ANALISI TESTUALE: BOCCACCIO (DECAMERON)

 

Luigi De Bellis

 
 

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GIORNATA IV
NOVELLA 7






È questo l'unico caso in cui Boccaccio, per dimostrare che la forza naturale dell'amore può agire in qualsiasi ambiente, rappresenta in termini tragici la passione di due giovani del « popolo minuto ». La novità è segnalata, e insieme gíustificata, nelle considerazioni che la narratrice (Emilia) premette al racconto.
Prendiamole in esame.
Emilia dice che Amore (l'amore-passione, personificato secondo l'uso dei poeti)

a. «volentieri le case de' nobili uomini» abita; 
b. «non rifiuta lo 'mperio di quelle de' poveri»;

a. costituisce la norma; 
b. l'eccezione.

La tradizione letteraria aveva associato amore a cortesia (cortesia = agio, ricchezza, liberalità); Boccaccio, raccogliendo e ampliando il codice fissato da Andrea Capellano, ammette che la qualità dell'amore di Simona e Pasquino non sia inferiore a quella dell'amore tra personaggi socialmente elevati: tuttavia anch'egli propone il loro esempio come insolito (e la novella resta nel Decameron isolata), sottintendendo tacitamente che la povertà per lo più impedisca quella piena disponibilità di ogni energia fisica e morale che è condizione necessaria della passione.
La novella rivela con chiarezza la posizione ideologica dell'autore. L'amore e il destino tragico sottraggono i due giovani, e sopra tutto Simona che è il personaggio di maggior rilievo, alla loro condizione sociale, esaltandone la vitalità e i sentimenti, e quindi «nobilitandoli»; Boccaccio, così immaginando, mette in atto uno dei principi più importanti della sua dottrina d'amore: l'eguaglianza degli esseri umani in ciò che è bisogno naturale (cfr. Ghismunda e il suo discorso al padre).
Questo principio egualitario nelle cose d'amore non modifica tuttavia la sua visione e la sua valutazione della gerarchia sociale: per il ceto a cui Simona e Pasquino appartengono Boccaccio non ha nessuna simpatia, e lo dimostra rappresentando i loro amici e compagni in modo da metterne in luce la rozzezza, la volgarità, la potenziale violenza. La distinzione introdotta tra la giovane innamorata e la sua classe sociale si manifesta anche nel linguaggio della novella. Manca quasi del tutto il discorso diretto, con cui Boccaccio è solito caratterizzare socialmente e culturalmente i personaggi e che impiega molto spesso per riprodurre realtà comiche e popolaresche. L'unica battuta di discorso diretto è attribuita allo Stramba e vuole appunto sottolinearne l'impulsività incontrollata e la grossolanità.
La storia degli innamorati è raccontata dalla narratrice con le sue parole: ciò permette all'autore di usare un linguaggio che passa dal registro discorsivo e dimesso (i progetti per la merenda) a una tonalità più alta e commossa nella perorazione finale («O felici anime...»); ai rapporti sessuali si allude con un linguaggio eufemistico, in cui Boccaccio dà prova della sua abilità retorica. «Ricevutolo adunque in sé col piacevole aspetto del giovane che l'amava, il cui nome era Pasquino, forte disiderando e non attentando di far più avanti, filando a ogni passo di lana filata che al fuso avvolgeva mille sospiri più cocenti che fuoco gittava, di colui ricordandosi che a filar gliele aveva data. Quegli dall'altra parte molto sollecito divenuto che ben si filasse la lana del suo maestro, quasi quella sola che la Simona filava, e non alcuna altra, tutta la tela dovesse .compiere, più spesso che l'altre era sollecitata.
Per che, l'un sollecitando e all'altra giovando d'esser sollecitata, avvenne che l'un più d'ardir prendendo che aver non solea, e l'altra molta della paura e della vergogna cacciando che d'avere era usata, insieme a' piacer comuni si congiunsono; li quali tanto all'una parte e all'altra aggradarono, che, non che l'uno dall'altro aspettasse d'essere invitato a ciò, anzi a dovervi essere si faceva incontro l'uno all'altro invitando
».
Il verbo sollecitare si riferisce inizialmente al lavoro di Simona, alla lana filata che Pasquino, innamorato, più spesso a lei che alle altre lavoranti richiedeva, e diventa metafora erotica: tutto il passo che precede va riletto in questa luce: il filare (e l'espressione torna in poche righe cinque volte), l'avvolgersi della lana sul fuso indicano contemporaneamente i fili d'amore, gli avvolgimenti del sentimento.

Sulla sintassi del periodo che abbiamo citato Muscetta osserva:

«... l'ansia del filare scompare e resta solo il reciproco piacere di sollecitare ed essere sollecitati a rivelarsi l'amore; e l'uno diventa più ardito e l'altra meno vergognosa, finché "insieme a' piacer comuni si congiunsono" (proposizione dove è stupenda l'ambivalenza di quell'insieme a' che può significare tanto "insieme con" quanto "insieme per"). Dopo di che saranno i piaceri comuni a diventare soggetto per metonimia e gli amanti complemento di termine di un tutto: "all'una parte e all'altra". Ora i pronomi perdono la differenza del genere, e non c'è più differenza di sesso a motivare l'iniziativa erotica: non c'è l'uno dall'altro invitato, c'è l'uno all'altro invitando. E il musicale periodo si chiude con la coniugazione di un tempo presente d'amore».

È, insomma, la sintassi stessa che allude all'amplesso
.

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it