CRITICA LETTERARIA: IL ROMANZO ITALIANO

 

Luigi De Bellis

 
 
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ALESSANDRO MANZONI

I "Promessi Sposi" sono il primo grande romanzo italiano di intonazione realistica. Precisiamo subito, però, che il "realismo" manzoniano si inquadra in una concezione idealistica della vita: esso nasce dall'esigenza dell'Autore di aderire con scrupolo alla storia degli uomini, ma è in funzione di un riscatto dell'umanità destinato a compiersi nell'aldilà.

La vicenda dei protagonisti è essenziale all'Autore per poter esprimere la sua profonda ispirazione, il suo Vero, che consiste nell'eterna lotta tra il Bene ed il Male, ma essa si inserisce costantemente in situazioni ben più rilevanti della storia di quegli anni, senza per questo annullarsi e neppure ridimensionarsi agli occhi del lettore, che partecipa al dramma dei due giovani promessi con non minore commozione di quella che lo coglie alla visione dei campi desolati e inariditi dalla siccità, delle strade di Milano ora invase dalla folla tumultuante ora squallidamente deserte per timore della peste, dell'agghiacciante scenario del Lazzaretto. Forse è proprio qui il segreto della "coscienza storica" del Manzoni, che non riesce a cogliere alcun significato nei grossi avvenimenti della storia se non verificandone cause ed effetti nelle singole coscienze degli uomini, potenti od umili che siano, dato che la vera tragedia della storia è lì che si compie.

E che di tragedia si tratti è dimostrato dalla considerazione, tutt'altro che gratuita, che la vita è essenzialmente "dolore", l'egoismo non paga, la fede in una superiore Giustizia resta l'unica risorsa dell'uomo per fargli accettare la vita come dolore e il Bene come un valore. Si spiega così nel romanzo la costante presenza della Provvidenza, che non è un personaggio a sé stante come i miti delle divinità pagane nelle opere classiche, ma è indistintamente, impalpabilmente dappertutto: è l'anima stessa della storia. D'altra parte la storia, al di là delle apparenze che ce la mostrano assai spesso in contrasto con la Legge di Dio, non può che tendere verso il fine supremo prescritto da Dio.
Quindi i veri protagonisti del romanzo sono la Provvidenza e la Storia.

La novità più sorprendente del romanzo è data dalla presenza dei personaggi tratti dal popolo, dei cosiddetti "umili", che per la prima volta compaiono come protagonisti di un'opera letteraria. A questo mondo di umili il Manzoni aderisce con intima cordialità e profonda solidarietà. E se pure è vero che egli tratti quella povera gente con affetto e con simpatia ma pur sempre con un certo compiaciuto divertimento nel sottolinearne l'ingenuità od anche l'astuzia proverbialmente contadinesca, è senz'altro da scartare l'ipotesi di un atteggiamento volutamente malizioso ed è piuttosto da riscontrare in ciò la registrazione fedele di un rapporto genuino, non farisaico, fra l'Autore, aristocratico intellettuale, e le sue umili creature.

E forse proprio grazie a questa genuinità di rapporti è nato il tono umoristico del romanzo, che poi ha assunto l'ufficio, ben più importante ed essenziale all'ispirazione etico-religiosa, di far da livellatore tra la severità del giudizio morale e l'umana comprensione o di limitare l'asprezza della polemica sociale.

I caratteri essenziali dello stile del romanzo sono da individuare nella "naturalezza" del discorso narrativo e nella disinvoltura con cui l'artista registra, soprattutto nei dialoghi, il tono della parlata popolare. Abbiamo detto: il "tono", perché in effetti la lingua è rigorosamente selezionata nel lessico (certamente senza l'ottuso perfezionismo dei puristi) e controllata nella costruzione sintattica, come se il Manzoni prestasse la sua sapienza linguistica a quei poveri popolani senza punto condizionarne la schiettezza, l'istintiva aderenza al linguaggio delle cose, la semplicità ed infine quel non so che di pittoresco, di rustico, che sempre affiora dalla bocca dei "paesani".

2002 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it