CRITICA LETTERARIA: BOCCACCIO

 

Luigi De Bellis

 
 
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Giudizi e testimonianze attraverso i secoli

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Giudizi e testimonianze attraverso i secoli



L'elemento fondamentale che ha attirato l'interesse per l'opera del Boccaccio è il pregio della lingua e dello stile, variamente giudicato, ora con l'entusiasmo di un Lorenzo e di un Bembo, ora con le riserve di un Castiglione e di un Foscolo, ora con la più grave limitazione di un Baretti. Un altro problema è quello della moralità del Decameron, appassionatamente e argutamente difesa del Bandello.

1.

Chi ha letto il Boccaccio, uomo dottissimo e facundissimo, facilmente giudicherà singulare e sola al mondo non solamente la invenzione, ma la copia ed eloquenzia sua. E, considerando l'opera sua del Decameron, per la diversità della materia ora grave, ora mediocre ed ora bassa, e contenente tutte le perturbazioni che agli uomini possono accadere d'amore ed odio, timore e speranza, tante nuove astuzie ed ingegni, ed avendo ad esprimere tutte le nature e passioni degli uomini che si truovono al mondo; sanza controversia giudicherà nessuna lingua meglio che la nostra essere atta ad esprimere.

LORENZO DE' MEDICI

2.

Né il Boccaccio altresí con la bocca del popolo ragionò; quantunque alle prose ella molto meno si disconvenga, che al verso. Che come che egli alcuna volta, massimamente nelle novelle, secondo le proposte materie, persone di volgo a ragionare traponendo, s'insegnasse di farle parlare con le voci con le quali il volgo parlava, nondimeno egli si vede che in tutto 'l corpo delle composizioni sue esso è cosí di belle figure, di vaghi modi e dal popolo non usati, ripieno, che maraviglia non è se egli ancora vive, e lunghissimi secoli viverà... Il qual Boccaccio, come che in verso altresì molte cose componesse, nondimeno assai apertamente si conosce che egli solamente nacque alle prose.

PIETRO BEMBO

3.

Non restarò di dire che, ancor che 'l Boccaccio fusse di gentil ingegno, secondo quei tempi, e che in alcuna parte scrivesse con discrezione ed industria, nientedimeno assai meglio scrisse quando si lassò guidar solamente dall'ingegno ed instinto suo naturale, senz'altro studio o cura di limare i scritti suoi, che quando con diligenzia e fatica si sforzò d'esser più culto e castigato. Perciò li medesimi suoi fautori affermano che esso nelle cose sue proprie molto s'ingannò di giudicio, tenendo in poco quelle che gli hanno fatto onore ed in molto quelle che nulla vagliono.

BALDASSARRE CASTIGLIONE

4 .

... Egli è pur forza, graziosissime donne, che io dica un motto ad escusazione di tutti noi che qui siamo, cosí uomini come donne, contra alcuni che vogliono esser tenuti santi, e Iddio sa che vita fanno, i quali se per aventura vedeno in mano a chi si sia il Decamerone del facondissimo e da non esser mai senza prefazione d'onore nomato messer Giovanni Boccaccio ed altri libri volgari e in rima, entrano in còlera grandissima e sgridano fieramente chi quelli legge, dicendo i cattivi e mali costumi da sí fatte lezioni appararsi e le donne divenirne meno oneste. E qui dicono le maggior pappolate del mondo.

MATTEO BANDELLO

5.

Leggendo quindi gli autori della vostra nazione e que' d'Inghilterra, e notando il loro schietto e natural modo d'esprimersi, senza trasposizioni, senza raggiri di frase, senza la minima leccatura di periodi, mi parve bene di scrivere nella mia lingua com'essi scrissero nella loro, sempre ridendomi di chi loda e raccomanda l'imitare lo stile del Boccaccio, e sempre fisso in questa opinione: che la lingua adoperata dal Boccaccio sia per lo piú ottima, e il suo stile per lo più pessimo.

GIUSEPPE BARETTI

6.

Tutte le regole e le grammatiche e i dizionari e i giudizj de' critici hanno adottato per unica base l'ipotesi che il Decamerone fosse scritto come si parlava a quei tempi; e che però si dovesse scrivere sempre indovinando finanche la pronunzia di quell'età, e non si potesse usare senza precauzioni infinite nessuna frase o parola che non fosse o nel Decamerone, o ne' migliori scrittori contemporanei al Boccaccio. Or chi crederà che nel tempo stesso e negli stessi libri dicevano, che il Boccaccio in tutte le altre opere in prosa non solo non è scritto perfetto, ma che anzi è cosí dissimile da se stesso in guisa, che pare un altro scrittore, e talvolta peggiore de' suoi contemporanei? Cosí cadevano senza accorgersi nell'assurdità di asserire, che la lingua non fu parlata bene se non in quei tre o quattro anni impiegati dal Boccaccio a comporre le sue novelle. Il fatto sta che l'unico scrittore il quale scrivesse come si parlava fu Franco Sacchetti, autore di alcune poesie, e di trecento novellette, le quali è quasi impossibile di credere che noi le leggiamo, e pare d'udirle narrare buonamente. Franco pare sempre che discorra per ozio, senz'altra cura che di far ridere. Ma gli accademici della Crusca lo chiamano barbaro: e nondimeno era concittadino e contemporaneo del Boccaccio, ed uomo di molta letteratura e di elegantissimo ingegno. Il fatto sta che Franco Sacchetti usava l'idioma popolare, e a' critici parve barbaro; e il Boccaccio formava una lingua letteraria, e nella quale alle volte si sente più l'arte che la natura, ed a' critici parve assai più che umana; e riducesi né più né meno ad essere lavoro raffinatissimo d'arte.

Il sommo, il vero merito del Boccaccio sta nell'aver fatto uso del dialetto fiorentino meglio di qualunque altro scrittore, in guisa da convertirlo in lingua letteraria; e diede agli scrittori in prosa un grande esempio che non seguitarono, ed è: Che tutte le lingue, e l'italiana più che altre, s'arrendono ad ogni trasformazione a chiunque può e sa far obbedire la lingua al genio.

UGO FOSCOLO.

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it