Gaetano Montefusco
Un Miracolo Italiano

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Il ritorno in bonis dell'ente in dissesto

 

Secondo la Corte Costituzionale (sentenze n. 149 e 242 del 21 aprile e del 16 giugno 1994) nel vigore dell’art.21 Decreto Legge n. 8/63, gli interessi e la svalutazione monetaria maturati successivamente alla data di dichiarazione di dissesto, ai sensi dell’art. 6, 5 comma lett. g) del D.P.R. n. 378 del 1993, erano esclusi dalla massa passiva della liquidazione, ma continuavano a maturare nei confronti dell’ente dissestato verso cui erano recuperabili una volta che l’ente fosse tornato in bonis, essendo applicabile alla fattispecie l’art. 120 Legge Fall.
Dopo l’affermazione di tale importante principio si è cercato, da parte degli operatori del diritto, di individuare tale momento: quando, cioé, l’ente torna in bonis, al fine di poter esigere gli interessi legali.
Nel vigore del Decreto Legge n.8/93 art. 21, il ritorno in bonis dell’ente debitore coincideva con la chiusura della procedura che poneva fine al concorso dei creditori, con la contestuale possibilità di ripresa della libertà di azioni esecutive individuali da parte dei creditori medesimi.
Con l’introduzione della prima formulazione dell’art.81 Decreto Legislativo n. 77/95, la chiusura della procedura concorsuale non veniva più a coincidere con la possibilità di ripresa di azioni esecutive individuali.
Infatti la norma prevedeva che, a seguito della dichiarazione di dissesto e sino all’emanazione del decreto del Ministro dell’Interno, che approvava l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, (art. 91 Decreto Legislativo n. 77/95) non potessero essere intraprese azioni esecutive nei confronti dell’ente; una volta superato tale limite temporale di blocco delle azioni esecutive, chi fosse stato creditore di somme maturate successivamente alla dichiarazione di dissesto poteva agire in executivis. Il riacquisto del libero esercizio delle azioni esecutive individuali verso il debitore veniva quindi ad essere completamente svincolato dalla procedura concorsuale e veniva concesso al creditore anche prima della chiusura della procedura stessa.
Per i debiti dell’ente dissestato, si verificava, in tal modo, l’esistenza di due masse passive: una composta dai crediti maturati anteriormente alla dichiarazione di dissesto che trovavano la loro soddisfazione solo all’interno della procedura concorsuale; ed una formata dai crediti maturati posteriormente al dissesto, azionabili con esecuzioni individuali contro l’ente, una volta approvata l’ipotesi di bilancio riequilibrato.
Oggi, con l’art. 21 del Decreto Legislativo n. 336/96, entrato in vigore il 13/7/96 ed applicabile - in forza dell’art. 45 - anche agli enti locali per i quali sia già intervenuta l’approvazione di ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, come nel caso del comune di Napoli, si è sostituito integralmente l’art. 81 del Decreto Legislativo 25/2/95 n. 77 e non vi è più una previsione di carattere generale di sospensione delle azioni esecutive in corso nei confronti degli enti in dissesto.
L’ente dissestato può quindi essere aggredito esecutivamente per i debiti insoluti formatisi successivamente alla data del dissesto e per quelli che, pur anteriori al dissesto, non rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione, senza alcun limite temporale.
L’ipotesi prevista al primo comma della precedente formulazione dell’art. 81, secondo cui qualunque azione esecutiva, per debiti anteriori o successivi al dissesto, era sospesa per un periodo limitato di tempo, nei confronti dell’ente, e specificamente fino all’approvazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, oggi non è più attuale in quanto il novellato art. 81 statuisce la paralisi delle azioni esecutive solo limitatamente ai crediti maturati anteriormente alla data di dichiarazione di dissesto e comunque rientranti nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione.
Si può quindi continuare ad affermare che anche nel vigore del Decreto Legislativo n. 336/96, dopo la deliberazione di dissesto dell’ente, a prescindere dalla data in cui la stessa sia stata adottata, in tutti i casi in cui non sia ancora intervenuta l’approvazione del piano di estinzione e la chiusura della procedura di liquidazione, si verifichi l’esistenza di due masse passive:
a) La prima concernente tutti i debiti rientranti nella competenza della commissione straordinaria e comunque formatisi anteriormente al dissesto, da soddisfare all’interno della procedura concorsuale di liquidazione e nel rispetto della par-condicio creditorum.
b) La seconda, che comprende tutti i debiti che si formano successivamente al dissesto, nonchè quelli che, pur formatisi anteriormente al dissesto, non rientrano nella competenza della commissione straordinaria di liquidazione, da soddisfare con le normali procedure esecutive individuali.
