INDIETRO

 

REGOLA DI  S. AGOSTINO
«Io so quanto sia dannoso promettere cose sante 
e poi venir meno alle parole. Dice la Scrittura: 
"Fate voti al Signore vostro Dio" (Sal 75,12);
 e: " È meglio non far voti, che farli e non mantenerli" (cfr. Qo 5,4).


La data esatta dell'origine di questo testo non è nota 
né facile da stabilire. Tuttavia ci sono motivi per collocarla
 verso l'anno 400 d.C., cioè nel momento più fecondo 
della vita pastorale e culturale di Agostino, vescovo

di Ippona. È comunque un capolavoro di dottrina 
teologica e di equilibrata esperienza umana.

                REGOLA DI S. AGOSTINO


                        Indice della pagina

               Premessa 
               Capitolo I :      Finalità della vita comune 
               Capitolo Il :     La preghiera 
               Capitolo III :   Significato del digiuno e dell'astinenza 
               Capitolo IV :   Per un comportamento virtuoso 
               Capitolo V :     Norme per il vestire 
               Capitolo VI :   Carità del perdono scambievole 
               Capitolo VII :  Paternità nell'autorità
               Capitolo VIII :Augurio di regolare osservanza 



Premessa
l. Fratelli miei, orientate tutta la vostra capacità di amare anzitutto verso Dio e poi verso il prossimo in conformità a quanto il Vangelo ci propone come impegno prioritario.
2. Le norme che seguono le impongo come necessarie per una ordinata convivenza nella fraternità monastica.

CAPITOLO 1

Finalità della vita comune


3. L'obiettivo principale cui tende il vostro vivere insieme è che, nel comune progetto di ricercare Dio, conseguiate piena sintonia a livello di mente e di cuore curando la massima concordia tra quanti abitate sotto lo stesso tetto.  


La comunione dei beni
4. Bandite ogni parvenza di proprietà personale cosicché tra voi tutto sia in comune.
Ogni vostra esigenza circa il vitto e il vestiario venga soddisfatta dalle premure del superiore, non secondo i criteri di una uguaglianza quantitativa per il fatto che non tutti vi trovate nelle medesime condizioni, ma ciascuno ottenga in proporzione alle sue necessità.
Questa infatti era la norma che troviamo applicata nel libro degli Atti degli Apostoli dato che avevano tutto in comune e la distribuzione era regolata secondo il bisogno di ciascuno.
5. Quelli che nella propria famiglia erano legittimi proprietari di qualche cosa, una volta entrati a far parte della comunità, la considerino ben volentieri patrimonio comune con i fratelli.
6. Quanti invece provengono da una condizione nella quale non godevano di alcuna proprietà non pretendano dalla comunità ciò che neppure in precedenza riuscivano ad avere.
Tuttavia si conceda quanto richiesto dalle loro esigenze senza tener conto che la loro origine povera non li poteva soddisfare neanche nelle cose di prima necessità.
Essi però non traggano motivo di reputarsi felici solo perché si sono assicurati un vitto e un vestiario che nella loro precedente condizione non erano garantiti.

L'umiltà alla base della fraternità
7. Neppure ci sia chi trovi motivo di orgoglio nel fatto che, in forza della fraternità monastica, si vede posto sullo stesso piano di chi, da laico, non poteva neanche avvicinare. Piuttosto mantenga elevato il proprio cuore evitando ogni considerazione troppo terrena e vana. Non deve mai succedere che le nostre comunità, mentre risultano utili ai ricchi, non lo siano per i poveri. Cosa che avverrebbe qualora si dovesse verificare che, mentre i ricchi vi trovano uno stimolo all'umiltà i poveri vi diventano pretenziosi.
8. D'altra parte coloro che nella società godevano di una certa stima non si sentano a disagio perché nella comunità di consacrazione convivono con quanti provengono da strati sociali più umili. Anzi, se cercano un motivo di gloria questo lo sappiano trovare nel condividere la povertà dei nuovi fratelli piuttosto che nel vantare il prestigio della loro casa paterna.
Parimenti non si vantino per aver messo in comune il proprio Patrimonio. Sarebbe davvero assurdo e ridicolo che il fatto di aver condiviso in comunità i propri beni procurasse loro più orgoglio che se li avessero goduti in casa propria. Infatti, se in noi ogni radice di male preme perché scaturisca l'azione cattiva, la superbia è capace di inquinare anche le opere in sé buone.
E a che servirebbe, dopo tutto, elargire i propri beni soccorrendo i poveri e divenire anche personalmente povero se poi si arriva scioccamente a essere più superbi per la parvenza di una buona azione che per il legittimo possesso del proprio avere?
9. Salvate dunque ad ogni costo tra voi l'unanimità e la concordia e rendete reciprocamente in voi onore a Dio del quale siete diventati dimora.


