CASCHI PER BICICLETTE

INTRODUZIONE
Il casco, un accessorio fondamentale, soprattutto per gli amanti delle due ruote, è spesso dimenticato o trascurato, particolarmente in Italia. Le motivazioni sono sempre le solite: il fastidio, la mancanza di traspirazione, l’ingombro quando non è indossato, il "look" estetico non molto attraente che produce. Oppure ci si sente dire che si tratta di precauzioni esagerate, che non è da "uomini veri", che serve solo nelle gare.... e si potrebbe continuare. Si rimane quindi stupiti, andando all’estero, nel notare come anche in città e in sella a tranquille bici da passeggio, si incontrino moltissimi ciclisti con il casco rigorosamente allacciato e non solo per obbligo di legge, ma per abitudine ormai consolidata. Insomma, diciamocelo chiaro, il casco è spesso fastidioso, ma è troppo importante per farne a meno; i produttori, però, conoscendo questo disagio, si sono impegnati negli ultimi anni per migliorarne al massimo le caratteristiche attenuando o eliminando i difetti percepiti dai ciclisti.

STRUTTURA E FORMA
Vediamo prima di tutto come è composto un casco. Essenzialmente troviamo tre elementi: la calotta esterna, cioè uno strato superficiale che può essere di diverso spessore e materiale (o al limite mancare del tutto). Vi è poi la struttura destinata a proteggere il capo in caso di urto, la calotta interna, generalmente uno spesso guscio di polistirolo e, da ultimo, un insieme di accessori per indossare correttamente e comodamente il casco (cinghietti, spessori, fibbie, imbottiture etc.).

La maggior parte dei caschi per bici ha una forma ben diversa dai caschi da moto. Abbondano ampie feritoie, appendici frontali (visiere) e prolungamenti aerodinamici posteriori. Inoltre il casco copre solo la sommità del capo (tranne i modelli specifici per discesa). A questo proposito va però ricordato che sebbene i caschi attuali non coprano direttamente fronte e nuca (il che li rende più leggeri e molto comodi da indossare) offrono ugualmente una buona protezione a queste zone del capo grazie alle notevoli e volute sporgenze (spesso utili anche per migliorare l’aerodinamica). In effetti, chi scrive si ricorda bene di una caduta in cui, per un attimo, ha temuto un violento urto diretto del viso contro il terreno: invece ha toccato terra solo la parte frontale sporgente del casco, salvaguardando totalmente il viso uscito dall’impatto privo di qualunque escoriazione; insomma, i caschi funzionano, e lo dico per esperienza diretta personale!

Calotta esterna
La calotta esterna è normalmente realizzata in PETG (un film poliestere) o policarbonato. L’evoluzione ha portato ad un progressivo alleggerimento di questa parte (detta spesso "microshell") e in alcuni casi alla sua totale scomparsa. I dati statistici indicano infatti che non ha particolari funzioni di protezione del capo. Il tema è però in parte ancora dibattuto, in quanto le prove di laboratorio hanno evidenziato che la calotta favorisce lo scivolamento del capo sul terreno diminuendo l’entità dei contraccolpi al collo: queste prove però non hanno trovato un misurabile e significativo riscontro nella realtà pratica, che tra l’altro si presenta molto più varia nel caso della MTB rispetto alla bici da strada. Altro dato da non trascurare è che un casco privo di calotta protettiva potrebbe fratturarsi in seguito ad un primo urto lasciando il capo non protetto in caso di urti successivi (tipici negli incidenti tra bici e auto), ma anche in questo caso, un’adeguata struttura del guscio può essere più efficace nel limitare questo rischio; è possibile ad esempio "annegare" nel guscio una intelaiatura di rinforzo (un principio simile a quello del cemento armato). La calotta rende poi il casco meno vulnerabile al danneggiamento superficiale, ai graffi, all’usura e alla penetrazione diretta di oggetti acuminati, insomma, ne aumenta la durata (incidenti a parte). Da ultimo essa assume anche una importante funzione estetica e per questo è spesso ricca di variopinte e fantasiose serigrafie con colori sgargianti.

