Il mio tesoro intanto

Ovvero: come amare qualcuno per procura



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L'ultima aria di Don Ottavio
Sembra quasi un controsenso che uno dei personaggi più inetti nelle opere di Mozart possa vantare al suo attivo una delle più belle arie d'amore che Mozart abbia mai scritto.
Ed è ancora più strano se si pensa che questa non è un'aria d'amore vera e propria. Cosa direste a qualcuno che chiede ai suoi amici di prendersi cura della SUA donna? Sicuramente che si merita le corna... (mi ricorda Mr. Ford nel Falstaff: "Due rami enormi crescon sulla mia testa!").
Quest'aria è divisa in due parti, ma non ha la struttura della classica aria col da capo (A B A: la più frequente nell'opera all'italiana ma non l'unica), ma è invece A B A B, dove A è la parte tenera e dolce "Il mio tesoro intanto" e B è quella furiosa (o che almeno tenta di esserlo) "Ditele che i suoi torti".
La prima parte è eccezionalmente tenera, anche se personalmente non riesco a trattenermi dallo sghignazzare per i motivi di cui sopra, con i secondi violini che suonano un bellissimo e morbido accompagnamento di crome con sordina e con i violoncelli che marcano il battere e i cambi di armonia con il loro pizzicato. Sopra a tutto questo, i primi violini e i clarinetti espongono il meraviglioso tema che, come innumerevoli altri tra i più belli e semplici temi di tutta la storia della musica, è interamente costituito da gradi congiunti nella sua prima parte (si e mi bemolle in chiave: si, si, do, si, la, sol, la, si, do, re).
La seconda parte è più ricca di contrasti dinamici (ad esempio numerosi fortepiano), un'estensione aumentata, sottolineata dagli arpeggi degli archi, anche molto rapidi (e su accordi tensivi come una settima di dominante), corte e rapide scale discendenti in stile pianistico.
Credo che Mozart qui sia estremamente abile nel tenere magro l'accompagnamento alla "furia" del tenore, che sembra alquanto fuori luogo, come se Don Ottavio fosse incapace di far seguire l'azione alle minacce. Solamente la chiusa orchestrale dell'aria è forte e robusta, come se il nostro personaggio avesse paura mentre parla ma poi, quando non deve parlare ad alta voce, possa permettersi di fare l'eroe.

Il mio interprete preferito
Credetemi sulla parola quando dico che ho sentito un sacco di Don Giovanni. L'ho anche suonato una volta (come soldato semplice:-). Non ho mai sentito una performance buona come quella di Luigi Alva nella registrazione diretta da Carlo Maria Giulini. È perfettamente pulito, musicalmente corretto e abbiamo praticamente sempre l'impressione che canti senza sforzo.
È anche molto calmo, evitando così il rischio di farsi prendere dalla furia (specialmente nella seconda parte dell'aria).
Posso anche spendere una parola buona per Hans Peter Blochwitz nell'edizione di Nikolaus Harnoncourt - una bellissima versione del capolavoro di Mozart - ma il tempo è secondo me un niente troppo veloce.
Anche se è evidentemente molto più veloce di quello staccato da Giulini, non è che ci sia poi molta differenza con quelli di molti altri direttori: è una questione di poche tacche di metronomo - ma per esperienza personale so che fanno la differenza.
Giulini era noto per il suo gusto per i tempi lenti, ma qui secondo me stacca il pezzo alla velocità perfetta, comoda per il cantante e tale da non "diluire" troppo la musica.
Parlerò brevemente di altri interpreti: Gösta Winbergh nel famoso disco di Karajan (Berliner Philharmoniker) canta con buona presenza, ma a) il la dell'orchestra è eccessivamente alto per i miei gusti e b) è spesso un po' in avanti e si deve correggere, specialmente nelle lunghe agilità.
Stuart Burrows (il direttore di questa edizione, che reputo molto buona, è Sir Colin Davis) canta bene, anche se mi sembra che viaggi sulla lama di un rasoio per quanto riguarda l'intonazione - non cade, o almeno non molto, ma mi dà questa impressione.

Paolo Del Lungo


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