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 Leggende metropolitane


 

Chi ha detto che le Favole non esistono più?

All’alba del nuovo millennio, libere da ogni controllo, proliferano le nuove leggende. Si diffondono da persona a persona, oralmente. Ma non sono più i bambini ad essere attratti dal loro fascino. Le favole moderne sono favole per adulti. E come tutte le favole che si rispettano c’è chi le prende per vere. Noi tutti.

Le nuove leggende nascono da discussioni collettive, nei bar, a scuola, nei luoghi di lavoro, nei negozi, nelle piazze, su Internet. La loro funzione è sovente quella di dare un senso a fatti socialmente importanti che ancora non stati spiegati soddisfacentemente. Il loro messaggio è di solito conservatore. Non si saprà mai, o quasi, chi è stato il primo a diffonderle; e in ciò assomigliano alle barzellette, con cui condividono la velocità di diffusione.

A prima vista può apparire improbabile che si continuino a creare leggende ed eventi simili in un’epoca come la nostra. Basta però un momento di riflessione per ricordarsi quante storie, quante voci - strane, affascinanti, ma prive di qualsiasi verifica - giungono di continuo alle nostre orecchie.

Le leggende esistono in quanto tali, e la loro forza consiste nell’essere credute vere. Una volta che se ne scopre la non corrispondenza ad un episodio reale, le storie perdono la loro funzione principale. Il segreto è nascosto in noi stessi. La leggenda esiste in quanto noi vi crediamo. Questa è la sua funzione.

Di seguito, alcuni esempi tratti dalla manifestazione “CONTAMINAZIONI - Leggende Metropolitane in Mostra” allestita a cura del Centro Raccolta Voci e Leggende Contemporanee presso il Museo Etnografico “C’era una Volta” di Alessandria dal 2 al 24 giugno 2001. E’ la prima volta che un evento del genere viene proposto in Italia. Il buon riscontro ottenuto, ci fa sperare in un futuro seguito.

Dalla lettura delle storie sottostanti auspichiamo anche un ritorno da parte vostra, attraverso la segnalazione di varianti locali delle stesse o di nuove leggende in corso di formazione. A voi la palla!

Paolo Toselli

Centro Raccolta Voci e Leggende Contemporanee

Casella Postale 253

15100 ALESSANDRIA

PICCIONI IN TRASFERTA

Si dice che arriverebbero soprattutto col buio della notte. Nelle campagne piemontesi sono in molti a riferire di aver visto scomparire in lontananza qualcuno (o qualcosa) colpevole di averne introdotti di nuovi. Furgoni, grandi autocarri, TIR addirittura, targati perlopiù Venezia, ma anche Milano, scaricherebbero centinaia o addirittura migliaia di colombi torraioli, che all'alba inizierebbero felici a fare strage di granoturco e a imbrattare case e monumenti. Si dice, ma sarà vero?

SEGNALI... DI FUMO

Per caso avete notato dei segni strani, tracciati col gesso, sul portone di casa o incisi sul citofono? Si tratta di messaggi in codice apposti dagli zingari: due pallini, casa facile; due linee in croce, donna sola e anziana; tre linee ondulate, girare al largo...

Ad avvalorare il tutto, un volantino che raccoglie i simboli e il loro significato. Ma la sua origine si perde nella notte dei tempi come molte leggende metropolitane.

PERICOLO “E330”!!!

A chi non è mai capitato fra le mani un volantino contenente una laco­nica lista degli addi­tivi contrassegnati con una E, ritenuti cancerogeni, e accompagnati anche da un elenco di prodotti alimentari di note marche considerati al pari pericolosi. L'elenco dei coloranti nocivi, tra cui primeggia l' E330, in realtà l'innocuo acido citrico contenuto in tutti gli agrumi, ha condizio­nato numerose famiglie sin dalla metà degli anni '70, non solo in Italia ma anche in Francia, Svizzera, Grecia e tutta Europa. Il volantino è in realtà un insieme di errori grossolani, improvvisazioni e mezze verità concepito pro­babilmente da qualche “male informato” e non, come appare nella testata dello stesso, dalla direzione dell' ospedale Villejuif di Parigi, che ne ha più volte smentito la pa­ternità ed il contenuto. Eppure, a distanza di venticinque anni, circola ancora, ripro­dotto per iniziativa di ignari volontari, ed al­tri continuano a darvi cre­dito.

