UNO
STRUMENTO DI LIBERTÀ
Questo opuscolo nasce dalla volontà di fare chiarezza sulla
situazione della nostra scuola, alla luce della protesta studentesca
in atto. Non vogliamo essere gli unici portatori della verità,
vogliamo semplicemente fornire agli studenti, e a chiunque sia interessato
a capire, uno strumento capace di fornire dei dati reali sui quali
confrontarsi.
Nel corso degli anni il movimento studentesco, con le sue rivendicazioni,
le sue battaglie, le sue vittorie, si è caratterizzato per
la capacità di fare proposte concrete e dare risposte reali,
e si è costruito con molta fatica quella credibilità
che sta alla base di ogni forma di istituzionalizzazione delle rappresentanza
degli studenti.
Oggi, invece, si ha come l'impressione che la protesta sia mossa
non dalla volontà di difendere i diritti degli studenti,
ma dalla necessità di strumentalizzare il movimento studentesco
per fare gli interessi di qualche partito dell'opposizione al Governo.
Si ha questa impressione perché la maggior parte delle colpe
che vengono imputate al Ministro Moratti sono tristemente campate
in aria, come se ci fosse una volontà imposta dall'alto di
portare avanti la protesta senza che ce ne siano i motivi, con il
risultato che gli studenti diventano delle marionette dei potenti.
Troppe cose non tornano. Non torna, ad esempio, perché dopo
essere stati zitti nei sei anni durante i quali Berlinguer e De
Mauro distruggevano la scuola italiana a suon di Leggi e Decreti,
si sia oggi deciso di fare lo sciopero della fame contro una riforma
che non c'è (l'unico atto ufficiale che esiste è un
documento di otto saggi sul quale si confronteranno tutte le parti
in causa, non c'è una proposta di legge
). Non torna
il motivo per cui si decide di occupare le scuole contro la parità
scolastica della Moratti, che non ha mai parlato di parità,
facendo finta di non sapere che c'è una Legge del 2000 (Governo
D'Alema) che permette il finanziamento alle private, Legge contro
la quale, al tempo, nessuno ha protestato.
I nostri diritti non possono essere sottomessi ad un interesse di
partito. I nostri diritti, e quelli degli studenti che verranno
dopo di noi, sono cosa ben più importante, ed è nostro
dovere difenderli. Per questo continueremo a batterci, continueremo
a portare avanti le nostre rivendicazioni, ma vogliamo rimanere
studenti, non vogliamo essere dei piccoli politicanti. Ed è
per questo che abbiamo scritto questo opuscolo - che racchiude i
testi di molte leggi e documenti nonché alcune delle proposte
principali di Azione Studentesca - perché ognuno possa giudicare
sulla base di dati reali e pensare con la propria testa, e non con
quella di chi vuole utilizzarci per difendere una poltrona. Solo
quando saremo in grado di giudicare autonomamente quello che ci
accade attorno, potremo considerarci liberi
RIORDINO DEI CICLI SCOLASTICI - COMMISSIONE
BERTAGNA
L'unico
reale atto ufficiale del Ministero della Pubblica Istruzione. Occorre
ricordare, a tal proposito, che il documento della commissione di
saggi incaricata dal Ministero di immaginare le linee guida per
il riordino dei cicli scolastici - all'indomani dell'abolizione,
giustissima, della Legge 30/2000 di Berlinguer - non costituisce
che un'ipotesi, e in nessun caso è vincolante nei confronti
del Ministero. Il Ministro, convocando gli Stati Generali della
Pubblica Istruzione per discutere il documento, ha dimostrato la
volontà di confrontarsi con tutte le anime della scuola.
Il fatto che il documento Bertagna sia ad oggi modificabile sulla
base del confronto che uscirà dagli Stati Generali è
sintomo della volontà di portare avanti una riforma partecipata
e condivisa, anche e soprattutto dagli studenti. Quelli che intendono
organizzare un "controforum" dimostrano di fuggire dal
confronto, forse perché sarebbe difficile portare avanti
rivendicazioni campate in aria davanti a chi può smentirle
LE PROPOSTE IN BREVE
Nel
tentativo di sintetizzare, la proposta di riforma della Commissione
Bertagna (può aiutare il prospetto allegato) si può
riassumere nei punti seguenti:
" Orientamento obbligatorio per gli studenti delle scuole superiori
" Istruzione e formazione per tutti fino a 18 anni (elevamento
dell'obbligo a 12 anni, dai 6 ai 18 anni);
" riconoscimento della frequenza della scuola dell'infanzia,
che resta facoltativa e triennale, come uno degli almeno 12 anni
di istruzione/formazione necessari per ottenere una Qualifica (oggi
ne bastano 10);
" mantenimento della struttura ordinamentale attuale per la
scuola primaria (cinque anni) e per la scuola media (tre anni);
scelta degli studi secondari, quindi, a 14 anni, come adesso, e
non più a 13, come previsto dalla legge 30/2000. Resta inteso
che dopo questa scelta lo studente può sempre cambiare idea,
trattandosi di percorsi formativi caratterizzati dalla massima flessibilità;
" suddivisione di questi due cicli ordinamentali in 4 cicli
biennali unitari sul piano della continuità didattica e organizzativa,
nonché in due cicli quadriennali per le attività dei
Laboratori;
" accesso all'università anche per i diplomati della
formazione secondaria a tempo pieno o in alternanza scuola-lavoro;
" possibilità di scelta per tutti tra università
e formazione superiore con corsi di preparazione per chi ne ha bisogno;
" per promuovere il profilo finale degli allievi e gli obiettivi
didattici specifici ad esso relativi, disponibilità, per
gli allievi e le famiglie, di affiancare all'orario obbligatorio
di 825 ore annuali quello facoltativo fino a 300 ore annuali, da
svolgersi in laboratori di Informatica, Lingue straniere, Attività
motorie e sportive, Attività espressive (teatro, musica,
pittura, cinema, fotografia
), Recupero e sviluppo degli apprendimenti;
" tre possibilità per giungere all'istruzione e alla
formazione superiore oppure per entrare nel mercato del lavoro:
la prima si riferisce all'istruzione secondaria (Licei), la seconda
alla formazione secondaria a tempo pieno (Istituti), la terza alla
formazione secondaria in alternanza scuola-lavoro;
" potenziamento della formazione superiore, chiamata a diventare
sempre più concorrenziale con i corsi universitari e a distribuirsi
su un arco temporale da un trimestre a sei semestri;
" accertamento della preparazione degli studenti in ingresso
all'istruzione universitaria e alla formazione superiore;
" possibilità, per chi risultasse carente, di frequentare
per il tempo necessario (da un mese ad un anno) moduli specifici
di riallineamento contenutistico e metodologico, organizzati in
collaborazione tra l'università e la formazione superiore
e la scuola secondaria.