CAPITOLO II
La preghiera


10. Dedicatevi con assiduità alla preghiera rispettando quanto stabilito circa l'orario e la durata.
11. Nel luogo ove vi riunite a pregare nessuno faccia altro se non quello per cui è stato destinato e da cui ha preso il nome di oratorio. Per cui, chiunque, avendo tempo, vi desiderasse pregare oltre l'orario stabilito non trovi ostacolo da parte di chi volesse adibirlo per altri usi.
12. Nel rivolgervi a Dio con Salmi e Inni mettete il massimo impegno perché il vostro cuore sia tutto preso da ciò che pronunciate con la voce.
13. Quanto al canto attenetevi alle norme che ne prevedono l'uso ed evitate di cantare tutto quello che non è stato composto per il canto.

CAPITOLO III
Significato del digiuno e dell'astinenza


14. Mantenete il controllo del vostro corpo con digiuni e con l'astinenza dal cibo e dalla bevanda nella misura in cui ve lo permette il vostro stato di salute.
Chi non può attenersi alle norme del digiuno faccia almeno attenzione a non prendere nulla fuori pasto a meno che ciò non sia richiesto dalla malattia.

Norme per la mensa
15. Nel tempo che vi trattenete a mensa, fino a che non vi alzate, mettendo da parte il chiasso e il discutere, prestate attenzione a ciò che, come abitudine, viene letto cosicché il pasto non si riduca alla sola attività della bocca, ma sia anche per gli orecchi occasione per attingere la Parola di Dio.
16. Quanto al vitto coloro che, per un diverso tenore di vita, sono di costituzione fisica più robusta non considerino un fastidio o addirittura una ingiustizia se si usano dei riguardi verso chi, provenendo da abitudini più delicate, è da equipararsi ai malati. Né considerino questi più fortunati per la concessione loro accordata; semmai si rallegrino con se stessi perché si trovano ad avere più capacità di adattamento di quanta non ne abbiano gli altri.

Attenzioni e riguardi per i più delicati
17. Quanto al caso di coloro che, essendo venuti alla comunità da un più elevato tenor di vita, vengono trattati con riguardo nei cibi, vestiti, letti, coperte in confronto agli altri più robusti e perciò più avvantaggiati, questi devono riflettere quale salto di abitudini abbiano fatto quelli, anche se ancora non riescono ad adeguarsi completamente al loro comportamento che è da temperamenti più robusti.
Né tutti devono pretendere ciò che ad alcuni viene concesso non per distinguerli con qualche particolare onore, ma per comprensione e pazienza. D'altronde sì deve impedire che prenda piede quella inammissibile distorsione per cui nella comunità, mentre coloro che provenivano da condizioni agiate si sforzano di diventare frugali, gli altri provenienti da condizioni più modeste si fanno invece più esigenti.

Premura per i malati
18. I malati, poiché mentre perdura il disturbo fisico devono nutrirsi più leggermente per non andare incontro a complicazioni, trovandosi in convalescenza certamente hanno bisogno di un trattamento tale che li ristabilisca quanto prima in forze.
Infatti, anche se si trattasse di persone che vengono dalla più umile povertà, a motivo del male avuto, sono da considerarsi equiparati ai fratelli provenienti da situazione di benessere. Ma appena avranno recuperate le loro normali forze riprendano quella loro più lodevole consuetudine che meglio s'addice a chi ha scelto di porsi al servizio di Dio. E non accada di compiacersi pigramente in un trattamento di privilegio giustificato solo da esigenze di malattia. Essi insomma trovino motivo di ritenersi più ricchi proprio per essere divenuti più capaci di sostenere la frugalità.
È molto meglio, infatti, ridurre i bisogni che aver più cose per soddisfarli.


CAPITOLO IV
Per un comportamento virtuoso


19. Lasciate ogni preoccupazione per la ricercatezza del vestire; curate di attirare compiacenze più sul vostro comportamento che sugli abiti.
20. Nella necessità di uscire andate sempre in compagnia e, arrivati a destinazione, rimanete insieme.
21. Nel modo di procedere, di presentarvi, in ogni vostro atteggiamento sia evitata ogni cosa che possa lasciare negli altri cattiva impressione, ma tutto sia conforme al vostro stato di consacrati.

