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COSTITUZIONI

E

ORDINAMENTI GENERALI

"E su quanti seguiranno questa regola,
sia pace e misericordia" (Gal 6,16).

 

La grafica prevede:

Gli articoli delle COSTITUZIONI su tutta l'estensione
del rigo e ordinati secondo la numerazione comune.

Gli articoli degli ORDINAMENTI GENERALI 

iniziano con  la lettera "O" (Ordinamenti)
premessa alla numerazione delle righe stesse.

 

Indice della pagina

Parte Prima

La consacrazione alla vita canonicale

Capitolo I      La natura e il carattere
                       della Congregazione

Capitolo II     La sacra Liturgia e la
                       Preghiera

Capitolo III    Significato del digiuno
                       e dell'astinenza

Capitolo IV    La Castità

Capitolo V      L'Obbedienza

Capitolo VI    La vita pastorale

Capitolo VII   La vita comune o
                        comunione di vita

Capitolo VIII  La Penitenza

Capitolo IX     Alcuni segni di vita
                         consacrata

Capitolo X      L'Oblazione e la aggre-
                        gazione alla nostra vita

Capitolo XI     I suffragi per i defunti

Capitolo XII    Le Biblioteche e gli
                         archivi

Parte Seconda

La formazione alla vita canonicale

Capitolo I      I criteri della forma-
                       zione canonicale

Capitolo II     Gli educatori

Capitolo III    La formazione
                        umana

Capitolo IV    La formazione spi-
                        rituale e religiosa

Capitolo V      La formazione dot-
                        trinale e pastorale

Capitolo VI    La formazione
                        continua

Capitolo VII   Le case di
                        formazione

Capitolo VIII Il tempo dell'ini-
                       ziazione:Postulanta-
                       to e Noviziato

Capitolo IX   Il tempo della prova
                      e la professione so-
                      lenne

Capitolo X    La correzione frater-
                      na e l'uscita dalla
                      Congregazione

Parte Terza

Il Governo della Congregazione

Capitolo I      Il Capitolo generale

Capitolo II    L'Abate generale

Capitolo III    Il Consiglio dello
                       Abate generale

Capitolo IV    I compiti della Curia
                       Generalizia

Capitolo V      Province e Regioni

Capitolo VI    Il Capitolo Provin-
                        ciale

Capitolo VII   I Visitatori o Supe-
                        riori Provinciali

Capitolo VIII  Il Consiglio del
                        Visitatore

Capitolo IX     Il Capitolo della
                        Canonica

Capitolo X      I Priori delle Cano-
                        niche

Capitolo XI    L'amministrazione
                       dei beni materiali

Capitolo XII   Le elezioni e le
                        deliberazioni

Capitolo XIII  La Regola e il dirit-
                         to proprio della
                         Congregazione

 

 

 

PARTE PRIMA

La Consacrazione alla Vita Canonicale

 

CAPITOLO I

La natura e il carattere della Congregazione

 

"Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e
volesse il Signore  dare loro il suo Spirito!" (Nm 11,29).
"Il chierico professa due cose: la vita consacrata e il
 servizio clericale; dunque professa la regola di vita
 comunitaria" (Serm. 355,6).

 

l. Quanti apparteniamo alla Congregazione del SS. Salvatore Lateranense dell'Ordine dei Canonici Regolari di San Agostino, per dono di Dio e dei Salvatore nostro Gesù Cristo e secondo la grazia donata da Dio a ciascuno, siamo tenuti a comportarci nel timore del Signore per la nostra salvezza ed ugualmente per la salvezza del prossimo.

Secondo l'esempio di S. Agostino che, elevato alla 'dignità di vescovo di Ippona, volle avere con sé nell'episcopio un monastero di chierici (cfr Sermone 355,2) ai quali domandò la totale rinuncia a ciò che è proprio, l'integrità dei costumi, l'obbedienza umile e soprattutto la carità "dolce e salutare vincolo delle anime" (Sermone 35O,3) e secondo il primitivo spirito e le più genuine tradizioni dell'Ordine Canonicale, i Canonici Regolari Lateranensi sono chierici che partecipano del sacerdozio di Cristo, Salvatore del mondo, e lo esercitano nella vita religiosa comune per servire il popolo di Dio, "al fine di edificare il Corpo di Cristo" che è la Chiesa.

2. Siamo chiamati Canonici Regolari di S. Agostino, della Congregazione del SS. Salvatore Lateranense. Tale nome rivela la sintesi della nostra storia: infatti, "Canonici", cioè chierici iscritti nel canone della Chiesa locale, indica il periodo iniziale della storia; "Regolari", perché, stimolati dalla riforma gregoriana avviata dal Sinodo Lateranense, abbiamo adottato la Regola del S. Padre Agostino; "Lateranensi", perché per due volte nel corso del tempo abbiamo servito nella Chiesa che è "Madre di tutte le Chiese".

La nostra Congregazione appartiene all'Ordine Canonicale di cui ha unito alcune famiglie religiose (quella di S. Maria di Fregionaia, quella Renana del SS. Salvatore, quella del SS. Corpo di Cristo a Cracovia e quella di S. Egidio a Verrès).

3. Questa Congregazione dei Canonici Regolari Lateranensi costituisce assieme ad altre Congregazioni dell'Ordine Canonicale, la Confederazione dei Canonici Regolari di S. Agostino, e con essa ha dato vita ad un "patto di carità" con il quale "si uniscano tra loro più intimamente, incrementino le forze di tutto l'Ordine e si offrano un aiuto reciproco, soprattutto per ciò che riguarda la parte spirituale, l'istruzione della gioventù e la formazione intellettuale" (cfr DC 11).

4. La nostra è una Congregazione di indole sacerdotale; alla sua missione partecipano a più titoli anche i fratelli cooperatori, poiché esercitano il sacerdozio comune e si dedicano all'apostolato da consacrati.

5. I nostri Canonici e i fratelli cooperatori, uniti fra loro in una sola famiglia e viventi in comune nelle canoniche, costituiscono dei Capitoli ai quali presiedono i Priori. Tuttavia questi Capitoli non costituiscono case di diritto proprio.

6. Il corpo della Congregazione risulta dall'unione di tutte le case ed è posto sotto la giurisdizione e la guida dell'Abate Generale.

7. Secondo le esigenze geografiche e pastorali, più Capitoli costituiscono un'unica identità che è chiamata Provincia ed è retta da un Superiore Maggiore, chiamato Visitatore della Provincia.

8. Perciò chi desidera condurre la vita canonicale sì vincola alla Congregazione con la professione dei voti: con essa diventa nostro Confratello.

9. All'unità della Congregazione e di ciascuna famiglia canonicale non nuoce la varietà delle attività che svolgono ì confratelli, cioè sacerdoti e diaconi che lavorano direttamente per l'edificazione del popolo di Dio, ed anche i fratelli cooperatori, come da noi vengono chiamati, e gli oblati che, sacerdoti o laici, collaborano secondo il proprio stato e sono legati da uno speciale vincolo ad una canonica.

Infatti l'Ordine Canonicale non esclude alcun tipo dì apostolato, anzi, unisce al culto liturgico, come proprie attività, la predicazione della Parola di Dio, le attività parrocchiali, l'educazione della gioventù e le missioni.

CAPITOLO II

La sacra Liturgia e la Preghiera

 

"Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera
con Maria, la Madre di Gesù" (At 1,14).
"Dedicatevi con assiduità alla preghiera rìspettando
 quanto stabilito circa l'orario e la durata" (Regola 1O).

 

10. "Le comunità dei canonici... rappresentano in modo speciale la Chiesa orante: esse esprimono, infatti, più pienamente il modello della Chiesa, che, senza interruzione con voce concorde loda Dio, e assolvono il compito di collaborare, innanzitutto con la preghiera, all'edificazione e all'incremento di tutto il Corpo mistico di Cristo e al bene delle Chiese particolari" (LC 24).

11. Siamo pertanto chiamati da uno speciale mandato della Chiesa a pregare con i fratelli (cfr LC 17,28) e, per quanto è possibile, con i fedeli; ma dobbiamo anche raccoglierci singolarmente e pregare il Padre nel segreto (SC 12). La preghiera della comunità, per rispondere alle necessità dei confratelli, deve esprimere le sue gioie, le speranze, le aspirazioni e le preoccupazioni. Il raccoglimento ed il silenzio contribuiscono molto alla vera preghiera.

12. Quanti siamo professi nella nostra Congregazione, siamo obbligati alla celebrazione in comune della Liturgia delle Ore. Coloro che non possono prendere parte alla celebrazione comunitaria, celebrino l'Ufficio Divino in privato.

O13. Dobbiamo celebrare convenientemente e con attenzione comunitariamente nelle nostre case la Liturgia delle Ore; nessuno si reputi dispensato da questo ufficio se non per il ministero o per altri gravi motivi.

O14. Incoraggiamo la partecipazione del popolo con noi alla celebrazione di alcune parti dell'Ufficio Divino.

15. Non si introducano nuove forme di preghiera in luogo di quella pubblica della Chiesa universale; infatti nell'orazione liturgica preghiamo con e per la Chiesa, e la Liturgia è il culmine Verso cui tende l'azione della Chiesa ed anche la fonte da cui promana ogni virtù (SC 1O).

16. Diamo un più ampio spazio alla meditazione piuttosto che ad una gran quantità di preghiere (ES 21). Ad essa giova molto la lettura e la meditazione delle Sacre Scritture (ES 16), perché comprendiamo sempre meglio la Parola di Dio rivelata, per impadronircene meditandola, perché la esprimiamo nelle nostre parole e nei nostri atteggiamenti (OT 4).

O17. Occorre che tutti ci applichiamo alla meditazione e quindi che ci dedichiamo ad essa per un certo tempo, secondo le norme degli Ordinamenti Provinciali.

18. La preghiera è il migliore e più valido contributo all'apostolato di coloro che sono vincolati da voti religiosi. Sforziamoci dunque di unire la contemplazione con l'amore apostolico (PC 5). Progredendo nell'amore per la preghiera, più facilmente avvertiamo la presenza di Dio nel mondo e scopriamo i motivi per lodarlo e ringraziarlo nel disimpegno delle varie attività. Non opprimiamoci con oneri eccesivi, in modo che possiamo dedicarci alla preghiera in buone condizioni psicofisiche.

O19. È necessario che la vita liturgica nella prassi si unisca alle esigenze della vita pastorale, di modo che l'ideale della vita canonicale sia osservato fedelmente.

O20. Parimenti per rinvigorirci nell'amore della perfezione, facciamo spesso un giorno di ritiro spirituale nelle nostre case o altrove, e una volta all'anno dedichiamo circa una settimana agli esercizi spirituali.

Gli Ordinamenti Provinciali provvedano a questo riguardo.

21. Centro e punto principale della Liturgia e della preghiera è l'Eucarestia, nella cui celebrazione si forma ed è significata la comunione fraterna: "poiché c'è un solo pane, noi tutti, pur essendo molti siamo un solo corpo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane" (1 Cor 1O,17). Perciò ogni giorno facciamo il possibile per partecipare al Sacrificio eucaristico, ricevere il Corpo santissimo di Cristo e adorare lo stesso Signore presente nel Sacramento (cfr cari. 663 § 2).

22. Poiché la famiglia canonicale. adempie in modo speciale il suo ufficio sacerdotale nel mistero dell'Eucarestia, cerchiamo almeno qualche volta di celebrare la Messa in comune. Il vincolo tra la carità ed il ministero, per il quale siamo uniti, è espresso mirabilmente quando è concelebrato, presente tutta la comunità, il Sacrificio Eucaristico, rimanendo tuttavia intatta la libertà per i singoli sacerdoti di celebrare individualmente l'Eucarestia (cfr can 9O2).

O23. Tra le forme permesse dal diritto per la celebrazione della Messa siano scelte quelle che più sembrano provvedere alla necessità dei fedeli o alla loro utilità e partecipazione (EM 47).

O24. Nella celebrazione della Messa nessuno può aggiungere, togliere o cambiare qualcosa di propria iniziativa (SC 22). Perciò il sacerdote si preoccupi di presiedere alla celebrazione Eucaristica in maniera tale che i fedeli si rendano conto di partecipare non ad un rito stabilito da un'autorità privata, ma al culto pubblico della Chiesa, il cui ordinamento fu affidato da Cristo stesso agli apostoli e ai loro successori (EM 45).

25. Tutti abbiamo a cuore di visitare Cristo Signore presente nella Santissima Eucarestia e di adorarlo con devozione personale (PO 18).

O26. Tutti i nostri sacerdoti dovranno celebrare le Messe secondo l'intenzione che sarà loro assegnata; tuttavia una volta al mese ciascuno potrà applicare la Messa secondo la propria intenzione o quella dei fratelli cooperatori, senza ricevere alcuna offerta. In tutte le nostre canoniche si devono applicare integralmente le leggi del diritto comune e dell'Ordinario del luogo per quanto riguarda le offerte delle Messe, l'adempimento degli impegni durante l'anno, l'ammissione dei sacerdoti di passaggio alla celebrazione nelle nostre chiese.

O27. Per quanto riguarda i legati, da accettare con il consenso scritto dei visitatore, si seguano le norme del diritto comune.

I legati, anche quelli fatti verbalmente, siano scritti in doppia copia, di cui una sia conservata nella canonica, l'altra presso la Curia Generalizia (cari 13O6).

O28. Si tengano libri particolari nei quali siano annotate diligentemente le Messe dei legati, le Messe stabilite dalle Costituzioni e le altre.

29. Per intercessione dell'amabilissima Maria Madre di Dio, "la cui vita è modello per tutti", tutti i confratelli progrediscano ogni giorno di più e portino abbondanti frutti di salvezza (PC 25). La nostra Congregazione riconosce, perciò, in Maria Vergine la sua principale protettrice e la invoca sotto il titolo di "Madre del Salvatore".

O30. Tra le pie devozioni raccomandateci abbiano; il primo posto quelle che si praticano in onore della Beata Vergine Maria, come la celebrazione "sabatina", il Rosario, le Litanie e le feste a lei dedicate da celebrarsi solennemente (cfr cari 663 § 4).

CAPITOLO III

La vita in comune senza nulla di proprio

 

"Tutti coloro che avevano creduto stavano insieme e tenevano
 ogni cosa in comune, e vendevano le proprietà  e le sostanze
e ne facevano parte a tutti, secondo il bisogno" (At 2,42-45).
"Questa infatti era la norma che troviamo applicata nel libro
degli Atti degli Apostoli dato che avevano tutto in comune e
la distribuzione era regolata secondo il bisogno di ciascuno"
(Regola 4).

 

31. Con il voto di vita comune senza nulla di proprio, caratteristico della nostra forma di povertà, riconosciamo che la sequela di Cristo è il fine di ogni rinuncia dei beni materiali. Dunque l'essenza della povertà consiste nella generosità e nello svuotamento di se stesso senza possedere alcunché di proprio (PC 13 e ET 16); è un atto di amore verso il Padre in unione con Cristo ed un atto di fiducia riposta nella divina Provvidenza. Certamente in questo modo siamo liberi dalle cose di questo mondo, testimoniando che Dio è la sola nostra ricchezza.

