Montagne


Massiccio del Pollino

Il massiccio del Pollino, comprende le maggiori cime dell'Appennino meridionale: monte Pollino (2.248 m), serra Dolcedorme (2.267 m), serra del Prete (2.181 m), serra delle Ciavole (2.130 m e 2.127 m), serra di Crispo (2.054 m), la Manfriana (1.981 m), coppola di Paola (1.919 m), monte Grattaculo (1.891 m), lo Sparviere (1.713 m). Questo massiccio divide la Lucana dalla Calabria.

immagine

All'interno del massiccio, nel 1992, è stato istituito il Parco Nazionale del Pollino, la seconda più grande area protetta italiana. Il nome "Pollino" deriva dal latino pullus, giovane animale, da cui Mons Pullinus, monte dei giovani animali, data l'usanza di portare a fine primavera fin dall'antichità, gli animali al pascolo sui prati verdeggianti dei pianori più elevati. Altri invece pensano che derivi dal latino Mons Apollineus, monte di Apollo, Dio della salute e progenitore dei medici, per le grandi quantità e varietà di erbe medicinali che crescono sul massiccio.

immagine

Le rocce che formano il Pollino sono di natura calcarea - dolomitica di origine sedimentaria, risalenti a 200 milioni di anni fa, quando componevano il fondo della Tetide, il mare che divideva i due continenti primordiali che solo in seguito avrebbero dato origine alla placca africana e a quella europea. Circa 100 milioni di anni fa la compressione della Tetide, dovuta all'avvicinamento delle due placche, originò la lentissima formazione dei rilievi tra cui anche quelli del Pollino. Le modifiche del territorio continuarono fino all'avvento dei ghiacciai nell'ultima glaciazione di Wurm, tra 100000 e 12000 anni fa, le cui tracce sono ancora ben visibili. La presenza di numerosi endemismi e di particolari associazioni vegetali rendono il panorama vegetazionale del Parco assolutamente unico. La vegetazione del Parco si distingue per la grande ricchezza delle specie presenti (circa 1700 specie su un totale italiano di 5600), a testimonianza della vastità del territorio e della varietà degli ambienti e delle condizioni climatiche. Nelle zone prossime alla costa, fino a 700 - 800 metri di altezza domina la macchia mediterranea, con la presenza di ginepro,leccio, acero minore, roverella, e degli arbusti tipici della macchia. Sui suoli aridi e rocciosi domina la gariga. Oltre gli 800 metri fino ai 1100, nella fascia sopramediterranea, dominano le diverse varietà di querce: roverella, cerro, farnetto, in coesistenza tra loro o in boschi misti con carpino orientale, castagno, e ontano napoletano acero, specie endemica dell'Appennino meridionale. Di eccezionale rilevanza naturalistica le acerete, sul versante ionico, dove coesistono cinque differenti specie di acero Nella fascia montana, fino a quasi 2000 metri, prevale la faggeta, pura o in formazione mista con aceri, castagno, e cerri. Nelle quote più basse al faggio si associa di frequente all'agrifoglio. In alcune aree i faggi assumono forme così contorte da meritarsi l'appellativo di alberi serpenti. Questo puo essere causato dai forti venti che vi sono su queste zone.

immagine

La albero che rende unica la vegetazione montana e ultramontana del Pollino è il pino loricato (pinus leucodermis), emblema del Parco, che svetta, isolato o in piccoli nuclei, nei piani e sulle creste più impervie, sfidando le intemperie e i venti più forti. Presenta una corteccia, specie nelle piante giovani, di colore grigio chiaro (da cui il nome leucodermis); negli esemplari adulti la corteccia è fessurata in placche irregolari, le cosiddette loriche, che richiamano nel nome le antiche corazze romane. Il pino loricato può raggiungere un altezza di 40 metri e un diametro del tronco superiore al metro, ed è pianta estremamente longeva (alcuni superano i 950 anni). La qualità altamente resinosa delle fibre permette al fusto e ai rami di sopravvivere oltre il corso vitale e di trasformarsi in un monumento arboreo.

