Lungo il fianco sud-occidentale dell’Etna, in posizione dominante
sull’antistante piana alluvionale del fiume Simeto, si erge fino ad una quota
di 304 m sul livello del mare, il vulcanetto di Paternò che insieme a centinaia
di altri coni avventizi presenti sui fianchi del vulcano testimonia il
susseguirsi nel tempo di numerose manifestazioni eruttive apparentemente
indipendenti dal sistema principale di alimentazione. Non tutti i conetti
periferici hanno però in comune la stessa genesi: la maggior parte sono il
risultato di un’attività laterale nella quale la fuoriuscita di magma è
avvenuta tramite fratture che, propagandosi dal condotto centrale, hanno
intersecato a svariate quote i versanti del vulcano. Un numero più esiguo di
essi, tra cui rientrano il conetto di Paternò, di Motta S. Anastasia e di Moio
Alcantara, formatisi in epoca pre-etnea, sono stati generati da sistemi
indipendenti dal condotto centrale e direttamente collegati in profondità con
la camera magmatica, sorgente di ricarica delle manifestazioni vulcaniche
superficiali. Il processo di formazione del diatrema di Paternò viene quindi
collocato temporalmente durante le prime fasi dell’attività magmatica che ha
dato luogo alla formazione dell’Etna. I residui di quest’attività sono la
causa delle manifestazioni fumaroliche relative alle Salinelle di Paternò, del
Fiume e di S. Biagio, ubicate nei territori di Paternò e Belpasso.