India :     Uttar Pradesh, Rajastan, Maharastra                                                       

 

Periodo :   Febbraio-Marzo 2000   ( 17 giorni) 

Organizzazione : Tour semiorganizzato

Mezzi di Trasporto :   Volo Giordan Airlines, Pullmino con autista, Tuk Tuk.

Partecipanti : 19         (Paolo, Grazia, Alberto, Luca, Giulia, Tullia, Paolo, Claudia,  Massimiliano, Federica, Emanuela,

                                    Cristina, Elena, Matilde, Maria Grazia,Claudio, Edvige, Giovanni e il capogruppo Roberto)

Itinerario :                   Nuova Delhi, Agra , Fatehpur Sikri, Jaipur, Amber, Galta, Ajmer, Pushkar, Mandawa, Bikaner, Jaiselmer,

                                      Deserto del Thar, Jodphur,  Monte   Abu, Udaipur, Bombay

 

                                    

          

    Racconto del Viaggio

Questo viaggio nasce da un grande desiderio che avevo da tempo , quello di vedere l'India di persona,  cosa che non capita tutti i giorni...  in quanto  trovare qualcuno che viene con te in un posto così  particolare e diverso da quelli conosciuti  non è cosa facile , cosi come convincere qualcuno a seguirti  è una responsabilità troppo grande!  

Così provo ad andare da solo con un tour semiorganizzato di cui diverse persone mi avevano parlato in maniera positiva ed interessante, la formula prevede la prenotazione di  tutti gli spostamenti esterni ed interni, mentre vitti e alloggi verranno cercati strada facendo.  In pieno inverno mi reco in sede e prenoto senza ripensamenti , sperando di aver fatto la cosa giusta (e così sarà) !    Poi di persona mi reco presso l'ambasciata indiana per ottenere il visto , dove non sò perche ma nonostante siamo a Roma mi sembra già di essere li sul posto!

Finalmente mi incontro con i partecipanti del viaggio a Fiumicino,  spero che siano delle buone compagnie con cui stringere amicizie (cosi sarà piu di quanto immaginavo!).

Il volo della Jordan Air prevede uno scalo nell’aeroporto di Amman in Giordania, dove atterriamo puntuali , durante lo stop over  incrociamo un gran numero di donne arabe in preghiera dirette alla Mecca, siamo già balzati in un altro mondo!  Dopo qualche ora cambiamo aereo per raggiungere  la capitale indiana, io capito seduto vicino a Cristina una simpatica compagna di viaggio che in 6 ore di volo mi racconta tutta la sua vita senza lasciarmi dire una parola.... Inoltre tanto per raccontare qualcosa di singolare  l'hostess araba mi consegna un fazzolettino umido che io strofino subito sul mio viso pensando di rinfrescarmi, invece è bagnato nell'acqua caldissima e per poco non mi ustiono! (...usanza araba ora saprei come usarlo!)

Nel primo mattino arriviamo in orario  a Nuova Delhi, ma perdiamo un po’  di tempo per il lentissimo controllo dei passaporti e il ritiro dei bagagli, questa lentezza la riscontreremo un po’ dovunque, ma forse siamo anche noi che viviamo in maniera troppo frenetica.

Cambio un po’ di dollari con la moneta locale e mi danno un mazzo enorme di rupie che non mi entrano neppure nel portafoglio, ciò mi dà già un’idea di quanto poco probabilmente può costare la vita da queste parti.

All’uscita dall’aeroporto troviamo il nostro pulmino con autista indiano che ci  accompagnerà per quasi tutto  il viaggio attraverso gli stati dell' Haryana, Uttar Pradesh, ma  soprattutto del Rajastan per poi terminare con la visita di Bombay che invece si trova nel Maharashtra, subito però ci porta in albergo per un riposino.

Dopo qualche ora usciamo curiosi e abbiamo i primi contatti con la città piena di gente, rumori, e caos, i pedoni non hanno mai alcuna precedenza quindi quando si attraversa una strada bisogna fare molta attenzione, la segnaletica è quasi inesistente e anche se bisogna tenere la sinistra, una volta al volante tutto è concesso l’importante è suonare sempre per farsi strada, l’inquinamento acustico quindi raggiunge livelli spesso insopportabili.    

Comunque per molti di noi che non erano mai stati in India l’esperienza è forte e di grande impatto, tanto che Giovanni rimane un po’ sconvolto, ma poi si riprende, così  guidati dal nostro bravo capogruppo Roberto visitiamo i monumenti più grandi della capitale, con bellissimi forti, minareti e moschee lasciate dalla cultura musulmana dei principi Mogul ai quali si fondono o si oppongono i templi  di cultura induista  dei Rajaput, questa alternanza la riscontreremo più o meno in tutte le località dell’itinerario.       

Il forte rosso è mastodontico e massiccio, prende in colore dalla roccia ferrosa tipica di queste zone, doveva essere una fortezza veramente inespugnabile, di fronte si estende la città vecchia che forse è la parte che mi ha colpito di più, piena di mercanti, artigiani, fornai presso i quali abbiamo assaporato  il pane cotto sulla pietra , ma pietra nel vero senso della parola, cioè cucinata con sassi messi per terra tra sporcizia e sacchi di farina, però la sua bontà ci dimentichiamo delle nostre eccessive misure igeniche.  Il percorso sembra un girone dantesco , intrecci di culture e personaggi diversi,  tantissimi mendicanti e mutilati  sdraiati in terra ,  bambini che ti seguono chiedendo soldi ,  poveri che con grande dignità cercano di vendere quel poco che hanno per qualche rupia... per molti di noi una esperienza unica e forte alla quale di certo non siamo abituati!  Si chiama India!!  

