TEORIA DELLA RELATIVITA’ SPECIALE

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Nell’ambito della fisica classica l’analisi dei sistemi inerziali, cioè in moto rettilineo uniforme l’uno rispetto all’altro, veniva condotta sulla base delle TRASFORMAZIONI DI GALILEO, che fornivano le relazioni tra le coordinate e la velocità di un punto rispetto ai due sistemi. Come conseguenza di queste trasformazioni- lineari nelle velocità e nella variabile temporale- le leggi della meccanica newtoniana hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali ( PRINCIPIO DI RELATIVITA’ GALILEIANO) .

Nella seconda metà dell’’800,tuttavia, si scoprì che le equazioni di MAXWELL, che costituivano la base dell’elettromagnetismo, non sono invarianti per le trasformazioni di Galileo. Questa considerazione mise in dubbio la validità del principio di relatività galileiano e quindi l’equivalenza di tutti i sistemi di riferimento inerziali. Fu introdotto il concetto di ETERE, una sostanza ideale in cui si ipotizzava avvenisse la propagazione delle onde elettromagnetiche, e fu quindi definito un sistema diriferimento privilegiato a riposo rispetto all’etere.

Nel 1887 i fisici ALBERT MICHELSON e EDWARD WILLIAMS MORLEY misero a punto il celebre esperimento per rilevare il moto della Terra rispetto all’etere: esso consisteva nel misurare la differenza tra la velocità di propagazione di un raggio di luce e quella di un raggio ad esso perpendicolare. Secondo la legge di composizione delle velocità, la velocità di un raggio di luce, rilevata da un osservatore sulla superficie terrestre e quindi supposto in moto in moto rispetto all’etere, sarebbe dovuta dipendere dalla direzione di propagazione.

L’esperimento dimostrò l’indipendenza della velocità della luce dalla direzione di propagazione e questo risultato, interpretato come prova dell’inesistenza dell’etere, fu una conferma del principio di relatività galileiano ed escluse la possibilità di un sistema di riferimento privilegiato.

Nel 1904 LORENTZ modificò le trasformazioni di Galileo per ottenere un sistema di equazioni, note oggi come TRASFORMAZIONI DI LORENTZ , rispetto alle quali fossero invarianti le leggi dell’elettromagnetismo.

Nel 1905 Einstein pubblicò il primo di due importanti studi sulla teoria della relatività, in cui negava l'esistenza del moto assoluto. Egli sosteneva che nessun oggetto dell'universo potesse rappresentare un sistema di riferimento fisso rispetto allo spazio, ma, al contrario, che qualunque corpo potesse essere un buon sistema di riferimento rispetto al quale studiare il moto di un corpo.

Einstein elaborò inoltre una severa disamina del concetto di contemporaneità mettendo in dubbio, accanto al concetto di moto assoluto, la possibilità di definire un tempo assoluto.

Sulla base del risultato dell'esperimento di Michelson e Morley e delle considerazioni di Lorentz, egli suggerì inoltre che le trasformazioni galileiane dovessero essere sostituite con quelle di Lorentz. Queste ultime prevedono che la variabile temporale vari in due sistemi di riferimento in moto relativo rettilineo uniforme, e quindi che un orologio in moto relativo rispetto a un osservatore rallenti. Il principio di tempo assoluto della meccanica newtoniana fu sostituito dal principio di invarianza della velocità della luce dallo stato di moto dell'osservatore.

L'ipotesi fondamentale su cui poggiava tutta la teoria einsteiniana era che per due osservatori in moto relativo l'uno rispetto all'altro a velocità costante valessero le stesse leggi della natura. L'abbandono del concetto di simultaneità comporta che due eventi registrati come simultanei da un osservatore non risultino tali a un secondo osservatore in moto rispetto al primo. In altre parole non ha senso assegnare l'istante in cui avviene un evento senza definire un riferimento spaziale.

L'evoluzione di ogni particella o oggetto nell'Universo viene descritto da una cosiddetta linea universale in uno spazio a quattro dimensioni( tre per lo spazio e la quarta per il tempo), detto spazio-tempo. La "distanza" o "intervallo" tra due eventi qualsiasi può essere accuratamente descritta per mezzo di una combinazione di intervalli di spazio e di tempo.

