LETTERATURA ITALIANA: PROMESSI SPOSI

 

Luigi De Bellis

 


 

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PROMESSI SPOSI






IL SARTO
a cura di autori vari


Intendiamo il sarto più celebre, forse, di tutta la nostra letteratura, del quale per altro, non è detto il nome: quello che troviamo nei capp. XXIV e XXIX dei Promessi sposi.
E un uomo del popolo, modesto artigiano, che ospita Lucia in seno alla propria famiglia dopo che la poveretta, in seguito alla conversione dell’Innominato , è uscita dai pericoli della sua triste avventura. E si direbbe che, proprio nel momento di maggior tensione del romanzo - quando i principi etici dello scrittore e i suoi più scoperti interessi narrativi si intrecciano e si annodano intorno alle figure dell’ Innominato e di Federigo Borromeo -, si direbbe che il personaggio del sarto capiti con un senso di opportunità artistica tanto esatta e felice da non aver riscontro in nessun altro luogo del capolavoro manzoniano. Egli, infatti, è la nota allegra, legata a una realtà quotidiana di modestissime risonanze: i due o tre gesti che lo ritraggono nelle poche pagine dove compare, danno la misura di tutta quanta la sua esistenza: e abbiamo una creatura semplice, che da certe sue elementari esperienze - ha letto il Leggendario dei Santi, il Galerio meschino, i Reali di Francia ricava fama di uomo equo; di talento e di scienza.
Fama tanto più gradita quanto più ricusata da false modestie. Su questa natura innocente e ambiziosa, capita una buffa disgrazia con l’arrivo del cardinal Federigo; il quale, andato in casa del buon uomo per ringraziarlo dell’assistenza a Lucia, gli offrirebbe un’occasione memorabile di orgoglio. Ci vorrebbe un arguto discorsetto che, rivolto a un cosi gran personaggio, potesse esser riferito in seguito mille e mille volte a riprova di un’intelligenza viva, per nulla intimorita. Ma l’emozione è troppa, e dalle labbra del povero sarto non esce che un meschinissimo "Si figuri". È, se ben guardiamo, la tragedia di quel caro uomo: ma una tragedia di dimensioni tanto innocue e domestiche, che l’episodio è tutto umoristico, secondo quell’umorismo da signore benevolo e pure aristocratico che è una delle più poetiche virtù del Manzoni.


2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it