Filologia dell'anfibio (Bompiani 1995). Romanzo/diario militare.

Il testo del risvolto di copertina:

Già il destino di essere nati non è privo di stranezza, ma all'interno della condizione umana vi è qualcosa di più strano: il servizio militare. Le esperienze incredibili (viaggi in universi paralleli, incontri con extraterrestri...) esigono, ancor più delle altre, di essere raccontate con precisione e completezza - ed è così che Michele Mari racconta la sua esperienza di recluta nella caserma Gaetano de Cordevolis di Como. Mari ha fama di scrittore fantastico e di filologo; di questo suo diario militare si può dire che mobiliti e incroci le qualità dell'uno e dell'altro: quelle dello scrittore fantastico, non perché il libro contenga una parte di "invenzione", assente nel significato letterale del termine, ma perché è tutto pervaso dal sentimento nudo e rabbrividente, e nel contempo fascinato, che scaturisce dal contatto con una realtà incomprensibile e aliena; quelle del filologo, perché alla descrizione della vita in un C.A.R. (Centro Addestramento Reclute) giovano qui lo spirito elencatorio-classificatorio e le attitudini maniacali che servono per allestire una buona edizione critica, in questo caso fornita anche di un suo corredo d'illustrazioni. Lo stile, incline alla parodia e all'arcaismo, tiene a distanza le cose descritte e narrate, impedendo che un'appiccicosa familiarità le faccia apparire meno assurde. Su quell' "enorme, flagrante demenza" - non priva, però, di una sua "astuzia tignosa" - che è l'istituzione militare, Mari rende in Filologia dell'anfibio una testimonianza di impressionante tristezza e di sotterranea comicità.


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