Un altro particolare che noto per la prima volta è la fitta e casuale rete di cavi elettrici che passano ovunque capita da una parte all’altra delle strade senza alcuna architettura e sicurezza, immagino cosa puo’ capitare durante la stagione del monsone.

La sera faccio due passi con Edwige una compagna di viaggio e casualmente ci imbattiamo in una festa Induista presidiata da grossi ceri profumati, quando ci vedono ci accolgono così calorosamente  che mi fanno sentire un nuovo Marco Polo, e ci invitano ad usare la macchina fotografica che io timidamente per rispetto nascondevo.

    Palazzo sul Lago

Il giorno seguente lasciamo la capitale e cominciamo il lungo percorso con il pulmino da 20 posti, all’interno l’atmosfera comincia a diventare allegra (sembra una gita scolastica) anche perche il ghiaccio tra i vari partecipanti  comincia a sciogliersi e devo dire che non abbiamo fatto grosse fatiche ad affiatarci tra noi, favoriti forse dal fatto che il gruppo era abbastanza omogeneo sia come fascia di età e sia perche eravamo quasi tutti singoli e senza famiglie e bambini (d’altra parte siamo in India, non a Rimini!!).

Ci dirigiamo verso sud ad Agra antica capitale ed abbiamo un primo contatto con le strade che collegano le città; a volte sono asfaltate ma spesso sono di terra, la segnaletica anche qui è scarsa, però non sono chiassose come quelle urbane, anzi c’è molta quiete e silenzio poiche i veicoli in circolazione sono pochi, l’automobile privata non se la può permettere quasi nessuno e gli unici mezzi che transitano sono dei grossi  autocarri per il trasporto di raccolti agricoli, i prodotti  talvolta sono racchiusi in grossi sacchi tondi dal diametro che arriva anche a cinque metri.

Comunque non dimentico il gran numero di buche che abbiamo preso durante la marcia, e la larghezza delle strade che spesso non consentiva il passaggio a due mezzi in opposta direzione;  infatti quando incrociavamo un camion di fronte a noi i due autisti procedevano fino a quando riuscivano a constatare chi dei due era più grande a quel punto (anche agli ultimi secondi) il più piccolo improvvisamente sterzava accostando verso il bordo della strada per  far passare l’altro, praticamente alla James Bond!

Sulla strada per Agra il nostro pulmino fora una ruota, così siamo costretti a fermarci in un sobborgo, scendiamo e come per magia ci troviamo circondati da gente curiosa che viene ad aiutarci, praticamente ci cambiano la ruota in dieci persone, tutti molto gentili e vogliosi di fare amicizia, in particolare con le due bionde del gruppo Federica e Giulia che da queste parti sono una cosa rara !!

Si riparte e arriviamo a  Vrindavan un paesino tipicamente indiano, qui cominciamo a farci un’idea della vita nelle campagne indiane, vie non asfaltate piene di animali di tutti i tipi, cinghiali,maiali,capre,galline,uccelli,cani,scimmie ma soprattutto le mitiche vacche sacre che mi accompagneranno per tutto il viaggio e che poi  rimarranno scolpite nella mia mente per un lungo periodo. In questo paesino si stavano svolgendo importanti manifestazioni religiose e i fedeli entravano ed uscivano portando fiori e petali nei templi induisti, per me è stata una forte sensazione  vederli pregare a modo loro in una atmosfera mai conosciuta prima, inoltre notiamo i primi santoni dai lunghi capelli seduti per terra a gambe incrociate.

Cominciamo a conoscere le principali divinità induiste e pian piano scopro un mondo enorme a me sconosciuto , antico e leggendario , cerco di fare ordine tra le tante divinità , semplificando   Brahma come creatore, , Shiva come distruttore e Visnu come mantenitore del mondo, poi ancora la dea Calì, e Ganesh dalla testa di elefante,  che era il mio preferito e per questo motivo mi appiopperanno questo soprannome per tutto il viaggio (non è da tutti!!),  ma l'induismo ha una storia lunga e articolata che richiederebbe uno studio approfondito dei sui testi , soprattutto del Mahabharata e del Ramayana per capire l'India dalle sue origini.

Prima di ripartire mangiamo della frutta in riva ad un fiume sacro dove Emanuela viene rapinata da alcune scimmie dispettose e affamate di cibo.

Ripartiamo e nel pomeriggio giungiamo ad Agra, sul fiume Jamuna, braccio del Gange,  antica capitale dell'Impero moghul, possiede alcuni edifici tra i più belli dell'India, in particolare il famosissimo mausoleo Taj-Mahal, che visitiamo subito, costruito nel 1652 dall’imperatore Moghol Shah Jahan in memoria dell’adorata moglie morta prematuramente. Sia che lo si guardi con la luce del giorno o nella luce rosata del tramonto , o riflesso nelle fontane del giardino, il Taj Mahal è sempre uno spettacolo che incanta e qui l’atmosfera è veramente particolare e magica. Il palazzo, costruito in ventidue anni dai migliori artisti dell’epoca, è in marmo bianco incastonato di pietre preziose ed è divenuto pian piano il simbolo dell’India.

