Chiamato anche volgarmente hara-kiri (ventre-taglio), era il modo pił onorevole che il samurai aveva per togliersi la vita ed era la dimostrazione finale del suo coraggio. Questo rituale era considerato un privilegio riservato solamente ai samurai i quali avevano padronanza assoluta del proprio destino.
Non si conoscono le radici del seppuku, le occasioni per praticarlo erano:
Per seguire anche nell'aldilą il proprio Signore.
Per evitare di essere catturato dal nemico in caso di sconfitta.
Per contestare e fare cambiare una decisione presa da un Signore.
Come sentenza emanata dall'autoritą.
Per colpe commesse verso un superiore.
Per comprendere il seppuku bisogna tornare allo studio dello zen praticato dai samurai, secondo lo zen la morte e la vita erano sullo stesso piano e quindi l'atteggiamento del giapponese deve essere positivo per entrambi gli aspetti.
In Giappone la morte viene indicata con vari termini:
- yamagakuru (ritirarsi sulla montagna)
- kumogakuru (sparire nelle nuvole)
- iwatagakuru (addentrarsi nella grotta)
Per l'Hagakure, Bushido significa morte e il guerriero deve pensarci continuamente, sia alla mattina quando si alza che la sera prima di dormire, in questo modo la sua mente sarą preparata. Il seppuku era contemplato nel bushido come metodo per evitare il disonore. Nel XVII secolo furono introdotte regole rigide nel seppuku, che lo trasformarono in un vero e proprio rituale. In Giappone il ventre, hara, veniva considerato il centro dell'individuo, sede delle emozioni, della volontą, centro fisico e spirituale, quindi compiere hara-kiri significava uccidere completamente l'uomo.
Quando le circostanze lo permettevano il seppuku veniva preceduto da un bagno purificatore e da un banchetto offerto agli amici dove il samurai dimostrava rilassatezza, serenitą e autocontrollo. Alcune volte si scrivevano persino brevi poesie e versi (haiku) che descrivevano lo stato d'animo e davano l'addio alla vita. Seduto su un panno bianco (o su un cuscino) il samurai si squarcia il ventre (hara) con un movimento da sinistra verso destra e se ce la faceva risaliva verso l'alto (jumonji), per dimostrare la ferrea volontą di morire, l'arma utilizzata č la spada piccola wakizashi o il pugnale ko-ga-tana. Nella fase culminante del rituale, se il samurai non moriva e soffriva ancora dopo lo squarcio infertosi, un aiutante (kaishakunin), solitamente il migliore amico, posizionato alle sue spalle, gli tagliava la testa con un taglio netto di katana, per abbreviargli la sofferenza.
Il seppuku delle donne era molto differente: si suicidavano recidendosi l'arteria carotidea (del collo) con un pugnale (kaiken).


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