RIVENDICAZIONI
"
Elevazione dell'obbligo scolastico a 12 anni, articolazione unitaria
della scuola dai 6 ai 14 anni che permetta un maggiore raccordo
ed una maggiore fluidità tra l'ultimo anno della scuola primaria
ed il primo della secondaria di I grado e tra l'ultimo anno della
scuola secondaria di I grado e gli studi successivi, nonché
la necessità di eliminare i numerosi danni causati dall'attuazione
della Legge 30 in materia di riordino dei cicli scolastici, rispondono
perfettamente alla nostra impostazione, ferma restando la necessità
di un confronto articolato sulla riforma curricolare dalla quale
il riordino dei cicli scolastici non può prescindere.
" L'impostazione generale fornita dai punti all'esame della
commissione sembra scongiurare di fatto il maggiore pericolo individuato
da Azione Studentesca nella "Riforma Berlinguer", cioè
la volontà di uniformare il livello culturale e educativo
(intendendo per livello culturale e educativo non già la
pari opportunità per tutti di raggiungere elevati livelli
culturali e di conoscenza, assolutamente doverosa, ma la capacità
di ogni singolo soggetto di portare alla massima espressione le
proprie capacità ed attitudini) attraverso un'offerta formativa
che poco spazio lascia allo sviluppo delle facoltà individuali.
Tendenza, questa, figlia della dannosa impostazione che mira a distruggere,
in nome dell'uguaglianza universale, le identità e le differenze,
patrimonio, a nostro avviso, di inestimabile valore. Immaginare
una scuola che intenda fornire a tutti pari opportunità formative
e culturali per ottenere il massimo sviluppo possibile della personalità
e delle competenze che verranno messe a disposizione della società,
altro non rappresenta che il mantenimento di un filo conduttore
con la grande tradizione culturale italiana. Già da tempo
abbiamo contestato l'incapacità della scuola italiana, i
cui programmi risalgono alla riforma Gentile, di raccordarsi con
il mondo del lavoro, ed abbiamo rivendicato la necessità
di una riforma profonda che fosse in grado di valorizzare,, a fianco
della tradizione culturale classica, la formazione necessaria all'inserimento
professionale. L'ipotesi di un "percorso graduale e continuo
di formazione professionale parallelo a quello scolastico ed universitario
dai 14 ai 21 anni" pur rispondendo, dunque, ad un'esigenza
sentita, necessita tuttavia di alcuni punti fermi, senza i quali
non condivideremmo l'impostazione generale data al nuovo sistema
di istruzione: Uno studio mirato alla formazione professionale,
soprattutto se intrapreso a 14 anni, non può prescindere
dal mantenimento di un percorso di cultura generale necessario alla
costruzione dell'uomo prima che del lavoratore, indispensabile all'educazione
di cittadini maturi, consapevoli della propria identità,
che abbiano capacità critica, versatilità, valori
di riferimento. Questo perché la scuola deve anzitutto educare,
poi insegnare, ma anche perché è principalmente attraverso
l'istruzione che una nazione mantiene vive le proprie specificità
e tradizioni. Se puntassimo alla costruzione di tecnici specializzati,
privi di consapevolezza rispetto ai principi etici, morali, ai valori
tradizionali - retaggio di una cultura millenaria - che regolano
il funzionamento della società, non avremmo raggiunto l'obiettivo
principale che la scuola deve porsi, cioè quello di crescere
nuove generazioni di cittadini, una nuova classe dirigente che incarna
il proprio passato per proiettarsi nel futuro. Partendo da queste
riflessioni, riteniamo che il percorso di formazione professionale
debba essere comunque accompagnato ad un percorso di cultura generale
almeno fino ai 18 anni, e proponiamo l'insegnamento obbligatorio
di materie che contribuiscano allo sviluppo di una cittadinanza
matura, quali nozioni di diritto.
" Ci lascia perplessi la possibilità di ridurre da cinque
a quattro anni la scuola superiore, ed in particolar modo la formazione
di carattere liceale; ridurre i licei a quattro anni equivale a
snaturarne il percorso. Occorre, a nostro avviso, immaginare una
formula che permetta di mantenere i cinque, e non quattro, anni
di liceo all'interno dei dodici anni dell'obbligo scolastico;
" Fermo restando il piano di studi nazionale obbligatorio,
consentire il massimo sviluppo delle capacità di tutti equivale
a fornire il maggior numero possibile di servizi, ovvero di insegnamenti
extracurricolari ma anche di strumenti finalizzati alla crescita
ed all'aggregazione, intesa come appartenenza, comunità.