Anche S. Agostino insegnò ai suoi chierici a vivere in comune senza nulla di proprio: "avete in comune un grande e ricchissimo patrimonio: Dio stesso" (Sermone 355,2).

32. Nella nostra Congregazione la povertà è intesa come vita comune senza nulla di proprio nel senso che ognuno di noi consegna alla comunità le proprie forze, le proprie qualità ed i beni materiali, e dalla Comunità riceve tutto quello di cui ha bisogno. Perciò con la nostra professione noi tutti promettiamo davanti a Dio di non possedere nulla di proprio, ma di avere tutto in comune e di servircene, sotto la guida dei superiori, per il bene della Congregazione e della Chiesa.

33. I confratelli cedano prima della professione temporanea l'amministrazione dei loro beni a chi essi preferiscano e dispongano liberamente sul loro uso ed usufrutto.

Se occorre modificare tali disposizioni per un giusto motivo si richieda la licenza del visitatore; in particolare per porre un qualsiasi atto circa i beni temporali, i confratelli richiedano il permesso del priore.

Il confratello che acquisisce qualcosa per mezzo di una sua attività o a causa dei ministero o di un lavoro, lo fa per la sua comunità. Tutto quello che in ogni maniera un confratello guadagna per mezzo di una pensione, sovvenzione o assicurazione, appartiene alla sua canonica.

Nella nostra Congregazione dobbiamo dunque rinunciare pienamente ai nostri beni per quanto è possibile, facciamo questa rinuncia in forma valida anche per il diritto civile, prima della professione solenne, perché sia valida dal giorno della professione stessa. Con essa perdiamo la capacità di acquistare e possedere: quindi è invalido ogni atto contrario al voto di povertà. Perciò tutto quello che noi riceviamo dopo la rinuncia, viene ceduto alla nostra comunità.

34. Per condurre una vita in comune senza nulla di proprio, dobbiamo essere poveri di fatto e di spirito, riponendo i nostri tesori in cielo. Poiché è necessario che i poveri del mondo possano scorgere una certa similitudine tra la propria, condizione e la nostra vita, dobbiamo evitare ogni sorta di lusso, di lucro smodato, di accumulazione di capitali, per poter provvedere anche in questo modo alle necessità della Chiesa e dei bisognosi (PC 13).

35. Anche in forza dell'ufficio pastorale affidatoci, occorre verificare il nostro atteggiamento nei confronti dei poveri e dei loro sforzi per ottenere giustizia sociale (ET 17,18). Alcuni sono poveri materialmente, altri spiritualmente: a tutti deve essere data una risposta cristiana. Bisogna inoltre educare gli uomini alla giustizia sociale, affinché possano servirsi delle realtà e delle forme politiche per raggiungere l'uguaglianza e la giustizia nella società (GS 73-76).

36. Anche se non siamo mendicanti, dobbiamo tuttavia sempre esaminarci circa l'inclinazione del nostro animo per quanto riguarda l'uso del denaro, delle cose proprie della comunità, dei giorni di riposo e degli strumenti tecnici. Poiché una genuina vita di povertà si manifesta nelle decisioni comuni, per loro natura opposte all'avarizia, tutti siamo responsabili della comunità stessa, e per questo dobbiamo aiutare il superiore nel seguire la volontà di Dio e nell'imitazione della vita di Cristo (PC 13).

O37. I priori diano con larghezza e cortesia il denaro necessario per i viaggi, gli studi e gli strumenti di lavoro, così che ci manifestiamo sempre come uomini maturi che liberamente testimoniano questo tipo di vita.

O38. Nella costruzione e nell'arredamento delle case i priori curino che queste siano adatte, alla preghiera, al lavoro apostolico, allo studio, alla distensione e ad un amichevole rapporto tra i confratelli, ma che siano anche testimonianza di povertà comunitaria, specialmente nei confronti dei poveri (PC 13).

O39. Le case e le province contribuiscano volentieri con parte dei loro beni alle necessità della Chiesa e della nostra Congregazione (PC 13); i priori, per quanto sarà loro possibile, siano generosi nell'aiutare i poveri.

40. Un autentico concetto di povertà esige che ciascuno nel proprio incarico si senta obbligato alla comune legge del lavoro, come i laici che vivono del proprio lavoro (PC 13): "Se qualcuno non vuol lavorare, non mangi" (2 Tes 3, 1O). Ricordiamo anche le parole del Santo Padre Agostino: "Non traggano motivo di reputarsi felici solo perché si sono assicurati un vitto e un vestiario che nella loro precedente condizione non erano garantiti" (Regola 6).

CAPITOLO IV

La Castità

 

"E voglio che voi siate senza preoccupazioni. Chi
non è sposato si preoccupa delle cose del Signore,
come possa piacere al Signore" (1 Cor 7,32).
"Dio che ha posto in voi la sua dimora, anche
per mezzo di questa avvertenza, vi custodirà da
 voi stessi" (Regola 24).

 

41. La castità per il regno dei cieli è un carisma, cioè un dono di Dio accettato spontaneamente, mediante il quale siamo più facilmente liberati, così da infervorare il nostro cuore sempre più di carità verso Dio e verso tutti gli uomini (PC 12).

42. La castità consacrata a Dio, virtù assolutamente positiva, testimonia l'amore con cui si preferisce Dio a tutto, proclama nella maniera più eminente ed assoluta il mistero dell'unione del Corpo Mistico con il suo Capo e della Sposa con il suo Sposo eterno; fa maturare le persone, le trasforma, penetra fino al loro intimo portandole ad una misteriosa somiglianza con Cristo (ET 13).

43. Con il voto di castità consacrata a Dio, "con la quale i confratelli aderiscono pienamente al Signore, i Canonici Regolari si dedicano con cuore indiviso a Dio e al suo popolo" (DC 3O). Questo voto comporta l'obbligo della perfetta continenza nel celibato, e nel momento in cui viene emesso per sempre, rende la persona inabile a contrarre validamente il matrimonio.

44. La stessa castità "fa sì che nascano le comunità; queste devono soprattutto aiutare i confratelli a perseguire religiosamente tale consiglio" (DC 3 1).

"Soprattutto ricordino, e specialmente i superiori, che la castità potrà essere mantenuta più sicuramente, se i religiosi nella vita comune sapranno praticare un vero amore fraterno tra loro" (PC 12).

45. 1 confratelli, per vivere la castità, non trascurino i mezzi naturali che giovano alla salute mentale e fisica (PC 12); evitino la stanchezza eccessiva e ciò che potrebbe provocare l'esaurimento nervoso, come pure la pigrizia.

CAPITOLO V

L'obbedienza

 

"Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha
mandato e compiere la sua opera" (Gv 4,34)
"Convinti di sentirvi non servi costretti dalla
legge ma figli sorretti dalla Grazia" (Regola 48).

 

46. L'obbedienza cristiana, soprattutto quella con la quale per voto ci impegniamo secondo il consiglio evangelico, si ispira all'obbedienza perfetta di Cristo stesso, la cui vita nel Nuovo Testamento appare come un costante compimento della volontà del Padre.

47. Per tutti i cristiani la norma dell'obbedienza è la volontà del Padre che si manifesta in vari modi, anche nei segni dei tempi, e per noi in modo speciale ed obiettivo, nella Regola e nelle Costituzioni e nella autorità del superiore che si stima "felice non perché domina col potere ma anche perché serve con la carità" (Regola 46). Siamo tenuti ad obbedire, anche in forza del voto di obbedienza, al Sommo Pontefice, come nostro supremo superiore (cfr can. 59O § 2).

48. Tutta la comunità desideri nell'obbedienza di ricercare e compiere la volontà di Dio. Tutti dunque siamo obbligati ad essa sebbene siamo posti in compiti differenti (cfr DC 36).

49. Il dialogo tra superiori e confratelli, fondato sulla verità e carità, promuove la vera obbedienza e conduce alla libertà e maturità in Cristo. Così la nostra obbedienza, lungi dal diminuire la dignità della persona umana, la fa pervenire al suo pieno sviluppo, nell'accresciuta libertà dei figli di Dio (ET 27 e PC 14).

50. Questo dialogo avviene in diversi modi e specialmente nei Capitoli che, come luogo di fraterna cooperazione al bene comune, si accordano molto all'indole dei Canonici Regolari (DC 39).

51. Infatti tutti partecipiamo all'esercizio dell'autorità, sia attraverso atti definiti dal diritto "collegiali", sia attraverso la fraterna intesa con la quale tutti insieme viviamo la responsabilità per ciò che riguarda la vita della Chiesa, della Congregazione e della nostra comunità.

52. I superiori esercitino in spirito di servizio la propria autorità ricevuta da Dio, attraverso il ministero della Chiesa, alimentino l'intesa tra i confratelli, promuovano la collaborazione, rafforzino lo spirito della vita comune, ferma restando la loro autorità di decidere e di comandare ciò che va fatto (CIC 618).

53. Ricordiamoci tutti di essere per carità fraterna e per dovere di coscienza collaboratori di colui che è il capo (DC 38): "con il vostro maggior slancio nell'obbedienza non solo mostrerete misericordia verso voi stessi ma anche verso di lui" (Regola 47).

54. Il voto di obbedienza obbliga a sottomettere la volontà ai superiori legittimi, quali rappresentanti di Dio, quando comandano secondo la Regola e le Costituzioni (cfr can 6O1).

55. I superiori possono comandare anche in virtù di santa obbedienza ed in quel caso i canonici sono tenuti ad obbedire sotto pena di peccato grave. Ma i superiori non ricorrano a questo comando formale, che deve essere scritto o pronunciato in presenza di due testimoni, se non raramente ed in circostanze gravissime.

CAPITOLO VI

La vita pastorale

 

"Io sono venuto perché essi abbiano la vita e la abbiano
 in abbondanza" (Gv 10,10). "Non voglio essere salvo
 senza di voi" (S. Ag, Sermone 17,2).

 

56. Noi siamo per natura chierici, partecipi del sacerdozio di Cristo, che perfezioniamo nella vita comune religiosa in modo tale da guidare il popolo dì Dio "all'edificazione del corpo di Cristo" che è la Chiesa (cfr DC 19).

57. Secondo la natura dell'Ordine, impieghiamo le nostre forze per il bene sia della Chiesa, alla quale noi siamo assegnati; sia della Chiesa diocesana, poiché abbiamo una speciale attitudine alla Chiesa particolare, sia, infine, a quella universale, seguendo pienamente e devotamente il Sommo Pontefice (cfr DC 2O).

58. Nello svolgere il sacro ministero nelle diocesi, essendo tutti partecipi dell'unico presbiterio, aderiamo con sincera carità ai Vescovi e seguiamo diligentemente le loro direttive.

59. Il servizio dei Canonici Regolari è in primo luogo di natura sacerdotale. Perciò spetta soprattutto a noi il dovere di nutrire il popolo di Dio con la Parola, pregare ed offrire il sacrificio eucaristico per esso.

Esercitiamo il ministero pastorale, con cui serviamo la Chiesa, innanzitutto in quanto comunità di chierici, convinti che esso sarà più fruttuoso se realizzato dal lavoro comunitario dei confratelli. Noi Canonici, accogliendo liberamente questo carisma comunitario che ci è stato dato da Dio, dobbiamo tentare nel nostro apostolato di farlo nascere e favorirlo tra i fedeli, a somiglianza delle comunità della Chiesa primitiva, secondo anche le condizioni dei luoghi (EN 58). Pertanto anche gli anziani o i malati o i fratelli cooperatori o coloro che sono assegnati ad altri ministeri si occupano e partecipano all'apostolato di tutta la comunità (DC 23).

60. Alla cura di una parrocchia affidata alla nostra Congregazione vengano destinati confratelli dotati di buone virtù pastorali.

O61. Prima che qualcuno assuma il ministero pastorale deve essere presentato all'Ordinario locale per riceverne l'approvazione e ad esso obbedire per quelle cose che riguardano la cura delle anime.

Tale presentazione spetta al visitatore dopo aver ascoltato il parere del suo consiglio.

O62. Nelle case dove ci è stata affidata la cura parrocchiale, non dimentichiamo di dedicarci all'apostolato comunitariamente; e perciò le cose dette sul capitolo conventuale, vengano applicate in questo caso con la massima attenzione.

O63. Spetta al visitatore delimitare diritti e doveri del priore e del parroco (salvo ciò che è prescritto nei cann. 678 e seg.).

O64. Affinché la vita spirituale di tutta la parrocchia possa portare frutti abbondanti, il parroco si consigli con i suoi collaboratori, che siano confratelli o fedeli, più volte al mese oppure secondo le direttive dell'Ordinario del luogo; ciascuno offra quello che ha imparato nella esperienza e si scelga ciò che è più utile per il bene spirituale dei fedeli.

O65. Facciamo in modo che nelle parrocchie si osservino le norme diocesane e si favorisca uno spirito di reciproca collaborazione tra noi ed il presbiterio, soprattutto con l'aiuto fraterno, con l'ospitalità, con l'amicizia e con tutto quello che accresce la concordia.

O66. Negli Ordinamenti Provinciali devono essere contenute le norme circa il tempo di permanenza per i parroci e gli altri confratelli che, costretti dalla necessità, vivono da soli per qualche esigenza di apostolato; inoltre si stabiliscano norme sulla loro vita canonicale.

67. Sforziamoci di allargare la nostra azione per impiantare la Chiesa tra i popoli dove non ha ancora messo le radici, impegnando le nostre forze per le missioni, secondo lo spirito della nostra Congregazione; in questo modo noi diamo una chiara testimonianza, ai non credenti, di religiosità, di carità e di unione in Cristo (AG 4O).

Perciò i confratelli cerchino, per quanto possono, di favorire con la preghiera ed anche con l'azione concreta lo sviluppo delle nostre missioni e di promuovere vocazioni missionarie.

È compito dell'abate generale e del suo consiglio una costante ed operosa premura perché la carità missionaria penetri la nostra Congregazione per il bene della Chiesa e dell'umanità tutta.

O68. Una parte delle missioni, che consti almeno di tre sedi distinte, sia eretta a Regione missionaria della nostra Congregazione, per la quale il visitatore interessato provveda con aiuti di persone e mezzi. Ad una regione missionaria presiede un Superiore Maggiore eletto per sei anni dal capitolo provinciale.

69. Alle missioni estere siano inviati canonici o fratelli cooperatori professi solenni virtuosi, zelanti e di sana costituzione, che ne facciano espressa domanda.

70. La preparazione di coloro che sono destinati alle missioni deve essere curata diligentemente e, per quanto è possibile, deve essere intellettuale e professionale, affinché qualora le necessità o le circostanze lo richiedano, possano provvedere alla formazione intellettuale materiale o tecnica della popolazione.

O71. Per promuovere maggiormente l'opera missionaria, il Capitolo provinciale nomini, quale Promotore delle missioni affidate alla Provincia, un confratello zelante, che si occupi di quanto riguarda la missione e vi provveda, alle dipendenze del visitatore.

