CRITICA: CARLO GOLDONI

 IL MONDO DEL GOLDONI

 AUTORE: Francesco De Sanctis    TRATTO DA: Storia della letteratura italiana

 

Goldoni avea da natura tutte le qualità che si richiedevano al difficile assunto: finezza di osservazione e spirito inventivo, misura e giustezza nella concezione, calore e brio nella esecuzione. La Mandragola, capitatagli ch'era giovanissimo, gli avea fatta molta impressione. Il Misantropo, l'Avaro, il Tartufo, le Preziose e simili commedie di Molière compirono la sua educazione. Il fondamento della commedia italiana era l'intreccio; la buona commedia, come la concepiva lui, dovea avere a fondamento il carattere. - Voi avete la commedia dell'intreccio; io voglio darvi la commedia di carattere - diceva Goldoni. E commedia di carattere era tirare l'effetto non dalla molteplicità di avvenimenti straordinari, ma dallo svolgimento di un carattere nelle situazioni anche più ordinarie della vita. Era tutto un altro sistema, e non solo nella commedia, ma nello scopo e nei mezzi dell'arte. Il protagonista nel primo sistema è il caso 0 l'accidente, le cui bizzarre combinazioni generano il meraviglioso. Gli uomini ci stanno come figure o comparse, appena schizzati, avvolti nel turbine degli avvenimenti. La vita è nella superficie: l'interno è occulto. In questa superficialità ottusa si era consunta la vecchia letteratura, ed, esaurite tutte le forme del meraviglioso, non bastava più a conseguire l'effetto con mezzi propri senza il sussidio del canto, della musica, del ballo, della mimica, della declamazione. La parola non era più il principale: era l'accessorio, il semplice tema, l'occasione. Anche la commedia si credeva inadatta a conseguire il suo effetto senza il sussidio delle maschere, senza quell'improvviso dei lazzi degli Arlecchini, dei Truffaldini, dei Brighella e dei Pantaloni. Ora l'idea fissa di Goldoni era che la commedia potea per sé sola interessare il pubblico, e che non le era necessario a ciò lo spettacoloso, il gigantesco, il meraviglioso in maschera e senza maschera. La sua riforma era in fondo la restaurazione della parola, la restituzione della letteratura nel suo posto e nella sua importanza, la nuova letteratura. E vide chiaramente che a restaurare la parola bisognava non lavorare intorno alla parola, ma intorno al suo contenuto, rifare il mondo organico o interiore dell'espressione. Questo vide nella commedia, e mirò a instaurarvi non gli clementi formali e meccanici, ma l'interno organismo, sopra questo concetto: che la vita non è il gioco del caso o di un potere occulto, ma è quale ce la facciamo noi, l'opera della nostra mente e della nostra volontà. Concetto del Machiavelli, dal quale usciva la Mandragola. Perciò il protagonista è l'uomo, con le sue virtù e le sue debolezze, che crea o regola gli avvenimenti o cede in balia di quelli. Manca a Goldoni non la chiarezza, ma l'audacia della riforma, obbligato spesso a concessioni e a mezzi termini per contentare il pubblico, la compagnia e gli avversari. E, come era il suo carattere, vinse talora più con la pazienza o la destrezza che con la risoluta tenacità dei propositi. Di queste concessioni trovi i vestigi nelle sue migliori commedie, dove non rifiuta certi mezzi volgari e grossolani di ottenere gli applausi della platea. E mi spiego come insino all'ultimo continuò nel romanzesco, nel sentimentale e nell'arlecchinesco: le necessità del mestiere contrastavano alle aspirazioni dell'artista. D'altra parte, intento all'interno organismo della commedia, neglesse troppo l'espressione e, per volerla naturale, la fece volgare, sì che le sue concezioni si staccano vigorose da una forma più simile a pietra grezza che a marmo. Ciò che in lui rimane è quel mondo interno della commedia, tolto dal vero e perfettamente sviluppato nelle situazioni e nel dialogo. Il centro del suo mondo comico è il carattere. E questo non è concepito da lui come un aggregato di qualità astratte, ma è còlto nella pienezza della vita reale, con tutti gli accessori. Base è la società veneziana nella sua mezzanità, più vicina al popolo che alle classi elevate: ciò che dà più presa al comico per quei motivi