A tal fine occorre immaginare, nell'ambito dell'autonomia scolastica,
una forte valorizzazione delle attività complementari, anche
autogestite, già previste dal DPR 567/96, che fummo i primi
a proporre. Immaginare la scuola come luogo della principale crescita
sociale degli studenti, incrementare attività non solo curricolari
ed extracurricolari, ma connesse allo sport, alla musica, al teatro,
al recupero dei saperi e delle arti tradizionali, permetterebbe
di colmare il grande vuoto rappresentato in Italia dalla mancanza
di luoghi reali di aggregazione giovanile, un vuoto che ha di fatto
contribuito all'incremento di fenomeni degenerativi quali i centri
sociali, luoghi all'interno dei quali dilagano la violenza, l'intolleranza
e l'istigazione all'utilizzo di sostanze stupefacenti. L'ipotesi
di affiancare all'orario obbligatorio un orario facoltativo rientra
perfettamente in tale quadro. Tuttavia, insegnamenti come l'educazione
fisica non possono assolutamente essere relegati al ruolo di attività
facoltative; occorre, di contro, valorizzarne il ruolo educativo
e formativo, tanto da garantire a livello nazionale l'inserimento
di tali discipline nell'orario obbligatorio, indipendentemente dal
modulo didattico prescelto;
" la proposta di "ridare valore e incidenza, anche ai
fini della prosecuzione, senza interruzioni e ripetizioni di singole
tappe del percorso degli studi, alla valutazione del comportamento
in classe e alla capacità di stabilire relazioni positive
con gli altri studenti e con i docenti, dimostrando di aver raggiunto
il grado di maturità nei rapporti sociali corrispondente
al livello del sistema educativo al quale si è giunti"
ci trova completamente contrari; troppo spesso il cosiddetto "voto
di condotta" è stato utilizzato dal corpo docente come
strumento intimidatorio nei confronti degli studenti; si è
in alcuni casi, arrivati all'aberrazione di punire attraverso il
voto di condotta gli studenti che avevano idee, in particolare politiche,
difformi da quelle dei docenti. La maturazione degli studenti viene
valorizzata non già dall'utilizzo di strumenti repressivi,
ma dalla capacità del corpo docente di comprendere il complesso
mondo adolescenziale;
" Ci trova invece completamente d'accordo - poiché risponde
alla necessità di ottenere il massimo sviluppo per ognuno
- la possibilità di predisporre piani di studio personalizzati
(fermi restando gli insegnamenti obbligatori) che consentano una
completa maturazione delle singole identità e specificità,
anche attraverso il primato dei vincoli di risultato su quelli di
percorso.
" L'autonomia scolastica (ovvero dei Centri per la formazione),
se condotta in maniera adeguata, ha le caratteristiche per avvalorare
il processo in oggetto e il principio generale che lo supporta.
Proprio a causa della sua importanza, però, l'autonomia scolastica
non può essere demandata all'esclusivo governo dei Capi d'Istituto.
Già da tempo Azione Studentesca ha rivendicato la necessità
di una riforma profonda degli organi collegiali, capace di coinvolgere
attivamente nelle scelte tutte le componenti scolastiche, prima
fra tutte quella degli studenti, principali fruitori delle scelte
effettuate. La partecipazione attiva degli studenti al processo
dell'autonomia scolastica favorisce, inoltre, la maturazione dei
soggetti attraverso una responsabilizzazione necessaria, al di là
della demagogia con la quale troppo spesso si è parlato di
"centralità dello studente".
ORGANI
COLLEGIALI E RAPPRESENTANZA STUDENTESCA
Nel
corso degli anni la rappresentanza istituzionale degli studenti
ha fatto molti passi avanti, grazie alla credibilità di un
movimento studentesco che, a differenza di quello di oggi, ha saputo
caratterizzarsi con una partecipazione attiva alle iniziative dei
Ministri della Pubblica Istruzione. Oggi, dopo anni di battaglie,
vantiamo diversi organi di rappresentanza istituzionale, tra cui
il Forum delle Associazioni Studentesche - che nasce da una proposta
di Azione Studentesca e istituisce un tavolo di confronto permanente
tra il Ministero della Pubblica Istruzione e le associazioni di
tutela del diritto allo studio maggiormente rappresentative - e
le Consulte Provinciali degli studenti, organi di rappresentanza
elettiva a livello territoriale che permettono lo svolgimento di
numerose attività anche attraverso lo stanziamento di fondi
specifici da parte del Ministero.
Tuttavia, Azione Studentesca ha sempre rivendicato la necessità
che si procedesse ad una riforma degli organi collegiali interni
alla scuola (Consiglio d'Istituto etc.) soprattutto all'indomani
dell'entrata in vigore dell'autonomia scolastica, che demanda alla
gestione delle singole scuole gran parte del funzionamento delle
stesse. Ad oggi l'autonomia scolastica viene demandata quasi esclusivamente
ai presidi, mentre riteniamo che ci debba essere un governo collegiale
capace di rappresentare equamente tutte le componenti interne alle
scuole, prima fra tutte quella studentesca.
Il Ministro Moratti non si è ancora espresso sul tema del
riordino degli organi collegiali, anche perché, in realtà,
questa competenza spetta non al Ministero ma al Parlamento. Esiste
una proposta di legge promossa da Forza Italia, ancora non discussa
alla Camera, che individua gli organi di Governo dell'autonomia
scolastica. Riportiamo qui di seguito il testo integrale della proposta
di Legge, e la posizione di Azione Studentesca sulla stessa:
XIV
LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 2010
PROPOSTA DI LEGGE
Art.
1.
(Governo
delle istituzioni scolastiche).
1.
Al governo delle istituzioni scolastiche concorrono i docenti, i
genitori, gli alunni e gli enti locali secondo i princìpi
della presente legge.
2. Le istituzioni scolastiche, nell'esercizio della propria autonomia,
disciplinano la composizione e il funzionamento degli organi di
governo secondo i princìpi della presente legge.
3. Gli organi di governo concorrono alla definizione degli obiettivi
educativi e formativi, attraverso percorsi articolati e flessibili
coerenti con l'autonomia scolastica, che trovano compiuta espressione
nel piano dell'offerta formativa, comprensivo delle diverse opzioni
eventualmente espresse da singoli o da gruppi di insegnanti nell'ambito
della libertà di insegnamento. Essi valorizzano la funzione
educativa dei docenti, il diritto all'apprendimento e alla partecipazione
degli alunni alla vita della scuola, la libertà di scelta
dei genitori ed il patto educativo tra famiglie e docenti.
4. L'organizzazione delle istituzioni scolastiche è improntata
al principio della distinzione tra funzioni di indirizzo, che spettano
agli organi di governo, e compiti di gestione, che spettano al dirigente
scolastico.
Art.
2.
(Organi
delle istituzioni scolastiche).
1.
