La grotta, così come la vediamo noi tutti da fuori
La grotta, come la disegnano gli speleologi
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Il rilievo viene considerato dai più come la parte peggiore dell'attività
speleologica. Si tratta, in pratica, di prendere le misure alla grotta per
poterne poi disegnare una mappa. L'importanza del rilievo risiede nel fatto
che rappresenta il prodotto finale di tutti gli sforzi compiuti. Quando
si scopre una nuova grotta, o un nuovo ramo in una grotta già nota, é necessario
portare a conoscenza del fatto tutti gli altri speleologi, descrivere i
nuovi ambienti esplorati e rendere disponibili dati per chi studia lo sviluppo
del carsismo in quell'area. Non secondaria é l'esigenza di mettere a disposizione
di futuri visitatori della stessa cavità le conoscenze necessarie a decidere
che tipo di attrezzatura serve per l'esplorazione. Tutto questo si fa rilevando
la grotta ed elaborandone poi delle mappe, chiamate genericamente "rilievi".
Per riuscire a disegnare una grotta bisogna prima farne il rilievo topografico,
cioè misurarne le forme e le dimensioni principali. Si opera in genere
in due: uno si posiziona in quello che sarà il punto iniziale del rilievo
mentre l'altro si allontana sino al limite della visibilità del primo (in
genere si tratta di qualche metro, ma a volte, ahinoi, sono solo pochi decimetri...),
li' si ferma e si gira verso l'altro.
A quel punto si è tracciata una linea ideale nello spazio fra gli occhi
dei due topografi: basta misurarne le coordinate. Il primo misura quindi
la lunghezza (distanza dal compagno) con una cordella metrica o con un telemetro,
l'inclinazione sull'orizzontale con un clinometro e la direzione con una
bussola (che sottoterra funziona benissimo: le rocce sono "trasparenti"
al campo magnetico terrestre). Scrive su un taccuino questi dati e altre
note fisiche, fa uno schizzo di come è fatto quel trattino di grotta e
poi si sposta nell'esatta posizione del secondo che a sua volta si allontana
sino al limite della visibilità del primo: e si ripete, si ripete, si ripete...
È un lavoro lunghissimo, freddo e noioso, ma nell'insieme uno dei più
soddisfacenti perché poi a casa potremo stendere un disegno accurato di
dove e come ci siamo inoltrati all'interno del monte.
Per rendere la forma delle tridimensionali grotte sul foglio in genere scegliamo
di fare tre mappe differenti. Una è la pianta ed è la rappresentazione
della grotta proiettata sul piano orizzontale: in pratica è quello che
vedrebbe un osservatore da alta quota se la montagna fosse trasparente e
la grotta no.
L'altra è la sezione verticale: tutta la grotta viene schiacciata su un
piano verticale, proprio come se fosse un modellino tridimensionale di carta
che desideriamo piegare. In questa rappresentazione si perdono completamente
le relazioni fra le varie parti della grotta ma si ha un'idea sintetica
del suo andamento.
Infine c'è l'insieme delle numerose e piccole sezioni trasversali nelle
quali vengono rappresentate le forme delle gallerie in certi punti significativi:
infatti, come abbiamo spiegato altrove, dalla forma delle gallerie se ne
può ricostruire la genesi.
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