O72. È compito del superiore maggiore delle missioni promuovere la vita religiosa e vigilare su di essa, ed in più provvedere con cura all'ampliamento dell'opera missionaria, sotto tuttavia l'autorità degli ordinari dei luoghi. Una volta all'anno visiterà il territorio di missione.

O73. Le questioni particolari delle nostre missioni riguardanti le persone, i beni e le iniziative, siano trattati negli Statuti delle missioni.

CAPITOLO VII

La vita comune o comunione di vita

 

"Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai
dato, perché siano una cosa sola, come noi" (Gv 17,11).
"L'obiettivo principale cui tende il vostro vivere insieme
è che, nel comune progetto di ricercare Dio, conseguiate
piena sintonia a livello di menie e di cuore" (Regola 3).

 

74. La vita comune, ovvero la forma di vita apostolica, è una delle principali caratteristiche del nostro Ordine (cfr DC 16). Infatti il nostro Santo Padre Agostino istituì un monastero ad Ippona perché, prima di tutto, i chierici, riuniti insieme, manifestassero con la vita il mistero della Chiesa e fossero immagine e testimonianza della sua vita di comunione.

75. Nelle nostre comunità, pertanto, siamo riuniti come una sola famiglia in Cristo. La comunità canonicale non è innanzitutto un gruppo di persone legato da un rapporto di amicizia o da un comune proposito, ma è piuttosto una comunione fraterna radicata nella fede e fondata su una soprannaturale carità: "Quanto è dolce la carità che fa che i fratelli siano una cosa sola" (S. Ag. En in Ps 132,1).

76. Questa vita canonicale è il dono speciale che noi riceviamo, secondo la grazia che ci è stata data, ad onore di Dio e per l'edificazione della Chiesa. Dobbiamo dunque viverla intensamente. Condividiamo con i fratelli il tempo, le nostre qualità intellettuali, i doni di un'umanità matura e della grazia e i frutti del nostro lavoro; e attraverso la stessa comunità questi doni siano dati nella Chiesa a tutti gli uomini.

O77. Viviamo tutti insieme volentieri con sincerità e semplicità evangelica ed anche con gentilezza, cerchiamo di venirci incontro nella stima e nel rispetto come conviene ad una famiglia riunita nel nome del Signore e prestiamo particolare cura ai confratelli anziani, agli ammalati e a chi ha problemi psichici.

O78. Per i malati ci si deve impegnare con ogni sorta di attenzione. Dove c'è la possibilità, siano assistiti con umanità e carità nelle nostre case; se c'è una vera necessità, siano portati negli ospedali dove verranno visitati con premura dai confratelli.

79. Cerchiamo di mantenerci sempre fedeli alle richieste innumerevoli della carità, che rafforzano la comunione fraterna nella fede, quali possono essere l'aiuto scambievole, la sollecitudine molto discreta verso i confratelli che sono in difficoltà o che hanno dei problemi, un animo pronto a sostenere i confratelli, uno spirito di fraterno servizio, la partecipazione attiva ai servizi domestici e soprattutto una reciproca e fraterna riconciliazione.

O8O. Nel conversare, sia in comunità che fuori, non dimentichiamo il detto apostolico: "La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini" (Fil 4,5). ed ogni nostro modo di agire sia esempio di maturità e di serietà. Quelli che per esigenze pastorali o per altri motivi vivono al di fuori della canonica, abbiano relazioni fraterne con i confratelli per conservare lo spirito di vita comunitaria.

O81. Siccome il mangiare è un vero atto comunitario ed ha un certo carattere religioso, la presenza di tutti i confratelli alla mensa comune mostra e rafforza il genuino spirito familiare. Pertanto, se non impediti legittimamente, prendiamo insieme i pasti, colloquiando familiarmente in modo che ci rafforziamo nel vincolo della carità.

O82. In ogni provincia si cerchi un sistema per far conoscere gli avvenimenti che accadono nelle nostre case, attraverso riviste, lettere ufficiali mandate periodicamente o altri mezzi. Così i nostri confratelli vengono interessati alla vita della provincia e di tutta la Congregazione e si rinsalda l'unità dei cuori e delle volontà. Sia data ad ognuno la possibilità di esprimere le proprie opinioni sulle questioni di carattere generale, salvo il giudizio dei superiori. Di queste singole iniziative trattino più diffusamente gli Ordinamenti Provinciali.

83. I vari mezzi di comunicazione sociale, come la radio, la televisione ed anche gli strumenti musicali utili per il ministero o lo svago siano disposti ed usati in modo da non impedire il lavoro e l'unità della comunità. Nei riguardi di tutte queste cose ci si comporti in modo tale che lo spirito religioso non venga danneggiato (cfr can 666).

O84. Le norme che riguardano il buon ordine della comunità, quali le relazioni umane, oppure il modo di uscire di casa, di visitare o di accogliere i familiari o gli estranei e di fare viaggi dentro o fuori le province, si annotino negli Ordinamenti Provinciali.

O85. Per quel che riguarda l'ospitalità, quelli che giungono nelle nostre canoniche siano accolti con amore e gentilezza e trattati dignitosamente secondo le possibilità delle canoniche stesse. Nessuno che non sia membro effettivo della Congregazione sia ospitato. per lungo tempo senza il permesso del capitolo conventuale.

CAPITOLO VIII

La penitenza

 

"Il tempo è compiuto ed il Regno di Dio è vicino,
convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1, 15).
"Mantenete il controllo del vostro corpo con digiuni
e con l'astinenza dal cibo e dalla bevanda nella
misura in cui ve lo permette il vostro stato di
salute"(Regola 14).

 

86. Poiché i religiosi, rispetto agli altri fedeli, devono esercitarsi maggiormente in opere di penitenza e di mortificazione (ES 22) per seguire più da vicino l'"annientamento" del Signore e giungere più facilmente ed efficacemente alla perfezione della carità (PC 5), mortifichiamo in noi stessi le opere della carne per essere capaci di progredire verso l'uomo perfetto nella santità della quale Cristo ci ha arricchiti (PO 12).

87. Esercitiamo costantemente la virtù della penitenza affrontando le difficoltà del ministero, sostenendo pazientemente i sacrifici e le fatiche della vita e soprattutto tollerando con spirito alacre i fastidi ed i disagi della vita comune (P 3a; AA 16).

O88. Giacché la penitenza non è soltanto interna ed individuale, ma è anche esterna e sociale (SC 110), pratichiamo qualche mortificazione corporale e, per quanto è possibile, facciamo nelle nostre canoniche celebrazioni comunitarie di tipo penitenziale.

89. Poiché la Scrittura insegna che tutti manchiamo in molte cose (Gc 3,2), accostiamoci liberamente e frequentemente al sacramento della Penitenza (cfr can. 664).

O90. Tutta la comunità si riunisca tre volte all'anno: la vigilia di Natale, il Venerdì Santo, la vigilia della solennità di San Agostino, nostro Santo Padre, o in un giorno più opportuno ma sempre vicino a questi periodi, ed in questo capitolo si faccia l'Atto Penitenziale secondo la formula approvata dalla Chiesa.

O91. Osserviamo con attenzione anche le norme ecclesiastiche generali o particolari, che riguardano i "giorni di penitenza"; queste norme siano indicate negli Ordinamenti Provinciali.

Oltre ai giorni stabiliti dalla Chiesa, siano fissati negli Ordinamenti Provinciali quattro giorni penitenziali particolari.

CAPITOLO IX

Alcuni segni di vita consacrata

 

"Se uno mi vuol servire, mi segua" (Gv 12,26).
"Curate di attirare compiacenze più sul vostro
comportamento che sugli abiti" (Regola 19).

 

92. Indossiamo il nostro abito, che sia a norma degli Ordinamenti Generali, quale segno della nostra consacrazione e testimonianza di povertà (cfr can 669 § 1).

O93. Il nostro abito consiste in una veste nera con doppie maniche ed una corta mantellina. Tuttavia indossiamo con grande onore nella Liturgia delle Ore il nostro abito liturgico, cioè il rocchetto canonicale. Negli Ordinamenti Provinciali si possono prevedere norme più particolari per ciò che riguarda l'abito.

94. Sebbene le nostre canoniche siano aperte a tutti a motivo del ministero pastorale e dell'annuncio del Vangelo, soprattutto nelle parrocchie, tuttavia mostrino una qualche pubblica testimonianza di separazione dal mondo che manifesti la vita consacrata. Perciò a seconda delle caratteristiche dei luoghi, riserviamo una parte della canonica alla comunità religiosa (cfr can. 667 § 1). Ma se ciò non potesse essere fatto, si riservi una parte della nostra canonica per la comunità almeno in certe ore della giornata.

O95. Stabiliamo insieme luoghi adatti alla preghiera, al lavoro, al riposo ed allo svago, facendo sempre però attenzione alle caratteristiche particolari di ogni canonica.

O96. Il priore abbia premura che queste decisioni siano realizzate concretamente e le deroghe siano concesse di volta in volta.

CAPITOLO X

L'oblazione e l'aggregazione alla nostra vita

 

"Gratuitamente avete ricevuto,
gratuitamente date" (Mt 1O,8).
"Capaci di esalare dalla vostra sacra
convivenza il buon profumo di Cristo" (Regola 48).

 

97. Secondo un'antica tradizione della nostra Congregazione, è possibile ammettere a svolgere incarichi di natura spirituale o temporale, altre persone, non legate mediante la professione dei voti, laici o chierici, che chiamiamo "oblati".

98. Gli oblati, pur non essendo legati con la professione religiosa ma solo con promesse, devono custodire la castità, l'obbedienza e la vita comune. Il priore accolga l'oblato con il consenso del visitatore e del capitolo della canonica interessata, purché sia stimato per religiosità, integrità, modestia ed amore alla concordia.

O99. Dopo due anni, con l'approvazione dei capitolo conventuale, presenti nelle mani del priore la sua oblazione, la cui memoria scritta sia conservata nell'archivio della canonica e nell'archivio generale della Congregazione. L'oblato, dopo aver ricevuto dal visitatore i documenti firmati della sua accettazione, non può essere espulso dalla canonica senza un espresso consenso del visitatore e del capitolo della comunità in cui vive. Nella malattia abbia le cure e nella morte i suffragi uguali ai nostri confratelli.

100. I chierici ed i laici che vogliono unirsi alla nostra vita ed al nostro lavoro possono donarsi attraverso la "fraternità" alla nostra Congregazione.

La nostra fraternità è incorporata a quella della Confederazione dei Canonici Regolari di S. Agostino e viene regolata dalle medesime norme. Si osservino scrupolosamente gli statuti della Confederazione.

101. È secondo la nostra tradizione che le persone che hanno seguito ininterrottamente e generosamente la nostra Congregazione vengano insignite di lettere di partecipazione, da concedersi soltanto da parte dell'abate generale. Se vogliono o se il caso lo comporta, possono essere aggregati alla fraternità della nostra Congregazione.

O102. I fedeli, uniti a noi in tal modo, diventano partecipi di tutti i nostri beni spirituali, sia nella vita presente che dopo la morte e realmente appartengono alla comunione della nostra Congregazione.

O103. Il priore, qualora riceva la notizia della morte di una persona che aveva legami con la sua comunità ed aveva ricevuto le lettere di partecipazione, curi che sia celebrata una Messa per la sua anima. Oltre a ciò si informi della morte la Curia Generalizia perché sia trasmessa la notizia a tutti i confratelli e l'anima di quella persona sia affidata alle preghiere di tutti.

O104. Tutti siamo tenuti all'obbligo di rivolgere ogni giorno al Signore misericordioso le preghiere stabilite dagli Ordinamenti Provinciali per i nostri benefattori sia vivi che defunti.

O105. Se qualche benefattore della Congregazione ne avesse necessità, dobbiamo ricordare che siamo tenuti ad intervenire non solamente per obbligo di carità ma anche per un debito di giustizia e di gratitudine; inoltre se i genitori di qualcuno dei nostri si trovassero in condizione di particolare povertà, non manchi loro l'aiuto della nostra carità.

CAPITOLO XI

I suffragi per i defunti

 

" Voglio che quelli che mi hai dato siano
con me dove sono Io" (Gv 17,24).

"Purificati dal battesimo di Cristo, siamo
 figli, siamo il Figlio; perché anche se siamo
 molti, siamo una cosa sola in Lui"
 (S. Ag. comm. Al
Sal 122,5).

 

106. Giacché in forza della carità non dobbiamo sentirci separati dopo la loro morte dai confratelli con i quali siamo stati uniti in questa vita per l'osservanza religiosa, quando qualcuno della nostra comunità muore, curiamo con attenzione fraterna i funerali, celebriamo devotamente l'Ufficio e la Messa dei defunti a suffragio della sua anima.

O107. Il priore informi subito della morte il visitatore e questi l'abate generale.

O108. Ogni nostro sacerdote celebri tre Messe per un defunto della propria comunità; lo stesso si prescrive per l'abate generale se dovesse morire durante il suo mandato. Per ogni nostro confratello, anche novizio e oblato delle altre comunità della Congregazione, i sacerdoti celebrino almeno una Messa ed i non sacerdoti ed i novizi, che non abbiano partecipato alla concelebrazione eucaristica della comunità. celebrino l'Ufficio dei defunti.

O109. Nella comunità dove sia avvenuta la morte di un nostro confratello, nel primo anniversario celebriamo almeno una Messa per la sua anima e, se è possibile, la concelebriamo, e ricordiamo spesso il nostro confratello estinto nel sacrificio eucaristico.

O110. Ricordiamo ogni anno i confratelli e i benefattori della nostra Congregazione e di tutta la Confederazione e offriamo suffragi per loro. 1 sacerdoti celebrino tre Messe, delle quali una, se è possibile, concelebriamola alla presenza di tutti i membri della comunità.

O111. Il 27 gennaio celebriamo in ogni nostra casa l'anniversario dei nostri genitori; il 5 settembre l'anniversario dei confratelli, amici e benefattori della nostra Congregazione, oppure nel primo giorno liturgicamente libero.

In questi anniversari la Messa sia celebrata con rito più solenne e sia celebrato da tutti l'Ufficio dei defunti in sostituzione di quello del giorno. Per loro, inoltre, i sacerdoti devono applicare la Messa e i non-sacerdoti parteciparvi con la medesima intenzione.

CAPITOLO XII

Le Biblioteche gli Archivi

 

" Voi siete il sale della terra" (Mt 5,13).
"Ti prego, la filosofia dei pagani non sia
più onesta di quella cristiana"
 (S. Ag. contro Giuliano 4,14).

 

O112. In ogni provincia vi sia almeno una biblioteca convenientemente fornita ed affidata alla casa dove sono coltivati gli studi; in essa non devono mancare gli scritti dei canonici e quelli riguardanti l'Ordine e la nostra Congregazione.

O113. Ogni anno nella canonica si destini una somma adeguata all'acquisto di libri da scegliersi con cura secondo le necessità. I libri si devono conservare nel migliore dei modi; il bibliotecario faccia attenzione che non siano rovinati o asportati.

O114. Quando un nostro confratello muore, i suoi libri siano selezionati e si conservino nella biblioteca della canonica o in quella provinciale.