Calotta interna
Passiamo poi al guscio protettivo, realizzato normalmente con polistirolo (EPS, polistirene espandibile) che rappresenta ormai un traguardo consolidato: esistono alcune varianti, ma dal nostro punto di vista sempre di polistirolo si tratta. Come spiegato nell’apposito riquadro, questo materiale unisce al vantaggio della notevole leggerezza una buona deformabilità necessaria ad assorbire l’energia in caso d’urto proteggendo la testa del ciclista. Come già accennato sopra, è possibile irrobustire la calotta di polistirolo con opportune intelaiature interne onde evitare che questa si fratturi in caso di urti multipli. Non deve trarre in inganno il fatto che il polistirolo sia un materiale da imballaggio, morbido e facile da rompere, insomma poco "tecnologico". Innanzitutto il polistirolo dei caschi è prodotto con una notevole attenzione e con sofisticati procedimenti produttivi e di test di qualità per garantirne adeguate prestazioni. In secondo luogo non è la durezza del materiale a proteggere il capo negli impatti, ma la sua deformabilità controllata che assorbe l’energia dell’impatto. Se per assurdo esistesse un casco di pietra questo trasferirebbe al cranio tutta l’energia dell’impatto. E’ vero che l’esperienza comune ci dice che un materiale duro e compatto è molto resistente alla penetrazione da parte di oggetti acuminati (è questa infatti una delle funzioni svolte dalla calotta esterna) e quindi un casco di pietra non verrebbe penetrato e ripartirebbe l’urto su tutto il cranio, ma il pericolo più significativo nel caso di un incidente sta nella violenta decelerazione sopportata dalla testa che può portare a lesioni interne permanenti del cervello.

Elementi di fissaggio
Troviamo poi un insieme di sistemi per bloccare correttamente il casco alla testa: sono cinghietti di vario tipo con sistemi di sgancio più o meno sofisticati e set di imbottiture per adeguare il casco alla conformazione del capo. I sistemi di bloccaggio assumono importanza fondamentale ai fini della sicurezza: alcuni studi sostengono infatti che un casco libero di muoversi ha un’efficacia estremamente limitata: insomma il casco deve essere ben aderente e ben fissato alla testa e di ciò è sicuramente responsabile anche il ciclista. Purtroppo questi elementi sono spesso quelli che infastidiscono di più, per cui, in fase di acquisto, è bene provare attentamente il casco allacciandolo perfettamente.

LE NOVITÀ
La calotta esterna ha beneficiato di alcuni miglioramenti nei materiali, per renderla più robusta, leggera e con colori vividi e durevoli. In seguito agli studi aerodinamici, è stata poi leggermente modificata nella forma, in particolare nei modelli per uso pista e strada.

Entrambe le calotte hanno poi subito notevoli innovazioni per garantire maggiore aerazione e traspirazione: troviamo caschi con moltissime feritoie o sistemi, come quello della Limar, con apposite feritoie per l’immissione di aria fresca ed altre, posteriori, per l’estrazione dell’aria calda, il tutto con un attento studio dei flussi interni e delle canalizzazioni per ottenere ottimi risultati anche a basse velocità. A questo proposito, si ponga attenzione al fatto che una corretta ventilazione non dipende tanto dal numero delle feritoie, ma dalla loro ampiezza, forma e posizione. Ma neanche questo è sufficiente: i risultati migliori si ottengono studiando tutto il percorso dell’aria per favorire la sua canalizzazione, l’asportazione del calore e una buona fuoriuscita posteriore dell’aria calda indipendentemente dalla velocità.

L’elemento su cui le ricerche si sono concentrate maggiormente negli ultimi tempi è il bloccaggio del casco alla testa; ciò ha portato alla nascita di appositi sistemi, spesso brevettati, per garantire una sicura e confortevole ritenuta del casco. In effetti i cinghietti sono spesso fastidiosi; il sudore e gli scuotimenti tipici della discesa aumentano il disagio, ma soprattutto, come detto sopra, un casco libero di muoversi ha un’efficacia molto limitata. Tutti i caschi di recente produzione offrono quindi un particolare sistema, spesso brevettato, per bloccare e far ben aderire il casco alla nuca. Al di là delle differenti soluzioni, il concetto è simile per tutti: uno o più cinghietti con fasce in materiale sintetico variamente sagomate per aderire al capo e un sistema che consenta ampie ma precise regolazioni in modo estremamente semplice e rapido. Si va dalla striscia a strappo, alla fibbia, fino alla comoda manopola ruotabile. Con queste soluzioni è spesso possibile fare a meno dei set di imbottiture da applicare a cura del ciclista e possono così essere prodotte due sole taglie di casco adeguate a chiunque. Nei modelli più sofisticati, come il Bell da downhill, è addirittura presente una imbottitura gonfiabile, con pulsante di gomma che funge da pompetta e valvola per sgonfiare rapidamente il tutto. Gonfiando l’imbottitura si riesce a far aderire perfettamente il casco al capo e al viso con un’adeguata pressione.