Comportamento nei confronti delle donne
22. Se il vostro sguardo incontra donne evitate dì concentrare la vostra attenzione su alcuna. Con ciò non si vuol dire che quando vi trovate fuori non dovete veder donne, ma vi si richiama al pericolo dì creare occasioni di desiderarle o voler essere da loro desiderati, cosa che è evidentemente peccaminosa.
Infatti la naturale attrazione verso la donna non provoca, né è provocata, solo con gesti o altre manifestazioni di affetto, ma anche con gli sguardi non controllati.
Di certo non potete ritenervi incontaminati nell'animo se il vostro sguardo si è reso colpevole, tanto più che la malizia dello sguardo è manifestazione di una malizia concepita nel cuore.
Quando poi, pur senza messaggi di parole, si comunica reciprocamente con gli sguardi il contagio dei cuori e si prova scambievole compiacenza nell'ardore della passione, ancorché non ci sia stato un rapporto illecito tra i corpi, il vostro comportamento è già molto lontano dalla castità.

Castità motivata dalla consacrazione
23. Chi guarda una donna con intento passionale e con desiderio di essere ricambiato non si illuda di sfuggire all'attenzione altrui; sarà certamente visto anche da quelli dai quali non si sarebbe aspettato. Ma ancorché la cosa rimanga nascosta e il colpevole riesca a sfuggire ogni umana attenzione, che conto farà di Colui che, guardando dall'alto, vede tutto? O forse è da ritenere che non vede nulla perché nella sua sapienza è tanto più paziente?
L'uomo consacrato eviterà dunque di dispiacergli a motivo di una scorretta compiacenza provata per una donna. E certamente il pensiero che Egli vede, lo aiuterà a non mettere malizia nel guardar donne. Infatti proprio a questo proposito si applica quel richiamo della Sacra Scrittura che dice: "È un comportamento detestato dal Signore il fissare lo sguardo con malizia".

Prudenza che protegge
24 Stando dunque insieme, in chiesa o dovunque possano trovarsi anche donne, adoperatevi per proteggere a vicenda il vostro pudore.
E Dio che ha posto in voi la sua dimora, anche per mezzo di questa avvertenza, vi custodirà da voi stessi.

Correzione fraterna
25. Notando in qualche vostro fratello una ripetuta debolezza negli sguardi, nel senso di cui vi sto parlando, subito preoccupatevi di ammonirlo perché non abbia a progredire nel male, ma sia immediatamente recuperato.
26. Se poi dopo l'ammonizione sarà sorpreso a ripetere la stessa mancanza, anche a distanza di giorni, verrà ritenuto un ferito bisognoso di urgente cura, da chiunque dovrà prendere atto della cosa. Sarà il caso però che prima lo indichi a un secondo e a un terzo cosicché possa essere convinto dalla testimonianza di più persone e venga ripreso con proporzionata severità. E non ritenete un gesto di cattiveria indicare simili casi.
Certamente non potreste considerarvi più innocenti se, tacendo, lasciaste perire dei fratelli che avreste potuto correggere segnalandoli.
Se infatti un tuo fratello, per timore della cura, volesse occultare una ferita del corpo, non sarebbe da parte tua crudeltà il nasconderlo e benevolenza il segnalarlo? Quanto più dunque devi rendere nota una ferita che con molto maggior pericolo lo rovinerebbe nel cuore?

Severità richiesta da vero amore
27. Prima che il colpevole sia rivelato ad altri che dovrebbero convincerlo, in caso che neghi, è bene che sia indicato al superiore, sempre che, ammonito, abbia trascurato di emendarsi, al fine di evitare con una riprensione segreta, di rendere noto il fatto ad altri. Se poi continuerà a negare, il colpevole che finge di ignorare dovrà essere messo a confronto con gli altri che conoscono i fatti cosicché, di fronte a tutta la comunità, non ad opera di uno, ma di due o tre testimoni venga dimostrata la sua colpa.
Dopo di che dovrà sostenere, secondo il parere del superiore o del sacerdote competente, la punizione riparatrice.
Qualora ricusasse di assoggettarvisi, sempre che non abbia già deciso spontaneamente di andarsene, sia espulso dalla vostra comunità.
E questo non ritenetelo crudeltà ma misericordia perché solo così si può evitare che con tali cattivi esempi giunga a contagiare parecchi altri.