O115. I manoscritti della canonica, i documenti originali, i privilegi, i diritti ed i titoli, dai quali risulta la legittimità giuridica di quello che possiede una canonica, siano custoditi con grande cura. Si stabiliscano norme particolari su tale argomento negli Ordinamenti Provinciali.

O116. Venga compilato un catalogo di tutte le scritture e documenti, né manchi un libro nel quale vengano registrati i documenti che qualcuno possa aver prelevato dall'archivio.

O117. I documenti più antichi o che, non servono più alla canonica, se contengono qualcosa di utile alla provincia, siano inviati all'archivio della provincia; una loro copia o almeno una fotocopia sia conservata nell'archivio generale. In ogni canonica si curi un libro in cui vengono annotati il trasferimento di un documento e la sua descrizione.

O118. In ogni canonica vi sia un confratello che rediga la cronaca o resoconto dei fatti più importanti del momento. In questo libro vengano annotati i fatti riguardanti persone, eventi importanti della canonica, lavori di ristrutturazione ed altre cose simili. La cronaca sia custodita nell'archivio della canonica.

O119. Nell'archivio generale della Congregazione, l'incaricato dell'archivio riponga ordinatamente, catalogandoli, gli autografi ed i documenti originali o almeno le copie di tutte le scritture pubbliche, privilegi, indulti, lettere apostoliche, costituzioni, così che l'abate generale, in caso di bisogno, li possa avere con facilità.

PARTE SECONDA

La Formazione alla Vita Canonicale

CAPITOLO I

I criteri della formazione canonicale

 

" Voi mi chiamate Maestro e Signore
e dite bene"
(Gv 13,13).
"Si mostri a tutti come esempio
di buone opere"
(Regola 46).

 

120. La formazione in generale è diretta alla crescita di tutta la persona perché raggiunga una debita maturità, sia guidata alla perfezione della carità e sia così preparata all'esercizio del ministero.

O121. Le direttive sulla vita canonicale e sulla formazione dei giovani corrispondano alle disposizioni generali delle Costituzioni e alle comuni norme della Chiesa universale. Tuttavia generalmente tali disposizioni e norme in ogni provincia vengano rese più dettagliate e pratiche, secondo le varie direttive delle Conferenze Episcopali e degli Ordinamenti di ciascuna provincia.

Le norme di questi Ordinamenti, per quanto riguarda il programma della formazione in genere e specialmente il piano degli studi, siano rivedute durante i capitoli provinciali perché siano sempre corrispondenti alle esigenze dei luoghi e dei tempi.

122. I confratelli, secondo le capacità intellettuali e l'indole personale, si dedichino alle discipline umanistiche, spirituali, dottrinali e pastorali ed inoltre approfondiscano convenientemente anche la sociologia moderna e la mentalità di oggi. La formazione attraverso il collegamento armonioso degli elementi che le competono deve essere condotta in modo tale da favorire l'unità della vita canonicale (PC 18).

123. La formazione non consiste solo nell'insegnamento, ma esige una guida completa attraverso l'impiego di vari contributi quali consigli, istruzioni, direzione spirituale, esempi, esperienze, colloqui e cose simili.

124. I candidati, secondo l'età, lo spirito e la maturità, siano introdotti alla vita canonicale come pure alla storia e alla natura del nostro Ordine; tale iniziazione dovrà essere approfondita in seguito. Tutto ciò che è stato detto sulla formazione alla vita canonicale vale anche per i fratelli cooperatori.

125. Occorre che tutti insieme intraprendiamo seri sforzi perché l'Ordine canonicale possa ricevere un nuovo impulso da vocazioni convenientemente ed accuratamente selezionate, per rispondere in pieno alle necessità della Chiesa. Riguardo alla ricerca e alla formazione delle vocazioni tutti dobbiamo sentirci comunitariamente responsabili. Ricordiamo che l'esempio della nostra vita canonicale costituisce la miglior garanzia per la nostra Congregazione e l'invito più efficace per i sacerdoti, diaconi e laici a condividerla (PC 24).

126. Appartiene alla pastorale e alla catechesi della Chiesa il compito di ricercare e suscitare vocazioni.

Su questo problema si provveda attentamente negli Ordinamenti Provinciali, e nei capitoli Provinciali si studino iniziative e si verifichi quanto proposto precedentemente.

CAPITOLO II

Gli educatori

 

"Ed alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa, in primo
luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti,
in terzo luogo come maestri ... "
(1 Cor 12,28).
"Chi tra voi assume il servizio dell'autorità non trovi
motivo di felicità nel potere che gli è dato ma
 nell'occasione che gli si presta di servire i fratelli
con carità" (Regola 46).

 

127. Poiché tutti insieme formiamo la nostra Congregazione, ricordiamo che ognuno di noi è responsabile della formazione. Perciò i Moderatori abbiano cura di preparare per tempo degli educatori e di provvedere a delle comunità idonee per la formazione. I confratelli della comunità si ricordino che devono cooperare attivamente a questa formazione. I Maestri siano scelti tra i sacerdoti che abbiano fatto professione solenne e che siano diligentemente preparati con un corredo di solida dottrina, di conveniente esperienza pastorale e di una speciale formazione spirituale e pedagogica per il compito che dovranno svolgere; sentano vivamente l'impegno e la responsabilità che si sono assunti volentieri ed umilmente nei confronti della Chiesa e della Congregazione.

O128. È auspicabile che, per la designazione di un candidato al compito di maestro dei professi, si faccia una certa consultazione tra i professi solenni. Gli Ordinamenti Provinciali potranno stabilire le modalità di tale consultazione.

129. I maestri abbiano cura che i candidati si inseriscano pienamente nella vita comune e nello spirito della nostra Congregazione; ma si preoccupino anche della formazione di ciascuno, secondo la sua personalità e le sue doti e lo aiutino soprattutto nel campo spirituale.

130. Ricordiamoci che tutti gli uomini sono essenzialmente delle creature che progrediscono gradualmente, e perciò, anche se noi siamo chiamati dall'invito esplicito di Cristo e in forza dei voti, ad avvicinarci alla perfezione del Padre, non potremo mai raggiungerla; perciò non disperiamo né ci stupiamo di questa imperfezione; gli educatori abbiano a cuore e davanti agli occhi questo, lungo la strada della formazione.

O131. I maestri degli alunni, dei novizi e dei professi di ciascuna provincia, tenendo presente la formazione dei candidati, si ritrovino di tanto in tanto per concordare un piano comune della formazione. Procurino anche di partecipare ai convegni regionali o nazionali sulla formazione dei religiosi. Acquistino ed arricchiscano sempre più anche un'ampia esperienza nel campo della pedagogia religiosa e spirituale.

O132. A volte il maestro può essere aiutato molto utilmente da un piccolo gruppo di confratelli

con i quali stabilisce la linea di formazione. Potranno anche essere consultati esperti non appartenenti alla comunità.

O133. Per i maestri dei novizi e degli altri valga la norma generale di distinguere il loro ufficio da ogni altro incarico. Se il caso lo richiede, per esempio un grande numero di novizi o di professi o una malattia del maestro, si affianchi al maestro un socio sacerdote e professo solenne che lo aiuti nell'adempimento del suo ufficio. Il visitatore o il superiore maggiore deciderà in proposito dopo aver ascoltato il suo consiglio ed il maestro.

CAPITOLO III

La formazione umana

 

Il vostro parlare sia "si, sì" "no, no"; il di più vien
 dal maligno" (Mt 5,37).
"Mantengano elevato il proprio cuore evitando ogni
Considerazione troppo terrena e vana" (Regola 7).

 

134. La formazione saggiamente articolata di coloro che intendono abbracciare la vita canonicale deve tendere innanzitutto a sviluppare una fondamentale maturità umana e le virtù riguardanti la sensibilità (OT 11).

135. Poiché l'ingresso nella nostra Congregazione implica il loro desiderio di dedicarsi al servizio del popolo di Dio, i candidati si preparino a questo tipo di vita con lo studio delle materie letterarie, scientifiche e tecniche, in modo che la loro cultura sia adeguata a tale ministero. Approfondiscano le discipline antropologiche per giungere ad un'adeguata comprensione della persona umana.

136. Coloro che sono particolarmente dotati per le professioni profane abbiano modo di sviluppare tali qualità, compiendo, per quanto è possibile, degli studi speciali; tuttavia ciò sia fatto secondo il parere del visitatore e del proprio consiglio, sempre in vista di un'attività utile, cioè per il bene della Chiesa e della Congregazione.

O137. Gli Ordinamenti di ogni provincia determineranno i criteri particolari di questa formazione.

O138. Si ricordi un brano del Concilio Vaticano II: "L'ordinamento degli studi deve essere tale da permettere agli alunni di proseguirli altrove senza inconvenienti, qualora intendessero abbracciare un altro stato di vita" (OT 13).

CAPITOLO IV

La formazione spirituale e religiosa

 

"Lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le
profondità di Dio" (1 Cor 2, 1).
"Quanto più uno ama la Chiesa di Cristo, tanto più
possiede la Spirito Santo" (S. Ag., Commento al
Vangelo di S. Govanni tr. 32,8).

 

139. Poiché con il battesimo ogni cristiano è chiamato e tenuto a vivere una vita spirituale attiva, frutto della grazia, tale impegno diventa ancor più vincolante con la consacrazione religiosa attraverso la quale si raccolgono più abbondanti frutti della grazia battesimale (LG 44).

140. Durante tutto il periodo di formazione si conosca con cura scrupolosa l'attitudine dei candidati a vivere una vita comune nella fede e nella carità. Siano loro spiegati i consigli evangelici, i vantaggi e gli oneri della vita comune; siano introdotti non solo teoricamente ma anche praticamente in tutta l'ampiezza nella vita canonicale e sperimentino concretamente la vita comune senza nulla di proprio, l'obbedienza nei confronti dei superiori, imparino ad amare la castità e gli altri beni spirituali ed il lavoro comune nel ministero pastorale.

141. Inoltre, poiché l'Ordine canonicale per sua natura unisce la pratica dei consigli evangelici al sacerdozio con un vincolo stretto, intimo e quasi indissolubile, le necessità pastorali costituiscono uno stimolo a progredire nella vita spirituale e religiosa.

O142. Perché dunque la formazione non sia troppo teorica, il maestro trovi un metodo diretto a che i candidati siano preparati al tipo di vita e ai compiti che in futuro affronteranno.

143. I candidati si preoccupino di giungere allo spirito di preghiera e venga in loro favorita la preghiera sia comune che personale, secondo il pensiero della Chiesa e le consuetudini della Congregazione, l'attiva e quotidiana celebrazione della Liturgia delle Ore in nome della Chiesa (can 663 § 2) e la partecipazione al Mistero Eucaristico.

144. Inoltre i candidati vengano introdotti ai vari criteri della vita spirituale, come la lettura spirituale, la meditazione della Sacra Scrittura, il silenzio interiore, la revisione della propria vita ed altre cose simili.

145. La formazione religiosa e spirituale deve procedere gradualmente. In particolar modo i candidati compiano progressivamente il passaggio dalla vita secolare a quella nostra. Ugualmente sin dall'inizio imparino poco a poco a rinunciare a tutte quelle cose che non riguardano il Regno di Dio; compiano gli uffici propri della vita canonicale, però occorre prima spiegare loro le ragioni profonde di ognuno di essi, in modo che poi possano compierli tutti con convinzione piena.

146. Per vivere l'ideale della vita comune ed esercitare il ministero sacerdotale ed il servizio fraterno, imparino ad apprendere quelle virtù che sono stimate tra gli uomini e che si attendono da un ministro di Cristo e da un discepolo di S. Agostino, come la carità fraterna, la reciproca amicizia, l'umiltà, la pazienza, la disponibilità al servizio (OT 11).

147. Fin dai primi tempi siano istruiti sul mistero della Chiesa, in modo che, uniti al Vicario di Cristo da un filiale amore e, una volta diventati sacerdoti, uniti ai propri vescovi come fedeli cooperatori, testimonino quell'unità che attira gli uomini a Cristo.

148. Ugualmente siano formati in modo da sentirsi responsabili reciprocamente verso la Congregazione, sia per comprendere rettamente il proprio spirito canonicale, sia per realizzarlo.

149. Il maestro abbia a cuore di istruire i candidati accuratamente ed ordinatamente su tutto ciò che costituisce il patrimonio del nostro Ordine e cioè la Regola di Sant'Agostino, le Costituzioni e gli Ordinamenti, la storia e la dottrina spirituale. Inoltre faccia in modo che essi sperimentino il tipo di vita e quelle cose che oggi devono essere svolte nella nostra Congregazione.

O150. I giovani abbiano la possibilità di partecipare ai convegni della nostra Confederazione; a tal proposito ogni provincia deleghi uno o più di loro, i quali poi aggiorneranno gli altri su quanto è stato fatto.

Inoltre, per quanto è possibile, si conceda ai giovani di recarsi durante le vacanze, in una altra provincia o Congregazione della Confederazione perché imparino lingue straniere e perché sia maggiormente favorita l'unità dell'Ordine.

Infine, tra i giovani delle province, ci sia un vicendevole scambio di corrispondenza, per manifestarsi problemi esperienze, i mezzi da cui hanno tratto vantaggio o che possono aiutare gli altri.

Tutte queste cose vengano attuate con il prudente giudizio dei superiori.

CAPITOLO V

La formazione dottrinale e pastorale

 

"Il buon pastore offre la vita per le sue pecore"

(Gv 1O,11).

"Per illuminare gli uomini donino la luce della
verità del Verbo" (S. Ag. Sermone 46,1).

 

151. Il fine di tutta la formazione dei nostri studenti canonici è farne dei veri pastori di anime, sull'esempio di Nostro Signore Gesù Cristo, Maestro, Pastore e Sacerdote. Siano introdotti dunque alla conoscenza del mistero della salvezza, il cui centro è costituito dalla medesima persona di Cristo e dalla sua stessa opera. Perciò con cura particolare siano preparati al ministero della Parola, del culto e della santificazione, perché, divenuti servi di tutti, ne conducano molti a Cristo (OT 4). La formazione degli studenti, che si preparano a ricevere gli ordini sacri, è regolata dal diritto universale e dal piano di studi della nostra Congregazione (cfr can 659 § 3).

O152. Nell'insegnamento non si trascurino le questioni specifiche i cui temi interessano particolarmente le varie nazioni. Nell'ambito della loro incombenza e per quanto è possibile i maestri tengano diligentemente presente il ministero che i singoli giovani un giorno dovranno svolgere con dignità, considerate le necessità della Chiesa locale e della provincia.

O153. Il visitatore deve, insieme al proprio consiglio, vigilare sulla formazione dottrinale e pastorale secondo le norme emanate dalla Santa Sede e dalle Conferenze Episcopali. Dove la provincia non ha i mezzi necessari per dare questa formazione, i nostri giovani frequentino sedi di studio adatte in modo tuttavia che si continui a provvedere alla formazione alla vita canonicale.

