Ma
perché Fausto Bertinotti ce l'ha tanto contro McDonald's,
e benedice i contestatori del fast food più famoso
al mondo, simbolo della globalizzazione ormai assai più
della Coca Cola? Non riesco a capirne i motivi profondi e
ideologici: anzi, proprio in base ad essi Bertinotti dovrebbe
dimostrarsi un entusiasta sostenitore della diffusione mondiale
di questo pasto-veloce. Infatti, i McDonald's non sono altro
che il prototipo aggiornato al XXI secolo delle mense aziendali
bolsceviche in salsa yankee.
Un uomo di cultura, segretario di un partito che vuole "rifondare
il comunismo", dovrebbe infatti rendersi conto che non
vi è nulla di più marxista dei McDonald's: nelle
sue mense, uguali in tutto il mondo, gli inservienti sempre
vestono nella stessa identica maniera, vi vengono serviti
gli stessi identici piatti in tutto il mondo, e questi piatti
(patatine, pollo fritto, panini e hamburger) sono perfettamente
identici in tutto il mondo: porzioni di tot grammi, hamburger
di tot peso, ripieno standard eccetera. Inoltre, a queste
vettovaglie accedono tutti sullo stesso piano e per lo stesso
prezzo: ricchi e poveri, abbienti e meno abbienti, autoctoni
ed immigrati: le classi non esistono più. Insomma,
marxismo fordizzato, o fordismo marxistizzato.
Ma insomma che può voler mai di più il segretario
di un partito comunista? Nei McDonald's si è realizzata
l'utopia egalitaria di Lenin, per non parlare dei socialisti
utopici come Fourier e Owen: si sono abolite tutte le differenze
(di ambiente, di vestiario, di cibo, di clienti), ogni disparità
è scomparsa, ogni distinzione livellata si è
raggiunta l'eguaglianza sociale in ogni angolo del mondo:
da Roma a Pechino, da New York a Mosca, dall'Amazzonia alla
Papuasia tutto, sotto questo aspetto, è stato uniformato.
Che più?
Ma chi diceva, sin dal 1929, che americanismo e bolscevismo
sono le due facce di una stessa medaglia? Chi le paragonava
ad una tenaglia che stava stringendo in mezzo l'Europa prima
e avrebbe stretto poi il mondo?
Gianfranco
de Turris
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