Il Mosaico del Nilo

Il mosaico nilotico, uno dei più famosi del mondo antico fu scoperto, quale pavimento della "sala absidata" adibita a cantina dell’episcopio (attuale seminario), nel periodo intercorrente tra il 1558 e il 1604 ed ammirato e valorizzato nel 1614 dal duca d’Acquasparta Federico Cesi, venuto a Palestrina in occasione delle nozze con Artemisia Colonna, figlia del principe feudatario della città. Nello stesso anno, forse sollecitato dallo stesso Cesi, il cavaliere Cassiano dal Pozzo riprodusse in diciotto tavole a colori il mosaico prenestino. Nel 1624-25 l’allora vescovo di Palestrina, cardinale Andrea Peretti, ordinò che il mosaico fosse fatto in pezzi quadri e trasportato a Roma. Non tutti i pezzi però furono portati nella capitale, perché il cardinale Domenico Ginnasi, succeduto al cardinale Peretti, non permise che fossero inviate a Roma le altre parti restate a Palestrina. Passato il feudo ai Barberini, il cardinale Francesco Barberini, si adoperò per entrare in possesso dei pezzi che erano stati portati a Roma; pezzi che ottenne intorno al 1635. Il cardinale Barberini commise il restauro dei quadri a Battista Calandra, e nel giugno del 1640 essi furono riportati a Palestrina ma durante il trasporto il mosaico subì molti danni. Il secondo restauro avvenne durante gli anni 1853/55 sotto la guida del cav. Giovanni Azzurri architetto di casa Barberini. Il mosaico fu diviso in 27 lastre di varia grandezza, marcando in linee le segature da farsi affinché i tagli cadessero nelle parti accessorie. Le lastre furono di nuovo trasportate a Roma ove fu eseguito il restauro per liberare le tessere dallo stucco viziato di salnitro, per collegarle tenacemente col nuovo, per sostituire alcune corrose pietruzze e ruotando il tutto affinché il mosaico riacquistasse " l’armonia, la vivacità dei colori e tutto l’effetto inpressovi dall’autore". In quella occasione, sulla parte superiore del mosaico furono aggiunti due stemmi di casa Barberini che nel restauro e consolidamento avvenuto nel 1952 sotto la guida del prof. Aurigemma, furono tolti.
       I l mosaico è stato oggetto di varie dispute fra gli studiosi che ne hanno date varie interpretazioni.
La magnifica scenografia rappresenta comunque l’Egitto inondato dal Nilo, che è il tema dominante dell’opera, in cui il fiume è visto come suprema divinità del pantheon egizio, nume benefico del potere fertilizzante. Nel corso del grande fiume egiziano dalle scaturigini dei monti etiopici sino al delta, si incontrano animali, piante ed edifici di quel paese con gli usi che accompagnano l’inondazione.
Attualmente si può ammirare, collocato in una parete del Museo Archeologico di Palestrina. 

Fonte del testo

" Palestrina " di Luigi Bandiera