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RED HOT CHILI PEPPERS

Peperoncini rossi in salsa funky    

Con "Californication", i Red Hot Chili Peppers hanno conquistato le classifiche. Ma il loro inconfondibile funky-rock era esploso già otto anni prima... 

di Marco Baldassarre 

E’ l’album Californication (1999) che fa salire i Red Hot Chili Peppers alla ribalta dei giornali e delle TV di tutto il mondo grazie ai suoi 9 milioni di copie vendute. In realtà i Red Hot avevano raggiunto un successo ancora maggiore otto anni prima, con Blood Sugar Sex Magik, l’album che segnò l’esordio del chitarrista John Frusciante. I Peppers nascono però molto prima di questi due dischi. 

Il cantante Anthony Kiedis (Grand Rapids-Michigan,1962) ed il bassista Michael Balzary (in arte Flea, (Melbourne-Australia,1962) erano amici nella Fairfax High School già all’età di 16 anni. Flea aveva fondato gli Anthem, insieme al chitarrista Hillel Slovak (Haifa-Israele,1962) e al batterista Jack Irons (California,1962). Quando Anthony decide di entrare nella band, il nome viene tramutato in Red Hot Chili Peppers. Slovak e Irons però avevano lavorato per gli Anthem molto a lungo, e quando i Red Hot firmano il primo contratto con la Emi nel 1982, i due decidono di abbandonare il nuovo gruppo continuando col loro progetto, rinominato “What is this?”. Al loro posto, nell’omonimo album di esordio, sono presenti Jack Sherman alla chitarra e Cliff Martinez alla batteria. 

The Red Hot Chili Peppers esce nel 1984, preceduto dal singolo Out in L.A. (il primo brano inciso dal gruppo) e riscuote un discreto successo negli Stati Uniti soprattutto grazie a “True men don’t kill coyotes” e “Get up and jump”. Il fallimento del progetto “What is this?” porta al rientro dei due componenti originali nella band, che nel 1985 produce il suo secondo album, Freaky Styley,  album che, pur non rappresentando il meglio dell’espressione del gruppo californiano, regala ai Peppers una certa notorietà anche fuori dagli States (“Freaky styley” e “Jungle man” sono i due singoli estratti dall’album). Gli anni che seguono sembrano aprire la strada verso il declino della band, nonostante il crescente successo: Anthony e Hillel perdono evidentemente il controllo delle proprie vite, e la loro dipendenza dalle droghe inizia a ripercuotersi sulla musica del gruppo. In particolare, il chitarrista inizia ad avere gravi problemi di salute e non è raro che nei concerti sbagli le note o dimentichi i brani da eseguire. 

Nel 1987 il terzo album, The Uplift Mofo Party Plan, è piuttosto controverso: la EMI impone che il titolo del brano “Party on your pussy” venga cambiato in “Special secret song inside” e che i testi vengano esclusi dal libretto. “Fight like a brave” e “Me & my friends” sono comunque due hit di gran successo, insieme a “Behind the sun”, il cui video imperversa su Mtv. Nell’album è anche presente la cover di “Subterranean homesick blues” di Bob Dylan. I Peppers sono negli USA ormai un fenomeno che va oltre il fatto musicale,e si impongono soprattutto per la loro immagine di band irriverente e distruttiva. Ma le condizioni di Slovak continuano a peggiorare, e la band inizia a pensare al licenziamento del chitarrista. Intanto, all’inizio del 1988, esce Abbey Road EP, raccolta di 4 brani più la cover di “Fire” di Jimi Hendrix, la cui copertina mostra la band nella famosissima imitazione dei Beatles, con i calzini a coprire i genitali come unico indumento. 

Ma il 27 giugno Hillel Slovak muore di overdose. La band sembra irrimediabilmente destinata al temine: Jack Irons incolpa il mondo della musica per la morte dell’amico e rifiuta di avere contatti col mondo esterno (andrà poi in una casa psichiatrica prima di diventare, nel 1995, il batterista dei Pearl Jam); Kiedis si rifugia in un piccolo paesino del Messico per disintossicarsi, ed è soltanto grazie a Flea che il gruppo continua a vivere: il bassista convince Anthony a ricominciare in nome dell’amico defunto, ed al suo posto nel gruppo fa il suo ingresso il diciottenne John Frusciante (New York, 1970). John era un accanito fan del gruppo, e Anthony e Flea lo avevano accompagnato a un provino per entrare nei Thelonious Monster: “John era un perfetto clone di Hillel”, racconta Anthony “non solo per come suonava, avendo assimilato l’immensa tecnica del suo idolo, ma anche per come si presentava e si muoveva sul palco”. Da quel provino John Frusciante uscì come chitarrista dei Red Hot Chili Peppers. “Sostituire il batterista era una cosa difficilissima”, confessa Flea. “In uno dei tanti noiosissimi giorni di selezioni entra Chad Smith (St.Paul-Minnesota, 1962): sembrava un idiota con quella bandana tra i capelli e la maglietta dei Metallica addosso!”. Anthony continua: “Stavamo già per dire: Avanti il prossimo!, quando ha iniziato a suonare. Lo studio fu improvvisamente tempestato da un’orda di gorilla psichedelici: sembrava un pazzo mentre suonava la batteria e urlava a pieni polmoni”.

