CRITICA: GIACOMO LEOPARDI

 LEOPARDI POETA DELL' "IDILLIO"

 AUTORE: Benedetto Croce         TRATTO DA: Leopardi in poesia e non poesia

 

Dove si trovi la poesia del Leopardi è già additato dalla comune coscienza critica, la quale, dopo avere accolto freddamente le Operette Morali, rifiutati i Paralipomeni e la Palinodia, accusava di prosaicità la Ginestra e altri carmi, con atto risoluto e per opera del De Sanctis e facendo gridare i fanatici del patriottismo (dal Settembrini al Carducci), riconobbe altresì che le prime canzoni sono oratoria e oratoria di scuola, che di quelle frenetiche o imprecanti si salvano poeticamente solo alcuni tratti, che ci sono riserve da fare su parecchie delle restanti, e indirizzò l'ammirazione soprattutto ai cosiddetti «idilli», a quelli giovanili e ai posteriori, ai piccoli, e ai «grandi idilli».
Basta, a me sembra, guardarsi dal materializzare questa predilezione in una esclusiva e totale lode data ad alcuni particolari componimenti, e intenderla nel suo senso ideale e profondo, per ottenere il criterio onde si discerne la vera poesia del Leopardi. Il quale, come abbiamo detto, fu un «escluso dalla vita», ma non sì che non avesse nel primo tempo giovanile sognato e sperato e amato e gioito e pianto, e non gli accadesse di poi, in certi momenti, di risentirsi vivere e l'animo gli si riaprisse alle trepide commozioni. In questi momenti in cui egli, nel lontano o nel prossimo ricordo, si rivedeva congiunto col mondo, la sua fantasia si mosse poeticamente: ché la poesia potrà essere tutto ciò che si vuole, ma non mai gelida e acosmica. Sono i momenti della Sera del di di festa, della Vita solitaria, dell'Infinito, del Sabato del Villaggio, della Quiete dopo la tempesta, delle Ricordanze, di Silvia. Allora la sua parola acquista colore, il suo ritmo si fa dolce e flessuoso e pieno di armonie e di intime rime, la commozione trema riflettendosi nella pura e lucente goccia di rugiada della poesia. L'effetto è tanto più potente quanto più quei momenti di vita, quegli sguardi rivolti al mondo circostante, non per rigettarlo ma per accoglierlo in sé simpaticamente, quegli impeti di desiderio, quelle speranze d'amore, quell'intenerimento, quella soavità hanno quasi del furtivo, sono strappati al duro destino che intorno preme, al gelo che invade, e si esprimono con la ritenutezza, la modestia, la castità di chi dice cose a lui non consuete. Donde il loro particolare incanto, il lieve incarnato nel pallore di questa poesia, che fa impallidire al confronto molta letteratura dai ricchi e vivaci colori. Chi non porta nella memoria e nel cuore le immagini che in essa affiorano, le divine immagini, figure di fanciulle, aspetti di paesaggio, opere di umile gente? Silvia al telaio, che canta nel maggio odoroso, con la mente piena di un vago sogno, e il giovane signore che lascia le carte e tende l'orecchio al suono di quella voce, e congiunge il suo al sogno della fanciulla; - le sere nel giardino della casa paterna, e il cielo stellato, e il canto della rana, e la lucciola che erra presso le siepi, e le voci domestiche che intanto si alternano tra le mura, mentre il desiderio e il pensiero navigano nell'infinito; - il tranquillo villaggio alla sera del sabato con la ragazza che ha in mano i fiori per adornarsi il domani, e la vecchierella che ciarla del passato, e i fanciulli che saltano e gridano, e lo zappatore che torna alla sua parca mensa pensando al giorno del suo riposo, e il fabbro e il falegname che, quando già tutto dorme, affrettano il compito del loro lavoro, come il lume che traluce dalla chiusa bottega ne dà indizio; - la sera del giorno festivo, piena di tristezza, col ricordo del canto che s'ode morire a poco a poco lontanando; - il solitario margine del lago, di «taciturne piante incoronato», presso cui egli si assideva e si abbandonava e si faceva immoto con l'immota natura; - l'impressione della vita che si ravviva dopo la tempesta; e altre simili, nuove ed eterne, creazioni? E le parole definitive, come: «Quando beltà splendeva Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi»; e i versi perfetti: «Viene il vento recando il suon dell'ora Dalla torre del borgo...» ; «Dolce e chiara è la notte e senza vento...».

Con questi ricordi di vita salgono alla poesia quegli altri momenti in cui il Leopardi si raccoglie in un mondo intellettuale che gli è caro e, per così dire, ama l'amore e insieme con l'amore ama la morte, come nel bellissimo Pensiero dominante e in Amore e Morte, che, pur sotto forma meditativa, non sono didascalica; e non didascalica ma drammatica è l'Aspasia, in cui egli, dal naufragio dell'ultimo amore, si raccoglie sulla ferma sponda dell'intelletto e ritrova la sua forza nello spiegare a sé stesso quello che gli è accaduto, e nel teorizzarlo, e l'antica seduzione ancora vibra nell'anima, ma egli crede di averla sorpassata e di dominarla mercè quella calma del pensiero.

 

Aggiornamenti 2002 - Luigi De Bellis