COTTO A PUNTINO!

I forni a microonde sono stati a lungo bersagliati dalla voce che sosteneva il loro presunto potere cancerogeno. Si narra anche di una donna che nell'estrarre una teglia si è ritrovata con la mano tranciata dalla "potenza" delle onde emesse dal misterioso elettrodomestico.

Un'altra storia racconta di una signora statunitense che per asciugare dopo il bagno il pelo del suo cagnolino, o in altre versioni del beneamato gatto, lo pose in un forno a microonde, estraendolo sì asciutto, ma anche... ben cotto!

LA SCRITTA SULLO SPECCHIO

Un uomo in cerca di avventure conosce al bar una bellissima ragazza con la quale trascorre la notte. Al mattino scopre con rammarico che lei se n’è già andata prima che lui si svegliasse, senza lasciare neanche due righe d’addio. Ancora assonnato, si reca in bagno dove sullo specchio, scritto con il rossetto, spicca più eloquente che mai un messaggio di morte: “Benvenuto nel mondo dell’AIDS”. Una leggenda ambientata in ogni angolo del mondo.

  IL RENE SOTTRATTO

Un uomo d’affari è in viaggio con alcuni colleghi. Una sera, in un bar viene adescato da una bellissima donna la quale, dopo una notte appassionata, lo abbandona nella sua stanza d’albergo, senza spiegazioni e con un rene in meno! In molti casi il luogo dell’addescamento è la discoteca ed il ragazzo vittima della misteriosa “bionda rubarene” viene operato a bordo di un furgone perfettamente attrezzato e ritrovato sulla sua auto con una flebo ancora inserita nel braccio.

In altri episodi, le vittime non sono adulti ma bambini, fagocitati da una misteriosa ambulanza nera che li rapiva al parco o all’uscita della scuola e li rilasciava senza vita nelle campagne adiacenti, dopo averli privati di tutti i loro organi.

Tutto falso, anche se alcune volte la storia è stata spacciata per vera dai giornali stessi. E’ una tra le leggende più diffuse nel corso degli anni Novanta in Italia.

  ALLIGATORI NELLE FOGNE

A New York, nessuno ha mai visto, ma molti credono all’esistenza nei condotti dell’impianto fognario di giganteschi e famelici alligatori. L’origine di questo zoo sotterraneo andrebbe ricercata nella sconsideratezza di alcuni abitanti che, portatisi a casa dei cuccioli di alligatori come ricordo dalle loro vacanze, se ne sarebbero sbarazzati appena cresciuti gettandoli giù per il water. Anzichè morire, gli alligatori si sono adattati a vivere nelle fogne, assumendo una colorazione biancastra e diventando ciechi, a causa dell'assenza di luce.

La storia è stata più volte smentita, ma sono in molti che continuano a crederci. Così è diventata la più rappresentativa delle leggende metropolitane, celebrata in cartoni animati, fumetti, libri per bambini, romanzi e film.

AIUTO!!! C’E’ UN RAGNO NEL TRONCHETTO

Negli anni Ottanta si diffuse a macchia d’olio una voce che portò la gente a gettare nei cassonetti dell’immondizia centinaia e centinaia di quelle piante comunemente denominate “tronchetti della felicità”.

Si diceva che all’interno della gigliacea tropicale si nascondesse un ragno velenosissimo la scoperta del quale era toccata a una signora che, ogni volta che annaffiava la pianta, sentiva una sorta di lamento provenire dal vaso, oppure, secondo un’altra versione, notava che essa si spostava da sola come se fosse animata.

