Ferite e medicazioni
A seconda dell'oggetto che colpisce la cute e le modalità mediante le quali ciò avviene, possono verificarsi diversi tipi di ferite più o meno superficiali, associate o meno a lesioni di altre strutture oltre la cute.
La pericolosità di una ferita non è in relazione solo alla sua profondità (tanto più è profonda tanto maggiori danni può aver arrecato) ma anche agli effetti dell'urto (contusione) sugli organi sottostanti che talvolta si associano e possono essere ben più gravi della ferita in se stessa (es. fratture).
La prima cosa da fare è osservare bene la lesione valutandone la profondità attraverso il riconoscimento degli strati di tessuti interessati e identificandone il tipo, perché da ciò si ricavano indicazioni utili sulla sua pericolosità e sulle cure da adottare.

Abrasione - Escoriazione
Si tratta dell'asportazione degli strati più superficiali della cute (epidermide, derma) di solito per effetto di un urto tangenziale contro un corpo ruvido (es. la sbucciatura del ginocchio cadendo sull'asfalto).
Si tratta del tipo meno grave di ferite, che tuttavia possono interessare estese parti del corpo e dare intensa sensazione di bruciore e dolore. Per solito sanguinano diffusamente, ma poco, e raramente si accompagnano a lesioni di organi profondi.

Ferita da taglio
È il tipo di ferita più frequente, quella provocata dalla lama del coltello o dalla scatoletta di latta. Può essere superficiale ed interessare solo la cute e il sottocute o anche molto profonda; può raggiungere organi vitali, come le arterie e le vene negli arti, o i visceri addominali (es. intestino) nell'addome. Le labbra della ferita si presentano talvolta divaricate o comunque possono esserlo facilmente facendo trazione ai lati di esse con le mani.
Queste ferite di solito sanguinano discretamente anche se sono superficiali, soprattutto quando interessano territori molto vascolarizzati come le mani; possono presentare sanguinamenti molto abbondanti se interrompono vasi profondi

Ferita da punta
È quella tipica da punteruolo, o da punta di coltello: è molto piccola sulla cute, ma può essere molto profonda e per questo è potenzialmente pericolosissima. La punta può aver penetrato organi interni creando magari piccole lesioni i cui effetti (emorragia interna, peritonite) possono rendersi manifesti anche a distanza di ore. Per tali motivi le ferite da punta richiedono sempre l'attenta esplorazione da parte di un medico, soprattutto quando sono localizzate sul torace, sull'addome, sul collo in corrispondenza del decorso dei grossi vasi (es. ascella, piega del gomito, polso, inguine).

Ferita lacera (lacerazione)
È quella da strappamento, a margini cutanei irregolari e frastagliati. Esempio tipico è quella da morso di cane. Sono di solito ferite superficiali (interessano cioè la cute e il sottocute) ma presentano facile tendenza ad infettarsi per i detriti presenti e le aree di tessuto devitalizzate.
Spesso si associano alla contusione (ferite lacero-contuse) .

Contusione
Non è propriamente una ferita, ma piuttosto è l'effetto della "botta", della compressione violenta della cute e dei tessuti sottostanti. La contusione pura non determina lacerazione della cute, la quale può apparire quindi pressoché indenne e non sanguinante, ma produce tuttavia dolore profondo e spesso ecchimosi (travasi di sangue nei tessuti) che si riconoscono dal colore rosso-bluastro. "L'occhio nero" come effetto di un pugno è una tipica lesione di questo tipo. La contusione si associa spesso agli altri tipi di ferite (es. escoriazione o lacerazione) e la sua apparente innocuità contrasta col fatto che urti violenti possono aver provocato lesioni degli organi sottostanti come, ad esempio, fratture nelle contusioni degli arti o del torace, rotture di visceri o emorragie nelle contusioni addominali, commozioni cerebrali nelle contusioni del capo).
La presenza di dolore intenso apparentemente sproporzionato alla lesione e/o di altri disturbi che il buon senso fa riconoscere preoccupanti (es. disorientamento, incoscienza, marcata tumefazione in sede di contusione, deformità di un arto ecc.) rende necessaria la visita medica.

Tipi di ferite:

a. da taglio

b. da punta

c. lacera

d. contusione (questa non è propriamente una ferita; l'escoriazione non è rappresentata).