immagine

Numerosissime le piante erbacee, alcune delle quali endemiche, come l'Achillea rupestris e lo Hieracium portanum, e altre rare, come la Lereschia thomasii. Poi ci sono le piante officinali del Pollino, dal momento che nell'area del Parco ne sono state censite ben 366, di cui 48 velenose e 5 pericolose. Già agli inizi dell'800 i monti del Pollino erano famosi per l'abbondanza e la varietà delle piante medicamentose: il tarassaco, il ginepro, la genziana maggiore, la stregonia siciliana, la belladonna, l'iperico, il millefoglio montano, e molte altre.

immagine

Anche la fauna che è presente nell'area del Parco è molto ricca. Il capriolo appenninico sopravvive nella parte calabra del Parco con circa 40 esemplari, che rappresentano, insieme a quelli presenti sul Gargano e a quelli della Tenuta di Castelporziano, l'unico esempio della sottospecie "italica", ovvero della popolazione originaria dell'Italia peninsulare prima della loro sostituzione avvenuta attraverso ripopolamenti con caprioli del Nord Europa. Tra i predatori il più importante è certamente il lupo. In alcuni corsi d'acqua, caratterizzati da particolari condizioni ambientali, sopravvive la lontra. Molto aumentata la presenza del cinghiale, in seguito alle reintroduzioni effettuate dalle associazioni venatorie prima della definitiva chiusura della caccia.

immagine

Tra gli uccelli ruolo di primo piano è assunto dai rapaci. Nell'area orientale del Parco sopravvive il più piccolo tra gli avvoltoi, il Capovaccaio. Anche l'aquila reale è presente con alcune coppie nidificanti sulle vette più aspre. Più frequenti il falco pellegrino, la poiana, il nibbio reale, il gheppio, il falco pecchiaiolo e nei boschi l'astore e lo sparviere. Tra i rapaci notturni è ancora presente, seppure raro, il gufo reale. Interessante la presenta dei picchi: insieme al picchio verde e al picchio rosso maggiore è presente il grande picchio nero, con una delle poche stazioni di nidificazione in Italia.

immagine
immagine
immagine

Altopiano della Sila

La Sila è un altopiano situato nella zona settentrionale della regione Calabria. Esso si estende per 150.000 ettari attraverso le province di Cosenza, Crotone, Catanzaro e Vibo Valentia e si divide (da nord a sud) in Sila Greca, Sila Grande e Sila Piccola; i rilievi più alti sono il monte Botte Donato (mt.1928), in Sila Grande, ed il monte Gariglione (mt.1765) in Sila Piccola. È il più vecchio parco nazionale della Calabria, tra i primi 5 nati in Italia: con D.P.R. 14.11.2002 sono stati istituiti il Parco Nazionale della Sila ed il relativo Ente, che ricomprende i territori già ricadenti nello "storico" Parco Nazionale della Calabria (1968) e tutela aree di rilevante interesse ambientale per complessivi 73.695 ettari.

La Sila Piccola

la Sila Piccola costituisce la parte meridionale dell'Altopiano Silano. Si presenta affascinante e suggestiva fra le sue numerose valli fluviali tra le più incontaminate, come quella del torrente Soleo e quella del fiume Tacina, caratterizzata da ampi pascoli e vegetazione rigogliosa. L'estesa piana di Sant'Eufemia, che si affaccia sull'omonimo golfo del Mar Tirreno, costituisce l'ideale congiunzione fra la Sila e il mare.

Vi sono fitti boschi di conifere che ricordano quelli dei paesaggi nordici, alle distese di castagno misto a ontano e a frassino. Al di sopra dei 1100 mt., poi, la Sila Piccola è mistificata da boschi di pino laricio e, a quote più elevate, da faggi talvolta conviventi con l'abete bianco, come accade sul massiccio del Gariglione.

Vive tra questi monti una fauna piuttosto tipica del territorio appenninico: lupi (la razza locale è, appunto, il "lupo silano"), volpi, lepri, scoiattoli, cinghiali


immagine

Per gli amanti della pesca, della canoa e del windsurf, infine, si presta l'incantevole cornice del lago Ampollino, immerso nel verde intenso delle conifere. Alle pendici del Villaggio Racisi il paesaggio è reso più suggestivo dal lago artificiale Passante, incantevolmente illuminato dal tramonto.