Gli organi delle istituzioni scolastiche sono:
a)
il consiglio di amministrazione di cui agli articoli 3 e 4;
b) il collegio dei docenti di cui all'articolo 5;
c)
gli organi collegiali di valutazione degli alunni di cui all'articolo
6;
d)
il nucleo di valutazione di cui all'articolo 7.
Art.
3.
(Consiglio
di amministrazione).
1.
Il consiglio di amministrazione, nei limiti delle disponibilità
di bilancio, e nel rispetto delle scelte didattiche definite dal
collegio dei docenti, ha compiti di indirizzo generale delle attività
dell'istituzione scolastica. Esso, su proposta del dirigente scolastico:
a)
delibera il regolamento relativo al proprio funzionamento, comprese
le modalità di elezione, sostituzione e designazione dei
suoi membri;
b)
approva il piano dell'offerta formativa;
c)
approva il bilancio di previsione annuale ed il conto consuntivo;
d)
delibera il regolamento di istituto, che definisce i criteri per
l'organizzazione e il funzionamento dell'istituzione scolastica,
per la partecipazione degli studenti e delle famiglie alle attività
della scuola, nonché per la designazione dei responsabili
dei servizi e dei progetti;
e)
nomina gli esperti di cui all'articolo 4 entro due mesi dalla prima
convocazione successiva alla sua costituzione.
2.
Il consiglio di amministrazione dura in carica tre anni scolastici
ed è rinnovato entro il 30 settembre successivo alla sua
scadenza.
3. In sede di prima attuazione della presente legge, il regolamento
di cui al comma 1, lettera a), è deliberato dal consiglio
di circolo o di istituto uscenti. Decorsi sei mesi dal suo insediamento,
il consiglio di amministrazione può adottare modifiche ed
integrazioni al regolamento deliberato ai sensi del presente comma.
4. Nel caso di persistenti e gravi irregolarità o di impossibilità
di funzionamento o di continuata inattività del consiglio
di amministrazione, il dirigente scolastico, al fine di assicurare
lo svolgimento delle attività della scuola e l'assolvimento
della funzione educativa, provvede al suo scioglimento, nominando
un commissario straordinario che resta in carica fino alla costituzione
del nuovo consiglio.
Art.
4.
(Composizione
del consiglio
di amministrazione).
1.
Il consiglio di amministrazione è composto da un numero non
superiore a undici membri, ivi compreso il dirigente scolastico,
che ne è membro di diritto. Nella composizione del consiglio
deve essere assicurata una rappresentanza dei docenti, dei genitori
e, negli istituti di istruzione secondaria superiore, degli studenti.
Ne fanno parte altresì un rappresentante dell'ente tenuto
per legge alla fornitura dei locali della scuola e, in numero non
superiore a tre, esperti in ambito educativo, tecnico o gestionale.
2. Le modalità di costituzione delle rappresentanze dei docenti,
dei genitori e degli studenti sono stabilite dal regolamento di
cui all'articolo 3, comma 1, lettera a).
3. Il consiglio di amministrazione è presieduto dal dirigente
scolastico, il quale lo convoca e fissa l'ordine del giorno. Il
consiglio si riunisce altresì su richiesta di almeno i due
terzi dei suoi componenti.
4. Partecipa alle riunioni del consiglio di amministrazione, senza
diritto di voto per le delibere riguardanti il bilancio, il direttore
dei servizi generali e amministrativi, che svolge le funzioni di
segretario del consiglio stesso.
Art.
5.
(Collegio
dei docenti).
1.
Il collegio dei docenti ha compiti di indirizzo, programmazione,
coordinamento e monitoraggio delle attività didattiche ed
educative. Esso provvede in particolare, alla elaborazione del piano
dell'offerta formativa.
2. Il collegio dei docenti si articola in dipartimenti disciplinari,
e può anche istituire ulteriori forme organizzative quali
commissioni, gruppi di lavoro e di progetto, ritenute idonee allo
svolgimento dei propri compiti. Tale organizzazione del collegio
è recepita dal regolamento di istituto di cui all'articolo
3, comma 1, lettera d).
3. Il collegio dei docenti è presieduto e convocato dal dirigente
scolastico, che stabilisce l'ordine del giorno dei lavori.
Art.
6.
(Valutazione
collegiale degli alunni).
1.
I docenti, nell'esercizio della propria responsabilità professionale,
valutano in sede collegiale gli alunni, periodicamente ed alla fine
dell'anno scolastico, secondo modalità organizzative coerenti
con i percorsi formativi degli alunni stessi indicate dal regolamento
di istituto di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d).
Art.
7.
(Nuclei
di valutazione di istituto).
1.
Ciascuna istituzione scolastica costituisce, anche in raccordo con
il servizio nazionale di valutazione, un nucleo di valutazione del
funzionamento della scuola e della qualità complessiva del
servizio scolastico, composto in prevalenza da esperti nel campo
della valutazione, secondo modalità definite con il regolamento
di istituto di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d).
Art.
8.
(Partecipazione
e diritti degli studenti
e delle famiglie).
1.
Le istituzioni scolastiche, nell'ambito dell'autonomia organizzativa
e didattica riconosciute dalla legge, valorizzano la partecipazione
alle attività della scuola degli studenti e delle famiglie,
di cui garantiscono i diritti di riunione e di associazione.
2. Salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, ultimo periodo,
il regolamento di istituto di cui all'articolo 3, comma 1, lettera
d), può stabilire altre forme di partecipazione dei genitori
e degli studenti. Si applica anche ai genitori quanto previsto per
gli studenti dall'articolo 2, commi 9 e 10, del regolamento di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249.
Art.
9.
(Abrogazioni).
1.
Sono abrogate le disposizioni di cui alla parte I, titolo I, capi
I, V, VI e VII, del testo unico di cui al decreto legislativo 16
aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, incompatibili con
la presente legge.
RIVENDICAZIONI
"
Il termine Consiglio di Amministrazione, benché renda bene
l'idea di un organismo di governo all'interno di scuole che si autogestiscono
in termini amministrativi e finanziari, poco si addice al sistema
scolastico. Suggeriamo di modificarne il nome.