improvvisi, ineducati, indisciplinati, che son propri della classe popolana, alla quale si accostava molto la borghesia veneta, non giunta ancora a quel raffinamento e delicatezza di forme, che sono come (aria della civiltà. I caratteri, come il maldicente, il bugiardo, l'avaro, (adulatore, il cavalier servente, inviluppati in quest'atmosfera, escono fuori vivi, coloriti, originali, nuovi: vi contraggono la forma della loro esistenza. C'è nel loro impasto del grossolano e dell'improvviso; anzi, qui è la fonte del comico. Cadendo in nature di uomini non disciplinate dall'educazione, paion fuori in modo subitaneo e senza freno o ritegno 0 riguardo, in tutta la loro forza primigenia, e producono con quella loro improvvisa grossolanità la più schietta allegria, tipo di Burbero benefico. Non essendo concezioni soggettive e astratte, ma studiate dal vero e còlte nel movimento della vita, il comico non si sviluppa per via di motti, riflessioni e descrizioni (ciò che dicesi propriamente «spirito» e appartiene a una società più colta e raffinata), ma erompe nella brusca vivacità delle situazioni e dei contrasti. Il Goldoni è felicissimo a trovare situazioni tali che il carattere vi possa sviluppare tutte le sue forze. La situazione è per lo più unica, semplice, naturalissima, sobriamente variata, messa in rilievo da qualche contrasto, di rado complicata o inviluppata, graduata con un crescendo di movimenti drammatici, e ti porta rapidamente alla fine tra la più viva allegria. Indi viene la superiorità del suo dialogo, che è azione parlata, di rado rotta o raffreddata per soverchio uso di riflessioni e di sentenze. La situazione non è mai perduta di vista sono digressioni, non deviazioni, rari intermezzi o episodi, nessuna parte troppo accarezzata o rilevata; ond'è che l'interesse è nell'insieme, e di rado se ne stacca un personaggio, una scena, un motto. Tutto è collegato saldamente con tutto: la situazione è il carattere stesso in posizione, nelle sue determinazioni; l'azione è la stessa situazione nel suo sviluppo; il dialogo è la stessa azione nei suoi movimenti. Questo mondo poetico ha il difetto delle sue qualità: nella sua grossolanità è superficiale, e nella sua naturalezza è volgare. In quel suo correre diritto e rapido, il poeta non medita, non si raccoglie, non approfondisce; sta tutto al di fuori, gioioso e spensierato, indifferente al suo contenuto, e intento a caricarlo quasi per suo passatempo e con l'aria più ingenua, senza ombra di malizia e di mordacità: onde la forma del suo comico è caricatura allegra e smaliziata, che di rado giunge all'ironia. Nel suo studio del naturale e del vero, trascura troppo il rilievo, e, se ha il brio del linguaggio parlato, ne ha pure la negligenza: per fuggire la rettorica, casca nel volgare. Gli manca quella divina malinconia, che è l'idealità del poeta comico e lo tiene al di sopra del suo mondo, come fosse la sua creatura, che accarezza con lo sguardo e non la lascia finchè non le abbia dato l'ultima finitezza. Attribuiscono il difetto alla sua ignoranza della lingua ed alla soverchia fretta: il che, se vale a scusare le sue scorrezioni, non è bastante a spiegare il crudo e lo sciacquo del suo colorito.

La nuova letteratura fa la sua prima apparizione nella commedia del Goldoni, annunziandosi come una restaurazione del vero e del naturale nell'arte. Se la vecchia letteratura cercava ottenere i suoi effetti scostandosi possibilmente dal reale correndo appresso allo straordinario 0 al meraviglioso nel contenuto e nella forma, la nuova cerca nel reale la sua base e studia dal vero la natura e l'uomo. La maniera, il convenzionale, il rettorico, l'accademico, l'arcadico, il meccanismo mitologico, il meccanismo classico, l'imitazione, la reminiscenza, la citazione, tutto ciò che costituiva la forma letteraria è sbandito da questo mondo poetico, il cui centro è l'uomo, studiato come un fenomeno psicologico, ridotto alle sue proporzioni naturali e calato in tutte le particolarità della vita reali.. Vero è che la realtà è appena lambita e le sue profondità rimangono occulte. Ma la via era quella, e in capo alla via trovi Goldoni.

 

Aggiornamenti 2002 - Luigi De Bellis