Luigi
De Bellis

 


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La troga

 
 

 

 
 

Andromeda e la notte

 
     
     

 





Giampaolo Rugarli



LA TROGA: Romanzo


La struttura del romanzo ricalca quella di un'opera teatrale in tre atti, un prologo e un epilogo.
Nel prologo il protagonista, il commissario Pantieri, da poco vedovo viene a sapere da una vecchia signora (Elvira Gruvi) che sull'umanità intera grava il complotto di una misteriosa setta, la «troga». Il figlio della signora, un noto medico e scienziato, è in pericolo perché ne ha scoperto le trame. Il commissario non crede a Elvira, che si congeda da lui con queste inquietanti parole: «Commissario, lei sarà distrutto dalla troga».

Nel primo atto (diviso in sette scene) il giudice Anteo Biraghi, ospite in casa di Pantieri, rievoca un incontro avvenuto tempo prima tra l'onorevole Calenda (Ministro degli Interni), il dottor Gruvi e l'ingegner Opitz. Alla riunione non era stato invitato l'eminente uomo politico Grato Sabbioneta: a lui, il Natale successivo, doveva essere affidato l'incarico di formare un nuovo governo di solidarietà nazionale. Il dialogo tra il commissario e il giudice è interrotto dalla notizia di un attentato alla Banca dei Depositi e degli Sconti. Bilancio: venti morti e cento feriti. Presso la banca il commissario incontra il sostituto procuratore Raniero Conti, uomo volgare dalla loquela assai sboccata, La Calenda e il cardinale Meschia, «per alcuni un santo, per altri un mascalzone». Il procuratore riesce in breve tempo a individuare il presunto colpevole: Pasquale De Fiore detto Ciro, che si proclama estraneo alla vicenda e che confessa solo di essere il protettore della moglie Mirella, antica fiamma del commissario Pantieri. Questi, intanto, ha ritrovato, tra le cose della defunta moglie, alcune foto pornografiche e un'istantanea che ritrae due uomini, uno più giovane e l'altro più anziano, estremamente somiglianti. Biraghi si trasferisce dalla casa del commissario alla sua villa di Lavinio, lasciando nella cantina una gabbia con numerosi roditori, mentre Mirella, libera ormai dal marito-pappa, va a vivere con Pantieri.
Il commissario, dubitando a questo punto di aver sottovalutato l'avvertimento della vecchia signora, si reca in Università per parlare con Gruvi. Il professore gli rivela di aver fatto parte della troga: «eravamo una setta, una società segreta, qualche cosa di simile a una loggia massonica, quello che le pare... Non so proprio perché ci chiamammo "La troga"; fu una scelta non mia e non toccava a me di metterla in discussione. Eravamo in molti: personaggi conosciuti, potenti, ricchi. Eravamo organizzati in cellule non comunicanti e quindi io non potrei fare nomi all'infuori di quelli della mia cellula. Al vertice dell'organizzazione c'era Raimondo di Turenne». Dietro questo nome si celava il noto uomo politico Grato Sabbioneta.

Il secondo atto si apre con l'assassinio del professor Gruvi: il suo corpo viene ritrovato dal commissario - condotto sul posto da un altro misterioso messaggio - vicino a un equivoco Motel. Gruvi è stato ucciso - almeno apparentemente - da uno stocco (un arnese simile a uno spiedo) proveniente dalla casa del commissario: per questo egli è accusato da Conti di essere il colpevole. Per scagionarsi, Pantieri si reca a casa dell'ingegner Opitz anch'egli appartenente alla setta: qui la figlia Lucilla, amante di Gruvi, gli rivela che in realtà, il professore è stato avvelenato e solo in un secondo momento trasportato nel luogo dove è stato ritrovato il cadavere. La donna fornisce anche una descrizione di colui che ha offerto al medico una sfoglietta di cioccolato: si tratta di De Fiore. Lucilla rivela inoltre al commissario che sua moglie Assunta era un'affiliata della troga e l'amante di Conti. I due, secondo la Opitz, condividevano un segreto: Conti crede che il commissario lo abbia scoperto e, per questo, vuole incastrarlo. Guardando con più attenzione la foto ritrovata tra gli effetti personali di sua moglie, Pantieri si rende conto che i due uomini sono padre e figlio e riconosce in loro La Calenda e De Fiore: l'intento di Conti e di Assunta era allora di far scoppiare uno scandalo, rivelando all'opinione pubblica il figlio illegittimo di La Calenda. Il commissario decide di spedire la foto a Biraghi, a Lavinio.
Intanto De Fiore scappa dal carcere e uccide, per sbaglio, l'ingegner Opitz a una conferenza: il vero obiettivo era, ancora una volta, Sabbioneta. Il commissario, presente anche lui alla conferenza, è formalmente incriminato da Conti e rinchiuso a Regina Coeli.
Un nuovo attentato contro il carcere permette, però, a Pantieri di fuggire e di continuare a cercare il colpevole: dal giornale apprende che tutti sanno del figlio segreto di La Calenda e che Sabbioneta è stato rapito. Egli incontra dopo poco Biraghi, che gli confessa di essere membro del gruppetto terroristico responsabile dei due attentati e di avere reso nota la foto per screditare La Calenda. Ma l'operazione non è riuscita, e il ministro ha formato il governo di salvezza nazionale. Gli dice anche che i suoi topi, ormai fuggiti dalla cantina, stanno diffondendo una pericolosa epidemia e ciò, infatti, è quello che avviene: tutta l'Europa ne è infestata.