Amore per le persone, odio per i vizi
28. Sull'esempio di quanto vi ho detto a proposito della malizia negli sguardi, regolatevi con diligenza e rettitudine anche nel ricercare, proibire, segnalare, dimostrare e punire ogni altra mancanza, attenendovi sempre alla fondamentale norma di avere amore per le persone e odio per i vizi.
29. Chi poi fosse tanto avanzato nella malizia da ricevere di nascosto comunicazioni varie o qualsiasi dono, per quanto piccolo, da una donna, se lo rivelerà spontaneamente gli si perdoni e si preghi per lui; se invece viene scoperto, e il colpevole si riconosce tale, lo si punisca severamente a giudizio del presbitero o del superiore.


CAPITOLO V
Norme per il vestire


30. Conservate in un unico luogo i vostri abiti sotto la cura di uno o due o quanti bastano come incaricati per spolverarli e preservarli dalle tarme; d'altronde come per il cibo avete un'unica dispensa così regolatevi per il guardaroba.
E, se possibile, non sia rimesso alla discrezione dei singoli la scelta degli abiti da indossare secondo le esigenze delle stagioni, come anche il prendere lo stesso indumento già deposto o uno usato dagli altri, purché nessuno sia privato del necessario.
Se poi per queste cose doveste trovarvi a litigare o a mormorare perché non si vuole accettare un abito peggiore di quello consegnato o perché non ci si adatta a portare un indumento che già servì a un altro, lascio dedurre a voi quanto vi troviate carenti nella santità del cuore se ancora perdete tempo a litigare per gli abiti.

Lavoro e carità fraterna
31. Così pure nessuno consideri la propria attività come un fatto privato, ma qualsiasi lavoro sia manifestazione del vostro rapporto comunitario e portatelo avanti con maggiore impegno e più fervida alacrità di quanto non fareste con le vostre cose personali. Infatti il modo autentico di vivere nell'amore, di cui sta scritto che non ricerca il proprio interesse, va inteso nel senso di anteporre le cose comuni alle proprie e non viceversa.
Perciò quanto più avrete cura delle cose comuni che delle proprie, tanto più potrete prendere atto del vostro progresso nella maturità spirituale.
Così, mentre ci serviamo di tante realtà che vi vengono richieste dalle esigenze passeggere della vita presente, prevalga su tutto l'amore vero la cui validità non scade mai.

I doni dei familiari sono di proprietà comune
32. Conseguentemente tutto quello che viene portato ai figli, parenti o amici che sono membri della nostra comunità, si tratti di indumenti o di qualunque altra cosa, per quanto necessaria, non va ricevuto di nascosto, ma sia rimesso alla facoltà del superiore perché, reso patrimonio comune, sia a disposizione di chiunque ne avrà bisogno.
A questo punto è chiaro che chi tiene nascosto un dono ricevuto va condannato come per un furto.
33. Per la pulizia dei vostri abiti regolatevi secondo le disposizioni dei superiore: potete farlo o direttamente da voi stessi come pure potete servirvi di persone addette alla lavanderia; piuttosto fate attenzione perché una esagerata ricercatezza per la pulizia degli abiti non abbia a causarvi colpe nell'anima.

Premure fraterne in particolari necessità di salute
34. Riguardo ai bagni di cura, quando ne è evidente la necessità, non si neghino a nessuno, ma si facciano senza mormorazioni e sempre come indicazione terapeutica tanto che, anche nei casi in cui l'interessato si opponesse, intervenuta l'ingiunzione del superiore, il malato deve assoggettarsi a quanto necessario per rimettersi in salute.
Come pure se il richiedente lo esige ma non se ne riscontra l'opportunità, non è il caso di accondiscendere alle sue pretese. Capita infatti di essere portati a credere che una cosa giovi solo perché piace.
35. Allorché si tratta di valutare disturbi che non hanno riscontri esterni, si presti la massima fiducia al fratello che accusa dolori; tuttavia, se la cura richiede un rimedio piacevole o comodo, quando non si è in grado di valutare con sicurezza il caso, ci si affidi al consulto competente del medico.
36. Dovendo andare ai bagni di cura o ovunque fosse necessario recarsi, non si vada mai da soli. E la compagnia del viaggio non sia scelta dall'interessato ma sia disposta dal superiore.

Carità del servizio fraterno
37. Prendersi cura dei malati, dei convalescenti o di chiunque soffra qualche indisposizione, anche senza febbre, sia premura di un confratello a ciò designato e sia lui a richiedere dalla dispensa quanto riterrà necessario a ciascuno.
38. Gli addetti alla dispensa, al guardaroba e alla biblioteca servano senza lagnanze i propri fratelli.
39. 1 libri vengano richiesti giorno per giorno secondo l'orario previsto e nessuno può pretendere di riceverli in altro tempo.
40. Gli indumenti e le calzature invece, purché siano richiesti per necessità, vengano concessi senza indugio da coloro che ne hanno la custodia.


