Uno
degli obiettivi primari della manovra finanziaria del governo
Berlusconi è stato raggiunto in questi giorni con il
rientro in Italia di ben 54 miliardi di euro, lequivalente
del 4% del pil del nostro paese. Si tratta di quei capitali
che per decenni hanno riempito i forzieri delle più prestigiose
banche di mezzo mondo: ora sono a disposizione delleconomia
della sesta potenza industriale al mondo grazie alla cocciutaggine
del superministro dellEconomia Giulio Tremonti. Non indagheremo
qui sullorigine di questa cospicua messe dinvestimenti
o sulla capacità apparentemente prodigiosa di risparmiare
che certi italiani hanno avuto nelle ultime due o tre generazioni:
meglio che ad occuparsene siano i moralisti nostalgici di uneconomia
pauperista, nella quale il diritto di proprietà è
per il cittadino una colpa da cui emendarsi e non una ricchezza
da sfruttare per realizzare il proprio futuro. Ci preme invece
analizzare le possibili opportunità dinvestimento
che la Casa delle Libertà dovrebbe ora favorire per impiegare
al meglio questi nuovi capitali. I loro intestatari hanno finalmente
capito di poter godere dei grandi benefici che prodotti e servizi
finanziari allaltezza delle loro sofisticate esigenze
arrecheranno anche qui da noi, soprattutto adesso che il governo
è deciso a diminuire lentità delle imposte
dirette ed indirette.
Il
piglio risoluto da pater familias del governatore della Banca
dItalia Antonio Fazio non solo ha preservato i grossi
gruppi bancari del paese dal pericolo di annessione ad azionisti
esteri considerati troppo spregiudicati, ma ha ammodernato
la domanda ed offerta di denaro e titoli rivoluzionando il
mondo degli operatori finanziari. Oggi ogni risparmiatore
italiano può collocare le sue risorse finanziarie valendosi
di quasi duemila società dintermediazione finanziaria
nazionali o estere, tutte sufficientemente attrezzate per
informarlo correttamente sul grado di rischio di ogni singola
operazione proposta. Se però ci riferiamo ai grossi
patrimoni mobiliari ed immobiliari che sono lautentica
spina dorsale dei 54 miliardi di euro appena tornati allovile
Italia, il buon pastore alias il governo oggi in carica
deve ora favorire un loro impiego reale in attività
produttive per la nuova Italia in costruzione. Ecco che, ad
esempio, si rende necessaria la riforma ormai indifferibile
di quegli strani mostri del diritto pubblico che
rispondono al nome di fondazioni bancarie.
Questi
enti sono limbarazzante eredità ricevuta dai
precedenti governi di centrosinistra, tutti stato ed assistenzialismo,
e raramente hanno finora assolto ai compiti per i quali sono
preposti: finanziare e valorizzare i settori del nonprofit,
della ricerca scientifica e della salvaguardia dei beni artistici
locali. I loro consigli damministrazione sono abituati
a discutere più dei dividendi ricavati dallacquisto
di titoli mobiliari che delle risorse finanziarie da destinare
alle oltre 220mila organizzazioni presenti nella penisola
(dalle cooperative sociali alle organizzazioni non governative,
dai comitati scientifici dei maggiori atenei alle associazioni
di promozione sociale). Sancita la detassazione delle donazioni,
il governo deve interrompere il rapporto perverso fra i vertici
di una banca ed il Cda della sua fondazione, stabilendo lentrata
in questi ultimi di persone realmente rappresentative della
società civile al posto degli attuali componenti, cooptati
non si sa a quale titolo, colpevoli in questi anni di non
aver utilizzato, o di averlo fatto poco e male, le risorse
che spetterebbero per legge a chi si occupa del terzo settore.
Assieme
alle privatizzazioni, alle emissioni di bonds pluriennali
sulle grandi opere, alle altre riforme strutturali in senso
federalista di sanità, scuola e fisco questa riforma
rischia però di non vedere la luce, se lItalia
non riuscirà a tenere il passo delle altre democrazie
parlamentari europee. Come giustamente sostenuto dalleconomista
Renato Brunetta al convegno di Gubbio della Fondazione Ideazione,
il deficit di modernizzazione di cui soffriamo in settori
decisivi delleconomia è un problema che solo
la futura Costituzione europea ci aiuterà ad abbattere,
obbligandoci a realizzare quelle riforme che finora non abbiamo
fatto da soli. Cè da augurarsi che il governo
agisca a prescindere, smentendo coi fatti una simile pessimistica
previsione.
fonte:
ideazione.it
|