Un altro aspetto, sempre relativo ai sistemi di fissaggio, che comincia a farsi strada è l’attenta scelta dei materiali. Infatti un casco ben fissato potrebbe, per questo motivo, essere anche più fastidioso o irritare maggiormente la pelle. Ecco quindi che la maggior parte dei costruttori offre materiali sofisticati come Coolmax, Air Tech, Sweatex e altri che facilitano la traspirazione diminuendo la sudorazione, garantiscono un maggior comfort ed evitano episodi di irritazione cutanea soprattutto in presenza di sudore. Tutti i sistemi dell’ultima generazione, comunque, coniugano alte doti di resistenza con l’anallergicità dei materiali impiegati.

L’ultima novità riscontrata, riguarda la presenza ormai diffusissima di una visiera, generalmente molto leggera e spesso facilmente asportabile. Questa permette una maggiore protezione dagli agenti atmosferici.

DIFFERENTI VERSIONI
La struttura generale del casco sopra descritta può variare in alcuni dettagli a seconda della specialità ciclistica e dell’utente. Vi sono caschi da bambino, più piccoli, ma anche più adatti alle differenti condizioni di questi piccoli ciclisti. I caschi da strada tendono a privilegiare l’aerodinamica che su lunghi e veloci percorsi assume una notevole importanza. Per la mountain-bike, invece, questo aspetto è secondario, mentre un’ottima aderenza a prova di sobbalzi e scuotimenti risulta più importante. Per le gare di downhill, da ultimo, sono disponibili caschi specifici simili a quelli delle moto: offrono una struttura più resistente, una calotta esterna molto più spessa e robusta e soprattutto sono di tipo integrale, proteggono cioè tutto il capo e sono dotati di mentoniera rinforzata e sporgente. In questi modelli anche i sistemi di fissaggio sono più sofisticati per offrire elevata sicurezza nelle tipiche condizioni estreme di utilizzo (velocità elevata, terreno sconnesso, possibili urti multipli in seguito ad una caduta).

STATISTICHE DI UTILIZZO
Ci si potrebbe chiedere se effettivamente il casco serve e in che misura. Mentre a livello di esperienza comune, è chiara l’utilità di questo accessorio, è purtroppo difficile ottenere dati statistici significativi a questi riguardo. Infatti a livello mondiale l’uso del casco è scarsamente regolamentato dalla legge. Tutti i dati e le statistiche però concordano ovviamente sul fatto che questo riduce la gravità delle conseguenze di un urto della testa del ciclista. Si calcola che, come minimo, il casco riduca il rischio di ferite al capo del 45% con punte che giungono all’85%. Vi è da considerare che i casi studiati dalle statistiche sono spesso relativi ad incidenti con auto, tipici di un utilizzo della bici su strada e spesso in città. Per chi si muove su sentieri o strade sterrate i dati sono ancora più difficili da reperire, ma probabilmente l’efficacia e l’utilità del casco è ancora maggiore. Un caso tipico della MTB è, ad esempio, quello in cui il ciclista, in discesa, sia totalmente concentrato ad analizzare il terreno davanti a sé e non si accorga quindi di rami o altri pericolosi ostacoli a livello della testa.

CONCLUSIONI
Insomma per l’amante delle due ruote il casco è essenziale elemento di sicurezza e possiamo tranquillamente affermare che, oggi, i prodotti in commercio offrono caratteristiche di costo, peso, aerazione, ergonomia e indossabilità tali da non giustificare più alcuna scusa per non indossarlo: la nostra testa vale troppo!


