DANTE ALIGHIERI

  • FANTASIA FILOSOFICA E FILOSOFIA FANTASTICA
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    Autore: Karl Vossler Tratto da: La Divina commedia studiata nella sua genesi

     
         

    Quando ad un genio artistico sovrapotente si congiunge una vivace disposizione riflessiva, può accadere che il poeta ponga bastoni nelle ruote al pensatore e viceversa. Entrambi i casi si verificarono in Dante.
    Lo spettacolo più singolare però lo si ha non quando il poeta viene interrotto e danneggiato dal pensatore, ma piuttosto quando il pensatore riflette sopra le visioni del poeta, dandogli motivo di svilupparle nell'uno o nell'altro senso, e facendogli da ultimo prendere l'oro della fantasia per moneta corrente.
    Nei conosciamo già un esempio di tal genere. Come filosofo, Dante negava, a1 pari dì Tomaso, il concetto della materia spirituale. Sostanze intelligibili come gli angeli o le anime dei defunti venivan da lui concepite come immateriali. invece, come poeta, egli le riveste di un corpo di ombra; ma poscia finisce col credere egli stesso ingenuamente alla realtà di tale corpo poetico e si fa spiegare seriamente da Stazio, quasi si trattasse di un fatto positivo, il come e il perché del fenomeno. Oppure: egli giunge peregrinando alle rive del fiume infernale Flegetonte, la cui sorgente non esiste che nella fantasia del poeta. Ciò non ostante egli domanda della sorgente geografica e si fa raccontare la saga misteriosa del vecchio di Creta. Vede nell'inferno pareti di roccia infrante e ponti rotti, e apprende che tale danno venne cagionato dal terremoto del Golgota. Gli accade di osservare che alcuni spiriti predicono il futuro e che altri non conoscono neppure il presente, ed ecco si fa spiegare la dottrina della conoscenza nei trapassati. Insomma non v'è miracolo poetico, intorno al cui fondamento questo razionalista si scordi di indagare.
    Ma qui sta appunto un grande segreto dell'arte sua. Ciò ch'egli crea con la fantasia, lo considera sul serio anche intellettualmente. Egli va sezionando i suoi sogni come fossero fatti storici. La sua critica perspicace, lasciandosi imprigionare dalla propria illusione poetica, imprigiona al tempo stesso i lettori. Il confine fra la realtà empirica e la poesia scompare...

    Non è solo il potere della fantasia, ma è pure la forte impronta filosofica di essa, che ci fa apparire reale il mondo poetico della Commedia. Anche l'Ariosto e il La Fontaine ci hanno posto innanzi colla più vivace evidenza il mondo meraviglioso delle loro fole. Ma noi sappiamo bene come dobbiamo comportarci a loro riguardo. Invece dinanzi al poema di Dante il pubblico medievale dovette seriamente domandarsi se il suo Inferno non fosse di fatto l'Inferno ed il suo Purgatorio il vero Purgatorio.
    Poiché una cosa era sicura: il suo Paradiso era davvero il Paradiso. 1 dieci cieli inarcantisi sopra la terra egli non li aveva inventati; la esistenza e le forme ne erano scientificamente provate. E tutto l'edificio si fonda su questa base astronomica; sicché la luce astronomica-teologica del Paradiso getta sulla costruzione dantesca del Purgatorio e dell'Inferno il miraggio abbagliante della realtà.
    Una sciocca critica positivistica, che non sa afferrare il carattere filosofico, l'invigorimento scientifico, la sublimazione critica e teologica, il fondamento religioso della fantasia dantesca, si affatica oggi ancora a cercare in questo o in quell'anfiteatro romano, in questo o in quel cratere vulcanico il modello dell'Inferno dantesco, e in questo o in quel colle arrotondato il modello del Purgatorio. Questa è ricerca delle fonti fatta col criterio d'un collezionista di cartoline illustrate!
    Invece, basta partire dal sistema celeste tolemaico-cristiano, per comprendere la costruzione degli altri due regni; imperocché in quello sta la loro vera origine. Con ciò non si deve negare che la fantasia del poeta tragga nutrimento anche dalla realtà terrestre specialmente trasportando nell'al di là linee e colori del paesaggio italiano. Ma per lo più tali quadri servono piuttosto alla decorazione che non alla costruzione: l'idea costruttiva del poema è sopra tutto speculativa e teologica, qual doveva essere d'un fantasiare disciplinato dalla fede e dalla scienza. L'armatura ne venne formata secondo le misure del simbolismo e del parallelismo; sicché noi possiamo prenderci l'ardire di ricostruire la concatenazione delle idee del poeta, seguendo il ritmo stesso del suo spirito, ossia la sua fantasia concettuale. Se una simile ricostruzione non sarà forse esatta, sarà però certo approssimativa, verosimile, e istruttiva...

    Simili edifici ideali sono poesia al servizio di una concezione del mondo preformata, quindi costruzione cosciente e sistematica di miti; sono, in fondo, ciò che era la stessa teologia medievale. La domanda qual'è l'aspetto dell'Inferno? non è per Dante un problema poetico, bensì una questione teologica. Egli non giuoca con la fantasia a figurarsi come l'Inferno possa apparire; ma deduce e costruisce come - data l'esattezza dei calcoli, e fatta riserva di errore - esso debba apparire. Ritengo dunque assolutamente impossibile distinguere accuratamente caso per caso e tenere distinto quanto Dante sapesse di aver inventato come poeta da quanto egli credesse di aver scoperto come teologo. Figlio fedele della Chiesa, egli riteneva per lo meno probabile la partizione del Purgatorio secondo i sette peccati mortali. Avrà egli creduto inverisimile quella divisione morale dell'Inferno, che egli stesso aveva costruita? Ed era per lui materia di convinzione o di persuasione il fatto delle anime, che si raccolgono alla foce del Tevere, vicino alla Roma dei Papi, aspettando il loro destino? Chi può decidere ove graviti il centro di tali simboli, se nella poesia o nella scienza? O si crede forse che Dante abbia posto per ischerzo i suoi nemici, e persino alcuni dei suoi più cari amici, nell'Inferno? A nessun poema si intese mai dare un fondamento più rigorosamente scientifico, né più oggettivo; mai poeta fu così coscienzioso. Noi non conosciamo nella letteratura mondiale alcun altro lavoro artistico, che sia così profondamente penetrato di filosofia.
    Una volta o l'altra però doveva ben destarsi anche in Dante la coscienza critica, la coscienza cioè che egli stava piantando, a guisa di un giardiniere artista, delle favole variopinte sul sacro suolo della realtà ultraterrena, per sua natura diafana ed incolore. Sono noti i passi del poema, nei quali egli accenna agli elementi di sogno e di finzione, all'inconsistenza delle sue figurazioni, e disincanta se stesso e il lettore. Non si dovrà attendere tuttavia da lui, poeta, che sapesse distinguere sempre e dappertutto quant'egli credeva per fede o perché dato teologico, da quanto gli porgeva l'invenzione personale o la tradizione leggendaria. Qual genio poetico può sottrarsi a simile illusione? Benedetta illusione del resto. Il poeta pensa d'essere sulla via delle Indie, ed ecco scopre un mondo nuovo; pensa di descrivere Paradiso e Inferno quali sono in realtà e crea un'epopea mitica.
     

     
         
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    Letteratura italiana 2002 - Luigi De Bellis