Ma sarebbe stato rischioso anche il solo contatto con la pianta o con i suoi eventuali parassiti che, secondo una versione successiva, avrebbero favorito la trasmissione del virus dell’AIDS.

ATTENZIONE! PIOVONO VIPERE

Si narra che nelle nostre campagne e valli montane misteriosi elicotteri o aerei lasciano cadere una pioggia di piccole scatole contenenti centinaia di esemplari di vipere. Secondo alcuni, questi lanci sono opera di qualche associazione ecologica avente come scopo il ripristino dell’equilibrio ambientale della zona, secondo altri, invece, i responsabili sono i Verdi o il WWF, intenzionati a convincere i cacciatori a desistere dalle loro attività venatorie.

Di fatto, le prime voci di questo genere iniziarono a diffondersi in Francia già nella metà degli anni Settanta. Allora, dei lanci organizzati vennero accusati i laboratori farmaceutici produttori del siero antivipera onde favorire il ripopolamento e procurarsi la materia prima. Poi negli anni Ottanta la “storia” iniziò a circolare in Svizzera e un po' in tutta Italia.

Col trascorrere del tempo, i particolari narrati hanno subito alcune varianti. I contenitori utilizzati per i lanci, a seconda delle versioni, sono scatole di cartone o sacchi di plastica ancorati a rudimentali paracadute. Ne sono stati addirittura recuperati alcuni, che però assomigliano molto più ad opere di burloni che a concreti corpi del reato.

Ci troviamo di fronte ad una classica leggenda metropolitana che si rifà a paure ancestrali (la vipera è un pericolo per antonomasia) e a più recenti conflitti di ruolo (gli ecologisti, i contadini, i cacciatori). Queste sono le basi che forniscono credibilità alla leggenda e l'hanno resa così diffusa. E a nessuno viene in mente di raffrontare la comodità ed il costo del noleggio di un semplice furgone a quello di un'ora di elicottero.

IL “COCCODRILLO” DEL PO

La storia dell'orribile pesce siluro, una sorta di pesce gatto gigante, che infesta le nostre acque interne è, a prima vista,  difficilmente distinguibile tra leggenda e fatto reale. La leggenda riferisce di due sommozzatori che immersisi in un laghetto furono aggrediti da misteriosi mostri, così enormi che potevano facilmente aggredire un uomo. I due risalirono velocemente ed i loro capelli erano divenuti bianchi dalla paura.

Un’altra variante afferma che nelle fauci del famelico pesce è rimasto intrappolato un cane che si stava abbeverando sulla riva di un fiume.

Tuttavia del terribile pesce siluro, nome scientifico “silurus glanis”, esistono documentazioni approfondite. Non è una specie autoctona, ma è presente anche nei nostri fiumi e laghi da alcuni anni. Nei luoghi di origine, Europa orientale ed Asia, dove raggiunge dimensioni ragguardevoli, un tempo si riteneva che assalisse anche l'uomo per divorarlo, e si citavano esempi di grossi siluri che, sezionati, avrebbero mostrato nel loro apparato digerente resti di corpi umani. Ma queste notizie sono prive di ogni fondamento reale. Vero è invece il maxi-esemplare di oltre un quintale pescato a Turbigo (Milano), nel laghetto dell’Arbusta qualche anno fa.

E' dal rapporto tra realtà (effettiva presenza del "vero" pesce siluro) e narrazione (si dice che due pescatori - o due subacquei, a seconda delle versioni - siano scomparsi divorati dal "leggendario" pesce siluro) che emerge un interessante immaginario fantastico.

MESSAGGI E-MAIL, CARTOLINE E BIGLIETTI DA VISITA PER IL BIMBO MALATO

Stando a un messaggio e-mail che circola imperterrito da anni, Jessica Mydek è una bambina americana di sette anni sofferente di cancro, e i suoi genitori avrebbero raggiunto un accordo con alcuni sponsor: per ogni messaggio forwardato e inviato ad un certo indirizzo questi avrebbero donato tre centesimi alla società americana per la ricerca sul cancro. Tutto falso.