CAPITOLO VI
Carità del perdono scambievole


41. Fate del tutto per non avere contrasti tra di voi o per lo meno ricomponeteli quanto prima perché l'ira non degeneri in odio e da paglia diventi trave rendendo l'anima omicida. Così infatti ci ammonisce la Sacra Scrittura: «Chi odia suo fratello è omicida».
42. Chiunque abbia offeso il fratello con parole pesanti, maldicenze o rinfacciando colpe, si ricordi di riparare al più presto e chi è stato offeso perdoni senza riserva e indugio. In caso di reciproca offesa anche il perdono dovrà essere reciproco e questo avvenga grazie alle vostre preghiere che quanto più frequenti tanto più devono essere pure. È preferibile comunque il comportamento di chi, benché spesso vittima dell'ira, subito domanda perdono all'offeso a confronto di chi si adira raramente ma poi si fa difficile a domandar perdono.
Chi poi non vuol mai chiedere perdono o non lo chiede di cuore, non ha motivo di rimanere nella comunità, anche se non si arriva al punto di cacciarlo via.
Fate dunque attenzione a non offendere con parole pesanti; che, se vi uscissero di bocca, non vi dispiaccia servirvi della stessa bocca per riparare le offese recate.

Carità dell'autorità
43. Nel caso che esigenza di disciplina vi abbia indotto, nel correggere i sudditi, a riprendere con troppa severità e riteniate di avere esagerato nei loro confronti, non si esige che chiediate loro perdono perché con la vostra eccessiva umiltà non abbia a rimetterci il prestigio dell'autorità di fronte a coloro che devono esservi sottomessi.
Tuttavia non bisogna omettere di domandare perdono al Signore di tutti che sa quanto amore nutrite anche verso quelli che occasionalmente avete ripreso con modi più forti del necessario.
Comunque veramente importante è che il vostro amore scambievole sia sempre condotto dai criteri dello spirito e non da quelli della carne.


CAPITOLO VII
Paternità nell'autorità


44. Si obbedisca al superiore come a un padre e gli si riconosca il dovuto onore per non offendere Dio nella sua persona. A maggior ragione si nutrano gli stessi sentimenti nei confronti del Sacerdote che ha giurisdizione su tutti voi.
45. Sarà particolare cura del superiore che tutte queste norme vengano osservate. Se qualche cosa fosse sfuggito, non si trascuri con negligenza ma si procuri di riparare evitando che si ripeta.
Per le cose che superano la sua competenza si rimetta al Sacerdote che ha su di voi maggior autorità.
46. Chi tra voi assume il. servizio dell'autorità non trovi motivo di felicità nel potere che gli è dato ma nell'occasione che gli si presta di servire i fratelli con carità. Il superiore da parte di voi sudditi deve ricevere onore, ma di fronte a Dio si prostri con timore ai vostri piedi. Si mostri a tutti come esempio di buone opere, moderi i troppo vivaci, incoraggi i timidi, sostenga i deboli, sia paziente con tutti. Ci tenga alla disciplina e ne esiga il rispetto. E benché siano valori ambedue necessari, tuttavia preferisca di essere da voi più amato che temuto, sempre tenendo presente di dover rendere 
conto a Dio del suo rapporto con voi.
47. Quindi con il vostro maggior slancio nell'obbedienza non solo mostrerete misericordia verso voi stessi ma anche verso di lui, dato che nella comunità chi occupa una posizione di maggior prestigio è tanto più esposto ai pericoli.

CAPITOLO VIII
Augurio di regolare osservanza


48. Il Signore vi conceda di osservare tutte queste norme con amore, attratti dall'entusiasmo per i valori dello spirito e capaci di esalare dalla vostra sacra convivenza il buon profumo di Cristo, convinti di sentirvi non servi costretti dalla legge ma figli sorretti dalla Grazia.
49. Leggete questo libretto una volta la settimana per farne oggetto di confronto quasi fosse uno specchio e perché nulla sia trascurato per dimenticanza. Trovandovi fedeli a tutto quanto vi è scritto, ringraziatene il Signore, datore di ogni bene.
Nell'eventualità poi che chiunque di voi dovesse riscontrarsi manchevole in qualche cosa, si dispiaccia del passato, stia attento per l'avvenire, pregando che gli venga perdonato ogni debito e che non sia ulteriormente indotto in tentazione.