154. Inoltre la formazione pastorale tenga conto della necessità di svolgere comunitariamente l'apostolato, in modo che ciascuno, nella vita canonicale e nell'adempimento comunitario degli impegni che ne derivano, testimoni sempre e dovunque comunione nel vivere e nel lavorare.

O155. Le esperienze pastorali, sia teoriche che pratiche, non vengano considerate al di fuori degli studi o lasciate all'arbitrio di ciascuno, ma siano conglobate nella formazione e nel programma di studio. Gli Ordinamenti di ciascuna provincia provvedano a tale preparazione sia remota che prossima.

O156. I futuri pastori vengano esortati a partecipare a convegni pastorali e liturgici. Gli intervenuti poi informino gli altri su quanto è stato detto e fatto.

O157. Dove la Conferenza Episcopale prescrive che i candidati, prima di essere ammessi al sacerdozio, esercitino l'ordine diaconale per un certo periodo di tempo, siano inserite negli Ordinamenti Provinciali le norme opportune.

158. Poiché, secondo lo spirito del nostro Ordine, va prestata la massima attenzione alla sacra Liturgia, i nostri professi si devono preparare attentamente ed efficacemente a ciò, perché sappiano presiedere e animare le celebrazioni liturgiche e gli altri sacri riti nei quali si esprime la fede del popolo di Dio.

159. I fratelli cooperatori, secondo le proprie doti e le necessità delle Chiese, partecipino all'apostolato canonicale, anche nelle missioni. A questa partecipazione siano iniziati e formati progressivamente e con cura.

CAPITOLO VI

La formazione continua

 

"Se voi rimanete fedeli alla mia parola,
sarete davvero miei discepoli" (Gv 8,31)

"Il Signore vi conceda di osservare tutte
queste norme con amore" (Regola 48).

 

160. Cerchiamo di continuare la nostra formazione per tutta la vita, perché possiamo rinnovare e rinvigorire giorno per giorno la vita canonicale e l'attività apostolica sotto l'aspetto spirituale, intellettuale e pastorale. Perciò i superiori provvedano i mezzi ed il tempo che permettano ai chierici di proseguire la formazione continua adeguata al progresso particolare di ciascuna persona. Diano loro volentieri la possibilità di fare esercizi spirituali, di trovare il necessario riposo, di partecipare a convegni di formazione dottrinale e pastorale.

O161. In ogni provincia si prevedano i mezzi adatti con i quali tutti i confratelli siano spronati a perseguire la formazione continua; di questi mezzi si tratti più diffusamente negli Ordinamenti Provinciali.

O162. I sacerdoti ed i diaconi, che esercitano il ministero pastorale o aiutano nella parrocchia, intervengano ai raduni ordinari del clero diocesano sul ministero pastorale o su altri argomenti.

O163. Ogni canonica abbia un'adeguata biblioteca nella quale si possano trovare facilmente le opere anche recenti di esperti autori, nonché le principali riviste di catechesí, omiletica e di pastorale liturgica.

O164. I superiori, dopo il compimento dei corsi di studi e dopo l'ordinazione, per un certo periodo di tempo abbiano particolare attenzione per i giovani. Diano loro la possibilità di partecipare a convegni di pastorale e di compiere altre utili esperienze a questo riguardo sotto la guida di persone esperte in materia.

O165. Per quanto è possibile, i visitatori, dopo aver ascoltato gli educatori ed il proprio consiglio, provvedano che i giovani dotati per inclinazione, qualità ed ingegno siano inviati presso gli Istituti particolari, Facoltà ed Università di studi. Così preparati dal punto di vista culturale, potranno comunicare il loro sapere ed essere di aiuto agli altri confratelli.

CAPITOLO VII

Le case di formazione

 

"Ha costruito la sua casa sulla roccia" (Mt 7,24).

"... Per una ordinata convivenza nella fraternità
monastica" (Regola 2).

 

166. I seminari ed i collegi vengano eretti dove è possibile, in essi vengano accolti gli aspiranti al sacerdozio o al servizio fraterno nella vita comune. Tuttavia sempre e con attenzione si provveda che venga loro impartita un'adeguata ed accurata formazione in case adatte.

167. È compito dell'abate generale, con il consenso dei suo consiglio, permettere con un decreto la costituzione del noviziato, determinarne le modalità particolari relative alle condizioni di vita e fissarne la sede in una casa della Congregazione.

168. Per corrispondere a talune esigenze della formazione dei novizi, il visitatore o il superiore maggiore della regione, può autorizzare il gruppo dei novizi a trasferirsi per un periodo ben determinato in un'altra casa della Congregazione, da lui designata.

169. Infine in casi particolari ed in via eccezionale, l'abate generale, con il consenso del suo consiglio, ha la facoltà di autorizzare il candidato a compiere validamente il noviziato in un'altra casa della Congregazione che non sia casa di noviziato, sotto la guida di un canonico professo solenne che faccia le veci del maestro (cfr can 647 § 2).

O170. Coloro che si sono impegnati con i voti semplici, vengano inviati fino al termine del periodo di prova in quelle case nelle quali sia convenientemente armonizzato tutto ciò che riguarda studi, attività pastorali ed altre iniziative necessarie alla formazione. Gli studenti che hanno fatto professione solenne rimangano nelle stesse case almeno fino al sacerdozio.

O171. Sia per il postulantato che per il noviziato ed il tempo di prova, si scelgano quelle case in cui vivono comunità abbastanza numerose in grado di favorirne la formazione.

CAPITOLO VIII

Il tempo dell'iniziazione: Postulantato e Noviziato

 

"Quando Israele era giovinetto, lo l'ho amato" (O5 11,1).

"Fratelli miei, orientate tutta la vostra capacità di amare
anzitutto verso Dio e poi verso il prossimo" (Regola 1).

 

172. Coloro che desiderano vivere con noi la vita canonicale, devono trascorrere un periodo di prova, se questo è ritenuto necessario. Questo tempo viene chiamato "Postulantato" e può essere compiuto in qualsiasi casa. Vengano accolti con ospitalità cordiale, secondo la tradizione della nostra Congregazione.

173. Il postulantato, o periodo di prova, non costituisce un vero e proprio inizio della vita canonicale, né l'ingresso nella nostra famiglia. Consiste piuttosto nella reciproca conoscenza, sempre più profonda, del candidato e della comunità dei canonici intimamente legati tra loro e nella ricerca di quanto contribuisca ad un'adeguata preparazione alla vita canonicale. Il postulante, di conseguenza, può continuare il suo lavoro o la sua professione civile.

O174. Si stabiliscano negli Ordinamenti Provinciali il tempo e le modalità del postulantato.

O175. Nella canonica, dove viene trascorso il periodo di prova, si conduca la vita comune. Udito anticipatamente il visitatore o il superiore maggiore della regione, il priore designi un canonico sacerdote che si prenda cura del postulante e fissi per lui una determinata linea di vita secondo i vari casi.

176. Ogni scelta ed ammissione dei candidati, o postulanti, o novizi, venga fatta con la dovuta severità nonostante la dolorosa scarsità dei confratelli.

177. Con cura scrupolosa ci si deve accertare della retta intenzione dei candidati, della loro idoneità spirituale, morale, intellettuale e tecnica per gli impegni che svolgeranno nella Congregazione, della salute psicofisica, dell'attitudine alla nostra vita comune e della situazione e dei progressi di ciascuno. Inoltre i superiori vigilino perché i candidati non siano vincolati da alcun impedimento canonico (cfr can 645 § 3).

O178. Può essere molto utile che i maestri dei vari tempi della formazione, si informino a vicenda sugli studi e sull'indole dei candidati. Gli Ordinamenti di ciascuna provincia possono stabilire norme a questo riguardo.

179. Se il candidato chiederà di entrare a far parte della nostra Congregazione, il capitolo della canonica si esprimerà sulla sua idoneità, cioè sulla debita maturità umana, affettiva e spirituale. Ma il diritto di ammissione al noviziato, di proroga del noviziato non oltre i sei mesi dopo aver ascoltato il capitolo della canonica ed il proprio consiglio, appartiene al visitatore o al superiore maggiore della regione, così come il diritto di stabilire il giorno d'inizio del noviziato che dura un anno.

O180. All'inizio del noviziato è consuetudine fare gli esercizi spirituali. Tuttavia essi siano adattati all'età ed alla mentalità dei candidati.

O181. Il maestro abbia dei colloqui con i singoli novizi su quanto li riguarda, aiutandoli ad aprirsi liberamente.

182. 1 novizi impieghino il tempo anche dedicandosi al lavoro di natura domestica, così da praticare, vinto ogni idealismo, quello che insegna l'Apostolo:

"Se qualcuno non vuole lavorare, neppure man gi" (2 Tes 3, 10) e dunque amino la casa canonica come quella propria; coltivino le discipline umane, spirituali e dottrinali sotto la guida del maestro, per perfezionare la propria persona.

O183. Per completare la loro formazione, i novizi possono trascorrere fuori della casa di noviziato uno o più periodi di tempo destinati ad esperienze formative, secondo lo spirito della vita canonicale (a norma del can, 648 § 2).

184. Il noviziato, perché sia valido, deve comprendere dodici mesi da trascorrere nella stessa comunità del noviziato, fermo restando il disposto del n° 169 (cfr cari 648 § 1). Un'assenza dalla casa di noviziato, salvo il disposto del n° O183, che superi i tre mesi, continui o discontinui, rende invalido il noviziato. Un'assenza che superi i quindici giorni deve essere recuperata (cfr can 649).

185. Verso la fine del noviziato, si raduni il capitolo della canonica, nel quale il maestro riferirà tutto ciò che è utile per formulare un giudizio oggettivo su ciascun novizio; il capitolo decida l'idoneità di ciascuno alla professione semplice dei voti; discuta sul carattere, la vita spirituale, lo stile di vita canonicale e gli studi di ciascuno. È compito del visitatore o del superiore maggiore della regione ammettere i novizi alla professione semplice dopo aver ascoltato il capitolo della canonica e con il consenso dei proprio consiglio (cfr cari 656).

O186. Verso la fine de noviziato, prima che il novizio emetta i voti semplici, si facciano gli esercizi spirituali secondo la consuetudine o in altro modo secondo il giudizio del priore della casa e del maestro, perché il novizio si prepari meglio alla sua consacrazione. Questi esercizi spirituali si protraggano almeno per cinque giorni.

187. La professione semplice può essere anticipata con il permesso del visitatore o del superiore maggiore della regione, ma non tuttavia oltre i quindici giorni.

188. Qualora un novizio si trovasse in pericolo di morte, il priore della casa può permettergli di emettere la professione dei voti; se tuttavia dovesse guarire, porterà a termine secondo la consuetudine la formazione nel noviziato.

CAPITOLO IX

Il tempo della prova e la professione solenne

 

"E voi mi renderete testimonianza, perché siete stati
con me fin dal principio" (Gv 15,27).

"Il Signore vi conceda di osservare tutte
queste norme con amore" (Regola 48).

 

189. Finito il noviziato comincia il tempo della prova in cui i confratelli incorporati nella nostra Congregazione si impegnano per un certo periodo di tempo con i voti semplici.

190. Pertanto i confratelli che hanno compiuto il noviziato possono essere ammessi ai voti semplici per un triennio e, dopo questo, emettere la professione solenne.

191. Se veramente appare opportuno, il visitatore o il superiore maggiore della regione può prolungare il triennio di professione semplice in modo tale tuttavia che tutto l'intero tempo nel quale un nostro confratello è vincolato dai voti semplici non superi i nove anni.

O192. Dopo aver ascoltato il priore della canonica ed il maestro, il visitatore o il superiore maggiore della regione stabilisca le norme per gli esercizi spirituali da premettere alla proroga dei voti semplici.

193. I voti si pronunzino alla presenza di tutta la comunità canonicale, secondo il rito proprio della Congregazione. Possono ricevere la professione l'abate generale, il visitatore, il superiore maggiore della regione o il priore della canonica o chi fa le loro veci.

194. Durante il periodo di prova, cioè dalla fine del noviziato fino alla professione solenne, coloro che si sono impegnati con i voti, cerchino di conseguire sotto la guida del maestro una certezza più profonda e più cosciente della propria vocazione e degli impegni e doveri che ne conseguono. Quindi questa preparazione sia più profonda e sostanziosa di quella del tempo dell'iniziazione.

195. In modo particolare sia tenuta in grande considerazione la vicendevole partecipazione e la cooperazione collegiale. Perciò durante questo periodo i confratelli si applichino anche allo studio in modo da acquistare una cultura che li renda equilibrati e sicuri nelle proprie convinzioni.

196. I superiori ammettano con grande scrupolosità alla professione solenne quelli che, oltre l'età giusta, abbiano buona salute, carattere adatto e sufficiente maturità per abbracciare la nostra vita; la salute, il carattere e la maturità, se è il caso, siano accertate da esperti in materia, fermo restando ciò che è prescritto nel canone 220.

O197. Poiché con simili disposizioni la professione solenne riveste tutta la sua importanza, la si faccia precedere molto da vicino da un conveniente tempo di preparazione da considerarsi quasi come un altro noviziato. Questa preparazione spirituale più intensa duri almeno un mese. Sul luogo di questa preparazione nonché sulle altre circostanze ed attività pratiche di essa si tratti negli Ordinamenti Provinciali.

198. Il visitatore o il superiore maggiore della regione, dopo aver sentito il capitolo della canonica ed il proprio consiglio, ha il diritto di non ammettere alla professione susseguente.

O199. Se un candidato non è ammesso alla proroga o alla professione solenne, non sia semplicemente mandato via, ma, per quanto è possibile, gli si dia un aiuto così che non venga del tutto abbandonato nella vita secolare.

200. È compito dell'abate generale, con il consenso del proprio consiglio, ammettere alla professione solenne un confratello che viene presentato dal visitatore o dal superiore maggiore della regione. Questi però decida se il confratello deve essere ammesso alla professione solenne, solo dopo aver consultato il capitolo della canonica interessata e con il voto deliberativo del proprio consiglio.

201. E visitatore o il superiore maggiore della regione, con il consenso del proprio consiglio, ha il diritto di ammettere i confratelli agli Ordini Sacri.

202. FORMULA DELLA PROFESSIONE SEMPLICE E. SOLENNE

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

lo NN.

a gloria di Dio,

nella ferma volontà di consacrarmi più intimamente a Lui

e di seguire più da vicino Cristo in tutta la mia vita,

alla presenza dei confratelli qui presenti,

nelle tue mani, Rev.mo P. Abate Generale NN.

(o Rev.mo NN., vicario del Rev.mo P. Abate Generale NN.)

faccio voto, professione e promessa,

per tre anni (o ... ; o solennemente) di obbedienza nella sequela di Cristo,

di castità per il Regno di Dio,

e di vivere in comune senza nulla di proprio

secondo la Regola di S. Agostino

e le Costituzioni dei Canonici Regolari Lateranensi

e mi affido pienamente (per sempre)

a questa Congregazione per raggiungere la perfetta carità

nel servizio di Dio e della Chiesa,

con la grazia dello Spirito Santo,

l'aiuto della Beata Vergine Maria,

l'intercessione dei Santi Canonici

ed il sostegno dei confratelli.