IL PRIMO SOCCORSO

Il sanguinamento
Il principale motivo immediato di preoccupazione nel trattamento delle ferite (da taglio, da punta e da lacero) è il sanguinamento. L'esatta valutazione della gravità di questo è cosa che si apprende con l'esperienza, tuttavia alcuni elementi guida possono essere dati:

Usare il buon senso, non sottovalutare ma anche non farsi prendere da orgasmi. L'abitudine di sentirsi ambulanzieri e quindi autorizzati ad attraversare i semafori rossi a clacson spiegato quando si trasporta anche solo un "graffiato", non dico un ferito, è del tutto condannabile ed ha certamente provocato più vittime di quante non ne abbia "salvate".

Sollevate bene in alto l'arto sede della ferita: ciò comporterà un'immediata riduzione del sanguinamento.

Un sanguinamento che si riesce a controllare mediante compressione diretta della ferita con garze, o fazzoletto, è poco probabile che sia grave. La compressione forte (fino a fare male) e mantenuta per alcuni minuti da tempo al sangue di coagulare, dopodiché tolta la compressione il sanguinamento è esiguo o è cessato del tutto. Se il sanguinamento riprende abbondante la manovra può essere ripetuta e la compressione stabilizzata mediante una fasciatura stretta con una benda o un fazzoletto: applicate sulla ferita un tampone fatto con alcune garze ripiegate più volte o con una benda arrotolata (così com'è dalla fabbrica) in modo da coprire la ferita e poca cute intorno; poi fasciate stretto (il minimo indispensabile) in modo da comprendere il tampone nella fasciatura. Il ferito potrà or essere trasportato in un pronto soccorso medico, senza drammi, dal momento che l'emorragia è controllata.

Il sanguinamento grave, cioè proveniente da vasi soprattutto arteriosi, di medio e grosso calibro, è nel complesso un'evenienza rara. Tuttavia bisogna essere preparati a riconoscerlo ed affrontarla. Si manifesta con emorragia copiosa, talvolta pulsante, che la pressione sulla ferita non riesce ad arrestare: un po' come cercare di chiudere una polla d'acqua.

Quando le cose stanno così bisogna, senza omettere la compressione locale, andare a comprimere il vaso arterioso principale che rifornisce quel territorio. Ciò si può fare con le semplici mani se si conosce il decorso dei vasi agli arti e i punti in cui questi si possono comprimere sull'osso sottostante, oppure con un laccio emostatico teso, girato due volte intorno all'arto annodato.
Tenete presente che l'arresto della circolazione determinato dal laccio può provocare danni seri ai tessuti; il laccio va quindi integrato dalla compressione della ferita, stretto il minimo indispensabile e allentato temporaneamente ogni 10-20 minuti.
In mancanza del laccio emostatico, che è di gomma, si può usare una fascia, preferibilmente larga; invece, cordicelle o addirittura fili metallici vanno evitati, non perché non siano efficaci, ma perché lo strangolamento che determinano può ledere in modo irrimediabile la circolazione dell'arto.
Un buon sistema, se disponibile, e l'uso di un manicotto per misurare la pressione, gonfiato a più di 200 mm di mercurio.
In queste situazioni non ci si deve attendere di riuscire a dominare completamente l'emorragia e il ferito deve essere trasportato velocemente in un pronto soccorso medico: qui veramente contano anche i minuti. Un'emorragia acuta, come questa, è usualmente ben tollerata fino a perdite di mezzo litro nell'adulto, ed una perdita superiore al litro e mezzo mette in serio pericolo la vita. In mancanza di meglio, e in attesa dell'intervento del medico, sarà utile far bere acqua (o liquidi in genere) in quantità. Dar da bere è peraltro controindicato in caso di ferite addominali. Il paziente deve esser tenuto disteso, col capo più basso dei piedi.

La medicazione
Controllato il sanguinamento, la ferita dovrà venire ispezionata con cura allargandone delicatamente i lembi, per valutarne la profondità e l'eventuale presenza di corpi estranei (come schegge di legno o di vetro, terriccio ecc.). Tutte le ferite che sono profonde oltre la cute (più profonda cioè di 2-4 mm a seconda delle sedi) necessitano di regola di una sutura con punti che dovrà essere eseguita da un medico.
Egli pertanto assolverà anche il compito di ispezionare e lavare la ferita. Tuttavia va detto che in mancanza di sutura una ferita guarisce di solito ugualmente (con una cicatrice magari più brutta) soprattutto se è piccola e se si riesce ad ottenere l'affrontamento dei lembi con cerotti in trazione.