Anthony Parkin sarebbe un bambino malato di leucemia, che avrebbe espresso come ultimo desiderio quello che il suo messaggio e-mail circoli per sempre sulla rete, in modo che una parte di lui possa vivere in eterno. Vicenda toccante, ma del tutto inventata.

Nell'autunno del 1989, sulle bacheche di molti uffici e università italiane apparve un appello ad inviare cartoline ad un bambino inglese, Craig Shergold, malato di tumore: desiderava entrare nel Guinness dei Primati. Sembrava il ritorno di una leggenda ben nota agli addetti ai lavori, ma non era così. L’appello si sparse a macchia d’olio in tutto il mondo e nell’edizione 1991 del Guinness, il bambino inglese è entrato nei records, per aver ricevuto 16.252.692 di cartoline d’auguri.

Craig Shergold esiste realmente, i giornali ne hanno pubblicato le fotografie, era affetto da un tumore al cervello e all'epoca dell'appello aveva 10 anni. Poco dopo venne operato in una clinica specializzata degli Stati Uniti. Ora ha ventidue anni, è perfettamente guarito, ha ricevuto un centinaio di milioni di cartoline e lancia appelli affinchè il mondo intero smetta di scrivergli!

E sì, perchè la richiesta originale continua a circolare subendo anche trasformazioni inaspettate. Gia’ a partire dal 1991 è iniziato a circolare un nuovo appello in cui il piccolo Craig (anche se il nome è stato più volte storpiato) vuole entrare nel Guiness dei Primati per aver collezionato il maggior numero di biglietti da visita. Ma questa volta il bambino inglese non c’entra nulla. L’appello è del tutto infondato. Una sottile vendetta nei confronti di chi ha fatto diventare, suo malgrado, realtà una leggenda metropolitana?

STREGATI DALLA CATENA

Chi non è mai stato coinvolto dalla cosiddetta catena di Sant'Antonio, quella famosa lettera, generalmente fotocopiata, sulla quale si invita il destinatario a farne subito un certo numero di copie da spedire ad amici e parenti, pena una serie non meglio precisata di disgrazie? Le copie, di solito, vengono infilate anonimamente nella buca delle lettere di ignari cittadini, ma con l’avvento di Internet, anche le caselle di posta elettronica sono state invase da questi messaggi. Ogni nazione ha e ha avuto la sua “catena”.

Un altro sistema utilizzato per trasmettere la catena sono le banconote da “millelire”. I vantaggi sono evidenti, in quanto la carta moneta consente sia di arrivare a innumerevoli persone sia di evitare spese postali.

Il fenomeno ha origini antiche. Era diffusa negli anni Cinquanta, trascritta rigorosamente a mano in ogni suo esemplare. Iniziava così: “Recita tre Ave Maria a Sant'Antonio”. E poi seguiva tutta la sequela di fortune e disgrazie che avevano colpito i prosecutori o chi aveva interrotto la catena. Da notare che oggi i testi si sono decisamente laicizzati, essendo scomparsa del tutto la richiesta introduttiva.

Ancor più antica è la versione che circolava durante la prima guerra mondiale sotto forma di preghiera per la pace, interpretata da ministri e funzionari di polizia come propaganda nemica da sopprimere.

La diffusione di questo fenomeno, oltre alla cultura della superstizione che continua a prosperare nel nostro paese, tra ancestrali timori e un pizzico di ignoranza che riescono ancora a sopraffare la logica e la ragione, è giustificabile anche dalla molla della condiscendenza. Il dubbio scatta anche tra molta gente di cultura all’insegna del “non ci credo, ma meglio non rischiare”.

PERICOLO: FIGURINE ALL’LSD!

