L’incontro di
Novembre del gruppo “Giovani Sposi” si è fuso con quello di “Famiglie
Insieme”: il 15 sera, alle 18.45, infatti ci siamo ritrovati in tanti presso
il salone parrocchiale per riflettere sul tema “ONORA IL PADRE E LA
MADRE”. L’incontro è stato guidato e moderato dalla coppia De
Cesare (Carlo e AnnaMaria), ma l’introduzione è stata affidata a Don
Franco Bergamin che con affetto ha ricordato la profondità spirituale
di Don Giovanni Sansone che lo ha preceduto.
In merito al tema dell’incontro ha letto i versi di Es. 20,
12 e di Deut. 5, 16 in cui si legge che bisogna onorare
il padre e la madre affinché la propria vita sia lunga e serena, e si è
soffermato sull’”onus” ossia sul PESO che i modi di agire, i consigli, i
ricordi dei genitori hanno sui figli: questi pesi talvolta possono essere
negativi, ma un figlio per raggiungere il suo equilibrio deve comprenderli
(e non giustificarli) in modo da trasformare il dolore, il rancore, la
rabbia in tenerezza.
Su questa scia, infatti, si sono inserite le varie testimonianze come quella
di Raffaella che, delusa da un padre
giovane, inesperto, che ha commesso molti sbagli e che ha abbandonato la
famiglia per un’altra donna, negli ultimi momenti di vita del padre è
riuscita a perdonarlo e a ritrovare, con la consapevolezza dell’età matura,
la sua pace interiore.
Altra testimonianza è stata quella di Diana
Arcamone, autrice del libro “La felicità”: lei è stata una bambina
modello, ma quando ha vissuto dei fallimenti personali ha incolpato la
mamma che, con le sue imposizioni, l’ha costretta a mitigare sempre il suo
essere. Con il tempo è riuscita a perdonare la mamma perché l’ha capita, ha
compreso l’origine del suo modo di essere e di conseguenza ha perdonato
anche se stessa per la sua rabbia e le sue delusioni. Anche lei è madre, è
consapevole del fatto che commetterà degli errori nei confronti delle
figlie, ma dice loro che “i figli hanno radici, ma hanno anche le ali”.
Le ali sono per chi è credente gli strumenti della FEDE, intesa come
FIDUCIA che poggia su pilastri quali la capacità di ascoltare, di pensare,
di capire e di fare la scelta libera e “giusta”.
Anche Gesù, come ha argomentato Don Franco, ha fatto delle scelte
giuste e finalizzate all’onorare il Padre: è rimasto nel Tempio per
occuparsi delle “cose del Padre mio che è nei cieli”. Sua madre, la Madonna,
non vedendolo lungo la strada del ritorno con Lei si è preoccupata, si
è arrabbiata, ma ritornata al Tempio ha capito. Suo Figlio aveva una
VOCAZIONE e la stava perseguendo. Lei allora ha onorato la scelta di Fede di
Gesù: ONORA IL PADRE E LA MADRE è sì un COMANDAMENTO, ma questo si realizza,
nella Fede, solo quando il rispetto è reciproco.
Su tale concetto, infatti, si è soffermata Cinzia:
lei è cresciuta in una famiglia in cui il VALORE trasmesso è stato quello
del RISPETTO RECIPROCO, per cui lei segue il Comandamento con naturalezza,
così come con altrettanta naturalezza le è stato “impartito”. La sua
osservazione, quindi, si è soffermata sul come un figlio che non rispettato
dai genitori possa seguire il Comandamento.
Alla sua riflessione ha risposto Silvana,
madre di due figli, credente e praticante, ma che ha vissuto il dolore della
separazione: nonostante il divorzio ha insegnato a suo figlio e a sua figlia
il RISPETTO verso il padre che ha scelto un’altra strada. Seguendo il
messaggio cristiano ha donato ai figli la strada della comprensione e del
perdono (che è, poi, la strada della serenità e della Fede).
La strada del perdono l’hanno seguita anche Carlo
ed Annamaria: lui ha vissuto i suoceri come genitori (perché i suoi
li aveva persi in gioventù), ma non ha compreso -per bontà d’animo- la
gelosia dei suoi cognati che si sono sentiti derubati del posto di
figli. Annamaria ha vissuto con dolore questa situazione venutasi a creare
con i fratelli e il padre che l’ha anche potuta offendere, ma che lei ha
perdonato e ora che è ultranovantenne lo accudisce con affetto perché ha
compreso le sue motivazioni (forse non le avrà giustificate) e ha maturato
(anche grazie alla complicità del Sacramento del Matrimonio) la serena via
del perdono.
