Perché mi dovrebbe piacere l'opera?

in fondo l'opera è noiosa...



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Perché c'è della gente che ascolta opere in continuazione, neanche fosse condannata ai lavori forzati, che ne dà giudizi entusiastici, e che canticchia continuamente arie d'opera per la strada, sotto la doccia, etc?
L'opera è davvero così bella?
Perché ad alcuni fa quest'effetto e altri non la sopportano?
Chi ha ragione e chi ha torto? A saperlo...
Credo che sia abbastanza impossibile dare una risposta un minimo esuriente anche a una sola di questet domande, ma proverò a scrivere innanzitutto quello che l'opera significa per me. Avendo un'idea in più da confrontare con la vostra, sarà più facile trovare la vostra personale risposta a queste domande.

Una delle obiezioni più frequenti (e delle più antiche) che vengono mosse da quelli che l'opera proprio non la digeriscono è la mancanza di realismo: ad esempio, se in un'opera a un personaggio muore un congiunto o l'amante lo lascia o gli succede qualche altra disgrazia, quello che fa? ovvio, si mette a cantare un'aria.
Forse gli amanti del realismo avrebbero preferito vederlo battere la testa contro il muro (violenza gratuita) o strapparsi i capelli fino a diventare calvo, o ancora piangere tante lacrime da allagare il palcoscenico.
Il fatto è che nell'opera il realismo è stilizzato. E l'opera in sé, anche quella verista, non è affatto realistica.
Il vantaggio principale dato dall'inserimento del canto nell'opera è che la musica consente una specie di commento continuo al testo (e viceversa). C'è una linea di significato in più, che nella realtà non esiste o esiste sotto altre forme.
Mentre nella realtà sono alterato, felice, disperato eccetera, ho in testa un turbinio di pensieri che dal di fuori non si riesce a vedere. Però c'è, e La parte musicale di un'opera serve anche a questo: a renderlo visibile.
Quando Pamino entra in scena inseguito dal drago all'inizio del Flauto Magico e grida disperato "Zu Hilfe! Zu Hilfe! sonst bin ich verloren" - "Aiuto! Aiuto! Sono perduto", nella realtà non c'è una trentina di musicisti che suonano mentro lui scappa (il drago lascerebbe perdere Pamino e punterebbe verso un più lauto pasto...), ma quegli arpeggi e quelle rapide scale discendenti che introducono l'aria - tanto più efficace perché inizia ex abrupto - sono tutto quell'agitazione che gli fa tremare le gambe, tutto quel battito accelerato del cuore che lo accompagna durante la fuga, quella concitazione (le note legate a due e i tremoli, per gli "esperti") che in una pièce teatrale non ci sarebbe.
"Ma anche nel teatro di prosa c'è la musica..." Sì, però Pamino non canterebbe! E ci perderemmo quel grido disperato a metà del verso, o meglio ci sarebbe, ma sarebbe urlato, non cantato su quelle precise note che Mozart ha coscientemente deciso in base al sistema di significati che le convenzioni musicali dell'epoca gli mettevano a disposizione.

Altra obiezione: l'opera è lenta. Questa è in parte vera, in parte falsa, dipende da che punto la si considera. Intanto non tutte le opere sono "lente" - prendete quasi qualsiasi opera buffa tra settecento e ottocento (il Barbiere di Siviglia e le Nozze di Figaro forniscono eccellenti esempi) e vedrete che azione concitata, che succedersi di tranelli, trabocchetti, astuzie, burle e chi più ne ha, più ne metta! Solo per sintetizzare la trama delle Nozze di Figaro non basta una pagina!
La lentezza, quando c'è, è data dal fatto che storicamente l'opera è nata come una successione di "recitativi" e di "arie". Mi spiego: un recitativo è un dialogo, che serve a portare avanti l'azione drammatica, mentre un'aria è un pezzo cantato in cui un personaggio si concentra su un sentimento che prova.
La spiegazione è schematica, e questo sistema è durato solo fino al settecento (oltretutto con molti mutamenti), per poi fluidificarsi gradualmente con Verdi e, soprattutto, Wagner. Ma già quando Verdi iniziava a comporre lo schema era diventato tripartito - scena, aria, cabaletta - anziché bipartito...
In ogni caso, l'approssimazione permette di riconoscere che nell'opera ci sono dei momenti in cui, a livello di azione drammatica, "non succede nulla": arie, cabalette, ma anche sinfonie, ouvertures, interludi orchestrali etc.
Se si ascolta un'opera per la trama, come si vede un film d'azione, allora la considerazione che l'opera è lenta è fondata.
L'opera diventa meno lenta quando si inizia a intuire che anche nei momenti in cui "non succede niente" qualcosa in effetti succede. L'autore commenta, ci dà indizi - anche falsi indizi, elabora, prepara. Anche il solo commento musicale dovrebbe bastare - un'aria spesso si esaurisce in un paio di strofe, ma può durare parecchi minuti - basta saperlo leggere. E questa non è un'abilità che si acquisisce "al volo".

Brevemente, un ultimo punto: molto spesso chi non ama l'opera non ha idea di che cosa parli.
Magari crede che, essendo roba di secoli fa, parli di cose che non ci riguardano, nei confronti delle quali non possiamo provare interesse.
Niente di più sbagliato: l'opera parla principalmente delle azioni e delle passioni umane, le stesse cose di cui parlano i films che questa gente adora.
Qualche esempio? La Traviata parla di uno che si innamora di una prostituta e del fatto che questo non è visto di buon occhio dai parenti. Non vi ricorda Pretty Woman? Direi di sì, e direi anche che il regista ne era conscio, tanto è vero che nella strafamosa scena in cui i due protagonisti vanno all'opera vedono proprio La Traviata.

Potrei andare avanti delle ore a parlare di amori impossibili, scherzi perfidi, castelli incantati, oggetti magici, sortilegi, guerre, duelli e chi più ne ha, più ne metta, ma credo che vi toglierei il gusto della scoperta...
Buon ascolto

Paolo Del Lungo


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