questo termine
è tanto più da sottolineare
in quanto alla fine della seconda guerra
mondiale esso è stato quasi proscritto
in un gran numero di paesi (la maggior
parte dei paesi «occidentali»
e soprattutto quelli comunitari), con
il pretesto che si trattava di un concetto
«hitleriano». Eppure, dopo
il 1945, i problemi e i rivolgimenti che
oggi chiameremo senza dubbio geopolitici
non sono mancati, a cominciare dagli accordi
di Jalta. Ma la quasi totalità
di coloro che, nella maggior parte dei
paesi, parlano oggi di geopolitica, non
hanno certo nulla a che vedere con l'ideologia
nazista, e anzi spesso ignorano le origini
di questo termine e il fatto che esso
sia stato oggetto di una sorta di tabù.
Ciò spiega le controversie a proposito
di questa parola. Per alcuni - d'altra
parte sempre meno numerosi (ma non si
tratta solo di persone di una certa età,
che sarebbero state particolarmente vittime
del nazismo) - la geopolitica è
una pseudoscienza e persino un approccio
intellettuale criminale, giacché
- dicono costoro - essa è indissociabile
dall'imperialismo e financo dalle avventure
più spaventose dei regimi totalitari.
Per altri, al contrario, si tratta di
una scienza nuova, oppure almeno di un
modo nuovo di vedere il mondo e di porre
i problemi che fino ad ora erano stati
occultati dallo schermo delle ideologie.
Tra questi due atteggiamenti estremi,
le accezioni o le definizioni della geopolitica
coprono una gamma più o meno larga
di problemi che sono legati a diverse
categorie di fenomeni politici come a
porzioni più o meno vaste di spazio
terrestre.
La storia di questo termine non è
dunque semplice, non più della
sua sfera semantica, che tende ad allargarsi;
oggi si parla di geopolitica a proposito
della moltiplicazione - non fosse che
in Europa o in paesi vicini - di problemi
tanto diversi quanto la comparsa di nuovi
Stati, il tracciato delle loro frontiere,
i loro conflitti territoriali, l'espansione
di certe ideologie politiche e religiose
come l'islamismo, o le rivendicazioni
dei popoli che vogliono essere indipendenti;
ma si parla anche di geopolitica, e sempre
più da qualche anno, a proposito
di problemi politici interni a un medesimo
Stato, delle rivendicazioni regionalistiche,
della geografia dei risultati elettorali,
del ritagliare o raggruppare le circoscrizioni
amministrative, o delle questioni di gestione
del territorio. Si è tentati di
considerare che si tratti di un fenomeno
alla moda. Nondimeno, resta che le rivendicazioni
di autonomia o di indipendenza formulate
da modesti gruppi etnici o da piccole
«minoranze culturali» pongono
oggi, in numerosi Stati, delicati problemi
politici, quando ancora qualche anno fa
esse sarebbero state soffocate, se non
regolate, con la forza.
(1- continua)
(traduzione Tancredi Rossi)
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