IL NOVECENTO : GUILLAME APOLLINAIRE

 

Luigi De Bellis

 
 
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Guillaume Apollinaire (pseudonimo di Wilhelm Apollinaris de Kostrowitzky) nacque a Roma nel 1880. Trascorsa l'infanzia tra Roma, la Costa Azzurra e Lione, si stabilì a Parigi nel 1902; qui frequentò gli ambienti letterari di punta e le avanguardie artistiche, dai tauves ai cubisti, dai futuristi ai primi gruppi surrealisti. Conobbe Marinetti e scrisse il manifesto L'antitradizione futurista (1913). Fondò e diresse diverse riviste. Nel 1914 fu arruolato e partecipò alla guerra, riportando una ferita alla testa. Morì nel 1918 per un attacco di febbre spagnola. Fra le sue opere segnaliamo, oltre a vari scritti in prosa (ad es. L'incantatore imputridito, 1908) e a un dramma che precorre certe tendenze surrealiste (Le mammelle di Tiresia, 1917), soprattutto le due principali raccolte poetiche: Alcools (1913), che raccoglie cinquanta testi composti tra il 1898 e il 1913, e Calligrammes (1918), che raccoglie un'ottantina di componimenti del periodo 1913-1918.

Come detto, con questa lirica di Apollinaire, figura centrale dello sperimentalismo letterario francese di primo Novecento, ci imbattiamo in una concezione della poesia e in un testo concreto assai diversi da quelli precedentemente proposti. In primo luogo colpirà il ricorso a una dislocazione non tradizionale delle parole sulla pagina, che in altri testi si spinge sino a comporre tipograficamente delle vere e proprie figure, i calligrammi che danno titolo alla raccolta (o "ideogrammi lirici" come nel caso di Il pleut, cioè Piove). Tale espediente, in verità autorizzato dall'ultimo Mallarmé, è soprattutto tipico della lirica futurista italiana e risente delle suggestioni del movimento cubista.
Ma esaminiamo rapidamente alcuni degli elementi che distanziano tale lirica dai modelli simbolisti precedenti e coevi. Lungo la linea Baudelaire-Mallarmé-Valéry si veniva imponendo sempre più nettamente una lirica autointrospettiva, astratta e metafisica; Apollinaire viceversa si rivolge di preferenza al mondo esterno o mette in comunicazione gli stati d'animo e i sentimenti che descrive con il mondo concreto e variopinto della vita quotidiana, non lo disdegna insomma per mirare ad altro. Se la lirica simbolista in vario modo mira all'assoluto, Apollinaire si fa cantore del contingente, del divenire individuale e storico: qui è il viaggio del protagonista, il mutamento storico prodotto dalla guerra. Se un'astratta, assoluta necessità espressiva muove i simbolisti, Apollinaire è affascinato dal casuale e dall'arbitrario. «Questo casuale,» -scrive Marcel Raymond - «lungi dal volerlo abolire come Mallarmé, Apollinaire lo adora. Vuol mettere in luce le misteriose affinità esistenti tra pensiero e linguaggio, favorire scambi tra loro, anche con mezzi artificiali: gli occorre insomma sperimentare il casuale, poiché il poetico è essenzialmente l'arbitrario, l'imprevedibile, la libera associazione che nessun ragionamento può far nascere, la trovata, la bella immagine vergine recata nel becco da un ebbro uccello».
Anche il ricorso alle componenti metaforiche e simboliche è operato senza le preoccupazioni filosofiche di un Mallarmé o di un Valéry, è insomma più concreto, immediato e spesso abbastanza trasparente: si pensi al motivo del viaggio da Deauville a Parigi, che si trasfigura in un viaggio dal mondo vecchio (pre-bellico) a quello nuovo, e in una sorta di rigenerazione personale («sebbene entrambi fossimo uomini maturi / eravamo da poco intanto nati»); ma si considerino anche le varie similitudini e le varie immagini e metafore particolari che si caricano di vaghi, ma non oscuri, sensi simbolici (dai «pesci voraci» al «mercante» dalla «mercanzia straordinaria», ai «pastori giganti» che guidano greggi che «brucavano parole», ecc.). Assai spesso comunque la ricchezza, varietà ed eterogeneità di immagini in Apollinaire non si spiega tanto come procedimento intenzionalmente simbolico, bensì come libera associazione (futurista, presurrealista) o anche collage di pensieri sensazioni immagini idee suscitate da un oggetto o da una situazione.

Le caratteristiche salienti della lirica di Apollinaire stanno insomma nel dinamismo, nell'« impareggiabilmente fresca idea del quotidiano», nella capacità di cogliere lo scorrere del tempo e degli eventi attraverso oggetti, sensazioni, percezioni concrete, nella leggerezza espressiva, nella discorsività continua, in un quasi fisico piacere per la forma intesa come gioco, nella propensione per una facile comunicazione col pubblico.

«Pochi hanno saputo cantare il contingente come Apollinaire: la vita che scorre nel minuto presente e nell'impressione che si disfa» (Guaraldo). Le sue liriche, esemplare testimonianza di canto del contingente, ci portano dal simbolismo più rarefatto della linea Mallarmé-Valéry alla poesia di struttura e accenti nuovi che nasce nel clima delle avanguardie.

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