LETTERATURA ITALIANA: IL QUATTROCENTO

 

Luigi De Bellis

 


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QUATTROCENTO


 

Il Quattrocento


Lorenzo De' Medici

Lorenzo de' Medici, detto il Magnifico, nacque a Firenze nel 1449. Fu innanzi tutto un brillante uomo politico: a lui si deve in gran parte quel trentennio di pace che si ebbe in Italia e che cessò poco dopo la sua morte, avvenuta nel 1492, quell'equilibrio fra i vari Stati della penisola sapientemente orchestrato dalla sua azione dinamica e geniale. Fu però anche amante dell'arte e della cultura e generoso mecenate dei maggiori artisti del tempo, egli stesso dedicandosi alla composizione di numerose opere letterarie di varia natura, testimonianze di una non comune versatilità e di una eccezionale capacità di assimilazione. Sono infatti attribuite a lui opere di varia ispirazione e di derivazione letteraria dalle più disparate fonti, il che, se da un lato attesta una certa superficialità del sentimento ed una certa disinvoltura nei confronti della cultura umanistica, è anche indice di una disponibilità attenta e cordiale ai molteplici valori della vita e di un'apertura né compiacente né distaccata verso la sfera popolare. D'altra parte l'ambiente culturale di Firenze, che gravitava attorno ad un'aristocrazia di estrazione borghese, era forse l'unico in Italia non disattento alle varie manifestazioni della vita popolare.

Delle sue opere,rientrano nel gusto umanistico le "Selve d'Amore", l' "Ambra" e le "Egloghe" (famosa quella, in terzine dantesche, che riporta i Lamenti del pastore Corinto non corrisposto in amore dalla ninfa Galatea).

Allo spirito religioso popolare si richiamano invece le "Laude", i "Capitoli religiosi" (con cui Lorenzo dà una parafrasi di alcuni testi biblici) e la sacra rappresentazione di "S.Giovanni e Paolo".

Una vena più schietta di poesia è però dato di cogliere nelle "Canzoni a ballo", nei "Canti carnacialeschi" e nei "Trionfi" (celebre quello di Lacco e Arianna), con cui il Magnifico si accosta all'atmosfera godereccia e spensierata in cui il popolo festeggia collettivamente il carnevale; e nei poemetti "La caccia col falcone" e la "Nencia da Barberino", in cui scorre un umorismo sottile, non privo di accenti maliziosi che tradiscono l'atteggiamento disincantato del Poeta di fronte alla materia del suo canto.

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it