La riflessione conclusiva sul tema della serata è stata affidata
alle parole di Fulvio e Linda: ONORARE
significa RISPETTARE e tale verbo deriva dal “re-spicio” latino ossia
al guardare indietro per trovare un equilibrio con il proprio progetto di
vita che, in un’ottica cristiana, è il progetto di vita che Dio ha per i
suoi figli.
Quindi, in tale ottica il credente si deve porre tre domande: Onoro
il mio matrimonio e quindi rispetto mia moglie/mio marito? Quanto mi sento
figlio e riesco ad onorare i genitori? Da genitore quanto onoro i figli
che, secondo il Quarto Comandamento, devono rispettare i genitori?
L’incontro si chiuso con l’augurio a Lucia e Giulio che ci hanno
presentato il loro angioletto Lorenzo, con il contributo per le adozioni a
distanza, con la preghiera al Padre Nostro a cui si è chiesta
l’intercessione per riflettere personalmente ed in coppia sul Suo Quarto
Comandamento, con l’allestimento del tavolo per la vendita dei gustosi ed
invitanti dolci il cui ricavato sarà devoluto per l’assistenza alle famiglie
bisognose del territorio e alle adozioni a distanza.
Riguardo alle emergenze del territorio Raffaella ha condiviso
l’invito allo “Spettacolo di solidarietà 2014 - perché rifiorisca la
speranza” presso l’Auditorium “Santa Luisa di Marillac” il 29.11.2014 alle
ore 17.30, organizzato dai Volontari del gruppo “CARCERE VI.VO”
Fausta, Giovani Sposi
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L’incontro “Famiglie Insieme” e “Giovani Sposi” si è tenuto il 13 dicembre
presso il salone parrocchiale ed è stato incentrato su una riflessione sul
Quarto Comandamento “ONORA IL PADRE E LA MADRE”, avviata già nell’incontro
precedente di novembre.
I punti che hanno dato l’avvio ai riferimenti biblici di Don Franco sono
stati “ONORARE LE PROMESSE MATRIMONIALI, ONORARE I GENITORI, COME I GENITORI
DEVONO ONORARE I FIGLI”.
Il Concilio Vaticano II parla di Chiesa Domestica dove il comandamento
dell’ONORARE è reciproco perché è segno di DIALOGO, CONFRONTO e RISPETTO.
Il libro dei Proverbi( 6, 20-27) sottoline il “non disprezzare i consigli
della madre e i comandamenti del padre” e il non dimenticare il dolore della
madre che ha generato il figlio.
Il libro del Siracide sottolinea l’educazione rigida, che va letta, però,
anche come forma di amore (e di rispetto).
Nella Lettera agli Efesini, invece, si sottolinea il concetto di allevare i
figli nell’educazione e nella disciplina del Signore in quanto i figli sono
prima di tutto figli di Dio. Rispettando loro come persone, si rispetta Dio
che per ognuno dei suoi figli ha un progetto di vita.
Il RISPETTO, quindi, passa attraverso i comandamenti evangelici della
TENEREZZA, del PERDONO, dell’AMORE, della FEDELTA’ e del BUON ESEMPIO.
Il BUON ESEMPIO, infatti, fa ammettere e correggere i propri errori, educa
alla fede cristiana senza essere assillanti, provvede ai bisogni sia
materiali che spirituali dei figli perché vede la GENITORIALITA’ come una
VOCAZIONE . E in quest’ottica i genitori comprendono e capiscono la
VOCAZIONE DEI PROPRI FIGLI e li educano a capire quale sia la strada per
perseguire tale vocazione che, poi, è il progetto che Dio ha per i suoi
figli.
A tal proposito, infatti, basta citare l’episodio del Tempio: Gesù è tra i
Maestri della Legge per seguire “le cose del Padre mio che è nei Cieli”; la
Madonna era preoccupata per la scomparsa del suo Gesù che, però, stava
seguendo la sua Vocazione. Quella Vocazione che lo porterà alla Croce, ma
alla quale Maria non lo può sottrarre. Maria soffre, ma comprende e sotto la
Croce aiuta Suo figlio a sopportare il dolore.
