LA FIGURA DELL’EROE

Con Leopardi entra in crisi il concetto di eroe come portatore di ideali in quanto egli li definisce vane illusioni.

Nella prima fase della poetica (il pessimismo storico) egli individua uno stato di Natura per sempre perduto in cui gli uomini vivevano felici grazie alla protezione della Natura benevola, che permetteva di coltivare i valori non ancora considerati caduchi ("La ragione è nemica della natura: la natura è grande, la ragione è piccola" , Zibaldone, [14], pag. 10).

Gli unici eroi furono i classici in quanto vivevano in una condizione molto simile a quella dello stato di Natura credendo nelle illusioni non ancora distrutte dalla conoscenza .

Leggendo i classici, però, Leopardi scopre che anche in passato gli uomini conoscevano il dolore e scrive le due Canzoni del suicidio sulle tristi vicende di Bruto e della poetessa Saffo.

Ora la natura è considerata matrigna: negli uomini prevale un lucido raziocinio che distrugge gli ideali, riconosce l’ineluttabilità del dolore e aspetta la morte senza temerla.

Leopardi rinnega il suicidio sulla base della sofferenza comune e della solidarietà: il suicidio è la scelta più lucida e naturale per l’individuo, ma non spetta all’uomo infliggere ulteriori dolori ai suoi simili.

La fase del titanismo è caratterizzata dalla concezione di solidarietà espressa nel "Dialogo di Plotino e Porfirio", nel "Dialogo di Tristano e di un amico" e nel Grande Idillio de "La Ginestra".

Gli uomini hanno accettato la "filosofia dolorosa, ma vera" e respinto le illusioni e perciò decidono di unirsi per sfidare la Natura in una battaglia persa in partenza.

Se Foscolo ha potuto travalicare le sconfortanti conclusioni della ragione attraverso la fede nelle "illusioni", se Manzoni ha potuto approdare dall’iniziale formazione materialistica alla consolazione di una fede positiva, Leopardi afferma un materialismo rigoroso che riconosce il dolore ineluttabile e fonda su tale consapevolezza una nuova morale laica, invitando gli uomini a sostenere l’impari lotta contro la Natura stretti da un tenace vincolo di solidarietà.

 

..."ISLANDESE:..appena un terzo della vita degli uomini è assegnato al fiorire, pochi istanti alla maturità e perfezione, tutto il rimanente allo scadere, e agl'incomodi che ne seguono.

NATURA: Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra?...sempre ebbi e ho l'intenzione a tutt'altro, che alla felicità degli uomini o all'infelicità...quest'universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione...ciascheduna serve continuamente all'altra, ed alla conservazione del mondo"...

da DIALOGO DELLA NATURA E DI UN ISLANDESE  ­

Questa Operetta Morale ha una grande importanza perché contiene la riflessione conclusiva di Leopardi sul problema della relazione tra l'uomo e la Natura. Precedentemente aveva definito la Natura benigna preoccupata di mascherare il dolore del vivere; ora, invece, concepisce la Natura come una potenza cieca e meccanica, indifferente alla sorte degli uomini.

 

..."Viviamo, Porfirio mio, e confortiamoci insieme...per compiere nel miglior modo questa fatica della vita...E quando la morte verrà, allora non ci dorremmo: e anche in quest'ultimo tempo, gli amici e i compagni ci conforteranno: e ci rallegrerà il pensiero che poi...ci ameranno ancora."...

da DIALOGO DI PLOTINO E DI PORFIRIO  ­

In questa Operetta viene inserito per la prima volta il concetto di solidarietà, individuato nella conclusione del Dialogo, quando Plotino dissuade Porfirio dall'intenzione di suicidarsi; infatti Plotino descrive, al suo compagno, un'umanità unita da un fraterno legame d'amore e di reciproca pietà. Inoltre il poeta cambia il suo atteggiamento nei confronti del suicidio: ora, per lui, è un atto disumano, contrastante con la vita degli affetti dell'intera umanità.

 

..."Arcano è tutto,
fuor che il nostro dolor...
...Ogni più lieto
giorno di nostra età primo s'involva.
Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l'ombra
della gelida morte. Ecco di tante
sperate palme e dilettosi errori,
il Tartaro m'avanza; e il prode ingegno
han la tenaria diva,
e l'atra notte, e la silente riva."

da ULTIMO CANTO DI SAFFO  ­

In questo canto, la poetessa greca Saffo, sarebbe stata bruttissima e per questo respinta da Faone, da lei appassionatamente amato. Per questo motivo si sarebbe uccisa gettandosi dalla rupe di Leucade. Il canto è infatti il monologo della poetessa prima di morire, in cui vengono accusati la Natura e il destino colpevoli di averle reso impossibile la felicità negandole la bellezza e di averla condannata a una vita dolorosa e vana.

 

..."Troppo mite decreto
quel che sentenzia ogni animale a morte,
s'anco mezza la via
lor non si desse in pria
della terribile morte assai più dura.
D'intelletti immortali
degno trovato, estremo
di tutti i mali, ritrovar gli eterni
la vecchiezza, ove fosse
incolume il desio, la speme estinta,
secche le fonti del piacer, le pene
maggiori sempre, e non più dato il bene"...

da IL TRAMONTO DELLA LUNA ­

Questo è l'idillio della morte, del lento morire, dell'appassire della vita dopo la fine della giovinezza e delle illusioni. Come al tramontare della luna, il mondo si scolora, così perde colore e senso la vita quando la giovinezza è spenta: ma mentre nel mondo al tramonto segue una nuova aurora, per l'uomo, dopo la giovinezza, non resta che un'aridità desolata.

 

..."Nobil natura è quella
che a sollevar s'ardisce
gli occhi mortali incontra
al comun fato, e che con franca lingua,
nulla al ver detraendo,
confessa il mal che ci fu dato in sorte,
e il basso stato e frale;
quella che grande e forte
mostra sé nel soffrir, né gli odii e l'ire
fraterne, ancor più gravi
d'ogni altro danno, accresce
alle miserie sue, l'uomo incolpando
del suo dolor, ma dà la colpa a quella
che veramente è rea, che de' mortali
madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e …
tutti fra sè confederati estima
gli uomini, e tutti abbraccia
con vero amor, porgendo
valida e pronta ed aspettando aita
negli alterni perigli e nelle angosce
della guerra comune."...

da LA GINESTRA O FIORE DEL DESERTO  ­

In questo canto il tema è quello della lotta contro la Natura. Leopardi ora esce dalla sua solitudine e ritrova una presenza fraterna nel desolato universo: gli uomini devono guardare in faccia il destino, accettare consapevolmente la "filosofia dolorosa ma vera", costruire un mondo fondato sulla solidarietà nel dolore, e combattere uniti contro la natura maligna.

 


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