Oh, il gran liquore!

Ovvero: qual'è il vero elisir d'amore?



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Stiamo parlando di una delle più belle opere di Donizetti e di tutto il primo romanticismo italiano. Verrebbe quasi voglia di dire che il vero elisir d'amore sia la musica, tanto quest'opera è leggera, spigliata, ben fatta, srvita da un libretto eccellente, sentimentale senza essere sdolcinata e briosa senza mancare di nerbo quando questo è opportuno.
D'altra parte, il contenuto di questo articolo verte più sulla parte drammatica che su quella musicale, indipercui mi accingo (giocosamente) ad analizzare le virtù - vere e presunte - de "la bevanda amorosa della regina Isotta".

Trama
Nemorino, lo scemo del villaggio, è pazzamente innamorato di Adina, bella, intelligente e sussiegosa.
Chiaramente la cosa non marcia: i sospiri smielati del poveretto non hanno presa sulla giovine, che è invece sensibile al fascino mascolino dell'aitante sergente Belcore, di passaggio con i suoi uomini nel villaggio.
caso vuole che passi uno di quei ciarlatani che vendono elisir di lunga vita, rimedi per tutti i mali e cianciafruscole simili, spennando i poveracci che li acquistano.
Nemorino paga una somma allucinante prima per una, poi per una seconda bottiglia di elisir d'amore (in realtà bordeaux!).
Il bello è che riesce effettivamente a conquistare la bella Adina, che gli crolla ai piedi come pera cotta... ma sarà stato merito dell'elisir?

Prima interpretazione (per i beati beoti): l'elisire è realmente portentoso
Bene, mi sembra che questa non regga proprio... anche perché ho volutamente taciuto qualche aspetto della vicenda che merita approfondimento...

Seconda interpretazione (per gli alcolizzati): chi beve vino...
E dagli, bevi quanto vuoi, ma non sperare di avere successo con le donne solo per quella bottiglia al giorno che ti scoli...

Terza interpretazione (per i sentimentali): effetto placebo
Questa è già più plausibile: Nemorino, dopo aver bevuto la bottiglia, un po' per l'effervescenza naturale suscitata in lui dall'alcool (vedi seconda soluzione), un po' (un po' di più) per l'aumentata fiducia in se stesso, comincia ad agire spavaldamente, come se gli avessero di colpo fornito un paio di attributi... è sicuro di sé, non si butta giù per niente, neanche quando Adina gli ride in faccia, e regge fino a farla crollare quando le dice che preferisce partire militare piuttosto che restare, non amato, al villaggio.
Anche il gesto di vendere la libertà, facendosi soldato per avere i soldi per acquistare la seconda bottiglia depone a suo favore - anche Adina avrà modo di constatarlo: "Quanto amore! ed io, spietata".

Quarta interpretazione (per i cinici/realistici): altro che elisire...
Un avvenimento passa tutto sommato in sordina - ma non per chi vuole intendere: Nemorino di colpo diventa ricco ("poiché morto è lo zio") e tutte le ragazze del villaggio gli cominciano a ronzare attorno.
Dulcamara, lui stesso consapevole del fatto che il suo elisir è una ciofeca, lascia da parte il suo progetto di svignarsela prima che l'elisir stesso (non) faccia effetto ("necessario è un giorno intero"), prima perché invitato a cena, poi per l'opportunità di vendere a Nemorino un'altra bottiglia (son sempre soldi...) e da ultimo, perché al corrente dell'eredità ("Lo sapeva anch'io")...
E Adina gli crollerebbe ai piedi solo perché Nemorino ha iniziato (finalmente!) a comportarsi un po' più da uomo e meno da mollusco? È inutile negarlo: come dicevano Rossini/Sterbini/Beaumarchais per bocca di Figaro: "All'idea di quel metallo/portentoso, onnipossente"...

Paolo Del Lungo


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