All'ansia legata alla sicurezza per i propri figli si rifanno i volan­tini, circolanti per tutta la penisola dai primi anni Ottanta, che mettono in guardia i genitori da fantomatici spacciatori che regalereb­bero figurine all'LSD, "spesso intrise di stricnina", davanti alle scuole elementari per condurre i bambini nel mondo della droga.

Di solito sono fotocopie sbiadite di presunti comunicati emanati dalla Polizia, dal Ministero della Pubblica Istruzione, dai Carabinieri o dall’ospedale di zona e spesso contengono l’esplicita richiesta di essere duplicati e diffusi. Quando le autorità interessate sono passate al contrattacco, smentendo categoricamente l’autenticità del comunicato, il panico si era diffuso ovunque.

I primi volantini "fasulli" sui tatuaggi all'LSD iniziarono a circolare negli Stati Uniti nel 1981. L'ipotesi di una strate­gia desti­nata ad avvicinare i bambini alla droga per farne una futura clien­tela tramite lo spaccio gratuito di "figurine all'LSD" non è sostenibile. E' tuttavia certa l'esistenza di piccoli fogli porosi intrisi di una dose attiva di LSD, conosciuti come "blotter acid". Ma tra questo fatto e la distribuzione gratuita dell'acido ai bambini (ogni dose viene venduta a 40/50 mila lire) non vi è alcuna con­nessione.

E' quindi mi­schiando informazioni vere ed altre completamente false, che il volantino rende il suo contenuto credibile, facendo leva so­prattutto sulle paure col­lettive.

I POTERI MIRACOLOSI DELLA COCA-COLA

La Coca-Cola è ormai un simbolo, un mito. E fra le tante sfaccettature che la cultura popolare gli ha attribuito, forse anche a causa del voluto alone di mistero che si cela in parte dietro alla sua formula, emergono i molteplici usi “alternativi” o proprietà fantastiche che ha assunto nell'immaginario collettivo, dapprima negli Stati Uniti, poi in ogni angolo della Terra.

Si dice che la Coca-Cola venga regolarmente usata come solvente per eliminare la ruggine da dadi e bulloni o da oggetti cromati, per disostruire tubi di scarico, per rimuovere l'olio vecchio dai motori delle auto e per togliere lo smalto dalle unghie. Qualcuno sostiene che venga usata per pulire i banconi di lavoro alla Fiat o i serbatoi delle petroliere. Oggetti o piccoli animali lasciati per un certo periodo nella Coca-Cola si dissolverebbero. In realtà, l'acido fosforico contenuto nella Coca Cola, ritenuto la causa della sua corrosività, è dello 0,055%, ben al di sotto dell’1,09% contenuto, ad esempio, negli agrumi!

Alla Coca-Cola sono anche attribuite particolari facoltà terapeutiche: è antica la credenza secondo cui prendere un’aspirina con la Coca abbia effetti afrodisiaci.

D'altro canto, c'è anche chi crede che la Coca ingerita assieme ad altre sostanze abbia effetti disastrosi. Per esempio, con le caramelle Pop Rocks - quelle super frizzanti - si dice che possa far addirittura esplodere lo stomaco.

Ma di gran lunga sono le sue paventate proprietà contraccettive ad alimentare il maggior numero di storie. La credenza è molto diffusa tra le ragazze americane, che pare seguano scrupolosamente queste istruzioni: agitare prima dell'uso, fare un forellino nella lattina e dirigere il getto nella vagina. Auguri!

Nel corso della mostra abbiamo attuato un esperimento: un bicchiere pieno di Coca con monete, chiodi e spilli. Alla fine, cosa ne è rimasto?

ORRORI ALIMENTARI

Spesso si diffondono storie che paio avere l'intento di rovinare una sana e onesta attività. Le due leggende più comuni sono:

- carcasse di cani o gatti reperite nei cortili o nei frigoriferi di ristoranti;

- ripieni di cibo per gatti negli agnolotti prodotti da negozi di pasta fresca.