Maria “onora” il Figlio perché lo ama a e lo rispetta così come fa il padre
del “Figliol prodigo”: questo giovane scialacqua tutto il patrimonio del
padre, a differenza del fratello che onora questo patrimonio e onora il
padre con la sua costante presenza e quotidiana disponibilità. Quando, però,
il figlio prodigo torna a casa sporco, povero e bisognoso, il padre lo
accoglie con una grande festa: il padre ha, quindi, compreso il desiderio di
libertà del figlio, l’ha perdonato e l’ha atteso; nel mentre il figlio ha
avuto il grande coraggio di saper tornare indietro e il grande coraggio di
aver saputo chiedere “scusa”.
La domanda che è scaturita, quindi, dalla riflessione sulle Sacre Scritture
è stata: “I genitori danno un insegnamento ai figli, ma se questo
insegnamento viene letto in maniera sbagliata dai figli o non è onesto, come
il rapporto di onore ci può essere tra genitori e figli?”.
In campo religioso un esempio è dato da San Francesco che non ha sentito,
nel suo cuore e spinto dalla sua Chiamata, l’istinto di seguire la via del
padre commerciante: lui ha dato gli scampoli di stoffa ai poveri, si è
denudato nella pubblica piazza di Assisi e si è fatto umile servo del
Signore e grande uomo di Dio.
In San Francesco non c’era cattiveria, non c’era egoismo: c’era solo un modo
“diverso” di costruire la sua vita. Come pure, di certo, non c’era
cattiveria nei genitori di San Francesco che volevano per lui una vita
agiata e ricca: anche in loro c’era un modo “diverso” di vedere il senso e
il corso della vita.
Ciò che, però, legava e che creava contrasto tra San Francesco e la sua
famiglia era l’AMORE: quell’AMORE che, in molti casi, vuol tenere
intrappolati e non liberare i sentimenti e il cuore, quell’AMORE che il
verbo “ONORARE” lo considera come un obbligo e non come una scelta di
“RISPETTO PROFONDO DEL SIGNIFICATO DELLA VITA ALTRUI”.
A tal proposito, infatti, è da consigliare il testo di GIOVANNI ABIGNENTE
“LE RADICI E LE ALI”: ogni genitore onora il figlio mettendolo al mondo e
dandogli radici, ma ogni genitore deve onorare il figlio dandogli le ali.
Quelle ali, infatti, contengono la tenerezza, la capacità di perdonare il
genitore quando la sintonia tra genitori e figli può venire meno, la
capacità di amare prima di tutto se stessi per poi poter essere capaci di
amare il prossimo, la capacità di sapersi mettere in discussione e saper
pronunciare parole come “permesso, grazie, scusa”, la capacità di essere
autorevoli (con l’esempio) e non autoritari (con l’imposizione e la forza).
Fausta, “Giovani Sposi”
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L’incontro di Giovani Sposi si è tenuto sabato 17 gennaio presso il salone
caminetto della Basilica di Piedigrotta. L’incontro, incentrato sulla PRIMA
PROMESSA del RITO MATRIMONIALE - «PROMETTO DI ESSERTI FEDELE SEMPRE», è
stato introdotto dal Parroco Don Franco Bergamin che ha affidato il nuovo
precorso (che ha visto l’arrivo di due nuove coppie: Ivana e Antonio;
Denisse e Carlo) alla Madonna di Piedigrotta. L’Ave Maria recitata tutti
insieme ha dato, così, il là al dibattito che è stato aperto da Carla e
Alessandro (assente perché impegnato ad accudire i bimbi malati), coppia
motrice della serata.
Il Verbo “PROMETTERE” significa, dal latino, “mettere davanti” ed esteso al
discorso matrimoniale vuol significare mettere il coniuge davanti alla
propria vita, con tutto se stesso, così come, reciprocamente, dovrebbe fare
l’altro coniuge. Il promettere, dunque, si fonda sulla conoscenza piena
dell’altro del quale si amano non solo i pregi, ma anche i difetti.
Il momento, infatti, che precede il matrimonio è quello della PROMESSA:
questa è un giuramento che fonda il suo essere sulla FEDELTA’ (vocabolo che,
non a caso, in lingua ebraica significa «VOCAZIONE AL PROGETTO DI DIO»). E
la fedeltà affinché possa essere considerata un valore e un vincolo
coniugale indissolubile deve, quindi, riconoscere che una coppia è un
dialogo continuo tra pregi e difetti dei due coniugi. Se la fedeltà viene
meno già prima della celebrazione del sacro rito nuziale, il matrimonio è
nullo in partenza: la fedeltà, infatti, non è solamente quella fisica, ma è
un progetto di coppia. E per la coppia cristiana la fedeltà è il progetto di
Dio su marito e moglie e sui loro figli.