CAPITOLO X

La correzione fraterna e l'uscita dalla Congregazione

 

"La carità... non tiene conto del male" (1 Cor 13,5).

"Attenendovi sempre alla fondamentale norma di avere
amore per le persone e odio per i vizi" (Regola 28).

 

203. La correzione fraterna sia considerata tra le prime opere di carità. Ma nell'esercitarla si osservino le norme date da Cristo nel Vangelo (Mt 18,15) e dal nostro Padre Agostino nella Regola. Quindi gli errori dei confratelli devono essere riferiti ai superiori non prima che siano stati utilizzati tutti gli altri mezzi della carità fraterna.

204. Il visitatore, con il consenso del suo consiglio, può concedere che un confratello, in difficoltà vocazionale, possa vivere fuori della casa canonica, ma per non più di un anno, a meno che ciò non sia per motivi di salute, di studio o di apostolato da svolgere a nome dell'Istituto (cfr can 665,1).

205. Il confratello che si allontana illegittimamente con la intenzione di sottrarsi alla potestà dei superiori, deve essere sollecitamente ricercato ed aiutato perché ritorni (cfr can 665,2). Se l'assenza perdura, egli manchi di voce attiva e passiva.

206. Se si deve procedere all'esclaustrazione, si osservino le norme dei canoni 686 e 687.

207. Colui che, scaduto il tempo della professione, volesse uscire dalla Congregazione, la può abbandonare (cfr can 688,1). Chi durante la professione temporanea, per grave causa chiede di poter lasciare la Congregazione, può ottenerne l'indulto dall'abate generale, con il consenso del suo consiglio (cfr can 688,2).

208. I professi di voti solenni non chiedano l'indulto di lasciare la Congregazione se non per gravissime cause ponderate davanti a Dio. Si osservino alla perfezione le norme dei canoni 691, 692, 693.

209. Se si deve arrivare a dimettere un professo, si osservino le norme prescritte nei canoni 694-704.

210. Osserviamo verso i confratelli che si sono allontanati in qualsiasi modo dalla nostra Congregazione, la giustizia e la carità evangelica.

PARTE TERZA

Il Governo della Congregazione

CAPITOLO I

Il Capitolo Generale

211. La suprema autorità della nostra Congregazione risiede nel Capitolo Generale, che ha potestà ordinaria su tutte le persone e le nostre cose.

212. Il principale compito del capitolo generale è di discernere sempre meglio la volontà di Dio riguardo alla nostra Congregazione ed al suo posto nella Chiesa, cioè la sua natura, il suo fine, il suo spirito, la sua indole e le sue sane tradizioni (cfr can 578), di promuoverne un adatto rinnovamento, provvedere i mezzi idonei, favorire il vigore apostolico e spirituale, eleggere l'abate generale, trattare le più importanti questioni nonché emanare decreti ai quali tutti siamo tenuti.

A tale scopo, è fondamentale la collaborazione di tutti i confratelli per preparare lo spirito che animerà il capitolo, per la sua realizzazione e per osservare fedelmente le leggi ed i decreti emanati dallo stesso capitolo.

213. Al capitolo generale spetta inoltre: discutere sulla vita di tutta la Congregazione ed incrementarla, eleggere i responsabili generali, emanare leggi e, per quel che gli compete, interpretarle per tutta la Congregazione; erigere o sopprimere province e regioni la cui situazione sia stata deliberata nel capitolo provinciale competente; stabilire i contributi generali e definire i limiti per le spese straordinarie; conoscere i rendiconti presentati dall'economo generale e dai visitatori; esaminare altri eventuali argomenti proposti. Compete al capitolo generale, con almeno i due terzi dei voti consenzienti, mutare le Costituzioni; questi cambiamenti devono essere confermati dalla Santa Sede che dà anche un'autentica interpretazione delle Costituzioni.

214. Il capitolo generale di tutta la Congregazione è celebrato ogni sei anni. È tuttavia diritto dell'abate generale, dopo aver ascoltato il suo consiglio e i visitatori, riunire per un grave motivo il capitolo generale straordinario durante il sessennio.

O215. È diritto e dovere dell'abate generale e del suo consiglio, preparare a tempo opportuno il capitolo generale. Nell'anno che precede il capitolo, invii ai confratelli, prima delle celebrazioni dei capitoli provinciali, l'elenco degli argomenti di maggior importanza da trattare, nonché i criteri di formazione della Curia ed il preventivo delle spese future perché li facciano oggetto di studio. Inoltre siano fissate dall'abate generale, dopo aver ascoltato il suo consiglio, la località e la data del capitolo generale.

216. Al capitolo generale hanno diritto di partecipare e diritto di voto in tutte le sessioni:

- di diritto: l'Abate Generale, il Vicario Generale, i Visitatori e gli altri Superiori Maggiori regionali.

- per elezione: i Delegati eletti a norma degli Ordinamenti Generali, il numero dei membri per elezione non può essere inferiore al numero dei membri per diritto.

O217. I delegati al capitolo generale, che devono essere sacerdoti o fratelli cooperatori con voti solenni, saranno due, eletti da tutta la provincia ed uno da ogni regione.

218. L'abate generale, sei mesi prima della celebrazione del capitolo generale, ne annunci a tutte le case il giorno ed il luogo, perché se qualcuno volesse inviare dei promemoria, li possa mandare per tempo.

Ogni visitatore, almeno tre mesi prima dei capitolo generale, invii all'abate generale la relazione sessennale sulla situazione della sua provincia, approvata dal suo consiglio. La relazione, approvata dal consiglio del visitatore, comprenderà lo stato generale delle persone, la vita canonicale e la situazione economica della provincia.

O219. Se per un giusto motivo qualcuno non può partecipare al capitolo, ne deve dare spiegazione per lettera. Coloro che fanno parte del capitolo generale in forza del loro incarico, in caso di impedimento, potranno designare per iscritto. un delegato con diritto di voto, dopo aver ascoltato il consiglio o generale, o provinciale o regionale, a seconda dei casi. Se invece sarà un delegato eletto dalla provincia o dalla regione che non può intervenire, parteciperà al capitolo generale quel confratello che dopo di lui avrà ottenuto maggior numero di voti.

O220. È compito dell'abate generale provvedere diligentemente a che tutto sia preparato con cura per celebrare convenientemente il capitolo generale, specialmente per ciò che riguarda la liturgia e l'ordine degli argomenti da trattare.

O221. All'inizio del capitolo generale tutti i capitolari si raduneranno nella sala del capitolo. Dopo che l'abate generale avrà recitato le preghiere, il cancelliere leggerà i nomi di coloro che hanno diritto di partecipare al capitolo generale; leggerà inoltre i motivi per cui gli assenti non siano potuti intervenire e chi siano i loro delegati.

O222. All'inizio del capitolo, l'abate generale legga la relazione preparata insieme al suo consiglio sulla situazione spirituale e temporale nella Congregazione. Una copia di essa si consegni antecedentemente a ciascun capitolare.

O223. Dopo la lettura della relazione e la discussione su di essa, si proceda all'elezione dell'abate generale cui seguirà, a suo tempo, l'elezione dei Consiglieri dell'abate generale, dell'Economo Generale, del Procuratore Generale, del Delegato e del suo sostituto al Consiglio Primaziale della Confederazione; tutti questi vengono eletti per sei anni, cioè fino al successivo capitolo generale.

O224. Prima di procedere alle elezioni, l'abate generale lascerà il proprio incarico. Insieme con lui cessano dal loro incarico il Consiglio Generale, il Vicario Generale, l'Economo Generale ed il Procuratore generale. Il più anziano di professione tra i visitatori presenti presiederà all'elezione del nuovo abate generale.

O226. Quindi si proceda con voto segreto alla votazione, nella quale gli elettori scrivano nelle schede il nome dell'eligendo. Il presidente esamini davanti a tutti se le schede siano pari al numero degli elettori presenti e, se trovasse che sono di più o di meno dei capitolari, le schede siano distrutte e si ripeta l'elezione finché lo scrutinio risulti valido dal punto di vista canonico. Se le schede sono pari al numero degli elettori, gli scrutatori, che saranno i due capitolari più giovani, le aprano ed uno di essi pronunci ad alta voce i nome dell'eletto ed il cancelliere prenda nota dei nomi.

O227. Per l'elezione dell'abate generale, se i due terzi dei capitolari concordano nell'elezione di un confratello, l'elezione sarà canonica. Se è necessario, si facciano tre scrutini in questo modo. Se nessuno sarà eletto, si lasci un intervallo perché i capitolari si possano consultare; dopo questa pausa si proceda ad altri scrutini, nei quali chi ottiene la maggioranza assoluta dei voti sia ritenuto eletto canonicamente. Gli scrutini non vengano interrotti finché non si raggiunga la maggioranza stabilita. Se tuttavia gli scrutini fossero molti, si faccia una pausa ogni tre scrutini.

228. Terminata l'elezione, il presidente domandi all'eletto, qualora questi sia presente, se acconsente all'elezione; se la risposta è negativa, si ripeta lo scrutinio. Se invece l'eletto non è presente, si sospenda il capitolo e, inviatogli subito la notizia, si aspetti il suo assenso. Nel caso venga eletto lo stesso presidente, tocca al più anziano in ordine di professione tra i visitatori interrogarlo.

O229. Dopo l'elezione e l'assenso dell'eletto, il presidente componga il decreto di elezione con queste parole: "Abbiamo constatato che NN. è stato eletto Abate Generale con ... voti ed io NN. ho firmato il decreto di elezione: in fede ... ".

230. Il presidente consegni poi all'eletto il sigillo del Generale e tutti lo accolgano come Abate Generale della nostra Congregazione. Emessa la professione di fede, a norma del can 833 § 8, l'abate generale accolga tutti i confratelli con il bacio della pace e benedica tutti affettuosamente.

O231. Per le altre elezioni da farsi nel capitolo generale, si richiede la maggioranza assoluta dei voti nei primi tre scrutini, cioè la metà più uno; ma nel quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza relativa, secondo le norme del diritto proprio.

O232. L'abate generale, dopo che il capitolo ha assolto con scrupolosità i vari compiti, fa un breve discorso ai capitolari. Il cancelliere poi legge l'elenco dei confratelli morti nell'ultimo sessennio ed infine l'abate generale dichiarerà chiuso il capitolo generale.

O233. Sia redatto e mandato quanto prima a tutti i confratelli, un compendio estratto dagli Atti del capitolo generale.

CAPITOLO II

L'Abate Generale

234. Nel modo che tutti noi, legandoci a Dio con i voti in una santa fraternità, costituiamo un solo corpo, dobbiamo così riconoscere un solo capo, superiore di tutti, cioè l'Abate Generale, guida di tutta la Congregazione, al quale dobbiamo sincera obbedienza ed ossequio. Sia egli il promotore della vita canonicale per il bene della Congregazione e di tutta la Chiesa ed il garante dell'unità nell'eterogeneità delle province.

235. L'abate generale ha giurisdizione ordinaria che esercita in conformità alle leggi canoniche ed alle nostre Costituzioni su tutte le persone, le canoniche, le province, sia in foro interno che esterno, salvo i diritti dei visitatori e dei superiori maggiori regionali.

236. All'abate generale è riservato il potere di giudicare le questioni più gravi, delle quali tratterà con il suo consiglio. Ha il diritto, sentiti i visitatori di competenza, di trasferire per una giusta causa, i confratelli da una provincia ad un'altra. Al medesimo compete confermare, con il consenso del proprio consiglio, i visitatori, i superiori maggiori e gli altri superiori eletti dal capitolo provinciale. Se tuttavia è presente a qualche capitolo provinciale, può egli stesso confermare immediatamente gli eletti: visitatore e superiore maggiore.

O237. Già fin dall'elezione compia la visita delle canoniche per conoscere i confratelli ed essere da loro conosciuto. Compia la visita canonica personalmente o per mezzo di altri quando gli sembra opportuno o a richiesta di una provincia o regione o canonica.

238. L'ufficio dell'abate generale dura sei anni; ma egli potrà essere riconfermato nei seguenti capitoli generali. Perché un confratello possa essere eletto validamente Abate Generale, occorre che egli sia professo solenne da almeno quindici anni. L'eletto viene subito insignito del titolo di Abate.

O239. L'abate generale, per quanto è possibile, sia libero da qualsiasi altro impegno giurisdizionale, per dedicarsi più liberamente al bene ed al progresso di tutta la Congregazione.

240. L'abate generale può abdicare dal suo ufficio o alla presenza del capitolo generale o dei Consiglieri Generali, ma in quest'ultimo caso è necessaria la conferma della Sede Apostolica.

241. In caso di morte dell'abate generale durante il tempo del mandato o di rinuncia all'ufficio, immediatamente subentra il Vicario Generale come Priore Generale della Congregazione fino al prossimo capitolo generale, da stabilirsi dal consiglio, per procedere all'elezione dell'abate generale; questo capitolo si dovrà celebrare entro tre mesi.

242. Ciò che è stabilito per la morte dell'abate generale, vale anche per una sua malattia inguaribile o per altro grave motivo da giudicarsi da parte del consiglio generale con i visitatori. In caso di rimozione dell'abate generale spetta alla Santa Sede dare l'ultimo giudizio.

O243. L'abate generale sceglie come segretario un canonico sacerdote di suo gradimento con voti solenni.

O244. L'abate generale risieda nella casa designata come Curia dal capitolo generale, nella quale si conduca la vita comune e che disponga dei mezzi necessari al sostentamento grazie ai contributi di tutte le province e dopo aver stipulato una convenzione con la provincia in cui egli vive e che non dipende da nessuna provincia; il superiore della casa è lo stesso abate generale, mentre il vicario è scelto dal capitolo della medesima canonica.

O245. L'abate generale, terminato il suo incarico, potrà scegliere con il consenso del visitatore, la canonica che preferisce, purché non sia quella dove risiede l'abate generale.

CAPITOLO III

Il Consiglio dell'Abate Generale

246. Per trattare gli argomenti di notevole importanza, l'abate generale è aiutato dal Consiglio che, per quanto è possibile, deve rappresentare tutta la Congregazione.

247. Il consiglio consta di quattro professi solenni sacerdoti, noti per l'amore verso la Congregazione, la prudenza ed il senso pratico.

248. Oltre ai casi prescritti dal diritto universale o proprio, il consiglio si riunisce quando l'abate generale lo ritiene opportuno e lo richiedano problemi da risolvere.

O249. L'abate generale convochi ogni anno i visitatori, perché con lui ed il suo consiglio trattino le questioni spirituali e temporali di tutta la Congregazione, e lo stesso si faccia in circostanze straordinarie da valutarsi dall'abate generale. Tutti costoro formano il Consiglio Generale Ampliato.

O250. È diritto del consiglio generale ampliato eleggere tre canonici, che saranno i candidati alla carica di Abate Primate, secondo la disposizione degli statuti della Confederazione (SCF 20,1).

O251. Quando il diritto esige la presenza di tutto il consiglio generale, se per caso uno dei consiglieri non potesse parteciparvi, al posto del consigliere generale può subentrare un altro che ha diritto di partecipare al consiglio generale ampliato.

