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Il palazzo di San Vincenzo (Palazzo degli Scolopi)
L'asse di attraversamento principale della città che dalla torre di San Cristoforo (Porta Ponti), conduceva fino alla Porta Mari, trovava nella attuale Piazza Eleonora un importante momento di pausa. In tale luogo sorse, come attestano gli scritti dell'Angius una Sinagoga la cui erezione nella città di Oristano è pienamente giustificata dalla presenza di una nutrita colonia di ebrei, cui si riferisce il toponimo Ruga dessos Judeos indicante il quartiere ove essi risiedevano.
Durante la dominazione spagnola la colonia ebraica fu costretta ad abbandonare la Sardegna e la struttura passò quindi in mano agli Scolopi i quali nel 1676 fondarono le scuole pie cittadine.
Il complesso degli Scolopi fu oggetto di blandi interventi e modifiche ai primi dell'800 e di una più marcata ristrutturazione ad opera di Fra Antonio Cano a partire dal 1830. L'architetto sassarese caratterizza la lunga ed alta facciata attraverso l'inserimento di elementi di matrice classica sotto l'influsso di modelli piemontesi. Il momento più ricco della composizione architettonica può essere facilmente individuato nella chiesa di San Vincenzo posta in posizione arretrata rispetto al complesso. Essa consta di un aula unica ad impianto leggermente ellittico coperta a volta definita ardita dall'Angius. (L'architetto Cano non era molto ben visto dai suoi contemporanei che criticavano la sua presunta imperizia tecnico-progettuale). Tale ambiente è oggi utilizzato come sala del Consiglio Comunale, ruolo svolto peraltro già in passato dal 1536 al 1540 circa. La sala consiliare restaurata nel 1980 mostra sulle pareti perimetrali quattro importanti nicchie in cui trovano alloggiamento altrettante statue realizzate dal Cano. Esse rappresentano i quattro evangelisti e si presentano curiosamente con le mani mutilate; durante il periodo fascista, infatti, l'ambiente fu adibito ad aula di Giustizia e le nicchie furono murate per occultare i simboli di una pietà cristiana non adatta allo svolgimento della nuova funzione. Tale azione comportò l'amputazione degli arti visto che, completata l'operazione, essi venivano fuori dal muro!
Attorno al 1845, si rileva un importante intervento del Cima che tentò per quanto possibile di impostare, sul precedente, uno scarno e severo prospetto di matrice purista. Sicuramente non ottenne risultati tali da eguagliare il vicino San Francesco (da lui stesso progettato) ma il rigore geometrico e la ricerca di una regola compositiva universale, animano tale opera di uno spirito di rigore che bene si adatta ad ospitare il Municipio cittadino.

 
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