Il quartetto è finalmente ricomposto e dopo solo pochi mesi l’album Mother’s Milk è pronto (preceduto dal singolo “Knock me down”, dedicato al chitarrista scomparso; nell’album è presente anche la cover di “Higher Ground” di Stevie Wonder). E’ il 1989, e per Red Hot ritorna il successo; l’album vende 500.000 copie e la band decide di puntare anche sul mercato europeo lasciando la vecchia casa discografica per passare alla Warner. 

Ma è il 1991 l’anno d’oro dei Peppers: Blood Sugar Sex Magik contiene 17 brani, tutti registrati dal vivo, ed è quattro volte disco di platino. “Give it away” vince il Grammy come Best hard rock track, “Under the bridge” è il ricordo per Anthony della sua vita segnata dalla droga a L.A. qualche anno prima, i singoli “I could have lied”, “Breaking the girl” e “Suck my kiss” insieme alla titletrack segnano la nascita di un nuovo genere musicale: è il crossover, incrocio di generi musicali diversissimi tra di loro e fino a quel momento mai sperimentati insieme, e segna la fine dell’hardcore come genere monotematico dittatore della cultura underground. In Blood Sugar Sex Magik punk e hardcore si alternano all’hip hop o ai ritmi in levare, allo ska e all’hard rock. Inizia così un immenso tour mondiale lungo tutto il 1992, ma il 7 marzo, durante una tappa in Giappone, John Frusciante dà l’annuncio del suo ritiro: “Non posso rimanere più con la band, ho raggiunto uno stato in cui non riesco a rendere giustizia a quello che ho creato. Non riesco più a dare alla band quello che sono tenuto a dargli….. semplicemente dite al mondo che sono impazzito”. Flea più tardi dirà che John non andava d’accordo con la casa discografica, che lo aveva ingiustamente ecluso dalla copertina dell’album. Arik Marshall conclude il tour alla chitarra. Dopo l’uscita di What Hits!?, raccolta di diciassette brani storici più “Show me your soul”, dalla colonna sonora del film “Pretty Woman”, nel 1994 il nuovo chitarrista è Dave Navarro (Santa Monica-California, 1967), ex Jane’s Addiction. Un anno dopo è pronto il nuovo lavoro, One Hot Minute, sicuramente più commerciale del precedente, con gli hit “Aeroplane” e “My friends” (scritta da Anthony in onore dell’amico River Phoenix, morto nel 1993), e il capolavoro di Flea, “Pea”, che gli vale il titolo di Best bass player del 1996. Nel ‘96 esce anche il singolo “Love rollercoaster”, nella colonna sonora di “Beavis and butthead do America”.

Verso la fine del 1997 John Frusciante è ricoverato in ospedale per abuso di droghe: i Red Hot corrono al suo capezzale. E’ un segno del rientro del parzialmente disintossicato chitarrista, annunciato ufficialmente il 22 aprile del 1998, insieme all’uscita, entro un anno, del nuovo lavoro, Californication. L’album si rivela un top seller, ed è subito nei top 5 album sia in USA che in Inghilterra. Le copie vendute sono più di nove milioni, e dall’album sono estratti cinque fortunatissimi singoli: “Scar tissue”, “Around the world”, “Otherside”, “Californication” e “Road trippin”. L’ennesimo tour mondiale è coronato dalla presenza a Woodstock e dal concerto nella Piazza Rossa a Mosca, che rappresentano due dei maggiori eventi musicali degli anni ’90. Nel 2000, a completare l’opera, la raccolta Best of, aspettando un nuovo lavoro, all’inizio del 2002, con la band che ha finalmente ritrovato il suo assetto grazie a Frusciante, e non sembra intenzionata a lasciarlo per niente al mondo.

Dopo gli oltre 9 milioni di copie vendute in tutto il mondo con Californication, i Red Hot Chili Peppers tornano con By The Way (2002), sedici tracce in cui la melodia è protagonista, con ottimi passaggi rock intrecciati al funky, esaltanti impennate di basso e batteria, accompagnate e arricchite da cori, assoli, pregevoli orchestrazioni. Brano dopo brano affiora la cura che il gruppo ha prestato per gli arrangiamenti e per la ricerca delle armonizzazioni vocali. Nei testi scopriamo la tristezza per l'amore perduto, ma anche la vita di tutti i giorni di una metropoli come Los Angeles, immersa nei suoi opposti, nelle sue luci ed ombre: le nefandezze delle zone povere, gli eccessi delle zone ricche.
Tra i pezzi migliori: "By the way", il primo singolo che acchiappa al primo ascolto, ma anche il trittico "Dosed", "Don't Forget Me" (che esalta la chitarra di Frusciante), "The Zephir Song". Eppoi "Can't Stop", oltre a "Midnight", la dolcissima "Tear" o la vivacissima "Minor Thing" in puro stile RHCP. Un album che strizza l'occhio alla vetta delle classifiche internazionali, col marchio e la garanzia che ne assicureranno un altro grande successo.

 

(contributi di Giuseppe Mameli e Giovanni Maria Sini)

 

 

(Tratto da www.ondarock.it)