Per la cronaca, nella maggioranza dei casi, ignobili menzogne che non hanno nessun riscontro: chiacchiere, tranquillamente assimilabili come metodo e caratteristiche alle leggende metropolitane.

Negli anni Sessanta, si diffuse la voce che la carne nelle scatolette fosse di cane anzichè di manzo. Qualcuno narrava di aver visto dei cani fuggire dal furgone di una ditta produttrice di carne in scatola, coinvolto in un incidente stradale.

Consistenza e impossibilità di risalire agli ingredienti che lo compongono hanno reso anche il dado da brodo vittima di dicerie. E’ stato detto che i dadi sono fatti con carne di serpente, topi e perfino carne umana. Secondo altri si tratterebbe di residui delle lavorazioni nucleari.

Anche gli hamburger serviti nei fast-foods non ne sono usciti indenni: sareb-bero confezionati con carne di topo macinata.

Altre voci, diffuse nella nostra penisola, ma non solo, sono riferite alla Nutella e alla gomma da masticare Big Babol: la prima sarebbe fatta con grasso di balena, di foca, oppure - secondo voci più recenti - di nutria; le seconde avrebbero come ingredienti primari le cose più ignobili: fegato, ossa, code di topo, pelo pressato e grasso sempre di topo, che spiegherebbe la proprietà di creare palloncini così grandi.

Un giorno si sparse la diceria che la Bubble Yum, una marca di gomma da masticare, conteneva uova di ragni e che i bambini che ne facevano uso si sarebbero svegliati coperti di queste bestioline.

Nel 1997 la polizia palestinese lanciò l’allarme per un chewing gum in vendita a poco prezzo nei territori occupati che si diceva capace di scatenare gli appetiti sessuali femminili, di portare alla sterilità e di distruggere il sistema genetico dei bambini. Un’arma diabolica messa in commercio dagli israeliani per annientare il nemico!

ESPRIMI TRE DESIDERI...

Marisa, laurea in lettere con 110 e lode, non ha dubbi: se ora è dottoressa il merito è tutto di quell'ammasso gelatinoso di colorito bruno che puzza incredibilmente, meglio noto come la “pianta egiziana”. Siamo agli inizi del 1994, quando nel nostro paese è sbarcata la soluzione che avrebbe permesso a tutti di far diventare finalmente realtà “tre desideri impossibili”.

Come? Innanzitutto bisogna procurarsi la “pianta” da chi ce l’ha già. Poi, basta seguire attentamente le istruzioni scritte su un foglietto. Attenti però, ogni domenica, la pianta “partorisce”: è sufficiente staccare la pellicola superiore e consegnarla “a chi si vuol bene”. Alla conclusione del ciclo, la terza domenica, occorre estrarre la “madre” dal torbido liquido e farla asciugare in un panno. Lei si “seccherà, prendendo le sembianze di una foglia o una pietra che sarà fonte di energia cosmica”.

Piegata dal ricatto superstizioso, l'Italia intera è stata in breve infestata da orde di “mucillagini” affamate di tè.

Ma cos'è realmente questa “pianta egiziana”, da altri conosciuta come “alga giapponese”? A sentire gli esperti non sarebbe nè una pianta nè un'alga, ma una densissima colonia di microrganismi composta in particolare da una specie ben nota di batteri, l'Acetobacter xylinum, e di diverse specie di lieviti.

E pensare che, a dar retta ad altre fonti e ad alcuni salutisti, la pianta egiziana, che in realtà si chiamerebbe kombucha, sarebbe la panacea di tutti i mali. Ma non per intercessione di energie cosmiche, bensì per le sue (presunte) proprietà curative e rinforzanti.

In effetti, un ospite molto simile alla pianta egiziana era già entrato nelle nostre case negli anni Cinquanta. Si tratta del famoso “fungo cinese”. Anche costui era coltivato nel tè e si riceveva in dono da amici e parenti. La bevanda che ne derivava serviva per ringiovanire e per combattere molte malattie.