Se dopo la dichiarazione di dissesto sono maturati interessi che l’ente dovrà pagare al ritorno in bonis, i relativi importi che sicuramente non rientrano nelle prima massa passiva vanno inclusi nella seconda, a meno che non si ipotizzi l’esistenza - in violazione dei principi della par condicio - di un "tertium genus", sottospecie della seconda massa ma pagabile in tempi diversi da questa.
Una massa creditoria vagante, anomala, senza una sua allocazione ben delineata, una massa non inseribile nei bilanci della commissione di liquidazione né inseribile, per la mancanza di riferimento cronologico utile ai fini contabili, nei bilanci dell’ente, risospinto in tal modo nel baratro dei debiti fuori bilancio, che abbattendosi all’improvviso sulle amministrazioni risananate potrebbero produrre quello che da più parti è stato denominato "Il dissesto del dissesto".
Non essendo più contestuali la chiusura della procedura concorsuale e la possibilità di ripresa delle azioni esecutive individuali, bisogna far riferimento, pertanto, a tale secondo elemento per individuare il ritorno in bonis dell’ente dissestato, giacché è la cessazione del concorso il vero effetto del ritorno in bonis, dal momento che, cessato il concorso cessa la procedura concorsuale e se per i crediti successivi al dissesto non vi è concorso, i titolari di tali crediti possono agire in executivis per il recupero del proprio credito.
Allo stato il ritorno in bonis dell’ente, ai fini del pagamento degli interessi, è, dunque, immediato essendo immediata la capacità dell’ente di nuovi inadempimenti ed immediata la possibilità di reazione agli stessi con procedure esecutive individuali e non concorsuali.
Se quindi sono maturati interessi dalla data di deliberazione del dissesto, gli stessi, in quanto non rientranti nella competenza della commissione liquidatrice e nella prima massa passiva sono immediatamente esigibili.
Resta da vedere se, effettivamente, successivamente alla dichiarazione di dissesto siano continuati o continuino a maturare interessi. Sino all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 336/96 e per effetto dell’interpetrazione resa dal Giudice delle leggi sulla costituzionalità dell’art.21 del Decreto Legge n. 8/93, gli interessi sui debiti degli enti in dissesto sono senz’altro maturati. La vigenza dell’art. 6, comma 5°, lettera "g" del D.P.R. n. 378/93, consentiva infatti tale maturazione.
Ma con l’entrata in vigore dell’art.44 comma 4° lettera "g" n.6 del Decreto Legislativo n. 336/96, il legislatore ha abrogato tale norma e, per effetto di tale abrogazione, è da ritenersi che il blocco degli interessi sia divenuto definitivo, sia pure limitatamente al periodo che va fino alla chiusura della procedura commissariale che coincide con l’approvazione del rendiconto di gestione.
Mentre, con la nuova norma, è chiaro il momento finale del blocco degli interessi, sia pure individuato per relationem, invece bisogna individuare il momento iniziale di tale blocco.
L’art. 81 del Decreto Legislativo n. 77/95, come modificato dall’art. 21 Decreto Legislativo n. 336/96 individua il momento iniziale di tale blocco nella data di deliberazione del dissesto. Per gli enti che dichiarino il dissesto finanziario successivamente alla data di entrata in vigore della norma e quindi dal 12 luglio 96, non vi è quindi alcun problema interpretativo.
Bisogna, invece, individuare quale sia il momento iniziale del blocco degli interessi per gli enti, quale il comune di Napoli, che, alla data di entrata in vigore della precisata norma, erano già in situazione di dissesto finanziario e se cioè il blocco degli interessi retroagisca fino al momento della loro dichiarazione di dissesto o se cominci ad operare solo dopo l’entrata in vigore della modifica legislativa del Decreto Legislativo n. 336/96.
C’è da ritenere che la norma di cui all’art. 21 Decreto Legislativo n. 336/96 non abbia efficacia retroattiva e che operi dalla data di sua entrata in vigore con la conseguenza che i creditori hanno diritto a vedersi riconosciuti nei confronti dell’ente dissestato gli interessi quantomeno fino alla data dell’11 luglio 1996.
Il principio della non retroattività della legge, sancito dall’art. 11 delle preleggi è inequivocabile fondamento di qualunque civiltà giuridica, in mancanza del quale prende il sopravvento la barbarie. Per quanto tale principio assuma rango costituzionale solo in riferimento alle norme penali incriminatrici è indubbio che lo stesso si impone come una direttiva per il legislatore "civile". La base stessa dei rapporti sociali fra cittadini e tra cittadini e lo Stato verrebbe ad essere seriamente compromessa se il legislatore potesse in via normale emanare leggi con efficacia retroattiva. Di qui il ripetuto intervento della Corte Costituzionale teso a sottolineare il carattere eccezionale della deroga comunque necessitante di serie ragioni giustificatrici (Cort. Cost. 19/70, 175/74, 194/76, 70/83).