Il giorno seguente è obbligatoria una visita alla Grande Moschea e al forte Rosso che somiglia molto a quello di Delhi ma è ancora più mastodontico .
 Poi proseguimento verso sud  dove a 40 km da Agra si trova la città fantasma di Fatehpur Sikri, costruita nel 16° secolo dall’imperatore Akbar come nuova capitale dell’impero ed abbandonata clamorosamente dopo pochi anni per mancanza d’acqua; il complesso è molto bello e rappresenta anch’esso un classico dell’India. Ci accompagna una simpatica guida che parla un’inglese un po’ storpiato , anche qui è pieno di bambini che ci seguono chiedendoci qualche rupia, e c’è chi li caccia via da noi con un bastone dicendo che lui è un guardiano, ma alla fine anche lui ci chiede i soldi!  Sembra che qui i mestieri si inventano per la strada!  All’uscita troviamo il primo incantatore di serpenti del viaggio, si fa fotografare ma anche lui vuole la sua ricompensa.  

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Nuova Delhi

Vrindavan

Agra

Fatehpur Sikri

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Jaipur

Amber Fort

Galta

Jodhpur

Dopo uno spuntino si riparte per Jaipur che è  la capitale del Rajastan, il pulmino si conferma un buon mezzo non solo di trasporto ma anche di socializzazione tra di noi, anche se spesso in alcuni momenti si crolla facilmente per il sonno e la stanchezza. 

Anche io crollo nel sonno e quando mi sveglio per il frastuono e il traffico scopro che siamo arrivati a Jaipur, pensavo che fosse una piccola cittadina invece scopro che c’è tantissima gente, infatti è una città di quasi 1.500.000 abitanti (forse in India non è molto).

L’albergo  che ci ospita è uno dei più caratteristici di tutto il viaggio, sembra di essere nella regia di un Maraja, ed è ben posizionato nel centro della capitale. Facciamo subito due passi e ci tuffiamo nel caos più totale,  non avevo mai visto nella del genere, un misto di biciclette, motociclette, animali, pedoni e autocarri che si incrociano e si sfiorano  anche a una certa velocità senza nessuna regola, anche qui basta suonare, sui camion compare sempre una targa con scritto “Horn Please!” cioè si prega suonare.

Tutta l'India concentrata in poco spazio, osserviamo di tutto, gente che va in tutte le direzioni, caos, animali, botteghe , venditori di spezie, stoffe e altro... Cristina ed Elena cominciano la ricerca di Pashmine  per tutto il viaggio , qui se ne trovano molte e anche di qualità, grazie alla rasatura della lana  delle capre himalayane.... mi raccomando non cercate lo  shaatosh  poichè si ricava uccidendo le povere antilopi tibetane, la caccia è stata vietata  dovunque ma il contrabbando ancora esiste!  

La sera dopo aver cenato ci riuniamo nel giardino dell’albergo per chiacchierare un po’,  ci raccontiamo un po’ di vita privata visto che ognuno di noi proviene da una città diversa, e di cose da dire ce ne sono molte.

Il giorno seguente, effettuiamo una escursione al vicino forte di Amber, che personalmente giudico come uno dei posti più belli di tutto il viaggio, è  uno splendido esempio dell’antica architettura Rajput,  è situato in  cima ad un monte ed  raggiungibile a dorso di elefanti elegantemente bardati, io però preferisco salire a piedi, arrivato in cima dopo la faticata mi accorgo che il rullino fotografico è finito così  torno al nostro pulmino e risalgo di nuovo, ma non potevo non fotografare un posto così bello e particolare; La fortezza  doveva essere davvero inespugnabile, dall’alto si ha una completa visuale su tutta l’area circostante e all’interno ci sono delle bellissime stanze ricche di oggetti e armi di tutti i tipi.

Gli elefanti sono ricoperti di teli ornamentali e hanno dei disegni colorati sulla testa e sul corpo, ognuno di loro ha un custode guidatore posizionato sopra, anche lui tutto ben vestito, nonostante sia una cosa molto turistica fanno parte del folklore del posto.

Lasciamo il forte e proseguiamo verso altre località, ci fermiamo intorno ad un lago tranquillo in mezzo al quale compare un altro piccolo forte, un luogo perso nel tempo, facciamo conoscenza con alcuni santoni del posto , probabilmente Lal Baba, con i capelli lunghissimi e intrecciati da chissà quanti anni e gli occhi profondi di spirito ,  seduti a terra , tranquilli ci dicono che si cibano solo di semi e vegetali raccolti per terra.... la mia solita monotona razionalità occidentale viene turbata ... sembra  strano ma ho la tentazione di lasciare il mio gruppo per di rimanere li con loro per qualche settimana per capire di più su questo mondo diverso!

Torniamo verso Jaipur e saliamo sulle vicine montagne dalle quali si può ammirare il panorama della città.  Qui si sale a piedi su un arido sentiero sotto il sole, ma quando arriviamo in cima superando una gola  di fronte ci appare un paesaggio fiabesco, è il tempio di Galta, uno dei posti che ricorderò per sempre , costituito da palazzi e piscine incastonati tra le rocce gialle della zona, i fedeli fanno il bagno in queste vasche e ci fanno venire voglia di buttarci in acqua, attorno ci sono tantissimi animali, in particolare scimmie e capre perfettamente amalgamate con noi, una delle cose  che più colpiscono dell’ India è questa perfetta convivenza tra l’uomo e l’animale, quest’ultimo è quasi sempre sacro e non teme nessun gesto dell’uomo, quindi non ci deve stupire se si incontrano vacche, capre, o maiali dentro un ufficio postale o una scuola! 