La fedeltà può essere tradita da uno dei due coniugi. L’altro coniuge,
innamorato, può anche perdonare la “scappatella”, ma il PERDONO non deve
essere un abuso o un alibi. La “scappatella”, infatti, può essere sintomo di
un ALLONTANAMENTO DEI CUORI. La fedeltà è, dunque, venuta meno perché
qualcosa non ha funzionato. Quel “qualcosa” è stato segnalato da una “spia
rossa”, ma che può essere stata non ascoltata.
Perché?
La coppia non ha avuto il coraggio di affrontare la crisi quando ha
percepito che stava arrivando.
La coppia non ha avuto il coraggio di chiedere aiuto al partner o a terzi
(come ad esempio al sacerdote che ha celebrato le nozze; ai testimoni di
nozze; ai aprenti o agli amici più prossimi).
La coppia non ha avuto la forza di analizzare il rapporto fisico che, se
manca, può portare alla mancanza di fedeltà e al venir meno al progetto di
Dio sulla coppia.
La fedeltà, quindi, è un rapporto interiore che va oltre la fisicità. La
fedeltà è un valore che rimane nel tempo anche quando la coppia cambia e,
talvolta, subentra la malattia che può creare ostacoli alla fisicità della
coppia.
Il MATRIMONIO che celebra la fedeltà è per il bene dei coniugi che devono
ricordare di essere COPPIA anche quando arriva il FIGLIO che … non deve
essere messo al centro del letto per tutta la notte (ma magari solo al
mattino per iniziare con lo spirito familiare la giornata).
La fedeltà deve trovare lo spazio per la coppia: questa se trova lo spazio
per la sua fisicità, anche dopo l’arrivo dei figli, si ricarica, sta bene e
il bene lo riversa pure sui figli. Questi, infatti, respirano lo stato
d’animo dei genitori.
Se lo stato d’animo è abbattuto, irascibile, nervoso, stanco l’infedeltà può
sopraggiungere e l’infedeltà non va letta solo come tradimento fisico, ma
anche come DISATTENZIONE durante i momenti di tempo libero che la coppia
potrebbe dedicarsi per ricaricarsi.
Infedeltà è anche DEDICARE TROPPO TEMPO AGLI ALTRI a scapito della coppia.
Infedeltà è anche OPPRIMERE l’altro con le proprie ansie o le proprie
gelosie.
FEDELTA’, infatti, è FIDARSI DEL PROPRIOCONIUGE; è AFFIDARSI AL PROPRIO
CONIUGE (proprio come Gesù, sulla croce, si è affidato a suo Padre).
La fedeltà passa, perciò, attraverso i piccoli gesti quotidiani: come ha
scritto San Luca “chi è fedele nel molto è fedele nel poco”.
La fedeltà passa attraverso la prima formula del rito nuziale PROMETTO DI
ESSERTI FEDELE SEMPRE”: il “sempre” è un avverbio che spaventa, ma se questo
avverbio lo coppia lo vive invece di pensarlo, la coppia il “sempre” lo
costruisce giorno dopo giorno vivendo per il proprio coniuge e per i propri
figli, vivendo per vedere felice il coniuge e la famiglia tutta.
La fedeltà richiede esercizio perciò l’esercizio che si chiede alle coppie:
-
è quello di appuntare su un
calendario o un post-it in cucina (o in un ambiente che la coppia vive
insieme) ciò che il partner ha fatto (anche un semplice gesto, un “semplice”
grazie per un’attenzione) per rendere felice il proprio coniuge;
-
è quello di interrogarsi sul
fatto se la fedeltà è solo questione fisica;
-
è quello di interrogarsi sul
fatto se la fedeltà è un valore;
-
è quello di interrogarsi sul
perché la coppia spinge all’infedeltà;
-
è quello di saper leggere i
sintomi dell’infedeltà (quando, caso mai, sta per giungere).
Le letture di
approfondimento consigliate da Don Franco sono state:
-
La Lettera di Dio ai
Fidanzati, tratta dal libro di Giordano Mauro “Prometto di esserti fedele
sempre. Riflessione per fidanzati che si sposano in Chiesa”;
-
Il cap. 2 del libro di Osea,
versetti 4-25, relativi al “Signore e la sposa infedele”
Fausta, “Giovani Sposi
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