I Cavalieri Templari

È ormai indiscussa la provenienza della spiritualità presente in noi Scouts San Benedetto. Essa giunge a noi dal Medioevo (il “periodo degli splendori”, lo definì Papa Leone XIII) e da uomini splendidi quali furono i cavalieri. Fra tutti gli ordini cavallereschi, uno in particolare ci è vicino più degli altri: l’ordine dei Templari.

Nascono a Gerusalemme, nel 1128, ottenendo favori dal Concilio di Trojes. Il loro primo capitano è Ugo di Payns, amico di San Bernardo di Chiaravalle il quale fu padre spirituale dell’ordine. Essi (alla nascita soltanto in nove) stabiliscono di vivere secondo la regola di S.Agostino: pronunciano i tre voti ordinari, e poi anche un quarto nel quale si impegnano a difendere i pellegrini nella persona e nei beni. Adesso, quindi, non sono più monaci, o almeno non solo, sono anche soldati: ecco l’ideale templare!

Croce e spada una accanto all’altra: “Una nuova cavalleria è apparsa nella terra dell’incarnazione. Essa è nuova, dico, e non ancora provata nel mondo dove essa conduce una duplice battaglia contro gli avversari di carne e sangue e contro lo spirito del male nei cieli. E non ritengo straordinario che i suoi cavalieri resistano, grazie alla forza dei loro corpi, a nemici materiali, poiché non lo giudico un fatto raro” (San Bernardo).

Ma che essi conducano la guerra con la forza dello spirito contro vizi e demoni, non solo lo ritengo meraviglioso, ma degno di tutte le lodi ai religiosi… Il cavaliere che è senza macchia e senza paura protegge la sua anima con l’armatura della fede, così come protegge il suo corpo con una cotta di maglia. Doppiamente armato, egli non ha paura né dei demoni né degli uomini; sicuramente, colui che desidera la morte non la teme. E come può temere di morire o di vivere colui per il quale “la vita è Cristo e la morte la ricompensa”? (San Bernardo).

La loro storia. Anche se si svolge solo nell’arco di due secoli, è così piena di fatti che né un libro né io basteremmo per descrivere tutte le loro gesta, le loro battaglie, gli assedi, gli agguati…

Figure bellissime di cavalieri e Re si intrecciano per fare di uomini, Santi ed Eroi, e della storia, leggenda. Per aiutarvi a capire lo spirito templare, voglio citarvi una battaglia, premettendo però che i templari sottostavano solo al Re, e soltanto a lui portavano obbedienza.

L’11 luglio del 1174, Baldovino IV sale sul trono di Gerusalemme: ha soltanto tredici anni. Si scopre ben presto che il giovane re è minato da una malattia inguaribile: lebbra. Questo però non lo fermò: fu un re degno dell’antichità, degno di Davide e di San Luigi, un santo, un uomo infine e la sua malattia non può che renderlo più grande ai nostri occhi.

La battaglia che cito è quella avvenuta il 23 novembre 1177, quando Saladino tentò di attaccare Gerusalemme col grosso della sua armata, forte di 26.000 uomini. Re Baldovino comprese le sue intenzioni, uscì con trecento cavalieri e piombò improvvisamente sulla colonna di Saladino. “La sorpresa non compensò certo la sproporzione dei soldati in campo, e forse in altre occasioni i cavalieri avrebbero esitato a combattere, ma Dio che fa tralucere la sua forza dai deboli, ispirò il Re infermo. Allora discese da cavallo, si prostrò con il viso nella sabbia, davanti al legno della vera croce, e pregò con la voce rotta dalle lacrime. Tutti, alla vista di ciò, giurarono di non retrocedere e di considerare traditore chiunque non si fosse battuto. Circondando la vera croce, lo squadrone dei trecento attaccò impetuosamente, agili come lupi, abbaiando come cani, caricando in massa, ardenti come fiamme. Misero in fuga l’invincibile Saladino, che dovette la vita unicamente all’agilità del suo cavallo e alla devozione della sua guardia che raggiunse l’Egitto abbandonando migliaia di prigionieri e un bottino senza precedenti” (da “Il rogo dei Templari”).

Ancora oggi, gli storici cercano la spiegazione di quella vittoria cristiana, ma sarebbe stata impossibile la vittoria di trecento uomini contro ventiseimila senza un aiuto soprannaturale.

Alcuni anni dopo, morto Re Baldovino alla verde età di 24 anni, i successori perdettero Gerusalemme, e una parte dei templari fu costretta a trasferirsi in Europa. Qui essi divennero molto potenti, sottostando soltanto all’imperatore e nulla perdendo della loro vita di monaci guerrieri. Ma la loro potenza li rese molto scomodi e li si incriminò di falsità abominevoli. Alla fine, grazie a un Papa debole (Clemente V) e un Re fellone (Filippo il bello) i cavalieri templari furono processati e mandati al rogo. La storia o la leggenda vuole (decidete voi…) che il loro ultimo capitano, Jacques de Molay, gridasse sul rogo, rivolgendosi al re e al Papa: “Entro l’anno vi chiamo davanti al tribunale divino”. Era il 1314: entro l’anno essi morirono. Avrebbero potuto confessare i loro delitti e riscattare la loro vita, ma come il grande Arnaldo dice: “Dieci uomini che muoiono pur potendo confessare i delitti di cui li si accusa, sono più attendibili di cento che li confessano e riscattano la loro vita grazie a questa confessione”. Fino alla morte, quindi, i templari tennero fede ai loro voti. Accendendo così le astinenze e i pericoli e rifiutando il riposo e la gloria “essi hanno vissuto senza avere nulla di proprio neppure la loro volontà. Vestiti semplicemente e coperti di polvere, il viso bruciato dai raggi del sole, lo sguardo fiero e severo, all’avvicinarsi della battaglia essi armano di fede il loro spirito e di ferro il proprio corpo. Le armi sono il loro unico ornamento e se ne servono con coraggio nei più grandi pericoli, senza temere né il numero né la forza dei barbari, essi ripongono ogni loro fiducia nel Dio degli Eserciti e, combattendo per la Sua causa cercano una vittoria sicura o una morte santa e onorevole” (San Bernardo).