Il venir meno delle libertà costituzionali era destinato a segnare profondamente gli sviluppi della cultura italiana, che il fascismo sottopose a un pesante controllo, subordinandola alle sue esigenze politiche.

Lo scopo non era solo quello di stroncare ogni forma di aperto dissenso, ma anche quello di costruire una più solida base di consenso, coinvolgendo direttamente anche gli intellettuali. Dopo aver messo a tacere le opposizioni, che vivacemente cercarono di contrastare il fascismo sino alla metà degli anni Venti, Mussolini riuscì ad isolare i pochi avversari che rimanevano, circondandosi di uomini fidati, cui furono delegate le più importanti mansioni culturali nella nuova organizzazione dello Stato.

Fra gli intellettuali, presero chiara posizione, a favore, Gentile con "Il manifesto degli intellettuali del fascismo", contraria, Croce con "Il Contromanifesto o Manifesto degli intellettuali antifascisti".

 

GIOVANNI GENTILE, "IL MANIFESTO DEGLI INTELLETUALI DEL FASCISMO"

 

Il suo manifesto, che fu pubblicato sulla stampa nazionale "Il Natale di Roma" nel 1925, è il resoconto di un convegno tenutosi a Bologna dal Partito Nazionale Fascista.

Esso era rivolto, in particolare, agli intellettuali degli altri paesi, per cercare di creare un consenso internazionale al colpo di Stato con cui il Fascismo era salito al potere.

Di qui l'affermazione iniziale che il fascismo è un movimento tipico dello "spirito italiano, intimamente connesso alla storia della Nazione Italiana", ma può avere anche "significato e interesse per tutte le altre".

Dopo una veloce storia del fascismo svolta in toni trionfalistici, Gentile sottolinea che il malcontento derivante dai danni subiti nel primo conflitto mondiale, spinge ciascuno a pretendere di dover essere risarcito da un punto di vista materiale, tralasciando l'aspetto morale.

Questo porta ad una contrapposizione dei privati allo Stato e ad un abbassamento del prestigio del Re e dell'Esercito.

Il fascismo viene presentato come un movimento politico e morale. All'individualismo contrappone un ideale più alto, la Patria, nel quale ciascuno può realizzarsi e sentirsi protagonista in quanto portatore di una missione. Di qui il carattere religioso e perciò intransigente del fascismo che spiega il ricorso alla violenza nei quattro anni dal 1919 al 1922.

Gentile prosegue affermando che i fascisti erano una minoranza, cui spetterebbe il compito di esprimere le attese di tutti(in questo senso, con una interpretazione riduttiva e parziale oltre che storicamente scorretta, Gentile presenta il fascismo come l'erede del Risorgimento) in un paese in cui lo Stato Costituzionale, in quanto rappresentante della maggioranza, era antifascista. Questo stato si definiva liberale, ma di un liberalismo che riconosceva solo la libertà esteriore.

Contro questo stato il fascismo si oppone con la forza propria di un ideologia che si basa sul fascino di una religione che invita al sacrificio individuale in nome di un ideale comune, superiore: la Patria. Perciò ebbe attrattiva soprattutto sui giovani che diedero origine al fenomeno dello squadrismo che si opponeva alle leggi costituite per formarne delle nuove.

In questo momento, secondo Gentile, l'uso della violenza da parte del fascismo era necessario per il conseguimento degli obiettivi proposti: infatti squadrismo e illegalità cessarono pochi giorni dopo la marcia su Roma. A questo punto l'autore riconosce al fascismo il ripristino dell'ordine pubblico, il merito di aver pareggiato il bilancio dissestato del dopo guerra, il riordinamento dell'esercito, della magistratura e delle istituzioni scolastiche.

Gentile rifiuta l'accusa rivolta al fascismo di essere un movimento reazionario antiliberale, antioperaio affermandone anzi l'aspetto progressista e nazionalistico: per di più il fascismo, i cui capi provengono da un'esperienza socialista, cerca di conciliare i due termini che fino a quel momento erano sembrati contrari: Stato e Sindacato, considerando il primo come forza giuridica della nazione, il secondo come forza giuridica dell'individuo.

Quindi la sopraffazione, l'autoritarismo, il potere conquistato con la violenza in spregio alla democrazia, vengono avallati da un alibi nazionalistico e idealistico fondato sulla religione della "Patria".