Nel pomeriggio  visitiamo Jaipur nei suoi vari aspetti,  facciamo una lunga passeggiata nelle grandi vie di terra piene di mercati e bancarelle di ogni genere, che vendono soprattutto frutta, vegetali, spezie e polverine indiane,  ma anche seta, stoffe, gioielli, artigianato, ed altro comunque ci rendiamo conto che a Jaipur c’è un grande commercio e come avevo letto lo stato del Rajastan in generale è uno dei più benestanti (relativamente) di tutta l’India, non è raro vedere oro.

Rimango comunque colpito dal fatto che soprattutto nelle città c'è tantissima gente e per gestire così tanta gente si necessiterebbe dal punto di vista istituzionale di molti organi statali, uffici e personale, invece da quel che ho visto le istituzioni ( a parte le scuole e gli ospedali che non mancano) sono raramente visibili così come il personale, la polizia e i vigili, ma evidentemente il popolo indiano si gestisce da solo dalla nascita alla morte, credo che non ci sia nessun assistenzialismo e gli anziani non percepiscono contributi.  

Visitiamo il bellissimo palazzo dei Venti, tutto rosa con tante fessure dalle quali un tempo le donne si nascondevano e potevano guardare gli uomini, poi il palazzo del maragià, che da poco è divenuto museo nazionale con tanto di guardie reali in divisa, anche con loro facciamo una foto ed anche loro mi chiedono la mancia. Infine  l’osservatorio astronomico racchiuso in un esile giardino.

 Andiamo a cena in buon ristorante per ricchi del posto, mi abituo a mangiare come antipasto una zuppa di erbe e poi via con il resto, pensavo che in questo viaggio  avremmo sofferto un po’ la fame ma invece mi devo ricredere perche si mangiano cose buone e genuine e senza conservanti o diserbanti (semplicemente perche non li hanno) , soprattutto vegetali visto che qui siamo nel mondo dei vegetariani, molte carni sono vietate, il pollo invece si può mangiare, il nostro preferito era il “Tanduri” speziato di un rosso peperonico e piccante. Il riso comunque domina incontrastato nelle sue varie versioni, al cumino, al cherry, al pulao etc. molti legumi, lenticchie, patate e poi l’indimenticabile “chapati” una specie di pane per il quale Cristina impazziva! Per finire i vari frutti esotici e non.

 A propossito di cibi vorrei anche ricordare Luca un grande viaggiatore toscano esperto di cibi di tutto il mondo ma in particolare di quelli a quattro zampe, ben cotti!

 Il giorno dopo ripartiamo in direzione di Ajmer,  è una città prevalentemente musulmana, e quando visitiamo la moschea a piedi scalzi , l’islam si sente forte, ci sono tantissime donne in preghiera che piangono e si lamentano, i turisti sono pochi e l'atmosfera non è così tranquilla come nei templi induisti.     

Visitiamo poi il museo che contiene delle bellissime ricostruzioni  di monumenti indiani, ma quel che ci ha stupito è che sono stati realizzati tutti in oro, e sembra non esserci neppure una guardia che li controlla, questo mi conferma quello che avevo già notato, cioè che l’india nonostante la sua povertà è un paese molto dignitoso e non violento, i furti e gli scippi sono meno diffusi che in altri paesi.

La giornata è molto calda, tanto che Giovanni ha un piccolo svenimento, ma nulla di preoccupante,  tra l’altro nel gruppo abbiamo anche un buon medico, la”Tullia”.

Ripartiamo così verso nord e nel pomeriggio arriviamo a Pushkar, la città sacra votata al dio indù Brahma.

Il suo nome, Pushkar, significa fiore di loto, la leggenda, infatti, vuole che il lago attorno a cui sorge sia stato formato da un petalo lasciato cadere dalla divinità creatrice,  l’atmosfera qui è davvero magica e tranquilla ed è uno dei posti che ricordo con più nostalgia. Sulle rive del lago, le case si alternano a una infinità di costruzioni sacre, le vie sono percorse da dromedari e da uomini con enormi turbanti di tutti i colori. I pellegrini presenti sono  numerosi in tutte le stagioni, fanno le offerte nei templi per poi andare a portare fiori e a pregare sui ghat, cioè delle gradinate che scendono nelle acque del lago, considerate purificatrici. Per gli induisti, questo gesto cancella ogni colpa. Tra ottobre e novembre, Pushkar ospita una famosa fiera di cammelli, una mostra mercato che richiama migliaia di pastori e nomadi dal deserto del Thar e da tutto il Rajasthan

Noi giriamo nel  pomeriggio e dopo cena, e la sacralità del posto si sente, non ci sono comunque svaghi di nessun tipo, le strade di notte sono poco illuminate e l’alcool è severamente vietato.

    Pushkar

Il giorno seguente si riparte con nostalgia, passando per una zona abbastanza arida, le condizioni delle strade peggiorano, e le indicazioni scarseggiano, tanto che il nostro autista indiano si è perso più volte ed è stato costretto a chiedere informazioni ad abitanti dei villaggi, i quali spesso sembravano non sapere nulla neppure della località più vicina, infatti nelle campagne la vita indiana è molto locale.

Comunque arriviamo a Nawalgarth una città fantasma quasi tutta abbandonta, forse per la scarsezza dell’acqua; E’ però molto affascinante, perche  risaltano soprattutto gli antichi "haveli", i palazzi che appartenevano alla ricca borghesia, sono celebri per il delicato e complesso lavoro artistico delle facciate. Le geometrie sono sempre diverse, ma si ispirano a uno stesso concetto di eleganza, durante la visita siamo stati accompagnati da un bravissimo suonatore di sitar, lo strumento indiano a corde dal suono particolare e inconfondibile che ha reso l’atmosfera davvero fiabesca. 

