Lo Zibaldone: una sorta di diario intellettuale a cui affida appunti, riflessioni filosofiche, letterarie, linguistiche. Teoria della visione: è piacevole, per le idee vaghe e indefinite, la vista impedita da un ostacolo, un albero, una siepe, perché allora in luogo della vista lavora l'immaginazione e il fantastico prende il posto del reale. Teoria del suono: serie di suoni suggestivi perché vaghi.

Le Canzoni: componimenti di impianto classicistico che impiegano il linguaggio aulico e sublime; le prime cinque (All'Italia, Ad Angelo Mai, A un vincitore nel pallone, Nelle nozze della sorella Paolina, Sopra il monumento di Dante) affrontano una tematica civile; nelle altre si delinea l'idea di un'umanità infelice.

Gli Idilli: il linguaggio è più colloquiale e trattano tematiche intime ed autobiografiche; la rappresentazione della realtà esterna è tutta soggettiva (L'Infinito, La sera del dì di festa, Alla luna, La vita solitaria...).

Le Operette Morali: sono prose di argomento filosofico in cui Leopardi espone il sistema da lui trattato attraverso una serie di invenzioni fantastiche, miti, paradossi, veri e propri canti lirici in prosa; molte delle operette sono dialoghi i cui interlocutori sono creature immaginose o personaggi storici; altre invece hanno forma narrativa (Dialogo della natura e di un Islandese).

I Grandi Idilli: riprendono i temi degli Idilli, ovvero le illusioni e le speranze, proprie della giovinezza, le rimembranze; vi è un equilibrio tra due spinte che dovrebbero essere contrastanti il "caro immaginar" e il "vero"; il linguaggio è tenero e dolce (A Silvia, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, Passero solitario).

Il Ciclo di Aspasia: si ha una poesia nuda, severa, quasi priva di immagini sensibili, fatta di puro pensiero dal linguaggio aspro e dalla sintassi complessa (Il pensiero dominante, A se stesso, Aspasia, Amore e Morte, Consalvo).

Gli Ultimi Canti: opere satiriche e la Ginestra.

 

ANALISI DEL TESTO DI " A SE STESSO "

               Or poserai per sempre,
           stanco mio cor. Perì l'inganno
estremo,

      ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,

      in noi di cari inganni,

5    non che la speme, il desiderio è spento.

 Posa per sempre. Assai

 palpitasti. Non val cosa nessuna

 i moti tuoi, né di sospiri è degna
      la terra. Amaro e noia
                            10   la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
      T'acqueta omai. Dispera
      l'ultima volta. Al gener nostro il fato
      non donò che il morire. Omai disprezza
      te, la natura, il
brutto                             15   poter che, ascoso, a comun danno impera,
      e l'infinita vanità del tutto. 

METRO: endecasillabi e settenari, con rime liberamente ricorrenti.

 

Il componimento chiude il ciclo dei canti di Aspasia. Vi si afferma la scomparsa dell'"inganno estremo", l'amore, segnando così il distacco dalla fase giovanile dell'illusione; persino il desiderio di "cari inganni" è spento. Leopardi esprime il disprezzo sia verso quel se stesso che ha ceduto ai "cari inganni", sia verso la natura e la forza malefica del fato che domina l'universo avendo come fine il male.

 

Si possono distinguere 3 membri di cinque versi ciascuno (vv. 1-5, 6-10, 11-15): un settenario; due endecasillabi, un settenario e un endecasillabo di chiusura.

 

Il v. 16, quello finale, è fuori del disegno conferendo singolare potenza all'interiorità della formula.

 

Ognuno dei membri è aperto dalla ripetizione, quasi ossessiva, dello stesso motivo: "Or poserai per sempre", "Posa per sempre", "T'acqueta ormai".

 

L'andamento è spezzato, interrotto da continue pause: vv. 6-7, 7-8, 8-9, 9-10, 11-12, 13-15 (enjambements).

 

LESSICO: spoglio, con aggettivi rari (spiccano "estremo" / "eterno" in opposizione per il significato e "brutto" e "ascoso" che caratterizzano il malvagio potere che domina il mondo); il discorso consta essenzialmente di verbi e sostantivi ricchi di espressività ("terra", "mondo", "natura", "noia", "vita", "morire", "fato", "potere", "vanità"), ognuno dei quali concentra il pensiero su di sé essendo collocati all'inizio o alla fine del verso.