TEORIA DELLA RELATIVITA' GENERALE

Nel 1915 Einstein formulò la teoria della relatività generale, valida anche per sistemi in moto accelerato l'uno rispetto all'altro. La necessità di questa teoria era data dall'apparente contrasto

 esistente tra le leggi della relatività e quella della gravitazione.

Nella nuova formulazione le forze associate alla gravità sono del tutto equivalenti a quelle apparentemente prodotte da

 un'accelerazione, per cui risulta teoricamente impossibile distinguere per via sperimentale i due tipi di forze.

Quindi la teoria della relatività speciale stabilisce che una persona, all'interno di una macchina che viaggi a velocità costante su una strada liscia, non può in alcun modo sapere se si trova in quiete o in moto rettilineo uniforme; la teoria della relatività generale afferma invece che una persona all'interno della macchina in moto accelerato, decelerato o curvilineo non può dire in alcun modo se le forze che determinano il moto siano di origine gravitazionale o se si tratti di forze di accelerazione attivate da altri meccanismi.

Questo concetto può essere chiarito con un celebre esempio. Si consideri un astronauta in piedi in una navetta ferma sulla Terra. A causa della gravità i suoi piedi aderiscono al pavimento della navicella con una forza pari al peso della persona, W. Se si considera la stessa navicella nello spazio, lontana da qualunque oggetto e non soggetta in alcun modo alla gravità, l'astronauta aderisce ancora al pavimento, se la navicella accelera. Se l'accelerazione è pari a 9,8 m/sec2( il valore di accelerazione di gravità sulla superficie della Terra), la forza con cui l'astronauta è ancorato al pavimento della navicella è ancora uguale a W. Senza guardare fuori dal finestrino, l'astronauta non è in grado di capire se la navicella si trova ferma a Terra o in accelerazione nello spazio.

Secondo la teoria di Einstein, la legge di gravitazione di Newton è un’ipotesi non necessaria; Einstein considera infatti tutte le forze, sia quelle gravitazionali sia quelle associate all’accelerazione, come effetti di un’accelerazione. In questo modo la forza gravitazionale che fa sì che la navicella ferma a Terra rimanga salda sul terreno è un fenomeno di attrazione attribuibile a un’accelerazione della navicella. Infatti nello spazio tridimensionale la navicella è ferma, perciò non accelera; nello spazio-tempo a quattro dimensioni, invece, essa è in moto lungo la sua linea universale.

L’ipotesi di Newton secondo cui due oggetti si attraggono con una forza di entità proporzionale al prodotto delle loro masse viene sostituita in relatività dall’ipotesi che lo spazio-tempo sia incurvato nelle vicinanze dei corpi massivi. La legge della gravitazione di Einstein consiste semplicemente nell’affermazione che la linea universale di ujn corpo è una GEODETICA nello spazio-tempo.(GEODETICA= linea più corta che congiunge due punti dati; in uno spazio curvo le geodetiche generalmente non sono rette, ma linee curve).

Entro lo schema degli assiomi posti da Einstein sono possibili molte linee di sviluppo. Ad esempio, si sa che lo spazio è curvo e si conosce l’esatto grado di curvatura nelle vicinanze dei corpi pesanti, ma non dello spazio vuoto, che pure è incurvato per effetto della materia e della radiazione contenute nell’intero Universo. Inoltre, gli scienziati sono discordi sulla questione se lo spazio sia chiuso( come una sfera), o aperto(come un cilindro con le basi poste all’infinito). La teoria della relatività implica poi la possibilità che l’Universo sia in espansione, un’ipotesi che sembra confermata anche dai dati sperimentali: ad esempio, le linee spettrali delle galassie, dei quasar e di altri oggetti distanti risultano spostate verso il rosso, proprio come ci si aspetterebbe da sorgenti di radiazione che si stanno allontanando.

Einstein inoltre avanzò l’ipotesi che grossi fenomeni perturbativi di natura gravitazionale, quali l’oscillazione o il collasso di stelle massive, generino ONDE GRAVITAZIONALI, che si propagherebbero nello spazio-tempo alla velocità della luce. I tentativi di rilevare simili perturbazioni non hanno avuto fino a oggi i risultati sperati, ma sono attualmente in corso vari progetti di ricerca.