ANALISI TESTUALE: BOCCACCIO (DECAMERON)

 

Luigi De Bellis

 
 

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INTRODUZIONE






In questa introduzione del Decameron la rappresentazione della peste non è fine a se stessa, ma è complementare al progetto di una vita in cui sia possibile sconfiggere la peste stessa. Alla peste, che porta ovunque distruzione e morte, la giovanile «brigata» protagonista dell'opera contrappone un'esistenza fondata sul principio del piacere.
Su questo rapporto di complementarità, in cui stanno le due situazioni, Boccaccio insiste nelle righe iniziali: un luogo «bellissimo... e dilettevole» non si poteva raggiungere se non attraversando la «montagna aspra e erta»; alla «noia» seguiranno «la dolcezza e il piacere». In altre parole: non sarebbe stato possibile immaginare la piacevole convivenza dei personaggi-narratori né toccare la materia di tante novelle in qualche modo scandalose, tali cioè da trasgredire le convenzioni sociali e morali comunemente accettate, se non prendendo le mosse da un «orrido cominciamento». La «pestifera mortalità» rende legittima anche l'irriverenza dei motivi comici e grotteschi (largamente presenti nel Decameron) che appaiono come naturale reazione, mezzi salutari per vincere la paura della morte.
L'una e l'altra situazione, quella dell'orrore e quella del diletto, hanno questo in comune, che entrambe sono fuori della normalità, di cui costituiscono anzi una violazione. Analizziamole dunque in modo più preciso.

La peste

Boccaccio la rappresenta come momento di trasgressione e distruzione delle norme e dei valori su cui si fondava la convivenza sociale. La peste mette in crisi:

- la regola del lavoro; persino í contadini consumano invece di produrre;
- il senso della proprietà; gli uomini abbandonano la cura dei propri beni e ciascuno si sente autorizzato a usare quelli altrui;
- l'autorità delle leggi, che nessuno è più in grado di far rispettare; tornano a valere rapporti basati soltanto sulla forza e sul potere individuale;
- la famiglia; di fronte alla paura della mora e gli obblighi determinati dai legami di parentela non sono più sentiti come vincolanti;
- la moralità, nel suo aspetto esteriore di «decenza»; l'esempio più vistoso di violazione della decenza è quello delle donne giovani, belle e nobili, disposte a farsi curare anche da uomini di qualsiasi età e condizione sociale;
- i costumi e i riti connessi allo stato sociale; ogni classe subisce una degradazione e ne danno testimonianza le modalità dei funerali e della sepoltura.

La peste libera gli individui dalla costrizione della morale e delle istituzioni, ma in senso esclusivamente negativo; non ha riguardo per le posizioni di privilegio costituite dalla nobiltà, dalla ricchezza, dalla bellezza, dalla gioventù, ma agisce anche più crudelmente su chi è già misero, riducendolo a una condizione bestiale.

Il progetto della «brigata»

Il gruppo di giovani che si incontrano nella chiesa di Santa Maria Novella è cosa caratterizzato:

- le donne sono definite «savia ciascuna e di sangue nobile e bella di forma e ornata di costumi e di leggiadra onestà»;
- i giovani, legati alle donne da rapporti d'amore o di parentela, sono «assai piacevole e costumato ciascuno»;
- tutti hanno servi in buon numero e ricche proprietà in campagna.

Si tratta dunque di personaggi raffigurati dall'autore secondo la convenzione cortese: di buona condizione economico-sociale, educati al decoro, belle e oneste le donne, amabili gli uomini.
La proposta di vita che il gruppo accetta di seguire comporta l'abbandono della città e l'adozione di nuove regole, che sono quelle della festa, dell'allegrezza, del piacere, controllati per altro dalla ragione. Pampinea espone il progetto di una nuova «società», che non è però la riproduzione di quella esistente in circostanze normali; perciò questa società non può essere che provvisoria (durerà fino a quando si veda «che fine il cielo riserbi a queste cose») e separata, poiché può sussistere soltanto in luogo isolato in cui non penetrino dal mondo esterno elementi di perturbazione.

Alcune conclusioni

Boccaccio descrive una situazione realmente verificatasi (la peste) per giungere a rappresentare un modello di vita sottratta, per breve tempo e sotto la spinta di circostanze eccezionali, agli obblighi comunemente imposti da un'organizzazione sociale e obbediente invece a regole sue, festevoli. Quindi egli cerca la verosimiglianza collegandosi a un fatto di grande e drammatica notorietà, e contemporaneamente raffigura una società ideale, che può esistere soltanto nella finzione letteraria. Nell'Introduzione i due temi, peste e vita di festa e di allegrezza, sono compresenti e suggeriscono atteggiamenti stilistici diversi: Boccaccio parla della peste nei modi adeguati alla narrazione di una vicenda di cronaca recente, legata a un ambiente specifico (la città), percorso da conflitti sociali, di cui si avverte l'eco nel discorso di Pampinea; rappresenta invece la «festa» come un'utopia e quindi in modi stilizzati, che riprendono le caratteristiche della letteratura cortese. Il disegno di questa utopia rivela anche l'ideologia di Boccaccia e la sua cautela: la libertà della festa è provvisoria, la si può immaginare soltanto in un luogo non-reale ed è limitata a un gruppo sociale privilegiato.

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it