Risaliamo sul nostro pullmino accompagnati da una scia di bambini e bellissime donne indiane, gli ultimi residenti di questo fantomatico posto, e ripartiamo alla grande con Maria Grazia che ogni tanto racconta delle barzellette ma nessuno si sbudella dalle risate.

In serata dopo vari errori stradali giungiamo a Mandawa, e troviamo posto in un  indimenticabile albergo che ci ha fatto sentire dei veri Maraja almeno per una notte, camere dipinte ed ornate, letti con baldacchino, personale in divisa di gala e spettacolo serale con giocolieri e fuochisti, davvero bello!!

Io ero in camerone triplo con i miei inseparabili compagni di stanza Alberto e Claudio, ed ogni sera crollavamo commentando la giornata.

Al mattino facciamo un giro, anche qui ci sono diversi Haveli, ma il paese è davvero molto povero e meno turistico di altri , una coda di bambini ci segue e ci chiede di tutto, se vuoi regalargli qualcosa conviene che lo fai quando un bambino è da solo, altrimenti si creano delle resse, si strappano di mano tutto a cominciare dai soldi che distruggono in pezzetti, questi ultimi sono sicuramente la cosa più sbagliata da regalare.

Lasciamo Mandawa , un posto fuori dal mondo e tiriamo fino a Bikaner attraverso un paesaggio che comincia a diventare desertico, il caldo si sente e lungo la strada si incontrano pochi villaggi, in uno ci fermiamo e mangiamo un po’ di ciappati cucinato un po’ diversamente inoltre beviamo l'immancabile tè caldo.

Bikaner è un’antica capitale, cinta dalle mura, fondata nel 1488 da Rao Bikaji, la cui dinastia regnò incontrastata per quattro secoli e mezzo. In epoca medioevale si trovava su un’antica carovaniera, noi visitiamo il Junagah Fort costruito dal Raja Raj Singh, comandante dell’esercito dell’imperatore  Akbar.  Abbiamo tempo anche di prendere dei Tuk Tuk, vespe a tre ruote e immergersi nei vicoli del borgo antico che è pieno di negozi e templi in una confusione senza precedenti, riusciamo anche a perderci, gli autisti sembrano impazziti e la loro guida lacia molto a desiderare.

Da Bikaner abbiamo raggiunto anche la vicina Deshnoke (a me piace piu Desnok), dove sorge un sito davvero particolare...  il Tempio dei topi, qui l'animale è presente e gira liberamente   raggiungendo  l’apice della sua adorazione insieme ai tanti fedeli in visita che qui vegono per ricordare la saggia Karna Mata , importante personaggio alla quale è legata una lunga storia che ha a che fare con i topi .

L'esperienza comunque  è di quelle che ricordi per tutta la vita,   con grande coraggio molti di noi (io compreso)  ci siamo tolti le scarpe come previsto e con i soli calzini abbiamo visitato il tempio  costruito con pregiati materiali, nonostante i topi corrono dappertutto  l' atmosfera è davvero singolare, non c’è stato nessun problema, anche grazie ai fedeli che portano sempre del cibo ai loro adorati animali, che secondo la storia indiana sono come dei bambini reincarnati , ciò rende un po piu comprensibile per noi occidentali questa adorazione  .   La cosa piu forte personalmente è stata all'uscita del tempio, quando  ci siamo tolti i nostri calzini per buttarli nella spazzatura e invece gruppi di bambini erano li pronti a prenderli come un regalo .... questa è l'India!

La sera in albergo, dopo aver mangiato abbiamo instaurato un'altro colloquio sui nostri fatti italiani, seduti per terra e approfittando della particolare atmosfera creata dalla lampada visto che la corrente elettrica andava e veniva in maniera periodica, alternando momenti di buio a momenti di luce, ci dicono che qui è una cosa normale e frequente.    

Il giorno dopo si riparte, con destinazione Jaiselmer la città del deserto, una delle mete più ambite del viaggio.

Sveglia nel primo mattino, come al solito ci trasciniamo con molta fatica all’interno del pullmino passando le prime ore di viaggio quasi storditi, mi conforta vedere che c’è gente che ha più sonno di me!   La strada passa attraverso un paesaggio arido che mano a mano diventa desertico, ad un certo punto si cominciano a vedere delle carcasse di scheletri di grossi animali, soprattutto vacche e dromedari, e intorno a loro compaiono dei grossi avvoltoi e uccelli pronti ad intervenire, siamo nel deserto del Thar.

Dopo un altro sonnellino mi sveglio e come per miraggio mi appare la mitica Jaiselmer, la città di sabbia che un tempo aveva una notevole importanza economica con il passaggio delle carovane.

Curiosi di visitarla percorriamo a piedi le strette viuzze dei quartieri cittadini per ammirare il Forte, i templi Jain ed i palazzi ricchi di sovrastrutture finemente intagliate. In mattinata veniamo invitati da una famiglia a visitare la loro casa, ci offrono del tè e ci mostrano le loro pitture veramente belle ovviamente con lo scopo di vendere.

 Dalle massicce mura color ocra si gode un bellissimo panorama, intorno c’è il deserto, la sera facciamo una lunga passeggiata attorno alla città ha un fascino particolare e diverso da quelle che avevamo visitato fino ad ora.