" Ci trova completamente contrari la mancanza di garanzie a
livello nazionale sulla rappresentanza degli studenti all'interno
di questo organo, cosi come la scomparsa tra gli organi di governo
della scuola del Comitato Studentesco, che racchiude i rappresentanti
di ogni classe e rappresenta l'organismo di massimo confronto tra
gli studenti all'interno delle singole istituzioni scolastiche.
" Rappresentanza nei Consigli di Amministrazione proporzionale
al numero degli studenti, garantita a livello nazionale, paritetica
a quella dei docenti;
" Costituzione obbligatoria in ogni scuola del Comitato Studentesco,
che elabora proposte relative alla partecipazione degli studenti
all'attività della scuola da sottoporre al Consiglio di Amministrazione,
ed esprime pareri sulle iniziative intraprese dallo stesso;
" Le modalità di elezione delle rappresentanze interne
alla scuole devono essere stabilite a livello nazionale, e non possono
essere demandate all'autonomia scolastica;
" Concordiamo con la possibilità che all'interno del
Consiglio di Amministrazione ci sia un rappresentante dell'Ente
Locale competente in tema di edilizia scolastica. Tuttavia, riteniamo
che il rappresentante degli Enti Locali debba essere considerato
membro di diritto del consiglio esclusivamente nelle sedute riguardanti
le specifiche competenze dell'Ente rappresentato.
" siamo contrari alla partecipazione di "esperti esterni
in ambito educativo e gestionale", perché riteniamo
che la gestione della scuola debba essere affidata all'esclusivo
governo di chi la vive quotidianamente. Ciò non esclude che
l'Istituto possa avvalersi, su temi specifici, di consulenze esterne.
Peraltro, a meno che non si intenda stipendiare gli esperti - e
non saremmo d'accordo su questa ipotesi - sarebbe difficile reperirli
in tali quantità.
" Occorre fare maggiore chiarezza sulle competenze di ciascuno
degli organi di governo individuati dalla proposta di legge, poiché
sulla base delle competenze si stabilisce il reale peso di ogni
componente interna alla scuola.
FONDI DI INVESTIMENTO E PARITÀ SCOLASTICA
Uno
dei punti sui quali è stata fatta maggiore confusione. Si
è detto che il Ministero della Pubblica Istruzione ha tolto
fondi alla scuola pubblica per darli alle scuole private. Tutto
falso.
Innanzitutto nella Finanziaria 2002 (bilancio di previsione dello
Stato) non è stata tolta una lira all'istruzione pubblica,
benché il Governo avesse la necessità di operare i
tagli necessari a sanare il deficit pubblico di 25 mila miliardi,
senza contare la guerra in atto e i costi che comporta per il Governo.
L'istruzione, insieme alla sicurezza, è stato l'unico settore
ad ottenere più risorse dalla legge Finanziaria. Il Ministro
Moratti fin dal suo insediamento ha palesato la volontà di
rendere il sistema dell'istruzione pubblica competitivo con gli
altri sistemi europei, dotandolo di maggiori fondi di quelli stanziati
dagli scorsi Governi.
Riportiamo qui di seguito alcuni documenti che possono aiutare a
comprendere la situazione dei fondi sull'Istruzione:
Replica del Ministro Letizia Moratti nell'esame in Commissione VII,
della legge finanziaria
L'istruzione è stato l'unico settore, insieme alla sicurezza
e ai soggetti deboli, ad ottenere più risorse dalla legge
finanziaria
Non si interviene sugli orari dei docenti, ma si chiede a tutti
il rispetto dell'orario di lavoro. Disponibilità a introdurre
correttivi, affidandoli alle decisioni delle stesse scuole per rendere
la sostituzione del personale assente meno drastica
L'università: è previsto uno stanziamento di cassa
superiore a mille miliardi superiore a quello di competenza. Edilizia
universitaria: sono disponibili limiti di impegno per 15 miliardi
che comportano 150 miliardi di investimento
Organici: va stabilizzato il personale della scuola in seguito ad
una eredità negativa. Nel 1998 venne decisa una riduzione
del 3% nel biennio 98/99. Il risparmio previsto di 1900 miliardi
venne acquisito in anticipo ma la riduzione non venne applicata,
anzi il personale docente aumentò di 55 mila unità
e vennero assunti 94 mila ATA, aumentarono in modo incontrollato
le supplenze
La legge finanziaria per il 2002 sconta una negativa situazione
di partenza della finanza pubblica, gravata da un deficit superiore
di 25 mila miliardi alle previsioni, cui si è aggiunta l'incertezza
determinata dalla crisi internazionale e, ora, dalla guerra appena
iniziata nella quale siamo coinvolti per la nostra appartenenza
all'alleanza NATO.
Questa incertezza rende impossibile fare previsioni circa l'evoluzione
dell'economia, quanto meno di qui alla fine dell'anno, ma certamente
comporta, quanto meno ad oggi, un contesto economico-finanziario
restrittivo. A ciò si devono aggiungere i vincoli del Patto
di stabilità europea.
Questo ha costretto il Governo a rinviare gli investimenti necessari
a rilanciare lo sviluppo e, oltre al rinvio degli investimenti,
tutti i Ministeri hanno dovuto subire consistenti tagli, sia nel
bilancio di assestamento 2001, sui beni e servizi, sia sul bilancio
di previsione 2002.
Il nostro Ministero non ha subito tagli, come qui ho inteso da alcuni
di voi, ed anzi ha avuto un incremento di risorse, sia pure contenuto,
insieme al solo Ministero dell'Interno.
Segno, questo, della consapevolezza del Governo, oltre che di non
poter rinviare le misure di sostegno delle situazioni di più
forte svantaggio sociale, di non poter privare di investimenti la
scuola; si tratta infatti di investimenti nelle risorse umane e
nel futuro.
COMUNICATO STAMPA MINISTERO
AUMENTA A 281,809 MILIARDI IL BUDGET FINANZIARIO MESSO A DISPOSIZIONE
DELLE SCUOLE PER L'ANNO SCOLASTICO 2001/2002
(Roma, 6 agosto 2001) Notevole risulta l'incremento di fondi per
le istituzioni scolastiche rispetto al precedente anno scolastico.