La trasmissione dell’alga egiziana si è forse prodotta in contrasto alla moda del Kefir, che l’aveva preceduta di un anno. Il Kefir però non è un prodotto del folklore: è un derivato del latte, simile allo yogurt. Viene solitamente offerto da un’amica in un barattolo accompagnato da una ricetta ed ha proprietà vitaminiche e rinfrescanti.

Il passaggio dal Kefir alla pianta egiziana è un nuovo esempio di come nelle nostre città siano nascosti spezzoni d'irrazionalità, del tutto paragonabili alle modalità di diffusione delle leggende contemporanee.

IL CD ANTIMULTE

Quel CD, appeso allo specchietto retrovisore dell’automobile, è una moda, un modo per abbellire l’automobile o qualcos’altro?

Il dubbio cresce man mano che si vedono macchine circolare con quell’insolito inno alla tecnologia in bella mostra sul parabrezza. Come se non bastasse, alcuni ne adornano anche il lunotto posteriore.

Finalmente l’arcano si svela grazie ad un amico. “E’ un sistema infallibile per evitare il laser della polizia.” Con poco più di mille lire, tanto costa un CD vergine, si può dunque sfuggire ai terribili autovelox che sparano multe salatissime.

Ma tutto ciò è pura illusione. Anche incorniciare il proprio lunotto con una decina di CD, come ha fatto qualcuno, non serve a nulla, se non a ridurre la visibilità e aumentare il rischio di incidente. Eppure, questo sistema “infallibile” viene continuamente tramandato, e dopo i motociclisti spagnoli che apponevano il CD sopra le targe del loro mezzo, anche nel nostro paese ha trovato terreno fertile, sostituendosi all’altra leggenda metropolitana secondo cui i possessori di un telefonino Nokia potevano, componendo un particolare codice, essere avvisati in anticipo dall’approssimarsi di un autovelox della polizia, oppure ancora a quella della lacca spruzzata sulla targa.

VOCI DI RISCATTO

Dai settemila ai quindicimila scontrini fiscali in cambio di una carrozzina da donare a un persona povera e handicappata. Questo l’appello lanciato dieci anni fa che ha coinvolto migliaia di persone volonterose in una raccolta senza fine. Ma già durante i primi anni Ottanta si faceva incetta di codici a barre con le stesse finalità. Dopo aver riempito borse, portafogli, cassetti e vasellame vario, gli oggetti del nobile scambio venivano consegnati ad un’amica, che a sua volta li dava a un’altra amica, la quale li portava, si diceva, al centro di raccolta, ovvero un ente religioso, l’amministrazione locale, l’ufficio postale, la croce rossa, e così via. Eppure, questi ultimi hanno sempre smentito di essere loro i promotori della raccolta affermando invece di non sapere cosa farsene di scontrini e codici a barre.

Ci troviamo di fronte, più che a una leggenda, a una tra le più antiche e classiche “voci di riscatto”. Chi, negli anni Sessanta, non ha raccolto la carta stagnola per ottenere un cane guida per non vedenti? Anche in questo caso, dietro alla buona fede delle persone, non vi fu alcun riscontro tangibile e la notizia fu smentita più volte dalla stessa Unione Italiana Ciechi. E i più anziani ricorderanno come negli anni Venti la carta stagnola veniva raccolta per essere inviata alle missioni e “liberare un negretto”. Nulla di fatto anche in questo caso. L’ultima versione della raccolta si è diffusa a partire dal 1993: cinquemila tappi di plastica per la solita carrozzella.

Simili slanci di solidarietà si possono interpretare come parziali giustificazioni inconsce al consumismo: più si spende, più si raccoglie. Il fatto che nessun ente può avere interesse a ricevere simili “inutilità” e trasformarle in denaro contante per poi riconvertirlo in carrozzelle o altro similare, è stato completamente dimenticato.

 

 

 

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