Scampato a morte sicura, Giuseppe Di Stefano debutta nell’avanspettacolo a Milano

 

Il fatto che cantavo mi aiutò sempre ad “arrangiarmi” sotto le armi. Cantavo in chiesa durante le funzioni religiose per militari: per questo le suore di Don Bosco mi passavano cibo scelto nella prigione, che era in un’ala del loro convento e nella quale finivo spesso perché non volevo fare le marce, Intanto facevo la posta al tenente medico sperando che trovasse il modo di mandarmi a casa in convalescenza. Il tenente medico si chiamava Giovanni Tartaglione,era napoletano, di Marcianise: un bel giovane, puro di fede e di carattere, feroce con chi non era un eroe. Soltanto quando seppe che cantavo si decise a chiedere il mio trasferimento in infermeria, non come ammalato, ma come suo aiutante. Adorava la musica. Il mio compito era cantargli canzonette quando si faceva truce, ma non quelle del golfo, perché. diceva, non ero napoletano verace. Debbo la vita a Tartaglione.

Un giorno venne l’ordine di partenza per la Russia: era la fine e lo sapevamo tutti. Poche ore prima della partenza Tartaglione mi chiamò nel suo studio. passeggiava avanti e indietro. nervoso, cupo in volto: poi si fermò. mi fissò con una luce di furore negli occhi: «Come soldato». gridò. «tu si’ nu fètente, è positivo. Ma come cantante sono sicuro che un giorno sarai utile al nostro paese». Basto un suo biglietto al comandante per farmi restare in Italia.

Tartaglione mi scrisse poi dalla Russia. venne promosso e cadde durante la ritirata. Solo 47 uomini tornarono del mio reggimento.

Nel 1943, appena ottenni una lunga licenza per convalescenza, ritornai a Milano. La mamma aveva venduto il suo negozio e ormai il sostegno della famiglia ero io. Bombardamenti a parte. quello fu. forse. il periodo più spensierato della mia vita.

Incominciai a cantare canzonette al ristorante Odeon, con lo pseudonimo di Nino Florio. quindi passai all’ avanspettacolo, al cinemateatro Cristallo e all’Ambrosiano. conquistando le ragazze del balletto. A tutte preferivo però in quel periodo una bruna che era la cassiera del Cristallo. I colleghi Tajoli e D’Aurelio mi consideravano il loro beniamino e non erano gelosi perché mi consideravano, per così dire. di passaggio; gli autori delle canzoni mi facevano regali perché eseguissi le loro composizioni. Il pubblico era nelle mie mani. Ero di nuovo ad Alessandria, di nuovo soldato, quando l’esercito italiano si disfece l’8 settembre del 1943. In caserma vennero i tedeschi; io riuscii ad appartarmi con un ufficiale e gli mostrai la carta d’identità. Vi avevo fatto scrivere sopra:

cantante. «Come Ghig-li?». domandò quello, con lo sguardo ammirato, poiché era un fanatico di Beniamino Gigli. «Ah, molto di più», spiegai io, senza arrossire. Fu cosi che mi trovai su un treno, diretto a nord, con la casacca bianca di un infermiere. Mi cambiai a Milano e ripresi la ferrovia per raggiungere la cassiera bruna del Cristallo che, nel frattempo era sfollata a Marchirolo. Là però mi consigliarono di sconfinare in Svizzera. A Ponte Tresa attraversai il fiume con tutti i vestiti addosso, le scarpe e l’impermeabile, camminando con acqua fino al petto. Vissi prima in un campo di raccolta presso Faido. Gli svizzeri erano con noi generosi e cordiali. ci portavano cioccolato e sigarette in abbondanza. Una sera mi misi a cantare. Da allora la simpatia delle anziane signore. che fungevano da nostre soccorritori, fu tutta per me. Da Faido ci mandarono a raccogliere patate nel cantone di Lucerna. n quel campo di smistamento fui preso in simpatia da un caporale svizzero. Hug, che mi condusse dal direttore di un teatro di Zurigo. li direttore ci guardò in faccia e chiese: «Chi sarebbe il tenore?», al mio gesto replicò. «prego mandare papà». Tuttavia, dopo l’audizione mi regalò uno spartito della Traviata, perché I imparassi in tedesco, un vestito e un cappotto. Quando venni trasferito nel campo di internamento di Dagmasellen il mio nome era conosciuto da tutta la colonia.

 

Concorso nazionale di canto di Firenze del 1938. Giuseppe Di Stefano "Vinse come Voce grezza"

Il Servizio di leva a 19 anni

Tratto da un'intervista fatta per La Domenica Del Corriere del 1980           Home page

www.babbidamotta.it