Il giorno dopo partiamo per una escursione della zona, prendo lo zainetto e mentre scendo per uno stretto vicolo mi trovo faccia a faccia con una mucca, ci guardiamo e mentre io cerco di passare evitandola, lei mi dà una testata, forse ho invaso il suo territorio.

Così partiamo con il sole sempre rigorosamente presente, raggiungiamo una valle desertica dove compaiono all’improvviso dei complessi archeologici color sabbia, sono  delle antiche tombe con colonne che sorreggono una cappella, molto belle esteticamente e suggestive perche incastonate in un ambiente  pietroso e arido.  Facciamo una sosta in un accampamento all’aperto dove assetati  consumiamo bibite e un intero vassoio di noccioline arachidi. 

Nel pomeriggio è obbligatoria un’escursione tra le dune del deserto del Thar, un’esperienza bellissima a dorso di dromedario, qui siamo quasi al confine con il Pakistan e i nostri cammellieri ci raccontano che non scorre buon sangue con i vicini islamici, alla frontiera non li fanno passare , loro vivono grazie ai dromedari e sono molto simpatici, inoltre dalle dune che cambiano continuamente il paesaggio fuoriescono dei bambini venditori di bibite che sono sempre in agguato, in effetti il caldo fà bere molto, a proposito  non potrò dimenticare la coca cola in bottiglietta (combattuta dal governo indiano per molti anni), ma a differenza dell'Italia qui il riciclo dei vetri ha una storia diversa, ossia la bottiglietta della coca-cola una volta finito il liquido viene recuperata e riempita di nuovo non sò per quante volte, anzi lo si può capire da quanto è graffiata e consumata!  

Il giorno seguente dobbiamo a malincuore lasciare Jaiselmer e la parte desertica, per raggiungere Jodphur, nota come la città azzurra.

Entriamo di nuovo nel pulmino storditi dal sonno, ma poi il simpatico e socievole Alberto tira fuori a sorpresa un modulo con domande e quiz sui componenti del gruppo, tutto scritto da lui durante i momenti di relax a Jaiselmer dove è riuscito addirittura a farsi fare delle fotocopie per ognuno di noi. Così escono fuori delle cose pazzesche che sarebbero  troppo lunghe da raccontare, comunque ci siamo divertiti molto ed il tempo è volato.

Arrivati a Jodphur, ci sistemiamo in un discreto albergo, ma non perdiamo tempo e ci arrampichiamo sulla megafortezza di Meheranghar che domina la città.  Anche questo forte  è mastodontico e imponente tanto che le mura a volte raggiungono i 40 metri di altezza e quasi si mimetizzano con le rocce circostanti della montagna.

Il panorama è stupendo, siamo circondati dal deserto e sotto di noi appare l'azzurro delle case di Jodphur, sembra che la gente usi questo colore  perche allontana gli insetti, comunque la città è molto vasta ed è la seconda per popolazione nello stato del Rajastan, a me è piaciuta molto anche se sembra che molti turisti non arrivano fin qui.

Così via, il giorno dopo ancora una levataccia dal letto e si riparte per Monte Abu, passiamo attraverso svariati paesaggi, villaggi indiani in cui la vita scorre lenta ed è basata su regole molto arcaiche, le donne sono grandi lavoratrici e si occupano quasi di tutto dai bambini al cibo, alle mucche e alla coltivazione dei campi, alla raccolta dell'acqua dai pozzi,  noi infatti ci chiedevamo spesso cosa fanno gli uomini ??

In serata saliamo di quota e arriviamo a quota 1200 nell'agglomerato di Monte Abu nell'estremo sud del Rajastan, ai confini con il Gujarat, qui sorge un lago e ci sono molti alberghi, è un posto fresco dove la gente va in villeggiatura per evitare l'afa delle vicine città ed è anche meta prediletta di coppie indiane in luna di miele.

Il punto forte di Mone Abu è comunque il complesso dei templi Jain di Dilvara bellissimi e lucenti tutti in marmo bianco lavorato, in questa area infatti spicca come non mai l'influenza  della religione Jainista che spesso avevamo gia trovato lungo il nostro percorso ma qui raggiunge il suo apice.

Il jainismo è una dottrina ateistica, diffusasi contemporaneamente al Buddhismo per opera di Vardhamana, i jainisti non riconoscono una divinità suprema ma bensì varie divinità che per ottenere la liberazione devono incarnarsi in forma umana;  qui comunque vengono pellegrini da tutto il paese ne abbiamo visti  molti, anche europei e occidentali convertiti in maniera convinta a questa filosofia, essere jainista comporta anche un rigido rispetto a certe regole riguardo al cibo, al bere, al sesso e altro quindi non è semplice dichiararsi fedeli.

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Galta

Udajpur

Udajpur

Bombay

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Ajmer

Jeselmer

Deserto Thar

Ranakpur

Nel pomeriggio facciamo un giro intorno al lago,ma secondo me non è stato uno dei posti più significativi, però c'è un'aria abbastanza mistica, oltre che fresca!

La sera mangiamo un buon pollo in un  ristorante, all'uscita Cristina tira degli ossi ad un cane, ma all'improvviso deve scappare perche è inseguita non solo dai cani ma anche da alcune mucche che qui non fanno distinzione tra erba, carne o plastica;  in generale comunque in India tutti gli animali sono molto affamati e lo si vede anche dalla loro corporatura quasi scheletrica, le mucche saranno anche sacre ma per farne una nostra ce ne vogliono tre!