Infatti sia per i finanziamenti finalizzati ad azioni specifiche
sia per i finanziamenti automatici, le scuole ricevono un ammontare
complessivo di 281,809 miliardi.
Ecco come vengono suddivisi i finanziamenti alle scuole sulla base
della circolare n.131 del 3 agosto 2001:
STANZIAMENTI SENZA VINCOLI DI DESTINAZIONE
" 123,809 miliardi per la realizzazione dei piani dell'offerta
formativa delle scuole;
" 30 miliardi per le attività di formazione.
STANZIAMENTI FINALIZZATI PER AZIONI SPECIFICHE
" 80 miliardi per il Progetto Lingue 2000;
" 40 miliardi per le attività complementari e integrative
a favore degli studenti;
" 8 miliardi per l'Accordo di programma Quadro per la valorizzazione
della cultura e lingua sarda.
I 123,809 miliardi sono distribuiti, all' 82 %, direttamente alle
scuole, tramite i Direttori regionali, in modo del tutto automatico
e secondo i parametri oggettivi già utilizzati negli scorsi
anni: tale somma (102,878 miliardi) rappresenta quasi il doppio
dei 57,157 miliardi utilizzati nell'ultimo anno.
La restante parte della somma, circa 21 miliardi, pari al 18% dei
123,809 miliardi, è messa a disposizione delle Direzioni
regionali al fine di consentire il finanziamento di "progetti
speciali" delle scuole (Biblioteche, Musica, Scienze, Qualità,
Patente informatica ed altro) mediante una programmazione delle
attività aderente sia alle effettive priorità dei
bisogni delle scuole di ciascuna regione rispetto alle finalità
dei diversi progetti, sia ad eventuali ulteriori bisogni di intervento
verificati dalle singole direzioni.
I 30 miliardi destinati alla formazione (somma superiore rispetto
ai 21 dello scorso anno) vengono attribuiti alle scuole per il 90%
secondo i parametri oggettivi già utilizzati in passato,
mentre il 10% resta a disposizione dei Direttori regionali con obiettivi
analoghi a quelli per la percentuale affidata in relazione ai progetti
dei piani dell'offerta formativa.
Alle iniziative di formazione attivate dalle scuole statali e dalle
Direzioni regionali, nei limiti delle disponibilità ad esse
destinate, possono partecipare tutti i docenti, compresi quelli
delle scuole paritarie.
In
secondo luogo occorre ricordare che il finanziamento alle scuole
non statali è stato previsto dal Governo D'Alema (Ministro
De Mauro) con la Legge n. 62 del 10 marzo 2000. Attraverso questa
Legge, della quale riportiamo il testo integrale, si adotta "un
piano straordinario di finanziamento alle Regioni da utilizzare
a sostegno della spesa sostenuta e documentata dalle famiglie per
l'istruzione mediante l'assegnazione di borse di studio di pari
importo eventualmente differenziate per ordine e grado di istruzione".
In sostanza viene concesso il famoso "buono scuola".
Ci chiediamo come mai quelli che oggi sono pronti a fare lo sciopero
della fame contro la Moratti non abbiano detto niente nel marzo
del 2000
Legge 10 Marzo 2000, n. 62
" Norme per la parità scolastica e disposizioni sul
diritto allo studio e all'istruzione"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2000
Art. 1.
1. Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto
dall'articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito
dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti
locali. La Repubblica individua come obiettivo prioritario l'espansione
dell'offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda
di istruzione dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita.
2. Si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti
vigenti, in particolare per quanto riguarda l'abilitazione a rilasciare
titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche
non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla
scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione,
sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate
da requisiti di qualità ed efficacia di cui ai commi 4, 5
e 6.
3. Alle scuole paritarie private è assicurata piena libertà
per quanto concerne l'orientamento culturale e l'indirizzo pedagogico-didattico.
Tenuto conto del progetto educativo della scuola, l'insegnamento
è improntato ai princípi di libertà stabiliti
dalla Costituzione. Le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico,
accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda
di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap.
Il progetto educativo indica l'eventuale ispirazione di carattere
culturale o religioso. Non sono comunque obbligatorie per gli alunni
le attività extra-curriculari che presuppongono o esigono
l'adesione ad una determinata ideologia o confessione religiosa.
4. La parità è riconosciuta alle scuole non statali
che ne fanno richiesta e che, in possesso dei seguenti requisiti,
si impegnano espressamente a dare attuazione a quanto previsto dai
commi 2 e 3:
a) un progetto educativo in armonia con i princípi della
Costituzione; un piano dell'offerta formativa conforme agli ordinamenti
e alle disposizioni vigenti; attestazione della titolarità
della gestione e la pubblicità dei bilanci;
b) la disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche
propri del tipo di scuola e conformi alle norme vigenti;
c) l'istituzione e il funzionamento degli organi collegiali improntati
alla partecipazione democratica;
d) l'iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori
ne facciano richiesta, purché in possesso di un titolo di
studio valido per l'iscrizione alla classe che essi intendono frequentare;
e) l'applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento
di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio;
f) l'organica costituzione di corsi completi: non può essere
riconosciuta la parità a singole classi, tranne che in fase
di istituzione di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima
classe;
g) personale docente fornito del titolo di abilitazione;
h) contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante
che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore.
5. Le istituzioni di cui ai commi 2 e 3 sono soggette alla valutazione
dei processi e degli esiti da parte del sistema nazionale di valutazione
secondo gli standard stabiliti dagli ordinamenti vigenti. Tali istituzioni,
in misura non superiore a un quarto delle prestazioni complessive,
possono avvalersi di prestazioni volontarie di personale docente
purché fornito di relativi titoli scientifici e professionali
ovvero ricorrere anche a contratti di prestazione d'opera di personale
fornito dei necessari requisiti.
6. Il Ministero della pubblica istruzione accerta l'originario possesso
e la permanenza dei requisiti per il riconoscimento della parità.
