Il sepolcro Maria di Valois

Per evidenti motivi di prestigio l'area presbiteriale intorno all'altare maggiore fu prescelta per la collocazione dei monumenti sepolcrali della famiglia reale angioina. Cominciandone l'esame dalla destra dell'altare maggiore, incontriamo subito dopo la porta che immette all'atrio della sagrestia un monumento sepolcrale anepigrafo che secondo un'opinione tradizionale avrebbe accolto le spoglie di Giovanna I, regina di Napoli e nipote di re Roberto, morta assassinata il 27 luglio 1382 su mandato di Carlo di Durazzo che sarebbe salito poi al trono al suo posto con il nome di Carlo III. In realtà l'esame delle insegne araldiche scolpite sul monumento e delle sue caratteristiche stilistiche che ne consentono l'attribuzione a Tino, confermano che il sepolcro deve essere identificato con quello destinato a Maria di Valois, seconda moglie di Carlo di Calabria e madre di Giovanna I, morta il 23 ottobre 1331 a Bari, ove si era recata in pellegrinaggio alla basilica di San Nicola. Un documento tratto dai registri angioini del 1339 conferma che l'esecuzione del sepolcro di Maria in S. Chiara era stata commissionata a Tino di Camaino. Con ogni probabilità il monumento fu terminato entro il 1336, poiché il 22 novembre di quell'anno si ha notizia della traslazione del corpo della duchessa dal sepolcro provvisorio verosimilmente a quello definitivo. Il disegno complessivo è come anticipato certamente riferibile a Tino e riprende a modello quello del sepolcro di Maria d'Ungheria in S. Maria Donnaregina Vecchia, ma il Maestro fu affiancato nell'esecuzione delle parti plastiche del monumento di Santa Chiara da aiutanti di abilità diversa. A Tino vengono pressoché concordemente riferiti i due angeli reggicortina e la statua giacente della principessa. Le due cariatidi tradizionalmente identificate con la Temperanza, con mazzolino di fiori ed agnello, e la Carità, con cero e fiaccola stilizzata, hanno invece suscitato un più acceso dibattito quanto alla loro paternità, in effetti però entrambe vanno preferibilmente riferite al Maestro, come pure l'Angelo e la Vergine Annunciata scolpiti alle due estremità della faccia frontale del sarcofago. La presenza della scena dell'Annunciazione qui come nel sepolcro di Carlo di Calabria può essere variamente spiegata. Anzitutto è nota la particolare devozione di Carlo I e Carlo II, nonno e padre di Roberto, per la Vergine Annunciata tanto che entrambi vollero che il verso dei loro saluti aurei recasse appunto la rappresentazione dell'Annuncio alla Vergine, con particolareggiata raffigurazione del vaso con il giglio, evidente allusione anche all'insegna araldica angioina. Quanto poi al generico significato simbolico, poiché con l'Annunciazione si suole far coincidere l'Incarnazione di Cristo e quindi l'inizio della Redenzione, il tema ricorre frequentemente in chiave escatologica nell'arte funeraria medievale. Una terza cariatide della Mansuetudine o Purezza smontata in occasione dei lavori di ripavimentazione della chiesa nel 1705, è attualmente conservata nel coro e presenta anch'essa i segni dell'intervento del maestro senese. Quanto poi al frontone del sarcofago, esso è scandito da archetti al di sotto dei quali sono raffigurati alcuni personaggi sedenti, identificati con Maria di Valois al centro, a sinistra Giovanna I e Maria di Durazzo con le insegne regali, e a destra Maria d'Angiò e Carlo Martello. Questo disegno complessivo segna l'abbandono da parte di Tino della impostazione scenografica che aveva caratterizzato il frontone del sarcofago di Carlo di Calabria precedente quello della moglie Maria ed il ritorno alla tradizionale articolazione in nicchie ed alla rappresentazione tutta imperniata sulla famiglia del defunto come appunto già nel monumento di Maria d'Ungheria. In genere la critica ha respinto l'attribuzione dei bassorilievi delle principesse al Maestro, mentre nelle figure delle facce laterali del sarcofago ed in particolare nei bassorilievi delle Sante Chiara ed Elisabetta, è stato sottolineato il palese intervento di Tino. Tutte le altre sculture dovrebbero invece essere attribuite ad aiuti. Al sepolcro provvisorio di Maria di Valois, appartengono probabilmente alcuni frammenti solo recentemente identificati e cioè due stemmi personali della duchessa scolpiti a bassorilievo e conservati attualmente nel coro di S. Chiara ed una pregevole statua giacente frammentaria, esposta invece al Museo di S. Martino e certamente proveniente dalla basilica. Di quest'ultima, rinvenuta nel corso di lavori nell'area dell'altare maggiore di S. Chiara, condotti intorno al 1913, comparve una riproduzione fotografica su Napoli nobilissima nel 1921 e proprio in base alla stessa è stato possibile accertare la provenienza, fino ad oggi ignota, del frammento. La statua in esame fu sistemata nel 1927 circa nel cosiddetto Museo Lapidario di S. Chiara come mostra la contemporanea documentazione fotografica. Non sono note le circostanze nelle quali la scultura passò a S. Martino, ma può supporsi che il trasferimento sia avvenuto nel periodo bellico o negli anni immediatamente successivi, poichè il primo a segnalare l'opera nel Museo fu Ottavio Morisani nel 1945. L'identificazione della giacente con Maria di Valois può essere sostenuta in base alla circostanza che tanto gli stemmi personali della duchessa che il frammento di statua giacente furono rinvenuti nell'area del presbiterio a seguito del loro reimpiego ed è obbiettivamente piuttosto improbabile una provenienza dei tre frammenti da un monumento diverso da un sepolcro. Inoltre la statua giacente mostra caratteri tipicamente tineschi ed è secondo alcuni addirittura opera autografa del Maestro che, come precisato, disegnò e parzialmente scolpì il mausoleo definitivo della duchessa. Tuttavia al confronto con la giacente tinesca del sepolcro di Maria d'Ungheria e con quella dello stesso sepolcro definitivo di Maria di Valois, può rilevarsi come il frammento di San Martino presenti orbite oculari dal taglio troppo secco, come per il naso e per le labbra inserite in un ovale allungato e schiacciato, ben lontano dai corposi volumi sferici delle statue di Tino e che ancora più netto e banalmente geometrico risulti il disegno delle braccia incrociate, il che dimostra genericamente il tentativo di imitare il maestro senese in mancanza però di un suo diretto intervento. Comunque, se effettivamente il frammento dovesse provenire dal sepolcro provvisorio di Maria, lo si potrebbe di conseguenza datare a ca. il 1331-1332.