Il giorno seguente riscendiamo a valle passando per campi, gole e villaggi, lungo il percorso incontriamo l'area archeologica di Ranakpur, anche questo è uno dei principali centri jainisti dell'India, i templi sono bellissimi e curatissimi, tutti merlati in marmo anche se per fare il biglietto ci abbiamo messo 20 minuti e non c'era nessuno in fila;  Poi sempre di strada visitiamo un'altra maestosa fortezza, quella di Cumbargard, anche questa domina una vasta area, ma oramai ne abbiamo viste così tante che non ci fanno più effetto, anche se hanno tutte qualcosa di diverso e affascinante.

Possiamo dire che il Rajastan come un pò tutta l'India è stato caratterizzato da questa continua frammentazione in stati-fortezze nei quali regnavano  principi Moghul o Rajaput i quali  non esitavano ad attaccare o a difendersi dal proprio vicino; questa politica però fu anche la causa per la quale nel XVIII sec. l'India cadde sotto il dominio degli Inglesi che  trovarono terreno fertile e facilmente conquistabile;  probabilmente se i vari sovrani avessero collaborato tra loro per combattere lo straniero non avrebbero  subito questa invasione.

In serata arriviamo a Udajpur, la città dell'aurora, personalmente credo che sia stato il posto più bello di questo viaggio, mi è rimasto un ricordo particolare; la città si sviluppa attorno a un grande lago, è ricca di palazzi fiabeschi e di notevole eleganza, inoltre possiede un clima mite e piacevole.

Il palazzo più importante  e bello è il City Palace  che si specchia nelle acque del lago, ma ve ne sono tantissimi, anche le case qui hanno un aspetto artistico, visto che spesso compaiono dei disegni di divinità sulle mura bianche.  Inoltre a differenza delle altre città del Rajastan, Udajpur è molto più verde e ricca di acqua il che le conferisce un aspetto più raggiante, e romantico, ci sono tantissimi negozi di artigianato e mercati di frutta e spezie, nonchè lavoratori del vetro e orafi.

Anche di animali in libertà ce ne sono in abbondanza, ed è facile trovarsi di fronte ad un elefante mentre si esce da un negozio o da un tempio... non sarà elegante ma nonostante la bellezza della città non posso non ricordare qui ho trovato i cessi pubblici più sporchi e puzzolenti che ho visto nella mia vita... le vere "Fogne di Calcutta " che spesso nominiamo in questi casi , dai quali ho dovuta fare in fretta a uscir fuori per non essere asfissiato , ma l'India è anche questa !

Il giorno seguente dopo la visita della bellissima City Palace  ci imbarchiamo per la visita del palazzo al centro del lago, dove oggi sorge anche un lussuoso albergo, i riflessi del sole sull'acqua ci danno un senso di calore e di tranquillità, dalla barca scorgiamo anche qui tantissime donne che usano il lago per fare di tutto dal bagno al lavaggio dei panni.

Nel pomeriggio veniamo ingaggiati per vedere uno spettacolo di danze folkloristiche indiane, con musiche tipiche della zona, le danze sono di tipo Odissi, un classico in India , ispirate culturalmente a Shiva, il corpo di ballo è prevalentemente maschile ,  sono bravi soprattutto nei movimenti delle braccia e della testa che si sposta in maniera orizzontale, un pò tipo cobra.

La sera ceniamo in bel ristorante con veduta sul lago, non dimenticherò mai di aver bevuto della birra mimetizzata in un servizio da tè, gli alcolici infatti non possono essere serviti nei ristoranti, ma anche in India tempio delle religioni hanno trovato il sotterfugio! Facciamo una bella foto di gruppo visto che il viaggio sta per volgere al termine, proprio ora che ci siamo affiatati gli uni con gli altri, devo dire che il gruppo è stato veramente unito!

Il giorno seguente gironzolo per la cittadina, assieme a Massimiliano (e la sua stupenda macchina fotografica)  e Paolo (detto l'ingegnere), e finiamo a mangiare le banane dentro un bellissimo parco, qui conosciamo un bambino indiano intento a sfidarci a baseball lo sport più amato da queste parti, ci racconta della scuola, i bambini figli di ricchi generalmente frequentano scuole di origine Inglese, esclusive e costose, mentre gli altri frequentano quelle normali ed hanno molti problemi da risolvere a cominciare dalle penne, comunque mi sembravano tutti più educati dei nostri.

Nel pomeriggio purtroppo dobbiamo salutare il nostro autista e il suo simpatico aiutante che ci hanno accompagnato per circa 2500 km e ora tornano verso Nuova Delhi, mentre noi ci trasferiamo all'aeroporto di Udaipur per raggiungere Bombay.

Io sinceramente ero un pò preoccupato, non per il volo interno dell'Air India ma per il mio biglietto aereo che per errore era intestato non a me ma ad un certo "Anache" un cognome che forse non esiste in nessuna parte del mondo!!  Fortunatamente non ci sono stati problemi nel controllo ne per me e ne per Edvige e Giovanni che avevano lo stesso problema, con errori  altrettanto fantasiosi.

Dopo circa un'ora giungiamo a Bombay la porta dell'India con i suoi 15 milioni di abitanti, oggi detta Mumbay, sembra infatti che in questi tempi alcuni nomi di città indiane stanno cambiando.  Usciamo dall'aeroporto che è situato piuttosto fuori della città, e siamo assaliti da gruppi di bambini, qui bisogna stare un pò attenti ai bagagli, così saliamo su un taxi-pulmino e ci dirigiamo verso il centro.