Nel caso poi in cui ad emanare leggi con efficacia retroattiva siano decreti delegati come nella fattispecie, secondo la Consulta (29/64) il legislatore delegato non può conferire ai decreti una efficacia retroattiva se non è prevista dalla legge di delega esplicitamente, e in relazione ai principi sopra esposti, se non è anche seriamente motivata.
Nella fattispecie la legge di delega con le successive proroghe del termine finale (art. 4, c.2,Legge 421/92, art. 1 Legge 596/94, art.1 Legge 539/95) nulla hanno disposto in ordine alla possibilità di emanare leggi retroattive. In mancanza di previsione della legge delega ed in mancanza di esplicita e giustificata previsione nel decreto legislativo di attribuire efficacia retroattiva alla disposizione afferente la cristallizzazione del credito, questa si riferisce solo ed esclusivamente ad ipotesi future e quindi gli interessi maturati fino all’entrata in vigore del nuovo Decreto Legislativo n. 336/96 non possono non essere corrisposti.
LA CRISTALLIZZAZIONE DEGLI INTERESSI
A partire dall’entrata in vigore del Decreto legislativo n.336/96, gli interessi sono invece bloccati. L’attuale blocco degli interessi produce, quindi, una vera e propria cristallizzazione del credito, sia pure limitata temporalmente al periodo che va dalla delibera di dissesto, per gli enti dissestati dopo l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 336/96, o dalla data di entrata in vigore del predetto Decreto Legislativo, per gli enti già dissestati e, comunque, fino all’approvazione del piano di estinzione, periodo che, complessivamente, può essere di molti anni. Ed è questa volta, una cristallizzazione che non impedisce più l’esigibilità degli interessi ma direttamente la loro produzione.
Una diversa interpretazione non trova il sostegno della lettera della norma che non lascia spazio per poter ritenere che il termine lessicale " non producono più interessi nè sono soggetti a rivalutazione monetaria" possa essere inteso alla stregua del diverso termine lessicale " sospende il corso degli interessi" utilizzato all’art. 55 della Legge Fall.
La stessa Consulta nell’interpretare l’art. 21 Decreto Legge n. 8/93 non potè non rilevare che l’inequivocabile dizione "non producono interessi" andava intesa come blocco e non come sospensione degli interessi e dovette ricorrere ad altra norma, oggi abrogata per affermare che gli interessi continuavano a maturare.
Ne consegue quindi l’incostituzionalità degli artt. 21, 44 e 45, del Decreto Legislativo n. 336/96 nella parte in cui, in dispregio a quanto già affermato dalla Corte Costituzionale con sentenze n. 149 e 242 del 1994 ed in violazione della Carta Costituzionale artt. 2, 3, 23, 24 e 25, 1° comma, 53 e 113 , prevedono che si cristallizzino i crediti vantati nei confronti degli enti in dissesto, sia pure per un limitato periodo, per disparità di trattamento nei confronti del regime dei crediti della procedura fallimentare.
La questione è stata sottoposta alla Consulta e si saprà qualcosa tra breve.
A sostenere che la lettura della Corte Costutizionale dell’articolo 21 del Decreto Legge n. 8/93 sia ancora valida, rispetto alle modifiche legislative intervenute successivamente e che quindi, nonostante le innovazioni di cui al Decreto Legislativo n. 336/96, si possa ancora affermare che gli interessi continuano a maturare e che saranno esigibili in un secondo momento, è la maggioranza dei giudici del merito. Ritengo che non si sia considerato abbastanza che tutto l’impianto normativo della nuova legislazione finanziaria e contabile è teso ad evitare la formazione di passività non inseribili in bilancio e che il legislatore dei Decreti Legislativi n. 77/95 e 336/96, se avesse voluto far decorrere gli interessi, sui crediti ammessi alla massa passiva delle liquidazioni commissariali, avrebbe previsto la possibilità di appostazione in bilancio di tali ingenti somme, essendo incomprensibile un atteggiamento che lascia troppo al caso il momento di pagamento degli interessi stessi. Di qui l’intenzione del legislatore di non far proprio maturare gli interessi, nonostante la diversa posizione della Consulta in argomento, e la conseguente incostituzionalità della nuova normativa.

 
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