Luigi
De Bellis

 


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Giovanni Pascoli



IL FANCIULLINO: Saggio di poetica


Un primo nucleo di questa prosa apparve nel 1897 sulle pagine del «Marzocco», sotto forma di articoli dal titolo Pensieri d'arte poetica. Ripresi in nove capitoletti nella raccolta di saggi Miei pensieri di varia umanità, raggiunsero la forma definitiva (in venti capitoletti) e il loro titolo attuale nell'edizione del 1907.

Concepita inizialmente come accostamento di riflessioni sparse sull'ispirazione artistica e su temi di carattere letterario, questa prosa assume alla fine la forma più organica di un vero e proprio saggio di poetica. Prendendo spunto da un passo del Fedone platonico l'intera argomentazione appare centrata sulla figura del «fanciullino», inteso come capacità di percezione originaria, innocente e incontaminata apertura all'esperienza, che sopravvive, più o meno riconosciuta, nell'uomo adulto. È notevole come - quasi a sgomberare il campo da interpretazioni troppo filosofiche - fin dall'inizio questa figura venga accostata alla poesia omerica, archetipo culturale e modello capace di riconnettere sul piano psicologico quanto necessariamente rimane diviso sul piano dell'esperienza storica. Così alla domanda perché vicende tanto lontane da noi muovano ancora la nostra attenzione («E non sarebbe ragionevole, di cose che dopo trenta secoli non si credono più verosimili»), l'unica risposta possibile è: «Ma dopo pur trenta secoli gli uomini non nascono di trent'anni, e anche dopo i trent'anni restano per qualche parte fanciulli».

La presenza del «fanciullino» sembra però poter diventare anche una discriminante morale tra gli uomini, tra chi ne è abitato e chi no, o tra chi crede e sembra non esserne abitato e chi no. Non solo questa presenza introduce nella grave vita degli uomini elementi di novità e fantasia, ma ne attenua da una parte la volgare sessualità («Egli fa umano l'amore, perché accarezza esso come sorella... accarezza e consola la bambina che sta nella donna»), esaltando dall'altra una genuina e stupefacente comunione, insofferente di ruoli e divisioni: «Siano gli operai, i contadini, i banchieri, i professori in una chiesa a una funzione di festa; si trovino poveri e ricchi, gli esasperati e gli annoiati, in un teatro a una bella musica: ecco tutti i loro fanciullini alla finestra dell'anima eccoli i fanciullini che si riconoscono contemplando un ricordo e un sogno comune». Se la riflessione non è priva di contraddizioni, quando dal campo estetico sconfina in quello sociale o morale, sempre si rinnova il tentativo di una sintesi, curiosamente vicina a quella di Vico, che sia in grado di giustificare natura e ragione, individuo e specie. Il terreno più fertile per operare la sintesi è quello del linguaggio, potente e ricco negli inizi, capace di nominare in modo armonico e creativo: «E in ciò è ragione perché è natura. Tu sei ancora in presenza del mondo novello, e adoperi a significarlo la novella parola... Tu sei antichissimo, o fanciullo!».

La poetica del «fanciullino» tende a coniugarsi con la poetica delle piccole cose, in quanto la vera novità non dipende dalla realtà espressa, ma dallo sguardo che la coglie e dalla parola che la esprime. Il poeta e il fanciullo colgono la poeticità di ogni cosa, non vanno alla ricerca di esotismi preziosi, secondo la lezione, mai dimenticata da Pascoli, di Orazio: «Ma esser poeta della mediocrità, non vuol dire davvero essere Poeta mediocre». Vari altri spunti, anche fortemente polemici (contro le scuole letterarie, contro i critici, contro l'impegno politico nell'arte), non attenuano il sapore di confessione dell'intero saggio, con accenti che, se rivendicano con orgoglio una condizione di apparente minorità del poeta-fanciullo, neppure tacciono la gravità di amari sospetti: «Anzi, non avendo io mutato quei primi miei affetti, chiedo talvolta se io abbia vissuto o no».

In uno scritto del 1907 Benedetto Croce contestò alla poetica del «fanciullino» proprio l'intenzione sincretica, la mancata distinzione dei piani argomentativi: «il Pascoli ha equivocato, scambiando e confondendo in uno l'ideale fanciullezza, che è propria della poesia la fanciullezza che è immagine della contemplazione pura, con la realistica fanciullezza, che si aggira in un piccolo mondo perché non conosce e non è in grado di dominarne uno più vasto».

 

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