La strada che ci conduce verso il centro è una specie di superstrada tutta diritta, ma quello che si vede è impressionante, ci sono zone di densi palazzi alternati a sconfinate baraccopoli, dove la gente vive quasi di nulla, improvvisamente veniamo assaliti da cattivi odori ben lontani da quelli delle spezie del Rajastan, e capiamo facilmente che questa è un'altra India.

Ci sistemiamo nell'Hotel Apollo, in pieno centro e faccio subito una passeggiata assieme ad Alberto e Claudio  attorno al Taj Mahal uno degli hotel più belli e lussuosi del mondo, ma a parte quest'isola di benessere scorgo cose che non avevo mai visto prima, cioè decine di persone che dormono sdraiati per la terra assieme ai bambini, mendicanti e mutilati che convivono assieme a topi di grosse dimensioni che circolano liberamente indifferenti alla nostra presenza. La strada è la casa di molte persone che se la passano davvero male, mi avevano già detto che chi vive in campagna ha una vita molto più dignitosa rispetto a chi vive nelle grandi città, e posso confermarlo.

Sulla società indiana si potrebbe parlare all'infinito , ma per capirla ci vuole tempo e un viaggio in India come quello che ho fatto io non è molto per averne una visione ampia.... certo alcune cose sono molto evidenti, come la presenza delle caste sociali, una cosa piuttosto pesante per chi la vive, sicuramente una privazione di libertà sia psicologica che materiale , cosi radicata nell'induismo che sarà difficile farla scomparire a breve !

Arriva così l'ultimo giorno del viaggio,  lo sfruttiamo per visitare qualche angolo della città.  Scopriamo che Bombay ha comunque anche delle cose positive, è una delle città indiane in cui la modernità si manifesta (in certe zone) con grossi palazzi e grattacieli, sedi di importanti società, inoltre conserva antichi palazzi in stile vittoriano che la rendono particolare e diversa, ricorda un pò l' Inghilterra, ci sono anche vecchi autobus a due piani tipicamente britannici, senza vetri ma molto efficienti, sicuramente più di quelli della mia città dove il biglietto costa 1500 lire, rispetto  alle 100 di Bombay.

Bombay è anche la capitale del cinema indiano, infatti è facile vedere grossi cartelloni pubblicitari che sembrano disegnati e dipinti a mano, generalmente gli indiani vanno matti per i film neorealistici, oppure love story o spionaggio, quando noi eravamo lì andava alla grande Agente 007. 

Ci imbarchiamo al molo per la visita dell'Isola di Elephanta situata 10 km dal porto, è un posto di relax dove vanno i cittadini la Domenica a fare una gita, l'attrattiva sono i  templi scavati nella roccia tra il 450 e il 750 dc, dove sono raffigurate alcune divinità, che in seguito sono state mutilate dai portoghesi, caratteristica del posto sono le numerose e dispettose scimmie in libertà, inoltre da appassionato di mineralogia compro a pochi soldi uno splendido esemplare  di apofillite , un minerale che crea stupendi cristalli bianchi e trasparenti tipici delle cave si questa zona. 

Nel primo pomeriggio visito un grosso mercato di frutta spezie ed altri alimenti , il Crawford Market assieme a Tullia e Giulia che impazziscono per codesti prodotti, i profumi qui sono veramente forti, nel mentre io sono costretto a sedermi a causa di mal di testa e  probabilmente sono stato colpito da insolazione, per fortuna nulla di serio.

La sera siamo tutti un pò tristi poiche il giorno successivo la gran parte di noi (tra cui io)  tornerà in Italia, mentre 6 o 7 persone continueranno il viaggio per la località balneare di Goa.  Così consumiamo l'ultima cena in un bel ristorante di Bombay suggerito da Alberto che c'era gia stato in uno dei suoi tanti viaggi, la scelta è stata giusta, mangiamo del buon pesce con salse indiane e beviamo un pò per scaldare l'atmosfera, purtroppo è tempo di saluti! Peccato! 

Mi è dispiaciuto molto di non essere andato a Goa ma purtroppo non avevo prenotato, così ho fatto la valigia e assieme agli altri sono ripartito, abbiamo fatto il solito scalo ad Amman dove per qualche disguito siamo stati costretti ad aspettare qualche ora prima della ripartenza per Roma.

Conclusioni

E' stata una esperienza unica, passare dalla nostra società moderna ad una completamente diversa, basata su valori primordiali, sul lavoro dei campi, sulla forza umana e sulle religioni. La più grande democrazia del mondo dove la vita si organizza in strada giorno per giorno con quello che capita, forse è un paese che non ha nulla ma che può dare tanto a chi lo visita!   Alcuni dei compagni di viaggio erano stati qui molti anni fà e rivedendo questi posti sostenevano che non erano cambiati affatto..... chissà se la modernità un giorno arriverà anche qui.

Comunque per evitare sorprese o fraintesi , consiglierei a chiunque di documentarsi e prepararsi prima della partenza, poiche è un mondo completamente diverso da quello in cui si è abituati a vivere.           

Il gruppo del quale io non conoscevo nessuno è stato eccezionale a cominciare dal capogruppo, siamo stati in perfetta armonia come se ci conoscessimo da una vita! 

 

Musica: riproduzione strumentale di musica indiana con strumento sitar

     Mail :  paolomag2005@gmail.com