LETTERATURA ITALIANA: PROMESSI SPOSI

 

Luigi De Bellis

 


 

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PROMESSI SPOSI






IL GRISO
a cura di autori vari


Fra tutte le figure del romanzo, il Griso è quella in cui maggiormente si rivela il segno della giustizia, di una giustizia assoluta, accanita, senza indulgenze né tremori.

In questo personaggio l’urto tra la malvagità o l’innocenza, tra la ferocia o la bontà, si manifesta con rigore deciso, tanto che a voler tentare, per il Griso, il rischio di una definizione, non si saprebbe trovare che quella di "uomo senza grazia, dando a quest’ultima parola tutta l’intensità pascaliana di conflitto tra eletti e non-eletti.

Infatti, inseguendo nella memoria l’immagine del Griso. si scopre come nella sua persona si adunino le passioni più lontane dalla carità cristiana e come la sua anima dia adito all’irrompere del male, ma di un male allo stato puro, nel cerchio del quale è minacciata la libertà stessa dell’individuo.

Per questo motivo non possiamo parlare di peccati profondi, di colpe generose, di gesti tragici al contrario: ogni suo movimento è trattenuto in una regione mediocrità, viltà, manca, insomma, al Griso, qualsiasi fascino, sia puro quello che poteva nascere romanticamente da un uomo abbandonato da Dio.

Egli vive di astuzia, di servilismo piatto o comune, di una spavalderia adulatrice o assai poco provocante, di avidità per il denaro e di delitti eseguiti con l’auto mutismo di chi non avverte più i richiami della propria coscienza. La strada del Griso è segnata diritta, senza sorprese d’imprevisti morali, senza possibilità di riscatti. Dal primo apparire nel castello di don Rodrigo sino alla taverna della sua morte il Griso non tradisce mai la sua psicologia iniziale, la fatalità della sua costituzione.

La sua perversità si palesa di continuo e raggiunge il punto più alto nell’episodio del tradimento, quando egli abbandona il suo signore colpito dalla peste, nelle mani dei monatti. Qui ogni gesto, ogni cenno, apre ancora di più il segreto della sua anima: quell’agguantare i denari in furia, da vero ladro, senza guardare il padrone inchiodato sul letto dai luridi monatti, quel suo rovesciare i vestiti di don Rodrigo per farne cadere gli ultimi soldi, tutti questi atti suscitano davanti a noi il personaggio nella sua intima ripugnanza e giustificano la violenza del Manzoni nella condanna fulminea e piena di disprezzo; la peste nella bettola, ancora i monatti... lo buttarono sul carro, sul quale spirò

Al Manzoni non trema la mano; il Griso è preda giustizia, per lui non è valido l’intervento della misericordia, del perdono. E senza il minimo segno d’un commento, d’una silenziosa commozione, il Manzoni lascia allontanare il carro verso il lazzaretto. E nella conclusione rapida, nell’epilogo senza pietà, noi vediamo il desiderio dell’autore di portare innanzi agli occhi di chi patisce per la verità, l’esempio di una manifestazione superiore di Dio che non sta passivo di fronte alla nostra vicenda, ma vi prende parte con disegni profondi: nel Griso Dio punisce l’iniquità anche sulla terra.


2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it