La Sila Greca

l territorio della Sila Greca (estensione di 97076 ha) è compreso tra l'alto Ionio, la Piana di Sibari, la Sila Grande e il crotonese, presenta una ampia eterogeneità morfologica con un paesaggio dominato dalla massiccia mole della Sila cui si contrappone, a nord, la sequenza di colline che degradano verso la pianura costiera.

E' possibile distinguere in base alle fasce altitudinali una zona costiera, fino a 250 metri s.l.m., in cui si ritrovano una steppa di cespugli bassi a foglie dure come il rosmarino e di ginepro; una zona pedemontana - fino a 500 metri circa - dominata da un clima e da una vegetazione tipicamente meditarranei; una fascia sub montana - dai 500 ai 1000 metri - di transizione con clima intermedio e frequenti "intrusioni" di essenze vegetali delle due sottoregioni limitrofe.

Lungo le fiumare non è raro che si profili una esile frangia di pioppi, ontani e salici, che costeggiano gli alvei fluviali, ma più significative, per quanto rare, sono le boscaglie di leccio misto a ontano. Mentre ai limiti settentrionali sui rilievi calcarei oltre gli 800 metri la vegetazione, in continua lotta con l'aridità specialmente sui costoni più aspri, diventa più povera con la presenza di erbe coriacee come la stipa, rovi o cespugli radi di rosmarino, timo ed origano. Infine dai 1000 metri in su, sulla fascia montana, si riscontra un clima e un panorama vegetazionale essenzialmente di tipo continentale: si estende una fascia di caducifoglie xerofile dove la quercia forma il principale elemento di questo paesaggio, e le si alterna di norma il castagno. Tra questi si intercala la vegetazione cespugliosa e così tra boschi di querce e di castagni abbiamo la presenza dell'erica e della ginestra.

Il territorio della Sila Greca è ricco di Liquirizia.
Nella Sila Greca la fauna è composta da cinghiale, (in molte zone montane del Patire e dei boschi più interni), e nelle zone di Bocchigliero e Longobucco (nel parco della Sila), vive ancora il lupo appenninico in branchi.Le stesse zone sono abitate da un numero abbastanza elevato di volpi, mentre esiste una fauna minore presente in esemplari più numerosi quali: l'istrice, il riccio, la donnola, la faina, la lepre, lo scoiattolo, il ghiro, la puzzola, la lontra, il tasso, la martora e il gatto selvatico.