Disinfezione delle ferite

  1. si prende con la pinza una garza sterile;

  2. la si piega con l'aiuto dell'altra pinza (tenuta con la mano desta);

  3. vi si versa sopra il disinfettante (senza toccare la garza con il collo della bottiglia);

  4. si disinfetta la ferita;

  5. le garze vengono poi fatte cadere nella vaschetta di rifiuto.

Per una corretta terapia delle ferite, anche di quelle più superficiali che non richiedono l'intervento del medico, valgono le seguenti norme di cura:

  1. Togliete con le pinze pulite e disinfettate alla fiamma i detriti o i corpi estranei eventualmente presenti.

  2. Lavate con acqua (di rubinetto, di fonte, minerale, o bollita) abbondantemente la ferita in modo da portar via la terra e i piccoli detriti. Si potrà usare anche acqua ossigenata.

  3. Disinfettate la ferita con del disinfettante non alcolico, la cute intorno con disinfettante alcolico.

  4. Coprite con garze sterili o cerotti medicati a seconda della superficie. Eventualmente fasciate per una maggiore protezione dalla polvere e fissate con cerotti o rete elastica (figure 8-9-10-11).

  5. Assicuratevi che l'infortunato sia stato vaccinato contro il tetano e la vaccinazione non sia scaduta.

Le ferite che dovranno essere trattate dal medico vanno lavate con acqua e semplicemente coperte con garza. Non usate mai sulla ferita polveri antibiotiche o di altri tipi perché possono dar luogo ad allergie, né pomate; la miglior cura della ferita è quella più semplice: pulizia, disinfezione e copertura con garza.
Le ferite escoriate, nelle quali l'adesione delle garze alla ferita sarà tenace e sarà motivo di dolore nelle successive medicazioni, potranno essere curate interponendo sulla cute una garza cosiddetta grassa, cioè imbevuta di vasellina, o di altro tipo non aderente. Meglio ancora sarà spruzzare sulla ferita uno degli spray protettivi che formano una pellicola impermeabile sulla cute e poi eventualmente coprire con garze se la ferita è in una sede che può facilmente inquinarsi (per la polvere, i vestiti, ecc.).
Ogni giorno è bene medicare la ferita togliendo la garza o i cerotti che la ricoprono, disinfettandola e rimettendo la protezione con garza o cerotti. La medicazione giornaliera è un'ottima occasione per controllare l'evoluzione della ferita e in particolare la comparsa di segni di infezione.

L'infezione
È la crescita di germi nei piani della ferita e spesso da luogo alla formazione di pus. La terapia di questa situazione è compito del medico, tuttavia è necessario almeno saperla sospettare.
I segni sospetti di infezione sono i seguenti:

Se il pus si fa strada spontaneamente e fuoriesce all'esterno, bisogna favorirne l'uscita allargando delicatamente l'orifizio che si è aperto e comprimendo le zone circostanti. Pulita la cute dal pus, si disinfetta e si copre con garza in attesa dell'intervento di un medico, che può considerarsi non indispensabile nelle piccole lesioni poco profonde.
L'uso di antibiotici locali, in polvere o in pomata, è inutile e talvolta dannoso.

Ferite da scheggia o da spina
È un caso particolare e molto frequente di ferita da punta, nel quale la punta stessa che è penetrata nei tessuti si spezza all'altezza della cute imprigionata. Se la scheggia è completamente immersa nella cute è visibile solo una ferita puntiforme. La scheggia è fastidiosa e dolente e ciò rende probabile la sua presenza anche se nulla si vede all'esterno eccetto la ferita.
L'estrazione della scheggia è facile se questa sporge dalla cute; la si afferra con le pinzette depilatorie stando attenti a non spezzarla. Se la scheggia non si vede converrà aprire delicatamente la piccola ferita con uno spillo (sterilizzato alla fiamma) e allargandola con piccoli movimenti della punta; se non si affonda non si provocherà dolore. Di solito a questo punto si riesce a vedere la radice della scheggia e con l'aiuto dello spillo si tenterà di superficializzarla fino a poterla afferrare con la pinzetta; talvolta e utile spremere ai lati con due dita.
La scheggia, se ritenuta, può dar luogo dopo qualche giorno ad una piccola raccolta di pus che si presenta pressappoco come un foruncolo: il pus si fa fuoriuscire con l'aiuto dello spillo e poi si medica. Talvolta con il pus esce anche la scheggia.