7. Alle scuole non statali che non intendano chiedere il riconoscimento
della parità, seguitano ad applicarsi le disposizioni di
cui alla parte II, titolo VIII del testo unico delle disposizioni
legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole
di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile
1994, n. 297. Allo scadere del terzo anno scolastico successivo
a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente
legge, il Ministro della pubblica istruzione presenta al Parlamento
una relazione sul suo stato di attuazione e, con un proprio decreto,
previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, propone
il definitivo superamento delle citate disposizioni del predetto
testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n.
297, anche al fine di ricondurre tutte le scuole non statali nelle
due tipologie delle scuole paritarie e delle scuole non paritarie.
8. Alle scuole paritarie, senza fini di lucro, che abbiano i requisiti
di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997,
n. 460, è riconosciuto il trattamento fiscale previsto dallo
stesso decreto legislativo n. 460 del 1997, e successive modificazioni.
9. Al fine di rendere effettivo il diritto allo studio e all'istruzione
a tutti gli alunni delle scuole statali e paritarie nell'adempimento
dell'obbligo scolastico e nella successiva frequenza della scuola
secondaria e nell'ambito dell'autorizzazione di spesa di cui al
comma 12, lo Stato adotta un piano straordinario di finanziamento
alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano da
utilizzare a sostegno della spesa sostenuta e documentata dalle
famiglie per l'istruzione mediante l'assegnazione di borse di studio
di pari importo eventualmente differenziate per ordine e grado di
istruzione. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,
emanato su proposta del Ministro della pubblica istruzione entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
sono stabiliti i criteri per la ripartizione di tali somme tra le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e per l'individuazione
dei beneficiari, in relazione alle condizioni reddituali delle famiglie
da determinare ai sensi dell'articolo 27 della legge 23 dicembre
1998, n. 448, nonché le modalità per la fruizione
dei benefici e per la indicazione del loro utilizzo.
10. I soggetti aventi i requisiti individuati dal decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri di cui al comma 9 possono fruire della
borsa di studio mediante detrazione di una somma equivalente dall'imposta
lorda riferita all'anno in cui la spesa è stata sostenuta.
Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano
le modalità con le quali sono annualmente comunicati al Ministero
delle finanze e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica i dati relativi ai soggetti che intendono avvalersi della
detrazione fiscale. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica provvede al corrispondente versamento delle
somme occorrenti all'entrata del bilancio dello Stato a carico dell'ammontare
complessivo delle somme stanziate ai sensi del comma 12.
11. Tali interventi sono realizzati prioritariamente a favore delle
famiglie in condizioni svantaggiate. Restano fermi gli interventi
di competenza di ciascuna regione e delle province autonome di Trento
e di Bolzano in materia di diritto allo studio.
12. Per le finalità di cui ai commi 9, 10 e 11 è autorizzata
la spesa di lire 250 miliardi per l'anno 2000 e di lire 300 miliardi
annue a decorrere dall'anno 2001.
13. A decorrere dall'esercizio finanziario successivo a quello in
corso alla data di entrata in vigore della presente legge, gli stanziamenti
iscritti alle unità previsionali di base 3.1.2.1 e 10.1.2.1
dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione
sono incrementati, rispettivamente, della somma di lire 60 miliardi
per contributi per il mantenimento di scuole elementari parificate
e della somma di lire 280 miliardi per spese di partecipazione alla
realizzazione del sistema prescolastico integrato.
14. È autorizzata, a decorrere dall'anno 2000, la spesa di
lire 7 miliardi per assicurare gli interventi di sostegno previsti
dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni,
nelle istituzioni scolastiche che accolgono alunni con handicap.
15. All'onere complessivo di lire 347 miliardi derivante dai commi
13 e 14 si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni
per gli anni 2000 e 2001 dello stanziamento iscritto, ai fini del
bilancio triennale 1999-2001, nell'ambito dell'unità previsionale
di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato
di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica per l'anno 1999, allo scopo parzialmente utilizzando quanto
a lire 327 miliardi l'accantonamento relativo al Ministero della
pubblica istruzione e quanto a lire 20 miliardi l'accantonamento
relativo al Ministero dei trasporti e della navigazione.
16. All'onere derivante dall'attuazione dei commi 9, 10, 11 e 12,
pari a lire 250 miliardi per l'anno 2000 e lire 300 miliardi per
l'anno 2001, si provvede mediante corrispondente riduzione delle
proiezioni per gli stessi anni dello stanziamento iscritto, ai fini
del bilancio triennale 1999-2001, nell'ambito dell'unità
previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale"
dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio
e della programmazione economica per l'anno 1999, allo scopo parzialmente
utilizzando quanto a lire 100 miliardi per l'anno 2000 e lire 70
miliardi per l'anno 2001 l'accantonamento relativo al Ministero
degli affari esteri, quanto a lire 100 miliardi per l'anno 2001
l'accantonamento relativo al Ministero dei trasporti e della navigazione,
quanto a lire 150 miliardi per il 2000 e 130 miliardi per il 2001
l'accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione.
A decorrere dall'anno 2002 si provvede ai sensi dell'articolo 11,
comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive
modificazioni.
17. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti,
le occorrenti variazioni di bilancio.
LE
RIVENDICAZIONI
Dopo
anni in cui lo Stato ha deciso di non investire sull'Istruzione,
la situazione delle scuole italiane è tragica. E' assolutamente
scontato ribadire la priorità che deve essere data all'investimento
di fondi da parte del Governo sull'edilizia scolastica, così
da sanare la drammatica situazione strutturale delle scuole, frutto
di Governi poco attenti alle esigenze degli studenti. In questo
quadro ci tranquillizzano le affermazioni del Ministro Moratti,
che fin dal suo insediamento ha dichiarato la volontà del
Governo di portare gli investimenti nella scuola, nell'università
e nella ricerca, in cinque anni, ai livelli europei.
Riteniamo questa una assoluta priorità, anche per scongiurare,
alla luce della legge sulla parità scolastica di Berlinguer,
la possibilità che la scuola pubblica venga progressivamente
abbandonata in favore della non statale. Il principio che deve rimanere
alla base della parità scolastica è che la scuola
pubblica deve essere messa nella condizione di competere con la
privata.