La Sila Grande

immagine
immagine

Cenni Storici

I Bruzi, antico popolo di pastori e artigiani, ma anche di fieri combattenti, furono i primi frequentatori dell'altopiano silano. Sicuramente essi vennero a contatto con i Greci che avevano colonizzato le zone costiere con la fondazione di Sibari, di Crotone, di Petelia, di Krimisa e con loro probabilmente stabilirono rapporti di "buon vicinato". Dopo la distruzione di Sibari avvenuta nel 510 a.C. ad opera dei Crotoniati, essi continuarono ad abitare prevalentemente nelle zone interne. Solo molto più tardi, dopo le guerre puniche, Roma iniziò ad interessarsi a tutta la Calabria ed anche a questo territorio montano traendone soprattutto legname pregiato utilizzato nella costruzione di navi. Con la caduta dell'Impero Romano ebbero luogo le invasioni barbariche.
Nel VI secolo i Bizantini ristabilirono l'ordine, la pratica dell'allevamento e dell'agricoltura. Nel VIII secolo i Longobardi sottrassero molti terreni a Costantinopoli. Le successive invasioni arabe lungo le coste calabre costituirono la decadenza definitiva dei Bizantini. Dal 1045 al 1060 si sostituirono i Normanni che contribuirono a diverse fondazioni monastiche che diedero vita (nel XII secolo) alla costruzione delle abbazie cistercensi. Alcuni esempi sono Santa Maria della Matina a San Marco Argentano, l'Abbazia di Santa Maria di Acquaformosa, l'Sambucina a Luzzi, l'Abbazia di Santa Maria di Corazzo a Castagna e l'Abbazia Florense a San Giovanni in Fiore. I monasteri furono luoghi di studio, centri di cultura e di stimolo per la rinascita agricola. Le genti delle coste migrarono verso le Pendici dell'Altopiano Silano, dove fondarono i cosiddetti Casali. In quell'epoca venne realizzato un grandioso monastero ad opera di Gioacchino da Fiore intorno al quale si sviluppò il primo centro abitativo dell'altopiano: San Giovanni in Fiore.
Tra il 1448 e il 1535 molti esuli dall'Albania si insediarono nelle terre del versante ionico della Sila creando alcune comunità dette Sila Greca. Oggi i comuni di lingua albanese sono circa trenta. I loro usi, costumi e tradizioni sono rimasti inalterati nel tempo. Il territorio successivamente appartenne a diverse dinastie di dominatori; da ultimi i Borboni prima che tutto il Sud e le Isole vennero annesse al Regno d'Italia dopo la spedizione dei Mille ad opera di Garibaldi . Solo nei decenni scorsi venne realizzata la Paola Cosenza Crotone, per iniziativa di Giacomo Mancini nel 1974, oggi SS 107 che attraversa tutto l'Altipiano dal Tirreno allo Jonio.
Per rompere l'isolamento dei paesi montani, in inverno drammatico a causa della neve, vennero realizzate, con opere di ingegneria a volte spettacolari come viadotti e tracciati di montagna, alcune ferrovie: la Cosenza - Camigliatello Silano - San Giovanni in Fiore a scartamento ridotto Ferrovie Calabro Lucane e la Paola - Cosenza a cremagliera, delle Ferrovie dello Stato. Molti villaggi agricoli finirono per diventare insediamenti a carattere turistico.

immagine

Aspromonte

L'Aspromonte è un massiccio montuoso della provincia di Reggio Calabria, limitato a est dal mar Jonio, a ovest dal mar Tirreno e a nord dal fiume Petrace e dalle fiumare di Platì e di Careri.

La vetta più alta è il Montalto (1.956 m) di forme dolci costituito da rocce arcaiche (gneiss e micascisti). Quasi tutti i contrafforti scendono ripidi verso il mare, cosicché la fascia costiera è molto ristretta. Caratteristico è lo sviluppo dell'Aspromonte a terrazze sovrapposte, se ne riconoscono quattro livelli detti piani o campi. Nella zona litoranea predominano agrumi, vite, olivo e l'orticoltura, sotto i 1.000 m esistono boschi di quercia e leccio, sopra i 1.000 m il pino laricio, l'abete dei Nebrodi e il faggio. A 1.311 m sorge la stazione sciistica di Gambarie con flusso di turisti da Calabria e Sicilia. In un'impervia valle nel cuore dell'Aspromonte, nel comune di San Luca, si trova il Santuario della Madonna di Polsi, luogo di culto che, seppur difficile da raggiungere, diventa nei mesi estivi, specialmente a settembre, meta di turismo religioso.

immagine

Cenni Storici

Nel 1862 a seguito della questione romana, in cui sembrava che il governo italiano volesse tenere un livello di basso profilo, e dell'accordo con Napoleone III, Garibaldi tentò di arrivare a Roma con 3.000 volontari. Ma la risoluta reazione dei francesi costrinse Urbano Rattazzi ad intervenire e a mandare il generale Enrico Cialdini a fermare Garibaldi. Lo scontro si svolse a pochi chilometri da Gambarie il 29 agosto 1862, nel corso del quale Garibaldi fu ferito e preso prigioniero, insieme ai suoi seguaci (giornata dell'Aspromonte), alcuni dei quali vennero fucilati. Dopo la guarigione, a Garibaldi venne concesso di tornare alla sua residenza di Caprera. Nella località del comune di Sant'Eufemia d'Aspromonte, dove l'eroe fu ferito, si trova un mausoleo con un suo busto e delle lapidi che lo ricordano ed è indicato l'albero che secondo una leggenda è quello dove egli si appoggiò ferito. Al Museo del Vittoriano a Roma sono conservati i cimeli del fatto (lo stivale forato e la pallottola).


HOME