Nel terzo atto e nell'epilogo si chiarisce infine tutta la vicenda: Grato Sabbioneta, dopo aver inscenato la propria morte, viene ritrovato vivo dal commissario e da Mirella nel paesino di Papasidero: «La troga fu una mia creazione. Questa parola, così invadente, non è che l'anagramma del mio secondo nome di battesimo. La mia idea era elementare, persino rozza, mi occorrevano un mostro non ben definito, ma dai connotati ripugnanti, al quale riferire l'immenso male che accadeva per vocazione naturale e l'altro poco che io mi ingegnavo a raggiungere del mondo». In breve le cose - racconta Sabbioneta - sfuggirono di mano al suo stesso organizzatore: il gruppo terroristico, di cui faceva parte Biraghi, organizzava attentati; Gruvi e la madre, scoperta la macchinazione ordita ai danni dell'uomo politico, furono eliminati; Conti decise di cambiare bandiera e di passare alla fazione avversaria di Sabbioneta.
Rapito e trasportato nella villa di Biraghi, egli riuscì a sfuggire al controllo dei suoi carcerieri, ma fu nuovamente individuato da De Fiore che tentò di ucciderlo in una casa da gioco. A questo punto l'uomo politico - dopo aver finto la propria morte - si è rifiugiato a Papasidero, dove possiede un castello. Raggiunto dal commissario e da Mirella, egli rivela loro il nome del mandante: «È il primo ministro La Calenda, naturalmente. Ma non mi darà fastidio e non ne darà neppure a voi. Troppo occupato a guardarsi le spalle, la partita a poker continua». Sabbioneta sale su un elicottero e si allontana rapidamente. Il commissario e Mirella si fermano a Papasidero, ospiti di uno zio di Mirella e decidono di rimanere insieme: «avrebbero potuto tentare una strada o un pezzo di strada in comune. Era una buona idea, certamente era l'unica idea che meritava un barlume di considerazione, bisognava rassegnarsi alla materialità del mondo. E poi nessuno più voleva un universo di pensieri seriosi, si sarebbe dovuto proibire alla vita di diagnosticare ogni passo, le cose viaggiavano per conto loro e c'erano decisioni importanti da prendere, smettere di fumare, condire l'insalata con l'olio di semi, indossare la maglia con le mezze maniche, camminare a lungo per prevenite la stitichezza, accettare qualche piccola tangente per vivere con meno grigiore...».

Controversi i giudizi della critica: se Pietro Citati ha riconosciuto all'autore di «aver scoperto l'irrealtà essenziale di quegli anni (dall'uccisione di Moro alla morte di Calvi) di apparente storia italiana», Geno Pampaloni ha sottolineato l'esordio felice del libro, soprattutto dal punto di vista dell'uso della lingua, cogliendone però anche gli aspetti meno convincenti: «Le variazioni e i lapsus con cui essa [la troga] si presenta (droga, troga, troia, pregna, trota, "chi cerca troga", "voce del verbo trovare"); la figura onesta e malinconica, forse in parte autobiografica del commissario di polizia Pantieri; gli squarci di una Roma notturna flagellata dalla pioggia; sono pagine suggestive e accattivanti. Ma poi tutto o quasi tutto si fa insieme troppo costruito e occasionale, complicato e meccanico».

 

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