O252. Quando si tratta di questioni riguardanti una provincia, il visitatore interessato ha diritto di partecipare al consiglio che le discute, o di inviare un canonico che lo rappresenti. Lo stesso abate generale ed il suo consiglio possono convocare il visitatore o il suo rappresentante per trattare insieme tali questioni. Tutti quelli che partecipano a queste riunioni, hanno diritto di voto come i consiglieri.

O253. L'abate generale, oltre ai casi prescritti nel diritto universale, ha bisogno del consenso deliberativo del suo consiglio in queste circostanze:

1) per confermare i visitatori e gli altri superiori, se lo stesso abate generale non è presente al capitolo provinciale;

2) per designare fuori del capitolo generale, qualora si presenti il caso, un consigliere dell'abate generale;

3) per interpretare le disposizioni dei capitoli generali;

4) per confermare gli atti dei capitoli provinciali;

5) in caso di morte o di rinuncia del predecessore, il procuratore generale; inoltre per nominare, fuori del capitolo generale, l'economo generale;

6) per nominare un commissario da inviare in qualche canonica o provincia al fine di risolvere una grave necessità o per eliminare un grande inconveniente che né il superiore né il visitatore appaiono in grado di risolvere;

7) per rimuovere i priori, dopo aver sentito il visitatore ed il consiglio interessato;

8) per la suddivisione di particolari contributi oltre a quelli già stabiliti nel capitolo generale;

9) per prendere decisioni, qualora il visitatore o i membri del suo consiglio siano persuasi che l'esito di uno scrutinio non risponda al bene della sua provincia ed abbiano fatto ricorso all'abate generale;

10) per iniziare i processi giudiziari;

11) per il passaggio di un confratello professo solenne ad un altro istituto religioso, oppure prima che ciò sia sottoposto all'attenzione della Sede Apostolica, in un Istituto Secolare o in una Società di vita apostolica;

12) per la vendita di beni e per la stipulazione di contratti o mutui che superano la metà di quanto è stabilito dal diritto comune;

13) per erigere o sopprimere case canoniche, a norma del diritto universale, avuta la delibera del capitolo o del consiglio provinciale di pertinenza;

14) per accettare i priori nominati per postulazione dopo tre trienni; '

15) per celebrare il capitolo generale straordinario, dopo aver sentito prima i visitatori;

16) per l'ammissione alla professione solenne;

17) per confermare gli Ordinamenti Provinciali e Regionali.

O254. Il consiglio dell'abate generale ha voto consultivo in queste circostanze:

1) per designare, se è opportuno, un visitatore straordinario che sostituisca l'abate generale in qualche visita, come è stabilito nel nostro ordinamento per i casi previsti al n° O237, o in altri casi quando le difficoltà sorte nelle province non riescono ad essere risolte dal visitatore e dal suo consiglio;

2) per designare il vicepostulatore generale, se è opportuno;

3) per accettare la rinuncia all'incarico dei consiglieri dell'abate generale e degli altri ufficiali della Curia generale;

4) per accettare la rinuncia all'incarico del visitatore o del superiore maggiore;

5) per stabilire il luogo dove celebrare il capitolo generale.

CAPITOLO IV

I compiti della Curia Generalizia

255.. Formano la Curia Generalizia: l'Abate Generale, i Consiglieri dell'Abate Generale, l'Economo Generale, il Procuratore Generale o il Vicepostulatore, se ci fosse, e il Segretario dell'Abate Generale.

256. Tra i quattro consiglieri che formano il consiglio dell'abate generale, l'abate generale elegge uno che sarà il primo consigliere ed insieme il vicario generale.

O257. In assenza dell'abate generale, il vicario generale svolge le attività ordinarie. In questo incarico, come lo stesso abate generale, viene coadiuvato dagli altri consiglieri dell'abate generale. Quando manca il vicario generale, il più anziano di professione dei consiglieri dell'abate generale compie l'ufficio di vicario.

258. L'economo è eletto per sei anni dal capitolo generale e può essere contemporaneamente consigliere generale; suo compito è amministrare i beni della Curia generalizia sotto la direzione dell'abate generale (cfr can 636 § 1), provvedere al suo mantenimento, ricevere i contributi delle province.

O259. Ogni anno gli economi provinciali facciano il rendiconto dell'amministrazione all'economo generale ed egli stesso provveda a presentare all'abate generale ed al suo consiglio il resoconto dell'amministrazione della Curia generalizia e delle province.

O260. Il procuratore generale è eletto dal capitolo generale per sei anni e risiede a Roma; il suo incarico si può conciliare con quello di consigliere generale.

O261. Egli tratterà presso la Curia romana gli affari della Congregazione, delle singole persone e luoghi e ne difenderà i diritti ed i privilegi.

O262. L'elezione del postulatore o del vicepostulatore avviene secondo gli Statuti della Confederazione (SCF 46,2).

CAPITOLO V

Province e Regioni

263. L'unico corpo della Congregazione si divide in Province che sono formate dall'unione di più canoniche ossia "Capitoli" e che sono presiedute dai Superiori Maggiori e dai Visitatori detti anche Superiori Provinciali. Le province sono dotate di personalità giuridica.

264. Il motivo principale per cui si può erigere una provincia sta nella relazione tra i Canonici Regolari e le Chiese esistenti nel territorio di una stessa Conferenza Episcopale, tenendo conto della loro origine e tradizioni. Inoltre possono consigliare l'erezione di una provincia: la necessità che spinge le diverse case ad aiutarsi vicendevolmente; la necessità o la maggiore facilità di provvedere alla formazione dei candidati.

265. L'erezione o la soppressione di una provincia o l'unione di province viene fatta dal capitolo generale.

266. L'organizzazione interna delle province si adatti, nel rispetto delle norme stabilite, ai loro modi di vivere ed alle necessità pastorali. È per questo che ogni provincia deve avere gli Ordinamenti Provinciali nei quali siano descritte le osservanze particolari di quella provincia.

267. Dove ci sono almeno tre case con un numero sufficiente di confratelli, che possono condurre pienamente la vita canonicale, si può erigere la cosiddetta regione, purché quelle case costituiscano tra loro una certa unità e diano segni di progresso sì da potersi trasformare in provincia, cosa a cui occorre tendere con ogni mezzo.

268. L'erezione o la soppressione di una regione sia fatta dal capitolo generale dopo aver avuto la delibera del capitolo provinciale di pertinenza.

269. Le regioni al pari delle province costituiscono un'unità, ma le prime differiscono dalle seconde perché non sono totalmente autosufficienti, come per esempio dal punto di vista economico e della formazione dei candidati.

Per questo, affinché la regione non gravi eccessivamente sulla provincia e venga aiutata a divenire al più presto provincia, gli Ordinamenti Provinciali stabiliscano i rapporti tra provincia e regione soprattutto per quanto riguarda il trasferimento dei confratelli da una casa ad un'altra e l'interdipendenza economica ed altro.

270. Alla regione presiede un superiore maggiore, sacerdote e professo solenne da almeno dieci anni, che, per delega, gode dell'autorità ordinaria ed è eletto dal capitolo provinciale ogni sei anni fino al successivo capitolo provinciale, secondo le norme stabilite negli Ordinamenti Provinciali. Il superiore maggiore della regione ha un proprio consiglio, la cui composizione e le cui facoltà e modi di agire sono stabiliti negli Ordinamenti Provinciali (cfr can 627).

CAPITOLO VI

Il Capitolo Provinciale

189. Il Capitolo provinciale, che si deve svolgere ogni tre anni, rappresenta tutta la provincia ed esprime l'impegno di tutti i confratelli della provincia, perché sia promossa la vita canonicale nella Chiesa.

272. Esso gode pieno potere sulle persone e sulle canoniche della provincia, salvo l'autorità del capitolo generale e dell'abate generale.

273. Sono membri del capitolo provinciale: di diritto, il Visitatore e gli altri Superiori maggiori; i delegati e gli altri confratelli professi solenni determinati dagli Ordinamenti Provinciali. Tutti questi rappresentino l'intera provincia per il numero e le loro competenze specifiche.

274. Oltre a quello che è stato detto sopra, questi sono i compiti del capitolo provinciale: eleggere per sei anni, fino al successivo capitolo provinciale, il Visitatore e gli altri Superiori Maggiori, i Consiglieri del visitatore, i Maestri dei novizi e dei professi, l'Economo Provinciale, il Moderatore delle Vocazioni; eleggere fino al successivo capitolo provinciale triennale i Priori delle case e, se si ritiene opportuno, il Promotore delle Missioni.

275. Il capitolo provinciale nell'elezione del visitatore e dei suoi consiglieri proceda dopo una previa consultazione di tutti i confratelli della provincia vincolati dai voti solenni. L'elezione degli altri superiori maggiori deve essere preceduta dalla consultazione dei confratelli con voti solenni della regione interessata.

276. Il capitolo provinciale deve approvare e, se necessario, aggiornare gli Ordinamenti Provinciali che devono essere confermati dall'abate generale con il consenso dei suo consiglio.

277. È anche compito del capitolo provinciale deliberare la erezione o la soppressione delle case prima che il problema sia presentato all'abate generale e stabilire l'accettazione o la rinuncia di un ministero stabile in una diocesi.

O279. Il capitolo provinciale si celebri almeno sei mesi prima del capitolo generale; il visitatore informi l'abate generale sulla data della celebrazione.

O280. Il visitatore, almeno tre mesi prima della celebrazione del capitolo provinciale, comunichi ai confratelli il luogo, la data e l'ordine del giorno preparato con il suo consiglio e richieda l'elezione dei delegati.

O281. Le schede per l'elezione dei delegati siano aperte dal visitatore e dal suo consiglio almeno due mesi prima della celebrazione del capitolo provinciale. Il visitatore informi subito gli eletti e renda noto l'esito dell'elezione, poi, sentito il suo consiglio, nomini il cancelliere dello stesso capitolo. Se qualcuno per un giusto motivo non potesse partecipare al capitolo provinciale, ci si comporti come prescritto al n° O219.

O282. Nel capitolo provinciale sessennale, dopo che il visitatore uscente ha letto la sua relazione, il più anziano di professione tra i presenti assume l'incarico di presidente fino all'elezione del nuovo visitatore.

CAPITOLO VII

I Visitatori o Superiori Provinciali

283. Al Visitatore, eletto dal capitolo provinciale, spetta anzitutto incrementare lo spirito della vita canonicale tra i confratelli e le canoniche della provincia, tenendo presenti le necessità delle canoniche, nella comunione dell'unico corpo della Congregazione sotto l'abate generale.

284. Qualsiasi canonico sacerdote, professo solenne da almeno dieci anni, può essere eletto visitatore, osservando le prescrizioni del Diritto Canonico. Egli viene eletto dal capitolo provinciale nello stesso modo con cui viene eletto l'abate generale (cfr n° O226, O227). Confermata l'elezione dall'abate generale (cfr n° 236), il nuovo visitatore fa la sua professione di fede davanti al capitolo, a norma del canone 833 § 8.

285. Il visitatore ha potestà ordinaria sulle persone e canoniche della provincia. Pertanto è suo dovere convocare il capitolo provinciale ogni tre anni o, se la necessità lo richiede, convocarlo straordinariamente; ammettere i candidati al noviziato, alla prima professione, al suo rinnovo, e ai sacri ordini; concedere le lettere dimissorie; trasferire, dopo aver ascoltato i priori di pertinenza, i canonici da una casa ad un'altra nell'ambito della provincia; stabilire la linea di collaborazione con i vescovi e le Conferenze Episcopali; partecipare al capitolo delle canoniche con diritto di voto; intervenire e giudicare nei casi di ricorso insieme al suo consiglio; conoscere lo stato spirituale e materiale della provincia e delle canoniche.

286. Nello stabilire e nell'accettare i ministeri pastorali, il visitatore deve discernere la vera possibilità di equilibrare il ministero sacerdotale con la vita canonicale, perché non sia impedita la comunione di vita per una lunga distanza o per l'eccesso di lavoro.

O287. Il visitatore visiti spesso le canoniche della sua provincia perché possa rispondere adeguatamente alle loro necessità particolari. Almeno una volta nel triennio visiti le canoniche e tutti i confratelli ed esamini o di persona o attraverso un delegato approvato dal consiglio, tutto ciò che riguarda l'aspetto spirituale ed amministrativo di quella canonica. I confratelli collaborino fiduciosamente con il visitatore, alle cui domande si deve rispondere sinceramente ed in spirito di carità. Si redigano due relazioni di questa visita, delle quali una sia conservata in canonica, l'altra rimanga al visitatore.

288. A meno che non si tratti di una questione di poco conto, il visitatore agisca insieme al suo consiglio.

289. Il visitatore risieda in quella casa della provincia che ritiene opportuna, dopo aver sentito il parere del proprio consiglio; ed in essa, per quanto è possibile, non eserciti l'ufficio di priore, perché non sia distolto dai suoi doveri propri per un'altra attività.

CAPITOLO VIII

Il Consiglio del visitatore

290. Il capitolo provinciale elegge almeno quattro consiglieri che formano il Consiglio del visitatore e lo aiutano a svolgere il suo ufficio.

O291. Il visitatore ha la facoltà di scegliere uno tra i consiglieri eletti dal capitolo provinciale che eserciti l'incarico di Vicario del visitatore in sua assenza e sarà il primo tra i suoi consiglieri.

292. Se l'incarico di visitatore rimanesse vacante per sopraggiunta morte o per altri motivi, subito il vicario del visitatore subentra in qualità di Priore Provinciale fino al prossimo capitolo provinciale, da stabilire insieme agli altri consiglieri e da celebrarsi entro tre mesi, per eleggere il nuovo visitatore.

O293. Il consiglio del visitatore ha voto deliberativo:

1) nella convocazione straordinaria del capitolo quando il bene spirituale o materiale della provincia lo richieda;

2) per l'ammissione alla professione semplice e agli ordini sacri;

3) per l'ammissione alla professione solenne prima che la questione sia sottoposta all'attenzione dell'abate generale;

4) per erigere o sopprimere una casa fuori del capitolo provinciale, prima che la questione sia presentata all'abate generale;

5) per designare un confratello che, in nome del visitatore, visiti qualche canonica;

6) per l'accettazione o la rinuncia di un ministero stabile in una diocesi, dopo aver consultato la provincia;

7) per intervenire e giudicare in caso di ricorso;

8) per la vendita di beni e la stipulazione di contratti o mutui, sentito il parere dell'economo provinciale.

O294. Il consiglio del visitatore ha voto consultivo:

1) per l'ammissione dei candidati al noviziato, per la loro dimissione durante il suo corso, per la proroga del noviziato stesso al suo termine;

2) per l'ammissione al rinnovo della professione temporanea di un professo o per il suo allontanamento;

3) per l'erezione o il trasferimento della casa di noviziato prima che la questione sia presentata all'abate generale;

4) per provvedere alla formazione pastorale e dottrinale dei candidati

5) per la nomina del socio del maestro dei novizi o professi, sentito il parere dello stesso maestro;

6) per inviare un giovane confratello in Istituti, Facoltà ed Università;

7) per trasferire i confratelli da una canonica ad un'altra nell'ambito della provincia, sentito il parere dei priori di entrambe le canoniche interessate;

8) per eleggere la canonica dove deve risiedere il visitatore;

9) per designare i confratelli addetti alla cura pastorale e per presentarli all'ordinario del luogo;

10) per rimuovere i priori, prima che la questione sia presentata all'abate generale;

11) per iniziare il processo di allontanamento dei professi semplici o solenni;

12) per le spese straordinarie nei limiti stabiliti dal capitolo generale;

13) per la nomina del cancelliere del capitolo provinciale.