LE PROPOSTE DI AZIONE STUDENTESCA
ABOLIZIONE
DEL LIBRO DI TESTO OBBLIGATORIO
Stando ai Decreti Delegati, il libro di testo non dovrebbe essere
imposto dal docente, ma consigliato. Sulla base di questo Azione
Studentesca si batte da diversi anni, oltre che per l'istituzione
del comodato dei libri di testo, per l'abolizione del libro di testo
obbligatorio, per due ordini di motivi: uno di tipo economico e
l'altro di tipo culturale. Quello di tipo economico è facilmente
deducibile: permettere ad ogni studente di scegliere, il libro su
cui studiare significherebbe spezzare la catena "truffaldina"
che parte dall'autore del libro e arriva fino al rivenditore. Il
motivo di tipo culturale dipende dal fatto che la cultura propinata
nelle scuole italiane è a dir poco scadente e, comunque,
decisamente faziosa. La stragrande, maggioranza dei libri di storia,
ad esempio, ha raccontato i trascorsi del nostro paese solo in un
senso, tralasciando consapevolmente e colpevolmente di approfondire
le reali cause di interi avvenimenti storici. Chiediamo:
" che gli studenti e le famiglie possano scegliere liberamente
i libri sui quali studiare. In questo modo si favorirebbe una cultura
basata sul confronto. Per evitare possibili indecisioni da porte
degli studenti si potrebbe comunque istituire un libro guida scelto
dal docente e acquistato dalla scuola stessa.
" Comunque vada chiediamo che il parere degli studenti in merito
alto scelta dei libri in consiglio di classe sia vincolante.
RIFORMA DEI CIC
L'apertura
degli istituti il pomeriggio,
lo svolgimento delle attività più disparate dallo
sport all'arte, l'incontro tra i giovani, danno un ruolo determinante
Alla scuola nella crescita di un adolescente. Di contro svariate
indagini sociologiche evidenziano la fragilità emotiva e
di personalità nei ragazzi tra I 15 ed i 20 anni. Diffusione
di sostanze stupefacenti a livelli di vera e propria emergenza sociale,
disturbi dell'alimentazione a livelli allarmanti, suicidi in crescita,
abuso di alcool sono spie di un evidente grande disagio tra le giovani
generazioni. Poiché' un ragazzo passerà sempre più
tempo a contatto con le istituzioni scolastiche, in orario didattico
o extracurricolare, e sempre a contatto con la famiglia che assolve
sempre più a fatica il suo ruolo naturale a causa degli orari
lavorativi dei genitori, per separazioni e divorzi, per media che
lanciano messaggi sempre meno educativi. E' quindi nella scuola
che si dovrà aiutare l'adolescente a vivere.
La legge 162/90 istituiva i C.I.C. (Centri Informazione e Consulenza)
come luogo all'interno degli Istituti per prevenire il disagio giovanile
ed indirizzare, soprattutto nelle attività pomeridiane, le
problematiche degli studenti verso un approccio sano ed una loro
risoluzione.
Dopo più di dieci anni possiamo sancirne il fallimento. Laddove
sono stati realizzati, hanno mostrato tutti i loro limiti. Al di
là dei problemi strutturali, il vero punto debole sta nel
lasciare ad un docente della scuola l'organizzazione dello spazio
e la sua gestione. Il problema principale è: quale studente
andrebbe a raccontare i suoi problemi, le sue devianze ad una persona
che magari l'ora successiva potrebbe trovare in cattedra in classe,
o che potrebbe incontrare i genitori per illustrare il profitto
del ragazzo? L'insuccesso dei CIC è fondamentalmente tutto
qui. Altre scuole hanno provato a dare uno spazio ad uno psicologo
o ad operatori del SERT, per superare la difficoltà degli
studenti. Il più delle volte quella stanza è rimasta
malinconicamente vuota, perché nessuno voleva recarsi da
uno"strizzacervelli".
Tutto ciò non vuol dire che non si debba intervenire o che
ciò che è stato messo in piedi sia una esperienza
da buttare via totalmente.
A tale proposito si inserisce l'esperienza portata avanti dalla
Amministrazione Provinciale di Roma che intuendo i limiti dei CIC,
ha dati vita ad un'esperienza diversa, ma molto significativa. Ha
affidato la gestione di uno sportello al servizio dei giovani all'interno
delle scuole ad una Associazione che negli Istituti ricavava uno
spazio per tre volte alla settimana per una psicologa e, con l'accordo
dei Presidi un intervento di due ore in ogni classe di operatori
specializzati sulle tossicodipendenze e situazioni connesse. La
psicologa, giovane, che sapeva parlare ed ascoltare il linguaggio
degli adolescenti, rimaneva il punto di riferimento dopo il passaggio
degli operatori anch'essi abituati a stare in mezzo ai ragazzi e
quindi a passare due ore con loro senza trasformare l'incontro in
una noiosa lezione sulle droghe. I risultati sono stati esaltanti.
In alcune scuole, pure laddove erano presenti i CIC od altre figure
professionali, gli studenti facevano la fila per parlare con le
psicologhe, che si facevano coinvolgere nel vissuto giovanile a
ricreazione e in momenti appositamente fissati per tali incontri.
Questa ci sembra essere l'esperienza da portare avanti. Non possiamo
continuare a lasciare una generazione da sola. L'ecstasi del sabato
sera, l'anoressia, l'abuso di alcool sono delle richieste di aiuto
che i più giovani ci lanciano. Un ministero della Pubblica
Istruzione non può rimanere indifferente a tali problematiche.
Le nostre proposte sono:
1.
riformare i CIC dando in affidamento il servizio a delle Associazioni,
Cooperative e Comunità di recupero con provato curriculum
in questo campo;
2. istituire presso il Ministero un albo dei soggetti in grado di
svolgere tale servizio osservandone la compatibilità con
le finalità che il Ministero stesso si pone (esempio: se
il Governo è contrario alla legalizzazione delle droghe leggere
, non potrà affidare il servizio ad una Associazione che
ritiene invece tale liberalizzazione possibile);
3. istituire nell'orario scolastico il tempo e lo spazio per interventi
diretti nelle classi di esperti che sappiano "agganciare"
gli studenti, senza paternali, ramanzine o lezioni a tema.
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