CRITICA: GIOSUE' CARDUCCI

 I MOTIVI DELLA POESIA CARDUCCIANA

 AUTORE: Walter Binni         TRATTO DA: Carducci e altri saggi

 

Senza voler forzare la poesia carducciana entro un'unificazione schematica ed astratta ed in una formula taumaturgica, a me pare appunto che sotto la varietà dei temi e dei toni del pittore di paesaggio, del creatore di leggende epico-storiche dell'innografo polemico, viva nel Carducci un fondamentale tema centrale, un modo centrale di atteggiarsi della sua sensibilità, un sentimento più profondo della sua esperienza vitale.
Ed anche guardando allo stesso svolgimento dell'uomo e del poeta, al modulo di contrasto con cui egli visse la sua esperienza, mi è sembrato che si possa individuare una forma più intima e sua di contrasto e di compresenza di due essenziali poli di tensione, a cui corrispondono quegli stessi modi di contrasto più psicologico di odio e di amore, ira e pianto, amore e disamore della vita, entusiasmo e tedio, fra bisogno del cuore e attacchi al «vil muscolo nocivo», e gli stessi contrasti fra classicismo e romanticismo, fra passato eroico e sereno e presente corrotto e attediato, fra ideali e realtà inferiore, fra poesia e prosaico utilitarismo. Tale tema centrale è appunto l'essenziale sentimento carducciano dell'esistenza nel radicale incontro e contrasto di un sentimento della vita nella sua pienezza e di un ugualmente energico sentimento della morte come totale e fisica privazione di vita, con relative componenti di orrore e di fascino, entro le varie situazioni dell'esperienza e dell'ispirazione.
Poeta del contrasto dell'esistenza terrena, il Carducci ha espresso più direttamente questo tema in quelle poesie che, sollecitate da occasioni più intime e dolorose, risolvono più energicamente l'incontro sofferto ed intenso del sentimento della vitalità e della morte, tradotti nei loro simboli più compendiosi e assoluti, realisticamente concreti e fantasticamente suggestivi: luce e buio, sole e ombra, suono e silenzio, calore e freddo, terra verde nel suo rigoglio primaverile e terra nera nel suo significato sepolcrale. Insomma il contrasto tematico e tonale di Pianto antico:


sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra,
né il sol più ti rallegra,
né ti risveglia amor



che poi il poeta, in Rimembranze di scuola, ritrovava significativamente nella sua stessa prima esperienza infantile come l'aprirsi dell'animo alla pienezza della vita e della natura e il connesso insorgere immediato, entro di quella, del sentimento dell'annullamento, della totale privazione rappresentato dalla morte, e che, per indicarne ora solo alcune espressioni sintomatiche, tanto più tardi si svolgeva fino all'intuizione di Ballata dolorosa, in cui il Carducci coglieva di quel contrasto e di quella compresenza la notazione più sintetica e suggestiva: la colorazione malinconica della luce, l'istintivo frapporsi di uno schermo funereo fra il poeta e le immagini più ridenti e fresche della vitalità naturale ed umana:


Una pallida faccia e un velo nero
spesso mi fa pensoso de la morte;
ma non in frotta io cerco le tue porte,
quando piange il novembre, o cimitero.



Cimitero m'è il mondo allor che il sole ne la serenità di maggio splende e l'aura fresca move l'acque e i rami, e un desio dolce spiran le viole e ne le rose un dolce ardor s'accende e gli uccelli tra 'l verde fan richiami: quando più par che tutto 'l mondo s'ami e le fanciulle in danza apron le braccia, veggo tra '1 sole e me sola una faccia, pallida faccia velata di nero.
Poesia che corrisponde sì ad una situazione particolare e a una fase della tarda maturità del poeta, ma che insieme apre uno spiraglio di valore generale sulla sensibilità carducciana tanto più fine e ricca di quanto appaia in certe sue euforie più facili (tipo Canto dell'amore) e sul tema lirico fondamentale della personalità carducciana : il quale, con la sua interna presenza, porta una vibrazione maggiore in tutta la poesia del Carducci più intimamente elaborata che spesso, nei suoi cicli più densi ed alti, proprio della più diretta sollecitazione di quel tema, di quel contrasto, o dei suoi poli, mai assolutamente separati almeno nell'eco reciproca, ha il suo avvio e il suo impulso.

Naturalmente non si vuole con ciò risolvere tutta la poesia carducciana nella diretta e monotona espressione di quel tema (che è poi esso stesso svolto e variato e approfondito nelle diverse fasi della lunga esperienza espressiva del poeta), né certo si vuole immergere tutto Carducci in un'unica aura elegiaca e funebre (che è uno solo dei toni che da quel tema si sviluppa negando e trascurando quanto di fresco, di lieto, di sereno, di vitalmente energico è nella sua visione poetica, in certi quadri epico-storici, in certi suoi quadri di paesaggio luminoso, in certi suoi ritmi lieti e impetuosi (per non dir poi della ricchezza di toni di humor della sua prosa matura).
Ma certo anche i momenti e i toni poetici più vari e liberi e vitalmente espansivi acquistano uno slancio più profondo, un risalto e una luce più intensa (e insieme un controllo più intimo) quanto più sottintendono la presenza di quella centrale base lirica, di quel sentimento primo entro il quale l'aspirazione alla serenità, al virile esercizio di valori vitali, di ideali umanistici (più aspirazione intensa che pacifico e sicuro possesso) si fa più vibrante ed energica proprio in relazione alla istintiva consapevolezza della totale privazione che ne rappresenta la morte, il dileguarsi «via dagli affetti, via dalle memorie», dal caldo luminoso regno della terra e del sole, a cui il poeta rivolge il suo sguardo appassionato, il suo interesse più vero, vigorosamente elementare, terreno.

Contrasto che si ricollega anche, nelle sue peculiari forme di elementarità incapace di veri chiarimenti e approfondimenti filosofici (malgrado le velleità, gli sforzi entro una cultura filosofica così incerta), ad una crisi del tempo, fra gli ideali e i sistemi dello spiritualismo e storicismo idealistico romantico e i tentativi del positivismo e del naturalismo. E che poeticamente sorregge dall'intimo le tendenze espressive del Carducci, le gamme più genuine dei suoi colori (tra il «fosco», il «cinereo», il «grigio», e il «verde», il «roseo», il «limpido») nella loro bipartita tensione e nei loro incontri ed impasti, le direzioni dei suoi ritmi fra il volante, l'impetuoso, il cantato, l'incisivo, il grave, l'echeggiante e pausato. Mentre, a suo modo, stimola lo stesso svolgimento dinamico e dialettico (ma di una dialettica mai interamente risolta se non nella realizzazione poetica raggiunta nei momenti più intensi) di tutta la vita e di tutta l'esperienza artistica del Carducci, impostata fin dagli inizi in questo modulo di contrasto fra un primo abbandono espansivo romantico e un volitivo sforzo di classico possesso della propria realtà e dell'arte.

 

Aggiornamenti 2002 - Luigi De Bellis