CAPITOLO IX

Il Capitolo della Canonica

295. L'elemento fondamentale delle province e di tutta la Congregazione è la comunità canonicale che, per antica tradizione, è chiamata Capitolo. Di tale comunità è manifestazione evidente e concreta il capitolo della casa, cioè un incontro fraterno nel quale i confratelli della stessa comunità canonicale si legano più strettamente tra loro.

O296. Pertanto tutti i canonici, anche se per necessità pastorali uno o più di essi siano costretti ad abitare talvolta separatamente, devono appartenere al capitolo di una canonica che consti almeno di tre membri.

297. Dovendo il capitolo esprimere la partecipazione di tutti i confratelli, esamini con animo aperto e colloquio fraterno le questioni riguardanti il progresso spirituale della comunità, il lavoro pastorale affidatole, il modo di vivere la vita canonicale nonché l'amministrazione. Perciò nel capitolo. tutti i confratelli contribuiscano a rinnovare sempre più la vita canonicale e questo diventi testimonianza dello spirito apostolico della comunità.

O298. Se è possibile, una volta al mese si tenga un capitolo per discutere sulla vita spirituale e pastorale della comunità canonicale. Il capitolo, invece, che tratta gli affari e le elezioni è convocato a giudizio del priore.

O299. Il priore annunci per tempo ai confratelli il capitolo insieme all'ordine del giorno.

300. Quando nel capitolo si trattano questioni quali l'ammissione al noviziato, alla professione ed agli ordini sacri, solo ai sacerdoti professi solenni spetta di partecipare. Invece quando si parla del governo o della amministrazione della canonica, la partecipazione è riservata ai professi solenni della canonica.

301. Nessuna questione di una certa importanza, come l'ammissione al noviziato, alla professione, all'ordinazione, gli acquisti, i mutui e gli altri impegni di una certa durata, può essere decisa se non è presente la maggiore parte dei capitolari.

O302. Nelle questioni più gravi, quali sono la vendita di beni immobili, le cause da intentare e cose simili, si tengano due capitoli distinti, a distanza di almeno due giorni l'uno dall'altro, a meno che non sia stata raggiunta l'unanimità dei voti nel primo capitolo.

O303. Il cancelliere scriva tutti gli atti capitolari in un libro da custodirsi nell'archivio della canonica.

CAPITOLO X

I Priori delle canoniche

304. I Priori con zelo e generosità abbiano cura del bene spirituale e materiale delle proprie case e si adoperino perché la vita canonicale di giorno in giorno fiorisca sempre meglio tra i confratelli e li incoraggino alla cooperazione vicendevole e con lui stesso.

305. Il priore viene eletto dal capitolo provinciale per la durata di tre anni, dopo una consultazione della canonica. Fuori del capitolo provinciale il priore è sempre eletto, a norma del diritto proprio, dal visitatore insieme al suo consiglio, dopo la consultazione della canonica. Entrambe le elezioni devono essere confermate dall'abate generale.

O306. Occorre che il priore sia un sacerdote professo solenne da almeno sei anni. Si richiede inoltre che egli non sia stato priore nella stessa canonica per tre trienni consecutivi. Tuttavia, in caso di necessità o di maggior utilità, il capitolo provinciale o, fuori del capitolo provinciale, il visitatore con il suo consiglio, può postulare la conferma della stessa persona, purché i due terzi dei presenti concordino nella postulazione. L'approvazione della postulazione deve essere fatta dall'abate generale con il consenso del suo consiglio.

O307. Il priore eletto, dopo aver accettato la elezione, entro otto giorni dall'accettazione deve chiedere, o personalmente o attraverso il visitatore, la conferma all'abate generale. Data la conferma, l'eletto ottiene con pieno diritto l'incarico con la lettura fatta alla presenza sua e della comunità del documento con cui si attesta l'elezione e la conferma all'incarico di priore di quella canonica. Subito il priore fa la sua professione di fede, a norma dei canone 833,8. Egli resta nel suo incarico fino a che un nuovo superiore eletto assuma l'incarico nello stesso modo.

308. In qualsiasi canonica di una certa importanza deve esserci un consiglio del priore o, altrimenti detto, dei Discreti, la cui composizione, le cui facoltà e modi di agire siano.descritti negli Ordinamenti Provinciali. Nelle comunità più piccole il priore consideri tutti i confratelli come suoi consiglieri.

O309. Inoltre nelle comunità di maggior importanza, il priore deve scegliere tra i discreti eletti dal capitolo della casa un vicario che faccia le sue veci e lo aiuti nel suo ufficio.

CAPITOLO XI

L'amministrazione dei beni materiali

310. Nella nostra Congregazione, tanto la Congregazione stessa, quanto le singole canoniche e le province hanno diritto, a norma del Diritto Canonico, delle presenti Costituzioni e degli Ordinamenti Generali, di acquistare, possedere, vendere ed amministrare beni temporali.

311. La massima autorità per i beni temporali è il capitolo generale.

312. Al di fuori del capitolo generale, se è necessario, l'abate generale, dopo aver sentito il parere dell'economo generale e con il consenso del suo consiglio, secondo le norme stabilite dal capitolo generale, può chiedere a qualche provincia di inviare denaro proprio o di qualche canonica per il bene di tutta la Congregazione o di una canonica che si trova in gravi difficoltà (PC 13).

O313. Nel capitolo generale, dopo aver sentito il parere dell'economo generale, siano definiti i contributi che devono essere versati da ciascuna provincia per le spese della Curia Generalizia.

314. È compito dell'economo provinciale amministrare, sotto la direzione del visitatore, i beni della provincia e raccogliere i contributi delle canoniche. Nelle questioni di maggior importanza che riguardano l'economia, cerchi di aiutare le canoniche con il suo parere e la sua azione. Il visitatore può domandare in questa materia dei particolari contributi. L'economo provinciale deve rendere conto ogni anno al visitatore ed al suo consiglio dell'amministrazione fermo restando ciò che è scritto al n° O259.

O315. Il capitolo provinciale, dopo aver ascoltato il parere dell'economo provinciale, ripartisca tra le singole comunità, in relazione alla loro possibilità, le tasse da versare alla cassa provinciale per il mantenimento degli alunni e degli altri candidati ed anche per costituire un capitale o fondo comune della provincia.

316. I beni delle singole canoniche sono amministrati dai priori attraverso gli economi, sotto il controllo del visitatore cui devono ricorrere per qualsiasi spesa straordinaria; se questa è di grande entità, deve essere sottoposta all'abate generale. Spetta al capitolo generale stabilire il limite delle spese straordinarie.

O317. L'economo della casa, su proposta del priore, viene approvato dal capitolo della casa per tre anni e, per quanto sia possibile, non deve essere lo stesso priore, A scadenza determinata, l'economo deve rendere conto dell'amministrazione al priore e ai discreti. Dove non ci sono discreti, si proceda secondo quanto stabilito al n° O308 dei diritto proprio.

318. I beni e le imposte di una casa soppressa spettano alla provincia, sempre che non si violi la volontà di fondatori o degli offerenti, nonché i diritti da rispettare, sui quali particolarmente vigilino il visitatore ed il suo consiglio.

319. Nelle vendite o nei mutui che richiedono il beneplacito della Santa Sede, se si tratta di beni preziosi per valore artistico e storico, di ex-voto donati alla Chiesa (cfr can 638 § 3), o di cose il cui valore oltrepassa la somma stabilita dal diritto, avuta prima l'approvazione del capitolo della casa e del visitatore con il consenso dei suo consiglio, si esige anche il permesso dell'abate generale, con il consenso del suo consiglio (cfr cann. 1291-1295).

O320. Per la vendita di ogni bene immobile, si richiede il permesso del visitatore con il consenso del suo consiglio ed il parere dell'economo provinciale. Tuttavia il visitatore, prima di acconsentire, ha il dovere di ascoltare l'abate generale ed il suo consiglio e richiedere, se è necessario, il beneplacito della Santa Sede.

O321. È compito dell'economo custodire o salvaguardare fedelmente ogni bene della canonica, in spirito di servizio fraterno per i confratelli; inoltre l'osservanza degli obblighi sociali per quanto riguarda il pagamento delle tasse e delle assicurazioni sociali del personale, stabilite dall'autorità civile.

O322. L'economo non faccia nulla che oltrepassi l'ordinaria amministrazione, altrimenti richieda il permesso del capitolo della casa (cfr can 1281).

0323. L'economo deve annotare e custodire fedelmente i contratti e ogni altro documento che riguarda i beni e le spese della canonica. Alla fine di ogni anno, i discreti devono sottoscrivere i registri e controllarli spesso, responsabilmente.

Questo sarà fatto da tutti i confratelli nelle piccole comunità.

O324. Gli stessi discreti o i confratelli sottoscrivano la relazione sulla situazione spirituale e temporale della canonica, relazione che ogni anno il priore deve inviare in duplice copia al visitatore; una verrà conservata dal visitatore, e l'altra inviata all'abate generale.

CAPITOLO XII

Le elezioni e le deliberazioni

0325. Le elezioni dei superiori e delle altre cariche si facciano nella massima libertà e con votazioni segrete dinanzi a Dio.

O326. Nelle altre decisioni o deliberazioni, le votazioni siano segrete o pubbliche; ma se anche una persona sola ne faccia richiesta, allora esse devono essere fatte segretamente.

O327. Nelle votazioni si richiede la maggioranza assoluta, cioè più della metà dei voti dei presenti, a meno che non sia espressamente disposto altrimenti. Nelle elezioni, però, se non si raggiunge la maggioranza assoluta dopo il terzo scrutinio, nel quarto scrutinio si faccia il ballottaggio tra i due candidati che avevano ottenuto il maggior numero di voti, o, se sono più, tra i due più anziani di professione e si ritenga eletto colui il quale abbia raggiunto la maggioranza dei voti o, se permane la parità, il più anziano di professione. Tuttavia, nelle deliberazioni, se dopo due scrutini il numero dei voti fosse uguale, il presidente può dirimere la parità con il proprio voto.

O328. Nell'elezione dei delegati al capitolo generale tutti i confratelli professi solenni indichino nella scheda due nomi di sacerdoti o fratelli cooperatori professi solenni della provincia.

Il priore spedisca quanto prima al visitatore le schede raccolte nel capitolo della casa. Il visitatore, per tempo, apra le schede davanti al suo consiglio e dichiari eletti come delegati al capitolo generale quelli che hanno riportato il maggior numero di voti. I confratelli della Curia Generalizia hanno voce attiva e passiva nella provincia di provenienza. Si comunichi subito l'esito dell'elezione agli stessi eletti, all'abate generale e a tutti i confratelli della provincia.

O330. Viene valutata la durata di un "sessennio" per ogni genere di carica e compito, in quanto essa va o da un capitolo generale ordinario al seguente, oppure da un capitolo provinciale ordinario, nel quale si tengono tutte le elezioni, fino a quello seguente dello stesso tipo.

Invece un "triennio" va da un capitolo provinciale ordinario a quello successivo ordinario. In entrambe i casi sono trascurati quei giorni, settimane o mesi che talora mancano ad integrità del sessennio o del triennio, oppure che li superano.

O331. Nella consultazione che precede l'elezione del visitatore e degli altri superiori maggiori, dei consiglieri del visitatore e dei priori delle canoniche, si osservino, per ciò che riguarda il numero dei nomi da proporre per ciascuna carica, le norme degli Ordinamenti Provinciali. Il priore quanto prima invii al visitatore le schede raccolte nel capitolo della casa. Il capitolo provinciale ha il compito di aprire queste schede e conoscere l'esito della consultazione.

O332. Il priore della casa, tanto nell'elezione dei delegati al capitolo generale o a quello provinciale quanto nelle altre consultazioni, si preoccupi che il voto dei malati o di coloro che sono assenti per una qualche causa sia emesso con libertà e segretezza, giunga allo stesso capitolo della casa e sia riposto assieme alle altre schede.

O333. I consigli dell'abate generale e del visitatore, secondo la nostra tradizione, esprimono il voto a norma del nostro diritto proprio.

O334. Se un superiore ha bisogno del voto consultivo del suo consiglio egli lo deve convocare. Tuttavia se si trattano questioni di poca importanza che possono essere risolte senza un dibattito, è sufficiente che egli richieda il parere di tutti i consiglieri, anche singolarmente. Ma se il superiore ha bisogno del voto deliberativo o del consenso del suo consiglio, egli lo deve convocare ed egli stesso può votare. Perché possa valere questo atto, occorre inoltre che si ottenga necessariamente il consenso della maggioranza dei presenti.

CAPITOLO XIII

La Regola ed il diritto proprio della Congregazione

335. La Regola del nostro Santo Padre Agostino è nello spirito e nella concretezza una norma perenne ed immutabile di vita canonicale. In questo libretto ognuno di noi è invitato a rimirare se stesso come in uno specchio (cfr DC 13).

336. La regola, è definita più accuratamente dalle stesse Costituzioni, le quali contengono il patrimonio della nostra Congregazione e le norme fondamentali. Le Costituzioni sono approvate dalla suprema autorità della Chiesa e soltanto con il suo consenso possono essere modificate (cfr can 587 § 2).

337. Le Ordinazioni, o Ordinamenti Generali, sono norme stabilite dal capitolo generale, al quale solo compete, secondo le esigenze dei tempi, convenientemente rivederle ed adattarle (cfr can 587 § 4).

338. Ogni provincia abbia gli Ordinamenti nei quali raccogliere le norme, adattate alle condizioni dei luoghi, che siano approvate o modificate dal capitolo provinciale con la conferma dell'abate generale e dei suo consiglio.

339. La Regola, le Costituzioni e gli Ordinamenti costituiscono il nostro diritto proprio, secondo il quale dobbiamo vivere ed in tal modo tendere alla perfezione della vita canonicale (cfr can 598 § 2).

340. Tutto quello che nel nostro diritto riguarda l'osservanza dei voti, dovrà essere osservato inviolabilmente senza alcuna dispensa. Tuttavia i superiori nei limiti di loro competenza, possono dispensare dalle norme disciplinari in casi particolari, in quanto lo richiede la carità e la ragione.

341. Per quanto è possibile si legga spesso, ed in comune, qualche passo della Regola e delle Costituzioni.

342. "Il Signore vi conceda di osservare tutte queste norme con amore, attratti dall'entusiasmo per i valori dello spirito e capaci di esalare dalla vostra sacra convivenza il buon profumo di Cristo, convinti di sentirvi non servi costretti dalla legge ma figli sorretti dalla Grazia". (Regola 48).