APPROFONDIMENTI TECNICI

PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO
Qualunque casco basa la sua funzione su alcuni principi fisici molto semplici: la testa del ciclista, durante l’impatto, possiede una certa energia cinetica che dipende dalla sua velocità e massa. Il pericolo però non nasce dalla velocità in se stessa, ma dalla violenta decelerazione conseguente all’urto che andrebbe a trasferirsi alla scatola cranica provocando seri danni (spesso irreversibili) al cervello. Per evitare questo pericolo il casco si pone due obiettivi: da un lato distribuire l’energia conseguente all’urto su una superficie il più possibile ampia, in modo da evitare eccessive sollecitazioni concentrate in un unico punto, dall’altro trasformare l’energia cinetica in deformazione del materiale di cui il casco è costituito. In altre parole il polistirene espanso della calotta interna del casco, deformandosi, assorbe parte dell’energia che non viene così trasmessa al cranio; lo scopo è quindi quello di minimizzare la decelerazione sopportata dal cervello. Se però il materiale di cui è composto il casco è elastico, l’energia è restituita sotto forma di "rimbalzo" subito dopo l’urto, dando luogo a violente e dannose accelerazioni. Da questo punto di vista l’ideale sarebbe quindi un materiale che si deformi in modo permanente (comportamento definito plastico anziché elastico): nella realtà, però, si cerca di trovare un giusto compromesso e di evitare che per piccoli urti si raggiunga già la massima deformazione: in caso di urti più seri, infatti, il casco non potrebbe offrire ulteriore protezione. Ne consegue che, in pratica, una parte dell’energia è sempre dissipata in modo elastico, con una temporanea compressione del materiale e un suo ritorno allo stato originario. Da quanto detto seguono anche due norme importanti per l’utilizzo del casco: allacciarlo sempre bene curando la perfetta aderenza con la testa fin dal momento della scelta del modello da acquistare. Secondo: non esitare a sostituire il casco in caso di urto di una certa entità anche se apparentemente appare intatto. Non è una trovata dei produttori per incrementare le vendite, ma una reale esigenza di sicurezza!

MARCHI, NORMATIVE, OMOLOGAZIONI
Vi sono svariate normative di omologazione dei caschi il cui scopo è quello di garantire all'acquirente, in modo semplice ed intuitivo, l'affidabilità del prodotto che non può essere facilmente dedotta dall'analisi visiva al momento dell'acquisto. Le prove di omologazione sono portate a termine producendo un urto su un casco allacciato correttamente ad una apposita struttura di prova simile al cranio umano e valutando poi i risultati dell'impatto. In generale le normative più comuni a cui si fa riferimento sono: CE, ANSI, ASTM e Snell, nel seguito brevemente presentate.

CE
CE è il marchio più recente, ma assume una fondamentale importanza. Questo marchio indica infatti la conformità alle specifiche emesse dalla Comunità Europea. E' quindi valido per tutta l'Europa ed ha così permesso di unificare le svariate e differenti normative dei singoli stati europei. E' oggi sempre più diffuso e la sua presenza va sempre controllata in fase di acquisto.

ANSI
L'ANSI, American National Standards Institute, con la commissione ANSI Z90.4 si occupa dei criteri di omologazione dei caschi. L'ANSI è anche la rappresentanza ufficiale degli Stati Uniti presso lSO, purtroppo però questo gruppo ha operato solo limitatamente. Lo standard ratificato nel 1984 richiedeva solo requisiti minimali ed è considerato oggi totalmente superato. Prendendo atto di questa realtà la commissione si è nuovamente incontrata e ha ratificato come standard la proposta ASTM (vedi oltre), per cui è nata una stretta correlazione tra le due commissioni che faticano però ad avere una fruttuosa cooperazione. Attualmente è comunque una certificazione importante e presente sulla maggior parte dei caschi.

ASTM
ASTM sta per American Society for Testing and Materials. La commissione ASTM F-08 è particolarmente attiva e si ritrova con cadenza periodica di sei mesi per aggiornare e promuovere gli standard relativi ai caschi E' composta dai rappresentanti delle principali aziende produttrici di caschi, ma anche da rappresentanti di associazioni di consumatori, laboratori di test e ricerca, enti governativi etc. Il suo standard è stato fatto proprio dall'ANSI, per cui i caschi moderni, presenti in Italia, riportano in genere solo l'omologazione ANSI.

SNELL
La fondazione Snell fu creata da un privato nel 1957 in seguito alla morte del pilota Pete Snell da cui prende il nome e in quarant'anni ha svolto una costante attività di definizione degli standard per i caschi. L'omologazione Snell ha sempre significato sicurezza molto elevata e, per molti anni, la norma Snell B-1990 è stata il punto di riferimento per tutti i costruttori. Oggi a seguito del passaggio della maggior parte dei costruttori verso l'omologazione a norme ANSI ha assunto minore importanza, soprattutto per i caschi prodotti o venduti in Italia.

Manuel Secondi


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