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Le risposte della materia
Marcello Palminteri
Sembra esserci qualcosa di alchemico nella capacità di Domenico La Rosa di instillare il fremito della vita nella materia inerte. In quel suo modo di plasmarla e vivificarla nell’evidenza luminosa della forma. Ma non è avvalendosi di scienze occulte che La Rosa ottiene questi risultati. Piuttosto nell’idoneità al confronto e al dialogo con le pietre che sceglie, a cui, di volta in volta, chiede suggerimenti prontamente dati: da una concavità, da una curva del masso, dalle intriganti venature. Vi è poi il mestiere, indispensabile garante della libertà e della qualità dell’invenzione scultorea, affinato negli anni senza guida alcuna se non una prorompente passione e un’innata forza creativa. Così la pietra, densa di memoria, si offre obbediente alla perizia della mano dell’artista, liberando la tensione interna e traducendosi in forma compiuta. Una Tensione d’energia contenuta ma lo stesso evidente e dinamica: un affrancamento che definisce l’approdo di Domenico La Rosa ad una ricerca intelligente e coerente, scevra da contaminazioni accademiche che sminuirebbero la sincera eloquenza comunicativa delle sue opere.
Domenico La Rosa: la gioia d’una scoperta
Claudio Alessandri
Si può scolpire la pietra e da informe, grumo ottuso e anonimo, trasformarla in elegante susseguirsi d’armoniche suggestioni che traggono ispirazione da un animo commosso all’osservare la natura con sguardo puro ed indagatore, alla ricerca del “non visibile” e , una volta sottratto al buio dell’incomprensione, fissarlo nella spasmodica ricerca del bello là dove albergavano indifferenza e banalità. La tecnica realizzativa di Domenico La Rosa, autodidatta dotato di mezzi tecnici ed espressivi stupefacenti, attinge l’ispirazione da una stilizzazione elegante di forme in cui i contenuti non sono di semplice lettura, ma costringono a cerebrali interpretazioni, stimolanti e palpitanti; è la gioia di una scoperta che è arricchimento dell’anima, il lampeggiare di una luce vivida dove, prima, v’erano solo tenebre di un pauroso retaggio d’anacronistici preconcetti. Nell’osservare le eleganti realizzazioni di La Rosa, la forma primigenia del marmo, del masso cavato con fatica dalla montagna, è “evidentemente” ignorata dall’osservatore che , vinto dal definitivo estetismo, non avverte il tintinnare dello scalpello che penetra nella roccia la quale, cupa, risuona alle dolorose, quanto indispensabili, “mutilazioni”. Si è subito attratti, infatti, dalle forme sinuose, permeati dalle soluzione dettate dall’emotivo accogliere l’ispirazione che Domenico La Rosa, febbrilmente, cattura in pulsioni d’indicibile esaltazione protesa a “plasmare” forme cerebralmente avvertite e che, ad ogni istante, possono dissolversi come un sogno al sopraggiungere di una realtà che rifiuta la bellezza e l’armonia, insinuandosi maligna in un soporifero languore di cristallizzazione letale. Per le sculture di Domenico La Rosa “il bello” assoluto non ha più senso: esse s’impongono per la validità espressiva, non serena contemplazione, ma sofferta ricerca di una verità che sfugge ai normali canoni di una esistenza senza sussulti e che invece penetra profondamente l’animo di tutti coloro che sono disposti ad accettare il rischio di un’avventura dai risultati tanto esaltanti quanto sospesi sul baratro tenebroso dell’incomprensione. Note biografiche Domenico La Rosa È nato a San Cipirello, dove vive e opera. Autodidatta, da qualche anno espone in mostre personali e collettive. Ha inoltre partecipato, su invito, a diversi simposi di scultura su pietra in varie località siciliane. Sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private.


Note biografiche
Domenico La Rosa È nato a San Cipirello, dove vive e opera. Autodidatta, da qualche anno espone in mostre personali e collettive. Ha inoltre partecipato, su invito, a diversi simposi di scultura su pietra in varie località siciliane. Sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private.