LETTERATURA ITALIANA: IL CINQUECENTO

 

Luigi De Bellis

 


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Il Cinquecento

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Il Cinquecento

 
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Francesco Guicciardini: la vita

Politico e storico italiano (Firenze 1483 - Arcetri 1540). Di antica e nobile famiglia fiorentina, dopo gli studi di diritto in patria, a Ferrara, Padova e Pisa, e l’esercizio fortunato dell’avvocatura, si avviò alla carriera diplomatica. Nel 1512 era ambasciatore in Spagna, né perdette il suo posto per la caduta della repubblica e il ritorno dei Medici; anzi, rientrato in patria (gennaio 1514), ebbe da Leone X nel 1516 la nomina a governatore di Modena, cui s’aggiunsero successivamente il governatorato di Reggio e Parma, e importanti funzioni militari quando si accese la guerra tra Francesco I e Carlo V in Lombardia (1521). Con l’elezione di Clemente VII al soglio pontificio fu nominato presidente della Romagna, carica che tenne dal maggio 1524 al gennaio 1526; quindi fu l’anima della nuova alleanza del papa con la Francia, e nominato nel giugno 1526 luogotenente pontificio partì per la guerra contro Carlo V, il cui potere egli considerava esiziale alla libertà italiana. Disgraziatamente gli eventi precipitarono sino al sacco di Roma (1527) e alla cacciata dei Medici da Firenze. Il Guicciardini tornò in patria, ma quando vi prevalse il partito degli arrabbiati, minacciato della confisca dei beni e d’arresto riparò presso il papa. Solo con la capitolazione di Firenze (agosto 1530) poté ristabilirsi nella sua città e vi tenne alte funzioni politiche, ma poiché era tra coloro che miravano a limitare l’assolutismo mediceo, incontrò l’ostilità di Clemente VII, sicché, mentre si attendeva di nuovo la presidenza della Romagna ottenne soltanto l’incarico di vicelegato a Bologna (1531-1534). Nel 1535 ebbe ancora una parte notevole nella politica fiorentina, difendendo a Napoli i diritti del duca Alessandro e l’indipendenza di Firenze contro le richieste dei fuorusciti che s’erano appellati all’imperatore Carlo V. Dopo l’uccisione del duca Alessandro favorì l’elezione del diciassettenne Cosimo, ma presto cadde in disgrazia come capo del partito antimperiale; perciò appena cinquantaquattrenne dovette rinunziare alla politica attiva e si ritirò nella sua villa di Santa Margherita in Montici, presso Arcetri, dove trascorse in solitudine gli ultimi tre anni di vita.

 
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